Patti locatizi contrari alla legge

Patrizia Petrelli
12 Settembre 2018

La disciplina dei patti contrari alla legge nelle locazioni ad uso abitativo è contenuta nell'art. 13 della l. n. 431/1998, riformato ad opera della legge di Stabilità per il 2016 (l. 28 dicembre 2015, n. 208, in vigore dal 1° gennaio 2016). Il patto dissimulato, sia coevo che successivo, di maggiorazione del canone rispetto a quello risultante dal contratto scritto e registrato è sanzionato con la nullità, senza possibilità di...
Inquadramento

L'art. 13 della l. n. 431/1998 (relativa alle locazioni ad uso abitativo) modificato ad opera della legge di Stabilità per il 2016 (l. 28 dicembre 2015, n. 208, in vigore dal 1° gennaio 2016), contiene la disciplina dei c.d. patti contrari alla legge.

La disposizione, rispetto al suo predecessore costituito dall'art. 79 della l. n. 392/1978 che aveva portata di generale previsione di nullità, riferita, oltre che all'inderogabilità della durata minima e della misura massima consentita del corrispettivo della locazione abitativa, ad ogni altra ipotesi di attribuzione al locatore di vantaggi ulteriori in contrasto con la stessa legge, prevede solo tassative ipotesi di nullità (Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2004, n. 19568) riconducibili, sostanzialmente, al divieto di aumento del canone rispetto a quello risultante dal contratto nonché al divieto di derogare ai limiti legali in termini di durata e di canone.

Nei casi di nullità relativi al canone il conduttore può esercitare l'azione di restituzione delle somme corrisposte in misura maggiore e l'azione di riconduzione della locazione a condizioni conformi alla legge.

Queste azioni possono essere esperite dal conduttore anche nell'ipotesi in cui il locatore non abbia provveduto alla registrazione del contratto nel termine perentorio; scompare così la c.d. locazione di fatto, vale a dire la locazione abitativa stipulata in forma verbale su pretesa del locatore.

Nullità del patto di maggiorazione del canone

Il comma 1 dell'art. 13 della l. n. 431/1998 in vigore fino al 31 dicembre 2015 stabiliva la nullità di ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato.

Questo principio è rimasto inalterato nella nuova disposizione; a tutela dell'adempimento degli obblighi di carattere tributario, il 1 comma è stato arricchito di alcune disposizioni dirette a porre a carico del locatore l'obbligo di provvedere alla registrazione del contratto (nel termine perentorio di trenta giorni successivo alla stipula), dandone “documentata comunicazione” (ossia una comunicazione contenente gli estremi del versamento effettuato e il numero di registrazione attribuito al contratto), nei successivi sessanta giorni, al conduttore ed all'amministratore del condominio (evidentemente ove oggetto della locazione sia un immobile inserito in un contesto condominiale), anche al fine di consentire a quest'ultimo l'aggiornamento del registro di anagrafe condominiale, previsto dall'art. 1130, n. 7), c.c. cosi come modificato dalla riforma del condominio.

L'art. 13 va coordinato con la norma contenuta nell'art. 1, comma 4, della l. n. 431/1998 che prevede la forma scritta per la validità del contratto di locazione, ma che nulla dice in ordine alla registrazione.

Infatti il dibattito in ordine alla necessità della registrazione del contratto nel caso di locazione ad uso abitativo si era sviluppato sull'interpretazione dell'art. 13, comma 1, l.n. 431/1998.

Si discuteva se l'omessa registrazione del contratto di locazione (data anche la possibilità ai fini fiscali di una registrazione tardiva attraverso l'istituto del ravvedimento operoso) fosse requisito di validità del contratto stesso e quale sorte dovesse avere il patto dissimulato sul canone.

La giurisprudenza, attraverso una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 13, aveva precisato che è da escludere qualsivoglia sanzione di nullità per l'ipotesi di mancata registrazione di un accordo ulteriore intercorso tra le parti, rispetto all'originario contratto di locazione, avente ad oggetto la previsione di un più elevato canone locatizio (non spiegando, all'uopo, influenza la circostanza che, ai sensi del successivo comma secondo, al conduttore sia in tal caso concessa l'azione di ripetizione), sicché deve, in linea generale, predicarsi a tutt'oggi il principio secondo cui la registrazione non è stata elevata dal legislatore speciale a requisito di validità del contratto di locazione (Cass. civ., sez. III, 27 ottobre 2003, n. 16089); conseguentemente la nullità prevista dall'art. 13, comma 1, era riferita alla pattuizione, nel corso di svolgimento del rapporto di locazione, e quindi successiva, di un canone più elevato rispetto a quello risultante dal contratto originario, in consacrazione del principio di invariabilità del canone per tutta la durata del rapporto posto a tutela del conduttore.

Questa interpretazione della norma ha suscitato molte critiche in quanto si contestava che la disposizione fosse destinata a regolare solo i patti di maggiorazione del canone intervenuti nel corso del rapporto, dovendo ritenersi inclusi anche quelli contestuali alla stipula del contratto di locazione.

Sul piano normativo la finanziaria 2005 (art. 1, comma 346, l. n. 311/2004), forse a seguito dell'interpretazione data dalla giurisprudenza all'art. 13 della l. n. 431/1998, ha espressamente previsto che «i contratti di locazione o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati», facendo conseguire dalla nullità per omessa registrazione del contratto la presunzione di «esistenza del rapporto di locazione anche per i quattro periodi di imposta antecedenti quello nel corso del quale è accertato il rapporto stesso» (art. 1, comma 342, l. n. 311/2004, che ha inserito l'art. 41-ter del d.p.r. n. 600/1973).

Dopo la decisione della Suprema Corte del 2003, il dibattito è rimasto aperto: a fronte di decisioni della Cassazione, che ribadivano il principio enunciato nel 2003, la maggioranza della giurisprudenza di merito era orientata ad interpretare la norma del senso che si riferisse a qualunque patto dissimulante un canone diverso da quello previsto nel contratto, salvo, poi, configurare conseguenze diverse in ordine alla mancata registrazione. Conseguentemente la questione è stata rimessa alla Cassazione a Sezioni Unite (ordinanza di rimessione Cass. civ., sez. III, 3 gennaio 2014, n. 37).

PATTO DISSIMULATO SUL CANONE: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Validità della controdichiarazione contemporanea alla stipula del contratto di locazione

In tema di locazione di immobili ad uso abitativo, e con riferimento ai contratti stipulati anteriormente all'entrata in vigore dell'art. 1, comma 346, l. 30 dicembre 2004 n. 311 (c.d. legge finanziaria 2005), deve escludersi la nullità di un accordo contemporaneo ed ulteriore relativo alla determinazione di un canone locativo più elevato rispetto a quello risultante dal contratto scritto e registrato, atteso che l'art. 13, comma 1, l. 9 dicembre 1998, n. 431 non si riferisce all'ipotesi della simulazione relativa del contratto di locazione rispetto alla misura del corrispettivo, quanto piuttosto alla pattuizione, nel corso dello svolgimento del rapporto di locazione, di un canone più elevato rispetto a quello risultante dal contratto originario, sotto la comminatoria della ripetizione delle somme versate (Cass. civ., sez. III, 7 aprile 2010 n. 8230; Cass. civ., sez. III, 3 aprile 2009, n. 8148).

Nullità del patto simulato

In tema di locazione di immobili urbani ad uso abitativo, il contratto contenente la previsione di un canone superiore rispetto al primo contratto registrato è nullo anche se è stato successivamente registrato (Trib. Roma, 7 aprile 2005; Trib. Verona 21 giugno 2000; Trib. Roma 16 maggio 2000; Trib. Palermo 20 novembre 2000; Trib. Genova 5 dicembre 2008; Trib. Roma 30 settembre 2010; Trib. Melfi, 6 luglio 2011; conforme Trib. Trento 26 novembre 2013; App. L'Aquila 23 ottobre 2013, ma solo con riferimento alle pattuizioni intervenute nel corso del rapporto).

Posizione assunta dalle Sezioni Unite

In tema di locazione immobiliare ad uso abitativo, la nullità prevista dall'art. 13, comma 1, della l. n. 431/1998 sanziona esclusivamente il patto occulto di maggiorazione del canone, oggetto di un procedimento simulatorio, mentre resta valido il contratto registrato e resta dovuto il canone apparente; il patto occulto, in quanto nullo, non è sanato dalla registrazione tardiva, fatto extranegoziale inidoneo ad influire sulla validità civilistica (Cass. civ., sez. un., 17 settembre 2015, n. 18213; principio ribadito da Cass. civ., sez. III, 18 aprile 2016 n. 7634).

Nullità relative all'importo del canone ed ai limiti di durata

Il comma 4 dell'art. 13, in parte modificato dalla legge di stabilità del 2016, prevede per i contratti a canone concordato (art. 2, comma 3, l. n. 431/1998) la nullità delle pattuizioni eccedenti i valori massimi definiti in sede di contratti-tipo, mentre per i contratti a canone libero (art. 2, comma 1, l.n. 431/1998) la nullità di qualsiasi pattuizione diretta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito, con ciò rafforzando il divieto già espresso nel comma 1 dell'art. 13.

La legge di stabilità del 2016 ha “snellito” il secondo periodo del comma 4 prevedendo «la nullità di qualsiasi pattuizione……» in luogo della formulazione precedente che sanzionava con la nullità «qualsiasi obbligo del conduttore nonché qualsiasi clausola o altro vantaggio economico o normativo diretti……»; formula sicuramente più chiara rispetto a quella previgente che aveva fatto ipotizzare l'illegittimità di clausole che, pur non interessando direttamente la misura del canone, ponevano altri oneri a carico del conduttore.

La norma è, quindi, ora diretta a comminare la nullità di ogni patto aggiunto destinato ad incidere solo sul canone.

In passato, sotto la vigenza dell'art. 79 della l. n. 392/1978 predecessore dell'art. 13, la giurisprudenza si era espressa nel senso della nullità di clausole contrattuali che obbligano il conduttore al pagamento degli oneri accessori in misura superiore a quella prevista dall'art. 9 della l. n. 392/1978 (Cass. civ., sez. III, 12 ottobre 1998, n. 10081) oppure in misura forfetariamente determinata (Cass. civ., sez. III,8 marzo 2002, n. 3431; Cass. civ., sez. III, 26 luglio 2005, n. 15630).

La giurisprudenza di merito ha però sostenuto che, dopo l'entrata in vigore della l. n. 431/1998, in un contratto di locazione abitativa si può validamente pattuire una clausola di forfetizzazione degli oneri accessori a carico del conduttore in aggiunta al canone propriamente detto, restando così invariabile l‘importo pattuito che risulta indifferente alla effettiva entità ed all'esistenza degli oneri; né si può configurarsi a carico del locatore l'onere di dimostrare e documentare l'entità degli oneri, ed anche nel caso che questi non siano stati effettivamente sostenuti, e senza che possa ritenersi attribuita al conduttore la facoltà di dimostrare che le spese sono state inferiori al forfait o non sono state effettuate (Trib. Firenze 8 marzo 2007).

Analogamente si è ritenuto per quanto concerne la clausola relativa al deposito cauzionale; al riguardo, l'art. 11 della l. n. 392/1978 stabilisce la misura massima del deposito cauzionale nonché le modalità di corresponsione degli interessi legali sulla somma.

In proposito, sotto la vigenza dell'art. 79 della l. n. 392/1978, la Cassazione aveva ritenuto la nullità delle clausole contrattuali che non prevedono la corresponsione degli interessi sulla base della natura imperativa dell'obbligo del locatore di versare gli interessi sul deposito cauzionale, obbligo che perseguirebbe finalità di tutela del contraente più debole e diretto ad impedire che i frutti della relativa somma, percepibili dal locatore, possano tradursi in un surrettizio incremento del canone locatizio (Cass. civ., sez. III, 8 gennaio 2010, n. 75; Cass. civ., sez. III, 3 maggio 2004, n. 8330; Cass. civ., sez. III, 19 agosto 2003 n. 12117).

La giurisprudenza di merito pronunciatasi dopo l'entrata in vigore della l. n. 431/1998 ha ritenuto la validità della clausola che esclude l'obbligo del locatore di restituire al conduttore gli interessi maturati sul deposito cauzionale da quest'ultimo versato al momento della stipula del contratto se accede ad un contratto stipulato dopo l'entrata in vigore della l. 9 dicembre 1998, n. 431, mentre è invalida se accede ad un contratto stipulato anteriormente (Trib. Modena 23 luglio 2004).

Il 3 comma dell'art. 13, non modificato dalla legge di stabilità 2016, stabilisce la nullità di ogni pattuizione diretta a derogare ai limiti di durata stabiliti dalla l. n. 431/1998 per i contratti di locazione a canone libero (4 anni + 4 anni) e per quelli a canone concordato (3 anni + 2 anni).

La durata minima fissata per entrambi i tipi di locazione costituisce una tutela del conduttore al quale viene garantito il diritto di permanere nell'immobile locato almeno per il periodo minimo legale. Pertanto è da ritenersi valida la clausola che fissa una durata maggiore del rapporto rispetto alla previsione legale.

Dubbi, invece, sono stati posti con riferimento alla validità della clausola di disdetta contestuale e di quella contenente una preventiva rinuncia del conduttore al diritto di rinnovazione del rapporto alla prima scadenza.

Azione di restituzione dei canoni ed azione di conformazione

Nei casi di nullità relativi all'importo del canone di cui ai commi 1 e 4 dell'art. 13 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato, può chiedere la restituzione delle somme indebitamente corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto di locazione (comma 2, non toccato dalla legge di stabilità del 2016, e nuovo comma 6 corrispondete all'originario comma 5 dell'art. 13).

Il conduttore può fare valere il suo diritto alla restituzione delle somme indebitamente corrisposte al locatore anche prima della riconsegna dell'immobile al locatore stesso in quanto il termine di sei mesi fino alla riconsegna dell'immobile è un termine ad quem di decadenza dalla proponibilità della domanda, e non un termine a quo (Cass. civ. sez. III, 20 agosto 2003, n. 12214, in riferimento a fattispecie resa sotto la vigenza dell'art. 79).

La Cassazione, a proposito della decadenza prevista dall'art. 79 della l. n. 392/1978 (ma che è identica a quella ora prevista dal comma 6 dell'art. 13) ha precisato che il termine semestrale di decadenza per l'esercizio dell'azione di ripetizione delle somme sotto qualsiasi forma corrisposte dal conduttore in violazione dei limiti e dei divieti previsti dalla stessa legge, fa si che se l'azione viene esperita oltre il detto termine, il conduttore è esposto al rischio dell'eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa è già maturata, mentre il rispetto del termine di sei mesi gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente è stato corrisposto fino al momento del rilascio dell'immobile locato, il che si traduce nella inopponibilità di qualsivoglia eccezione di prescrizione (fra le tante, da ultimo, Cass. civ., sez. III, 7 febbraio 2014, n. 2829).

Il comma 6 prevede, inoltre, il diritto del conduttore a che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dal comma 1 dell'art. 2 (per i contratti a canone libero) ovvero dal comma 3 dell'art. 2 (per quelli a canone concordato).

Come in passato, poi, nel giudizio che accerta l'esistenza del contratto di locazione il giudice determina il canone dovuto, che non può eccedere quello del valore minimo definito ai sensi dell'art. 2 ovvero quello definito ai sensi dell'art. 5, commi 2 e 3, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l'alloggio per i motivi ivi regolati (si tratta delle locazioni per gli studenti universitari). L'autorità giudiziaria stabilisce la restituzione delle somme eventualmente eccedenti corrisposte dal conduttore.

L'azione di restituzione delle somme indebitamente versate nonché l'azione di conformazione viene estesa anche nell'ipotesi in cui il locatore non abbia provveduto alla registrazione del contratto nel termine di trenta giorni (Cass. civ. sez. III, 18 aprile 2016, n 7640).

Casistica

CASISTICA

Esclusione dall'ambito applicativo dell'art. 13 dei contratti di locazione aventi ad oggetto ville

La norma di cui all'art. 13 della l. n. 431/1998 non si applica agli immobili inclusi nella categoria catastale A/8 (abitazioni in villa) per i quali, non essendo prevista alcuna nullità collegata a limiti di durata del rapporto o di misura del canone, resta esclusa la speciale azione del conduttore di riconduzione del rapporto a condizioni conformi allo schema della valida locazione. (Cass. civ. sez. III, 29 settembre 2004, n. 19568).

Decorrenza del termine per l'esercizio dell'azione di restituzione

Il termine decadenziale di sei mesi, entro il quale il conduttore ha l'onere di domandare la restituzione delle somme pagate in eccedenza rispetto al canone previsto dalla l. 27 luglio 1978, n. 392, decorre dalla materiale riconsegna dell'immobile oggetto del contratto - la quale coincide con la data in cui il bene viene posto nell'effettiva disponibilità del locatore - e non dalla cessazione del rapporto giuridico intercorrente tra le parti (Cass. civ., sez. VI, 19 giugno 2013, n. 15353; Cass. civ., sez. III, 3 aprile 2009, n. 8143; Cass. civ., sez. III, 4 giugno 2003, n. 8914 con riguardo a fattispecie rese in applicazione dell'art. 79 della l. n. 392/1978)

Azioni esperibili dal conduttore in ipotesi di contratto non registrato

In seguito alle modificazioni dell'art. 13 della l. 431/1998 introdotte con la l. 208/2015 (legge finanziaria 2016), a fronte di un contratto nullo per mancanza di tempestiva registrazione il conduttore può avvalersi in via di azione di due rimedi alternativi: a) l'azione di conformazione legale del contenuto del contratto ex art. 13, comma 6, seconda parte, della l. 431/1998, con restituzione delle somme eccedenti medio tempore corrisposte; b) l'azione di restituzione dell'indebito a norma degli artt. 2033 ss. c.c. In via di eccezione il conduttore può avvalersi altresì della disciplina di cui all'art. 13, comma 5, l. n. 431/1998 come novellata con l. n. 208/2015 (Trib. Torino 21 aprile 2016).

Guida all'approfondimento

Cuffaro, Aporie della giurisprudenza e pervicacia del legislatore in tema di locazione e obbligo di registrazione, in Giur. it., 2016, 331;

AA.VV., Le nullità dei contratti di locazione e la riformulazione dell'art. 13 della legge n. 431/1998, 26° Convegno coordinamento legali della Confedilizia, Confedilizia Ed., 2016;

Ulessi - Buset, Locazione abitativa e patto occulto di maggiorazione del canone, in Nuova giur. civ., 2016, 10268;

Scalettaris, Contenuto e finalità dell'obbligo di comunicazione all'amministratore del condominio della registrazione del contratto di locazione, in Riv. giur. edil., 2016, 449;

Masoni, L'incubo fiscale si staglia di nuovo sulle locazioni in seguito alla novella dell'art. 13, 6° co. della L. 431 del 1998, in Arch. loc. e cond., 2016, 526;

Carrato - Scarpa, La locazione nella pratica del contratto e del processo, Milano, 2015;

Cuffaro, Violazioni di obblighi tributari e nullità del contratto (di locazione), in Riv. dir. civ., 2011,357.

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