La responsabilità da cose in custodia del Comune permane nonostante il contratto di appalto

Redazione Scientifica
20 Luglio 2018

La stipula, da parte dell'amministrazione comunale, di un contratto di appalto avente ad oggetto l'esecuzione di lavori sulla pubblica via, non priva l'amministrazione committente della qualità di custode ex art. 2051 c.c. fino al momento in cui l'area di cantiere non sia stata completamente enucleata e delimitata, e sia stato vietato su di essa il traffico veicolare e pedonale, con conseguente affidamento all'esclusiva custodia dell'appaltatore.

IL CASO Una donna, alla guida di un ciclomotore, cade e riporta lesioni personali dopo essersi scontrata contro una recinzione di plastica che delimitava un cantiere appaltato dal Comune. Il Comune, citato in giudizio dalla donna, nega la sua responsabilità di custode riversandola sull'appaltatore, e chiama in causa l'assicurazione, che a sua volta chiama in causa l'impresa appaltatrice, che rimane però contumace. Il Tribunale respinge la domanda attorea proposta nei confronti dell'impresa, poi fallita, dichiarandola improcedibile. La Corte d'appello esclude da un lato la responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 c.c. dichiarando che il Comune aveva perso la qualità di custode a seguito del contratto d'appalto, e a prescindere dalla materiale consegna dell'area del cantiere; dall'altro negava anche la responsabilità ex art. 2043 c.c. adducendo come motivazione che la responsabilità derivante dall'erroneo posizionamento della recinzione non poteva essere riconducibile ad errori, progettuali o direzionali, del Comune, posto comunque che la strada non era comunale.

LA RESPONSABILITÀ ATTIENE AL RAPPORTO DI FATTO La Corte di Cassazione ricorda che la responsabilità da cose in custodia non decade al momento della stipula del contratto di appalto, poiché attiene al rapporto di fatto, e non giuridico, con la cosa. Anche nel caso di appalto di lavori pubblici, il contratto non libera il committente della responsabilità del custode, poiché «solo il concreto e materiale spossessamento dell'area poteva comportare la perdita di detta qualità» (Cass. civ. n. 15882/2013).

IL FATTORE ESTERNO NON LIBERA IL COMUNE La Cassazione ritiene inoltre che il fatto che il danno sia stato cagionato da un fattore esterno, ossia la recinzione del cantiere, non libera comunque il comune dall'obbligo ex art. 14 cod. str. e dall'art. 5 r.d. n. 2506/1923, e dalla responsabilità da cose in custodia. Infatti, conclude la Corte, in capo all'ente pubblico permane l'obbligo di manutenere anche le zone non asfaltate tra i margini della carreggiata e la banchina, segnalando eventuali situazioni di pericolo o insidia al fine di soddisfare le note esigenze di sicurezza e prevenzione (ex multis, Cass. civ. n. 22755/2013).

PRINCIPI DI DIRITTO La Suprema Corte accoglie i motivi di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia gli atti alla Corte d'appello di Perugia che, in diversa composizione, dovrà decidere nel merito la controversia attenendosi ai seguenti principi di diritto: «La stipula, da parte dell'amministrazione comunale, di un contratto di appalto avente ad oggetto l'esecuzione di lavori sulla pubblica via, non priva l'amministrazione committente della qualità di custode, ai sensi dell'art. 2051 c.c., sino a quando l'area di cantiere non sia stata completamente enucleata e delimitata, e sia stato vietato su di essa il traffico veicolare e pedonale, con conseguente affidamento all'esclusiva custodia dell'appaltatore.
La realizzazione di un cantiere stradale su parte di una strada che continui, nella parte non occupata, ad essere aperta al pubblico transito, non priva l'ente proprietario della qualità di "custode" della porzione di strada rimasta percorribile
».

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