Le obbligazioni nella nuova legge sul condominio

Paolo Gatto
11 Settembre 2018

L'art. 63 disp. att. c.c., nella sua nuova formulazione, tenta di porre un rimedio alla sentenza delle Sezioni Unite del 2008 che ha sancito la parziarietà delle obbligazioni condominiali, rendendo oltremodo complicato, per il terzo creditore, agire nei confronti del condominio al fine di recuperare i suoi crediti. Il principio della parziarietà implica che...
Il quadro normativo

L'art. 63 disp. att. c.c., nella sua nuova formulazione, contempla che il creditore del condominio non possa pignorare i beni di coloro che sono in regola con i pagamenti senza prima aver tentato di escutere i morosi e che l'amministratore, se interpellato, debba comunicare al creditore i nominativi dei condomini morosi.

L'articolo in esame, testualmente, recita: «1. Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi. 2. I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini».

La parziarietà dell'obbligazione condominiale

La sentenza Cass. civ., sez. un., 08 aprile 2008, n. 9148 delle Sezioni Unite che ha affermato il principio della parziarietà dell'obbligazione condominiale si fonda sui seguenti presupposti:

  1. La legge non impone una generalizzata solidarietà nelle obbligazioni se non riguardo a quelle non indivisibili; se l'obbligazione non è indivisibile la solidarietà dipende dalle norme e dai principi; in un'obbligazione divisibile, se la legge non predilige la comunanza, prevale la parziarietà.
  2. Quando l'obbligazione è connaturata alla res come accade per i coeredi, ciascuno risponde per la sua quota;
  3. Nel condominio l'obbligazione è unitaria per il creditore, ma divisibile per i condòmini;
  4. L'art. 1115 c.c., che disciplina la vendita del bene comune per obbligazioni contratte in solido per il mantenimento della comunione, ha mera natura descrittiva ma, in ogni caso, il vincolo di indivisibilità che connota il condominio rende la fattispecie non affine;
  5. Anche le spese relative all'uso (non propter rem) sono spese divisibili e, comunque, non prescindono dalla contitolarità delle parti comuni;
  6. Il condominio, ancorché definito acriticamente “ente di gestione” non presenta alcuna autonomia giuridica e l'amministratore, che rappresenta esternamente i condomini, è vincolato dalle quote per cui non può, per il principio dell'inefficacia della rappresentanza senza poteri, vincolare i condomini oltre a quella che è la loro quota.

Sulla base di questi principi, le Sezioni Unite avevano stabilito la parziarietà delle obbligazioni.

Le obbligazioni nell'impianto normativo condominiale

La questione legata alla solidarietà o alla parziarietà delle obbligazioni ha natura strutturale. Nel codice liberale del 1865 il condominio non era costituito da una comunione, ma era disciplinato all'interno delle servitù; chiaramente, si trattava di fattispecie analoga alle odierne servitù per destinazione del padre di famiglia; la costruzione nasce di un unico proprietario che, nel momento in cui vende, determina la costituzione di servitù concorrenti secondo il vincolo di accessorietà (oggi rappresentato dall'indivisibilità di cui all'art. 1119 c.c.). Se è agevole individuare i fondi dominanti nelle singole unità immobiliari, meno agevole era individuare il fondo servente. Secondo la dottrina dominante al tempo, il terreno era ritenuto di proprietà del piano terreno e questo, pertanto, poteva essere ritenuto il fondo servente.

Trattandosi di codice liberale ed escluso un principio maggioritario in quanto lesivo dell'assolutezza del diritto reale, diventava difficile il governo del condominio tanto da pervenirsi allo schema attuale di condominio attraverso l'istituto della comunione.

A prescindere dall'intento descrittivo dell'art. 1117 c.c., che postula la comunione del suolo come una parte qualsiasi, invero è il suolo, per il principio di accessione, ad essere comune e a rendere comune tutto il caseggiato per cui, nell'attuale architettura del condominio, esiste una tensione tra la comunione del suolo, che rende comune tutto l'edificio (con l'applicazione residuale delle norme sulla comunione al condominio ai sensi dell'art. 1139 c.c.) e il rapporto di accessorietà, analogo alle servitù per destinazione del padre di famiglia, che sottopone le parti comuni alla vis actractiva delle singole proprietà private.

Il vincolo di accessorietà, oltre che dall'art. 1119 c.c., è ricavabile anche dall'art. 1123 c.c., non a caso richiamato dalle Sezioni Unite, al fine di smentirne una rilevanza meramente interna.

Questa tensione presente nel condominio, che è anche la causa dei conflitti interpretativi sulle innovazioni vietate in relazione all'art. 1102 c.c., costituisce anche il motivo del conflitto tra la solidarietà e la parziarietà delle obbligazioni.

In un sistema, infatti, che si fonda sulle servitù concorrenti, contenute in un codice liberale, la solidarietà non è ammissibile come, invece, è imposta in una comunione, che costituisce una universitas ove i diversi partecipanti si riuniscono in un'assemblea con lo scopo di assumere decisioni gestorie.

Ipotesi di soluzioni

Innanzitutto, occorre puntualizzare - come anticipato in precedenza - che il legislatore ha fatto riferimento ad un modello ben preciso; la norma, infatti, si articola in tre momenti:

  1. sulla base dei riparti approvati l'amministratore può ottenere decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo nei confronti dei condomini morosi;
  2. I creditori possono aggredire i beni dei condomini morosi e, solo in seguito, quelli dei condomini “obbligati” (nei confronti dell'amministratore e non dei creditori) in regola con i pagamenti;
  3. L'amministratore è tenuto, se interpellato, a comunicare i dati dei condomini morosi.

Il modello, pertanto, non si applica a tutte le fattispecie di obbligazioni ma solo a quelle regolarmente approvate e ripartite all'interno della comunità condominiale; è chiaro che restano fuori tutte le obbligazioni (ad esempio, quelle che traggano origine da un titolo giudiziario come una sentenza favorevole ottenuta da un'impresa appaltatrice a seguito di controversia) per le quali non vi sia stata, per qualsivoglia motivo, approvazione da parte dei condomini.

Nel modello descritto dal codice civile il legislatore ha inteso prefigurarsi l'ipotesi nella quale l'amministratore versi l'importo parziale e, non riuscendo a recuperare tramite ingiunzione il residuo, comunichi le somme dovute dai morosi ai creditori.

Chiaramente, in questa ipotesi, si verte in una situazione di parziarietà; prevale, cioè, l'anima più risalente del condominio, quella delle “servitù concorrenti” per intenderci, ove un soggetto non può venire chiamato a pagare per gli altri.

In caso di mancata soddisfazione del creditore attraverso l'escussione dei condomini morosi, secondo le loro quote cadute in morosità, peraltro, questi può rivalersi su quelli in regola; a questo punto, non può negarsi prevalere la seconda natura del condominio, quella della universitas; in questa seconda fase i condomini in regola non saranno più obbligati, come in origine, nei confronti dell'amministratore, ma saranno direttamente obbligati nei confronti del terzo creditore ma, essendo applicabile il principio collettivo, non può negarsi che, per il residuo, debba venire meno anche la parziarietà, prevista per la prima fase, per cui i condomini risponderanno in solido, ma solo del residuo; il principio parziario presiede alla fase di adempimento ordinaria, poi si passa al principio solidaristico; l'obbligazione, inizialmente divisibile in quote, una volta divenuta residuale e, pertanto, esistendo per il fatto della presenza di una comunione di fondo, non può essere ritenuta corrispondente alle singole quote, per le quali è già stata onorata per la prima fase, ma diventa una qualsivoglia obbligazione quasi del tutto sottratta alla sua caratteristica di realità, fatta salva un'ulteriore ripartizione, da parte dell'assemblea, che reintrodurrà il modello iniziale.

Diverso è il caso nel quale la somma non sia approvata e ripartita, sia per condotta negligente dell'amministratore ovvero per espressa volontà dei condomini di non pagare. Questa fattispecie, ragionando nei termini delle Sezioni Unite, dovrebbe comportare l'applicazione del principio parziario, ma ciò darebbe luogo a soluzioni inique e contrarie a principi di buona fede e solidarietà sociale.

Non può sfuggire, infatti, che la compagine condominiale potrebbe sottrarsi al rischio della solidarietà, seppur residuale, soltanto rimanendo inerte; vi sarebbe, pertanto, un trattamento deteriore dei condomini corretti, che approvano e ripartiscono la spesa al fine di fare fronte all'obbligo di pagamento, rischiando, almeno in seconda battuta, la solidarietà, nei confronti di coloro che, invece, nulla abbiano fatto o, persino, abbiano deciso di non pagare, facendosi scudo della parziarietà dell'obbligazione incorporata in un titolo esecutivo.

In quest'ultima ipotesi, sussistendo una responsabilità per violazione di canoni di buona fede e principi costituzionali di solidarietà sociale, i condomini dovrebbero essere chiamati a pagare in solido, fatta salva la responsabilità dell'amministratore per negligenza e fatta salva la possibilità, per i singoli in buona fede, di corrispondere spontaneamente la propria quota a prescindere dalle decisioni della comunità, in questo caso sottraendosi alla solidarietà.

In presenza di una norma che garantisce la parziarietà fino a che non si verifichi l'impossibilità di escutere i morosi, il mancato avveramento della condizione (l'inutile escussione dei morosi) dovuta al fatto del soggetto penalizzato dalla condizione stessa (i condomini che non intendono pagare per gli altri) comporta l'avverarsi della condizione. Secondo l'art. 1358 c.c., chi ha acquisito un diritto in forza di una condizione deve comportarsi secondo buona fede, mentre l'art. 1359 c.c. dispone che la condizione si consideri avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all'avverarsi della condizione stessa.

La solidarietà, pertanto, sarà applicabile immediatamente ogni qualvolta sia accertato che i condòmini, pur a conoscenza della notifica di un titolo, abbiano operato al fine di ostacolare il creditore impedendogli di accedere alla speciale procedura di cui all'art. 63 disp. att. c.c.

In conclusione

In assenza di previsioni normative certe e di giurisprudenza, vista la novità della materia, diventa difficile operare scelte sicure in materia di recupero credito dal condominio.

Nella pratica, il creditore al quale non siano comunicati i nominativi dei condomini morosi (esperito, magari, infruttuosamente, un pignoramento sul conto corrente) dovrà, in primo luogo, convenire in giudizio l'amministratore per farlo condannare a comunicare i nomi dei morosi (Trib. Napoli 1 febbraio 2017) o richiederne la condanna al pagamento in quanto responsabile, con la sua condotta, dell'aver reso inesigibile l'obbligazione (Giud. Pace Genova n. 1917/2015); quest'ultimo, al fine di sottrarsi a responsabilità, dovrà dimostrare che la causa sia dovuta ai condomini che non hanno inteso onorare l'obbligazione, producendo la relativa delibera; a questo punto il creditore dovrà richiedere l'autorizzazione alla chiamata in giudizio dei condomini responsabili per sentirli dichiarare tenuti, in solido, al pagamento dell'intera obbligazione per violazione dei principi di buona fede e solidarietà sociale.

È da rilevare che l'obbligazione, in questa ipotesi, prescinderebbe dalla connotazione “reale” per diventare un'obbligazione indivisibile per violazione, in concorso, di principi di buona fede, obbligazione sottoposta al principio generale di solidarietà

Guida all'approfondimento

Giamo, Brevi osservazioni sulla natura parziaria o solidale delle obbligazioni condominiali, in Rass. dir. civ., 2015, 791;

Scalettaris, Ancora sulla responsabilità del condomino per le obbligazioni del condominio, in Riv. giur. edil., 2014, I, 496;

Parini, La natura delle obbligazioni condominiali nella riforma del condominio e gli strumenti posti a tutela delle ragioni del creditore, in Nuova giur. civ. comm., 2014, II, 115.

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