Illegittimo il licenziamento basato sulle indagini dell’agente investigativo

La Redazione
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07 Settembre 2018

Pur potendo il datore di lavoro ricorrere a soggetti terzi, come agenzie di investigazione, per l'accertamento di violazioni da parte dei lavoratori, tale verifica non può estendersi all'adempimento o meno della loro prestazione lavorativa.

Il caso. La Corte d'appello di Napoli confermava la sentenza di prime cure con cui era stata rigettata la domanda di declaratoria di illegittimità del licenziamento proposta da un dipendente di Rete Ferroviaria Italiana s.p.a.

Il provvedimento del datore di lavoro si basava sulle false presenze lavorative per diverse giornate, create tramite manomissione del sistema di rilevazione delle presenze, accertate tramite controlli effettuati dalla datrice di lavoro tramite un'agenzia investigativa.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il lavoratore.

Accertamenti. Delle diverse censure proposte, risulta fondato l'ultimo motivo con cui viene dedotta la violazione degli artt. 2 e 3 stat. lav. Fermo restando che tali disposizioni tutelano la libertà e la dignità del lavoratore, il datore di lavoro ha la possibilità di ricorrere alla collaborazione di altri soggetti – come un'agenzia investigativa – diversi dalle guardie giurate per la tutela del patrimonio aziendale, così come di controllare l'adempimento delle prestazioni lavorative e quindi di accertare le specifiche mancanze dei dipendenti.

Tale potere di controllo tramite soggetti esterni non si estende però alla verifica dell'adempimento o meno dell'obbligazione contrattuale del lavoratore di prestare la propria opera: l'adempimento dell'attività lavorativa è infatti sottratto alla vigilanza la quale deve limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell'obbligazione principale.

In conclusione, posto che le agenzie di investigazione per operare legittimamente non devono sconfinare nella vigilanza sull'attività lavorativa vera e propria, riservata dall'art. 3 stat. lav. al datore di lavoro, la sentenza della Corte d'appello merita l'annullamento.

(Fonte: Diritto e Giustizia)