Patti locatizi contrari alla legge
12 Settembre 2018
Inquadramento
L'art. 13 della l. n. 431/1998 (relativa alle locazioni ad uso abitativo) modificato ad opera della legge di Stabilità per il 2016 (l. 28 dicembre 2015, n. 208, in vigore dal 1° gennaio 2016), contiene la disciplina dei c.d. patti contrari alla legge. La disposizione, rispetto al suo predecessore costituito dall'art. 79 della l. n. 392/1978 che aveva portata di generale previsione di nullità, riferita, oltre che all'inderogabilità della durata minima e della misura massima consentita del corrispettivo della locazione abitativa, ad ogni altra ipotesi di attribuzione al locatore di vantaggi ulteriori in contrasto con la stessa legge, prevede solo tassative ipotesi di nullità (Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2004, n. 19568) riconducibili, sostanzialmente, al divieto di aumento del canone rispetto a quello risultante dal contratto nonché al divieto di derogare ai limiti legali in termini di durata e di canone. Nei casi di nullità relativi al canone il conduttore può esercitare l'azione di restituzione delle somme corrisposte in misura maggiore e l'azione di riconduzione della locazione a condizioni conformi alla legge. Queste azioni possono essere esperite dal conduttore anche nell'ipotesi in cui il locatore non abbia provveduto alla registrazione del contratto nel termine perentorio; scompare così la c.d. locazione di fatto, vale a dire la locazione abitativa stipulata in forma verbale su pretesa del locatore. Il comma 1 dell'art. 13 della l. n. 431/1998 in vigore fino al 31 dicembre 2015 stabiliva la nullità di ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato. Questo principio è rimasto inalterato nella nuova disposizione; a tutela dell'adempimento degli obblighi di carattere tributario, il 1 comma è stato arricchito di alcune disposizioni dirette a porre a carico del locatore l'obbligo di provvedere alla registrazione del contratto (nel termine perentorio di trenta giorni successivo alla stipula), dandone “documentata comunicazione” (ossia una comunicazione contenente gli estremi del versamento effettuato e il numero di registrazione attribuito al contratto), nei successivi sessanta giorni, al conduttore ed all'amministratore del condominio (evidentemente ove oggetto della locazione sia un immobile inserito in un contesto condominiale), anche al fine di consentire a quest'ultimo l'aggiornamento del registro di anagrafe condominiale, previsto dall'art. 1130, n. 7), c.c. cosi come modificato dalla riforma del condominio. L'art. 13 va coordinato con la norma contenuta nell'art. 1, comma 4, della l. n. 431/1998 che prevede la forma scritta per la validità del contratto di locazione, ma che nulla dice in ordine alla registrazione. Infatti il dibattito in ordine alla necessità della registrazione del contratto nel caso di locazione ad uso abitativo si era sviluppato sull'interpretazione dell'art. 13, comma 1, l.n. 431/1998. Si discuteva se l'omessa registrazione del contratto di locazione (data anche la possibilità ai fini fiscali di una registrazione tardiva attraverso l'istituto del ravvedimento operoso) fosse requisito di validità del contratto stesso e quale sorte dovesse avere il patto dissimulato sul canone. La giurisprudenza, attraverso una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 13, aveva precisato che è da escludere qualsivoglia sanzione di nullità per l'ipotesi di mancata registrazione di un accordo ulteriore intercorso tra le parti, rispetto all'originario contratto di locazione, avente ad oggetto la previsione di un più elevato canone locatizio (non spiegando, all'uopo, influenza la circostanza che, ai sensi del successivo comma secondo, al conduttore sia in tal caso concessa l'azione di ripetizione), sicché deve, in linea generale, predicarsi a tutt'oggi il principio secondo cui la registrazione non è stata elevata dal legislatore speciale a requisito di validità del contratto di locazione (Cass. civ., sez. III, 27 ottobre 2003, n. 16089); conseguentemente la nullità prevista dall'art. 13, comma 1, era riferita alla pattuizione, nel corso di svolgimento del rapporto di locazione, e quindi successiva, di un canone più elevato rispetto a quello risultante dal contratto originario, in consacrazione del principio di invariabilità del canone per tutta la durata del rapporto posto a tutela del conduttore. Questa interpretazione della norma ha suscitato molte critiche in quanto si contestava che la disposizione fosse destinata a regolare solo i patti di maggiorazione del canone intervenuti nel corso del rapporto, dovendo ritenersi inclusi anche quelli contestuali alla stipula del contratto di locazione. Sul piano normativo la finanziaria 2005 (art. 1, comma 346, l. n. 311/2004), forse a seguito dell'interpretazione data dalla giurisprudenza all'art. 13 della l. n. 431/1998, ha espressamente previsto che «i contratti di locazione o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati», facendo conseguire dalla nullità per omessa registrazione del contratto la presunzione di «esistenza del rapporto di locazione anche per i quattro periodi di imposta antecedenti quello nel corso del quale è accertato il rapporto stesso» (art. 1, comma 342, l. n. 311/2004, che ha inserito l'art. 41-ter del d.p.r. n. 600/1973). Dopo la decisione della Suprema Corte del 2003, il dibattito è rimasto aperto: a fronte di decisioni della Cassazione, che ribadivano il principio enunciato nel 2003, la maggioranza della giurisprudenza di merito era orientata ad interpretare la norma del senso che si riferisse a qualunque patto dissimulante un canone diverso da quello previsto nel contratto, salvo, poi, configurare conseguenze diverse in ordine alla mancata registrazione. Conseguentemente la questione è stata rimessa alla Cassazione a Sezioni Unite (ordinanza di rimessione Cass. civ., sez. III, 3 gennaio 2014, n. 37).
Il comma 4 dell'art. 13, in parte modificato dalla legge di stabilità del 2016, prevede per i contratti a canone concordato (art. 2, comma 3, l. n. 431/1998) la nullità delle pattuizioni eccedenti i valori massimi definiti in sede di contratti-tipo, mentre per i contratti a canone libero (art. 2, comma 1, l.n. 431/1998) la nullità di qualsiasi pattuizione diretta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito, con ciò rafforzando il divieto già espresso nel comma 1 dell'art. 13. La legge di stabilità del 2016 ha “snellito” il secondo periodo del comma 4 prevedendo «la nullità di qualsiasi pattuizione……» in luogo della formulazione precedente che sanzionava con la nullità «qualsiasi obbligo del conduttore nonché qualsiasi clausola o altro vantaggio economico o normativo diretti……»; formula sicuramente più chiara rispetto a quella previgente che aveva fatto ipotizzare l'illegittimità di clausole che, pur non interessando direttamente la misura del canone, ponevano altri oneri a carico del conduttore. La norma è, quindi, ora diretta a comminare la nullità di ogni patto aggiunto destinato ad incidere solo sul canone. In passato, sotto la vigenza dell'art. 79 della l. n. 392/1978 predecessore dell'art. 13, la giurisprudenza si era espressa nel senso della nullità di clausole contrattuali che obbligano il conduttore al pagamento degli oneri accessori in misura superiore a quella prevista dall'art. 9 della l. n. 392/1978 (Cass. civ., sez. III, 12 ottobre 1998, n. 10081) oppure in misura forfetariamente determinata (Cass. civ., sez. III,8 marzo 2002, n. 3431; Cass. civ., sez. III, 26 luglio 2005, n. 15630). La giurisprudenza di merito ha però sostenuto che, dopo l'entrata in vigore della l. n. 431/1998, in un contratto di locazione abitativa si può validamente pattuire una clausola di forfetizzazione degli oneri accessori a carico del conduttore in aggiunta al canone propriamente detto, restando così invariabile l‘importo pattuito che risulta indifferente alla effettiva entità ed all'esistenza degli oneri; né si può configurarsi a carico del locatore l'onere di dimostrare e documentare l'entità degli oneri, ed anche nel caso che questi non siano stati effettivamente sostenuti, e senza che possa ritenersi attribuita al conduttore la facoltà di dimostrare che le spese sono state inferiori al forfait o non sono state effettuate (Trib. Firenze 8 marzo 2007). Analogamente si è ritenuto per quanto concerne la clausola relativa al deposito cauzionale; al riguardo, l'art. 11 della l. n. 392/1978 stabilisce la misura massima del deposito cauzionale nonché le modalità di corresponsione degli interessi legali sulla somma. In proposito, sotto la vigenza dell'art. 79 della l. n. 392/1978, la Cassazione aveva ritenuto la nullità delle clausole contrattuali che non prevedono la corresponsione degli interessi sulla base della natura imperativa dell'obbligo del locatore di versare gli interessi sul deposito cauzionale, obbligo che perseguirebbe finalità di tutela del contraente più debole e diretto ad impedire che i frutti della relativa somma, percepibili dal locatore, possano tradursi in un surrettizio incremento del canone locatizio (Cass. civ., sez. III, 8 gennaio 2010, n. 75; Cass. civ., sez. III, 3 maggio 2004, n. 8330; Cass. civ., sez. III, 19 agosto 2003 n. 12117). La giurisprudenza di merito pronunciatasi dopo l'entrata in vigore della l. n. 431/1998 ha ritenuto la validità della clausola che esclude l'obbligo del locatore di restituire al conduttore gli interessi maturati sul deposito cauzionale da quest'ultimo versato al momento della stipula del contratto se accede ad un contratto stipulato dopo l'entrata in vigore della l. 9 dicembre 1998, n. 431, mentre è invalida se accede ad un contratto stipulato anteriormente (Trib. Modena 23 luglio 2004). Il 3 comma dell'art. 13, non modificato dalla legge di stabilità 2016, stabilisce la nullità di ogni pattuizione diretta a derogare ai limiti di durata stabiliti dalla l. n. 431/1998 per i contratti di locazione a canone libero (4 anni + 4 anni) e per quelli a canone concordato (3 anni + 2 anni). La durata minima fissata per entrambi i tipi di locazione costituisce una tutela del conduttore al quale viene garantito il diritto di permanere nell'immobile locato almeno per il periodo minimo legale. Pertanto è da ritenersi valida la clausola che fissa una durata maggiore del rapporto rispetto alla previsione legale. Dubbi, invece, sono stati posti con riferimento alla validità della clausola di disdetta contestuale e di quella contenente una preventiva rinuncia del conduttore al diritto di rinnovazione del rapporto alla prima scadenza. Azione di restituzione dei canoni ed azione di conformazione
Nei casi di nullità relativi all'importo del canone di cui ai commi 1 e 4 dell'art. 13 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato, può chiedere la restituzione delle somme indebitamente corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto di locazione (comma 2, non toccato dalla legge di stabilità del 2016, e nuovo comma 6 corrispondete all'originario comma 5 dell'art. 13). Il conduttore può fare valere il suo diritto alla restituzione delle somme indebitamente corrisposte al locatore anche prima della riconsegna dell'immobile al locatore stesso in quanto il termine di sei mesi fino alla riconsegna dell'immobile è un termine ad quem di decadenza dalla proponibilità della domanda, e non un termine a quo (Cass. civ. sez. III, 20 agosto 2003, n. 12214, in riferimento a fattispecie resa sotto la vigenza dell'art. 79). La Cassazione, a proposito della decadenza prevista dall'art. 79 della l. n. 392/1978 (ma che è identica a quella ora prevista dal comma 6 dell'art. 13) ha precisato che il termine semestrale di decadenza per l'esercizio dell'azione di ripetizione delle somme sotto qualsiasi forma corrisposte dal conduttore in violazione dei limiti e dei divieti previsti dalla stessa legge, fa si che se l'azione viene esperita oltre il detto termine, il conduttore è esposto al rischio dell'eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa è già maturata, mentre il rispetto del termine di sei mesi gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente è stato corrisposto fino al momento del rilascio dell'immobile locato, il che si traduce nella inopponibilità di qualsivoglia eccezione di prescrizione (fra le tante, da ultimo, Cass. civ., sez. III, 7 febbraio 2014, n. 2829). Il comma 6 prevede, inoltre, il diritto del conduttore a che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dal comma 1 dell'art. 2 (per i contratti a canone libero) ovvero dal comma 3 dell'art. 2 (per quelli a canone concordato). Come in passato, poi, nel giudizio che accerta l'esistenza del contratto di locazione il giudice determina il canone dovuto, che non può eccedere quello del valore minimo definito ai sensi dell'art. 2 ovvero quello definito ai sensi dell'art. 5, commi 2 e 3, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l'alloggio per i motivi ivi regolati (si tratta delle locazioni per gli studenti universitari). L'autorità giudiziaria stabilisce la restituzione delle somme eventualmente eccedenti corrisposte dal conduttore. L'azione di restituzione delle somme indebitamente versate nonché l'azione di conformazione viene estesa anche nell'ipotesi in cui il locatore non abbia provveduto alla registrazione del contratto nel termine di trenta giorni (Cass. civ. sez. III, 18 aprile 2016, n 7640). Casistica
Cuffaro, Aporie della giurisprudenza e pervicacia del legislatore in tema di locazione e obbligo di registrazione, in Giur. it., 2016, 331; AA.VV., Le nullità dei contratti di locazione e la riformulazione dell'art. 13 della legge n. 431/1998, 26° Convegno coordinamento legali della Confedilizia, Confedilizia Ed., 2016; Ulessi - Buset, Locazione abitativa e patto occulto di maggiorazione del canone, in Nuova giur. civ., 2016, 10268; Masoni, L'incubo fiscale si staglia di nuovo sulle locazioni in seguito alla novella dell'art. 13, 6° co. della L. 431 del 1998, in Arch. loc. e cond., 2016, 526; Carrato - Scarpa, La locazione nella pratica del contratto e del processo, Milano, 2015; Cuffaro, Violazioni di obblighi tributari e nullità del contratto (di locazione), in Riv. dir. civ., 2011,357. |