Detenzione in condizioni non conformi: la prescrizione del diritto al risarcimento è decennale

Redazione Scientifica
12 Luglio 2018

Il diritto ad una somma di denaro pari a € 8,00 per ciascuna giornata di detenzione in condizioni non conformi ai criteri di cui all'art. 3 della Convenzione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, previsto dall'art. 35-ter, comma 3, della legge n. 354 del 1975, si prescrive in dieci anni.

IL CASO Un uomo, lamentando di essere stato detenuto in condizioni inumane, si rivolge al Tribunale di Napoli per ottenere dal Ministero della Giustizia il risarcimento dei danni subiti. Secondo il giudice di prime cure il credito insorto per la detenzione nella Casa Circondariale di Napoli si era prescritto per prescrizione quinquiennale, ed inoltre il periodo trascorso presso la casa Circondariale di Potenza non poteva dirsi caratterizzato da condizioni inumane o degradanti. L'uomo ricorre in Cassazione denunziando violazione degli artt. 1173 e 2964 c.c., oltre che dell'art. 35-ter l. n. 354/1975.

TERMINE DI PRESCRIZIONE DECENNALE La Cassazione ritiene che il motivo che censura il termine di prescrizione applicabile al caso di specie debba essere accolto, in quanto il diritto ad ottenere una somma di denaro, pari ad € 8,00per ogni giorno di detenzione, in caso di condizioni non conformi a quanto previsto dall'art. 3 della Convenzione dei Diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, oltre che dall'art. 35-ter l. n. 354/1975, prevede un termine di prescrizione decennale.

CASS. CIV., SEZ. UN., N. 11018/2018 La Corte ricorda dunque il seguente principio di diritto enunciato da Cass. civ., Sez. Un., 8 maggio 2018, n. 11018: «Il diritto ad una somma di denaro parti a otto Euro per ciascuna giornata di detenzione in condizioni non conformi ai criteri di cui all'art. 3 della Convenzione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, previsto dall'art. 35-ter, terzo comma, della legge n. 354 del 1975, si prescrive in dieci anni, che decorrono dal compimento di ciascun giorno di detenzione nelle suindicate condizioni. Coloro che abbiano cessato di espiare la pena detentiva prima dell'entrata in vigore della nuova normativa, se non sono incorsi nelle decadenze previste dall'art. 2 del d.l. n. 92 del 2014, convertito nella legge n. 117 del 2014, hanno anch'essi diritto all'indennizzo ex art. 35-ter, terzo comma, cit., il cui termine di prescrizione in questo caso non opera prima del 28 giugno 2014, data di entrata in vigore del decreto-legge».

RISTORO DELLA DETENZIONE INUMANA La Corte dichiara inoltre fondata la seconda parte del ricorso che si riferisce al rigetto da parte del giudice di merito della domanda di risarcimento proposta per il ristoro della detenzione inumana presso la casa di Potenza. La Suprema Corte ricorda di aver già affermato con Cass. civ. n. 4096/2018 i principi che regolano il risarcimento di tale danno ed in particolare che nel caso in cui, in cella collettiva, la superficie fruibile da ciascun detenuto sia inferiore a 3 mq. «sussiste una forte presunzione della violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti la quale, alla luce della giurisprudenza della CEDU, può essere superata mediante la valutazione di adeguati fattori compensativi», quali la brevità delle restrizioni carcerarie, l'offerta di attività all'estero della cella, servizi igienici adeguati e che l'onere di provare tali fattori compensativi incombe sullo Stato.

Non avendo il Ministero della Giustizia fornito tale prova, la Cassazione accoglie anche questo motivo di ricorso e rinvia gli atti al Tribunale di Napoli in diversa composizione.

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