Eccedenza acqua in condominio: criterio di riparto spese

Maurizio Tarantino
20 Luglio 2018

Per quanto attiene l'eccedenza di acqua in condominio, quale sarebbe la giusta ripartizione della spesa eccedente?

Per quanto attiene l'eccedenza di acqua in condominio, quale sarebbe la giusta ripartizione della spesa eccedente?

In merito alla problematica in oggetto, preliminarmente giova ricordare che la legge di riforma del condominio non ha mutato il quadro normativo che indica i criteri da adottare per ripartire gli oneri condominiali. L'art. 1123 c.c., infatti, determina tre criteri alternativi per tale incombenza, di cui il primo, di carattere generale, stabilisce che tutte le spese inerenti alle parti ed ai servizi comuni si ripartiscono in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno (comma 1); il secondo si fonda sul concetto di «misura diversa» che i condomini possono fare delle cose comuni, talché le relative spese seguono il criterio della potenzialità dell'uso (comma 2) mentre il terzo criterio fa riferimento al fatto che beni ed impianti siano destinati a servire una parte dell'edificio (ipotesi di «condominio parziale»), con la conseguenza che solo coloro che ne traggono utilità saranno chiamati a sopportare il carico economico.

Premesso quanto innanzi esposto, in risposta al quesito in esame, si evidenzia che le spese condominiali suddivisibili in ragione dei consumi individuali di ciascun condomino necessitano di strumenti di rilevazione che consentano tale ripartizione. Invero, in relazione ai consumi idrici, questo strumento è rappresentato dai così detti contatori individuali, altrimenti noti come contatori di sottrazione o misuratori individuali. Difatti per i consumi dell'acqua c'è il contatore di riferimento dell'ente erogatore e quelli di sottrazione. All'apparenza, quindi, si tratta di una semplice operazione di suddivisione del costo in base ai consumi. Tuttavia, in tale operazione, può accadere che vi sia una eccedenza condominiale che consiste nella differenza tra il consumo rilevato al contatore generale e la somma dei consumi dei sottocontatori personali (es. acqua per lavare le scale ed altro di pertinenza condominiale).

A tal proposito le pronunce della giurisprudenza di legittimità e di merito (Cass. civ. sez. II, 01 agosto 2014 n. 17557 e Trib. Roma 30 gennaio 2017, n. 1619) hanno precisato che le spese relative al consumo dell'acqua devono essere ripartite in base all'effettivo consumo se questo è rilevabile oggettivamente con strumentazioni tecniche. Per meglio dire, secondo il principio espresso dalle citate pronunce, l'installazione in ogni singola unità immobiliare di un apposito contatore consente, da un lato, di utilizzare la lettura di esso come base certa per l'addebito dei costi, salvo il ricorso ai millesimi di proprietà per il consumo dell'acqua che serve per le parti comuni dell'edificio.

In virtù di quanto innanzi esposto, ne consegue che in caso di presenza dei contatori di sottrazione installati per ogni singola unità immobiliare, ogni privato risponderà in ragione del consumo effettivo per la relativa proprietà, mentre le spese comuni (che, nel caso prospettato, sono relative all'eccedenza d'acqua usata per la pulizia delle parti comuni - scale, androne e giardino) verranno ripartite secondo il criterio generale previsto dall'articolo 1123, 1 comma, del Codice civile, ossia per millesimi di proprietà.

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