Gli atti amministrativi, compresi i provvedimenti disciplinari, possono essere notificati a mezzo posta elettronica certificata
17 Agosto 2018
Le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 20685 del 9 agosto 2018 hanno avuto modo di precisare, con riferimento ad un provvedimento disciplinare emesso dal Consiglio dell'Ordine, che la notificazione degli atti amministrativi può avvenire a mezzo posta elettronica certificata. Il caso – Nel caso di specie, tutto aveva avuto origine da un procedimento disciplinare a carico di un avvocato: il locale Consiglio dell'ordine aveva provveduto a comunicare a mezzo posta elettronica certificata l'esito del procedimento amministrativo. Secondo il Consiglio dell'Ordine, secondo cui il ricorso al CNF era tardivo, il termine per impugnare la decisione al Consiglio Nazionale forense avrebbe dovuto decorrere dalla comunicazione a mezzo PEC e non già, come sosteneva l'avvocato sanzionato dalla (successiva) notificazione a mezzo ufficiale giudiziario. Secondo la tesi del Consiglio dell'Ordine, trattandosi di attività amministrativa, si applica la disciplina per la notifica degli atti amministrativi e, quindi, “ben può provvedere direttamente alla notifica dei propri atti anche mediante posta elettronica certificata, tale ultima modalità essendo in ogni modo equiparata per legge alla notifica per ufficiale giudiziario o a quella eseguita a mezzo posta, fatti salvi i casi in cui tale facoltà sia esplicitamente esclusa”. Peraltro, l'avvocato sosteneva anche che la prima notificazione era stata posta in essere in violazione delle norme che prevedono la necessità dell'attestazione di conformità di quanto notificato con l'originale e la necessità della firma digitale. Notifica della decisione a mezzo PEC: oggi … - Orbene, le Sezioni Unite – nel ritenere fondata la tesi del Consiglio dell'Ordine – muovono da una premessa normativa: “la decisione dell'organo che definisce la fase amministrativa del procedimento disciplinare nei confronti degli avvocati - e quindi, attualmente, del Consiglio distrettuale di disciplina - è oggi regolata dall'art. 31 del Regolamento 21 febbraio 2014, n. 2, adottato dal Consiglio Nazionale Forense … ai sensi del quale (rubricato «notificazione della decisione») «copia integrale del provvedimento è notificata, anche via pec, a cura della segreteria del Consiglio distrettuale di disciplina: a) all'incolpato nel domicilio professionale o in quello eventualmente eletto; ...». Ne deriva che non vi è più spazio pro futuro per dubbi sulla piena legittimità di una trasmissione del provvedimento a mezzo p.e.c … e ieri? – Ciò premesso, però, la Cassazione ha dovuto ricostruire il quadro normativo vigente prima delle modifiche richiamate quando era vigente l'art. 46, co. 2, del r.d. 37/1934 ai sensi del quale le notificazioni previste dal medesimo regio decreto e del r.d.l. 1578 del 1933 sono eseguite a mezzo ufficiale giudiziario (ancorché alla fattispecie avrebbe pure potuto essere ritenuta applicabile la nuova normativa in virtù del principio del tempus regit actum). Natura amministrativa del procedimento … – Orbene, per la Cassazione non vi è dubbio che il procedimento disciplinare sia inquadrabile nei procedimenti amministrativi che si concludono con un atto che ha forma e sostanza di provvedimento amministrativo: e ciò fino all'impugnazione del provvedimento davanti al CNF quando si apre una fase propriamente giurisdizionale. … giustiziale – “Alla notificazione degli atti giudiziari - cui può equipararsi per l'evidente finalità lato sensu giustiziale, nonostante la natura amministrativa del procedimento, ogni atto preparatorio e quello conclusivo della fase dinanzi al Consiglio dell'Ordine - da parte degli enti pubblici rientranti nel concetto di Pubblica Amministrazione si procede normalmente a mezzo posta”. E poiché “all'utilizzo della posta tradizionale è ormai equiparata la posta elettronica certificata, sicché la notificazione dei provvedimenti resi da detti enti pubblici (quale sicuramente è il Consiglio dell'Ordine, nda) può legittimamente eseguirsi, in luogo e con gli stessi effetti della posta tradizionale, mediante comunicazione a mezzo posta elettronica certificata”: e ciò anche per il principio di non discriminazione tra forma cartacea e elettronica degli atti. Del resto, precisa la Corte, “l'intero corpus normativo del d.lgs. 82 del 2005 (c.d. codice dell'amministrazione digitale) si applica proprio pure agli enti pubblici non economici, in virtù del rinvio espresso operato dall'art. 2, co. 2, all'art. 1, co. 2, del d.lgs. n. 165 del 2001”. Peraltro, in base all'art. 12, co. 1, legge 890/1982 “le norme sulla notificazione degli atti giudiziari a mezzo della posta sono applicabili alla notificazione degli atti adottati dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29,e successive modificazioni, da parte dell'ufficio che adotta l'atto stesso” avvalendosi anche del servizio postale o delle altre forme di notificazione previste dalla legge e perfino, in mancanza, dei messi comunali. Infine, la conclusione è coerente con i principi di derivazione comunitaria secondo cui “le pubbliche amministrazioni gestiscono i procedimenti amministrativi utilizzando le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nei casi e nei modi previsti dalla normativa vigente”. Ecco allora che “la modalità di gestione informatica o telematica di ogni fase del procedimento amministrativo - e quindi anche quella della sua comunicazione agli interessati - costituisce oggetto di un autentico dovere comportamentale per la pubblica amministrazione (secondo la definizione di cui sopra, da cui vanno esclusi, tra gli altri, gli Enti pubblici economici), anche ai sensi dell'art. 97 Cost”. Nessun rilievo delle regole del PCT – Una volta ritenuto possibile per la PA procedere alla notificazione a mezzo PEC, la Cassazione ha escluso qualsiasi rilievo alla mancanza di attestazione di conformità e all'assenza di firma digitale. Senonché, “la norma [invocata dall'avvocato] regola esclusivamente il processo civile e le notifiche eseguite direttamente dagli avvocati, sicché, risolvendosi la fase dinanzi al Consiglio dell'Ordine …in un procedimento amministrativo in senso stretto” non può trovare applicazione. La tesi dell'avvocato avrebbe, infatti, come effetto quello di “imporre un gravoso requisito formale, al di fuori del suo campo di applicazione”. Peraltro - e qui risiede un passaggio ulteriore della Cassazione – pure a voler ritenere rilevante la dedotta questione della violazione di una norma processuale, “anche alla fattispecie applicato il generale principio di diritto processuale, elaborato da questa Corte… per il quale nessuno ha diritto al rispetto delle regole del processo in quanto tali, ma solo se, appunto in dipendenza della loro violazione, ha subito un concreto pregiudizio” che nel caso concreto non era stato neppure affermato.
*Fonte: www.dirittoegiustizia.it |