Irregolarità contabili negli enti territoriali: il bilancio è un atto pubblico fidefacente

13 Settembre 2018

Nell'ambito della contabilità degli enti pubblici territoriali, tanto al bilancio di previsione che al bilancio consuntivo va attribuita natura di atto fidefacente, in quanto il primo è espressione di una programmazione politico-gestionale munita del vaglio di attendibilità e veridicità, fonte di conoscenza dei programmi futuri dell'ente e del grado di avanzamento degli stessi ed il secondo fornisce la rappresentazione contabile delle attività svolte dagli amministratori nell'anno di riferimento...
Massima

Nell'ambito della contabilità degli enti pubblici territoriali, tanto al bilancio di previsione che al bilancio consuntivo va attribuita natura di atto fidefacente, in quanto il primo è espressione di una programmazione politico-gestionale munita del vaglio di attendibilità e veridicità, fonte di conoscenza dei programmi futuri dell'ente e del grado di avanzamento degli stessi ed il secondo fornisce la rappresentazione contabile delle attività svolte dagli amministratori nell'anno di riferimento, dovendo permettere la verifica del raggiungimento degli obiettivi e dei programmi, tradotti in cifre, del bilancio di previsione, nel rispetto degli equilibri economici e finanziari.

Il caso

Il sindaco di una città capoluogo di regione, unitamente ad un funzionario comunale ed ai componenti del collegio utilizzo del predetto comune, veniva condannato per alcune falsità presenti nella contabilità dell'ente pubblico, in particolare nei documenti rappresentanti i bilanci di previsione dell'ente per gli anni 2008 e 2009 e nel rendiconto di gestione per l'anno 2008.

Secondo i giudici di merito tale condotta, sostanzialmente analoga a quella descritta negli artt. 2621-2622 c.c., integrava il reato di falso in atto pubblico di cui all'art. 479 c.p., aggravata ai sensi del comma secondo dell'art. 476 c.p.

In sede di ricorso per cassazione la difesa, per quanto di interesse in questa sede, non negava la mendacità e non correttezza dei dati iscritti nei predetti documenti, ma riteneva errata la qualificazione dei documenti dell'amministrazione, in particolare il bilancio comunale di previsione, come atti aventi natura fidefacente, contrariamente a quanto più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui hanno una tale qualifica solo gli atti in cui il pubblico ufficiale attesti quanto da lui fatto o rilevato o avvenuto in sua presenza, laddove detta portata non hanno, al contrario, le valutazioni di tali fatti, salvo specifica previsione di legge. Per questa ragione, la difesa affermava non potersi attribuire fede privilegiata al bilancio consuntivo ed al bilancio di previsione, che si limita a riportare dati contabili e con cui vengono formulate solo valutazioni sulle previsioni di entrata e di spesa; al più, si potrebbe attribuire valore di fede privilegiata, al massimo, al bilancio comunale ma soluzione contraria andava accolta con riferimento al bilancio previsionale ed al bilancio consuntivo.

La questione

Il tema della natura giuridica del bilancio di un Comune (o di altro ente territoriale) è stato più volte affrontato in giurisprudenza che ha sempre concluso per la sua qualificazione in termini di atto pubblico ai sensi dell'art. 476, comma 1, c.p. (Cass., sez. V, 14 marzo 2017, n. 24878, in Mass. Uff., n. 270461, secondo cui "ai fini della configurazione del reato di falso ideologico in atto pubblico, costituisce atto pubblico il bilancio consuntivo di un ente pubblico territoriale, trattandosi di documento anche a valenza esterna, che assolve alla pubblica funzione di illustrare quali siano state le spese sostenute e gli introiti realizzati, al fine di rappresentare non solo il risultato economico dell'ente nell'anno precedente, ma anche gli scopi amministrativi e politici perseguiti dall'amministrazione". Nello stesso senso, Cass., sez. II, 26 settembre 1995, n. 2091, in Mass. Uff., n. 202656).

In effetti, il bilancio di un ente pubblico territoriale promana dal consiglio comunale ed è un atto anche a valenza esterna e, per quanto attiene al bilancio consuntivo, illustra quali siano state le spese sostenute e gli introiti realizzati, finendo per rappresentare non il mero risultato economico dell'ente nell'anno precedente ma anche l'illustrazione degli scopi amministrativi e politici perseguiti dall'amministrazione ed in quanto documento rappresentativo di dati è del tutto evidente che possa essere oggetto di falsificazione sia materiale, sia ideologica.

Quanto agli atti fidefacenti, la giurisprudenza ritiene che la natura di atto pubblico di fede privilegiata necessita del concorso di un duplice requisito: a) la provenienza da un pubblico ufficiale autorizzato dalla legge, da regolamenti oppure dall'ordinamento interno della pubblica amministrazione ad attribuire all'atto pubblica fede; b) l'attestazione del pubblico ufficiale della verità circa i fatti da lui compiuti o avvenuti in sua presenza, ovvero quanto da lui attestato in relazione a constatazioni o accertamenti che era in sua facoltà e nella sua discrezionalità eseguire (Cass., sez. VI, 28 aprile 2017, n. 35219, in Mass. Uff., n. 270855; Cass., sez. V, 4 ottobre 2016, n. 2714, in Mass. Uff., n. 269049). Sono stati quindi ritenuti atti pubblici dotati di fede privilegiata, ad esempio: il documento di sgravio fiscale, attestante il fatto che il debito del contribuente verso l'Erario era inferiore alla somma iscritta a ruolo, le bolle attestanti la consegna di prodotti agricoli eccedentari presso i centri di raccolta gestiti dall'AIMA e destinate a certificare la quantità e la qualità del prodotto, la relazione di notifica, il verbale di constatazione e di inizio di servizio, redatto dal dirigente di un comune, che riportava falsamente il rinvenimento e la verifica di attrezzature previste dal contratto di appalto per la raccolta e la gestione dei rifiuti urbani.

Le soluzioni giuridiche

Nella decisione in commento, la Cassazione respinge il ricorso e conferma la qualificazione data dai giudici di merito ai documenti contabili dell'ente pubblico.

La pronuncia inizia la sua riflessione ricordando come il bilancio dell'ente comunale perviene alla sua definitiva approvazione da parte del consiglio ad esito di una procedura che è disciplinata nel Testo unico degli enti locali ed è evidente che il procedimento comporta una serie di atti interni che possono a loro volta essere il frutto di un falso, materiale o ideologico. In effetti, in più occasioni i giudici di legittimità hanno affermato che il reato di falso in atto pubblico è configurabile anche in relazione agli atti "interni", a condizione che gli stessi siano tipici, ovvero si inseriscano in un iter procedimentale prodromico all'adozione di un atto finale destinato ad assumere valenza probatoria di quanto in esso esplicitamente od implicitamente attestato, poiché ciò che appare rilevante ai fini della qualificazione degli atti è il loro inserimento nel contesto di una complessa sequela procedimentale - conforme o meno allo schema tipico -, come necessario presupposto di momenti procedurali. Ciò comporta, perciò, che tanto il bilancio consuntivo che il bilancio di previsione sono tutti da qualificarsi come atti pubblici in quanto atti propri del pubblico ufficiale, costituenti una diretta espressione dell'attività cui il sindaco del comune ed i funzionari dello stesso sono preposti, e destinati a confluire nella finale attestazione del bilancio comunale.

Se infatti è pacificamente atto pubblico il bilancio comunale, analoga conclusione non può non essere va assunta con riferimento al bilancio consuntivo e di previsione, posto che, ai fini della configurazione del reato di falso ideologico in atto pubblico, costituisce atto pubblico non solo l'atto destinato ad assolvere una funzione attestativa o probatoria esterna, con riflessi diretti ed immediati nei rapporti tra privati e Pubblica Amministrazione, ma, per l'appunto, anche gli atti cosiddetti interni cioè sia quelli destinati ad inserirsi nel procedimento amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza o di valutazione, sia quelli che si collocano nel contesto di una complessa sequela procedimentale ponendosi come necessario presupposto di momenti procedurali successivi.

Quanto alla natura dei documenti in questione quali atti fidefacenti, profilo mai esaminato in precedenza dalla giurisprudenza, la Cassazione ricorda che, sulla scorta di un orientamento consolidato, per poter configurare la circostanza aggravante prevista dall'art. 476, comma 2, c.p., è necessario che il documento sia dotato di fede privilegiata, in quanto emesso dal pubblico ufficiale investito di una speciale potestà documentatrice, a lui attribuita da una legge o da norme regolamentari, anche interne, ovvero desumibili dal sistema, in forza della quale l'atto assume una presunzione di verità assoluta, ossia di massima certezza eliminabile solo con l'accoglimento della querela di falso o con sentenza penale.

Tali circostanze e caratteri, secondo la Cassazione, ricorrono anche con riferimento al bilancio di previsione ed al bilancio consuntivo di un comune e ciò in quanto tali atti concorrono in maniera essenziale alla formazione finale del successivo bilancio comunale.

Infatti, in primo luogo, secondo il Testo Unico in tema di contabilità degli enti locali, la gestione di questi si ispira al principio di programmazione, il quale trova la sua principale concretizzazione proprio nel bilancio di previsione finanziario, atto deliberato dal Consiglio comunale in base ad uno schema predisposto dall'organo esecutivo, unitamente alla relazione previsionale e programmatica: esso deve essere redatto secondo determinati principi ed in particolare deve essere redatto in base a valutazioni prudenti ed attendibili, quanto più possibile vicine e rispondenti alla reale situazione finanziaria dell'ente e deve essere reso accessibile ai cittadini, oltre che agli organismi di controllo. Il bilancio di previsione, dunque, è un documento di pianificazione politica e programmazione economica, che contiene altresì delle previsioni, le quali risultano inevitabilmente ancorate ai fatti gestionali dell'esercizio precedente, alla situazione finanziaria passata ed attuale dell'ente, insomma ad aspetti oggettivi che impediscono valutazioni prettamente discrezionali. Inoltre, il bilancio ha carattere autorizzatorio poiché, una volta approvato, costituisce un limite per ulteriori impegni e pagamenti di spesa, come pure per gli accertamenti ed incassi sulle accensioni di prestiti: in definitiva, costituisce un testo di portata precettiva, espressione di fondamentali potestà politiche dell'ente, oltre che un vincolo giuridico ed amministrativo per gli organi preposti alla gestione, i quali sono chiamati al rispetto e alla realizzazione di quanto in esso previsto.

Ciò posto, non può non riconoscersi al bilancio di previsione fede privilegiata, in quanto esso risulta espressione di una programmazione politico-gestionale munita del vaglio di attendibilità e veridicità, fonte di conoscenza dei programmi futuri dell'ente e del grado di avanzamento degli stessi.

Quanto al rendiconto, lo stesso, ai sensi del predetto Testo Unico, rappresenta il successivo obbligo gestionale, adottato nei primi mesi dell'esercizio seguente, con forme analoghe a quelle del bilancio di previsione e deve attestare in maniera veridica i risultati della gestione finanziaria, economico e patrimoniale, consistendo nella rappresentazione contabile delle attività svolte dagli amministratori nell'anno di riferimento, dovendo permettere la verifica del raggiungimento degli obiettivi e dei programmi, tradotti in cifre, del bilancio di previsione, nel rispetto degli equilibri economici e finanziari, esprimendo una funzione certificatrice delle attività e passività

effettivamente sostenute dalla gestione dell'ente. Proprio in virtù di tale certificazione, anche il rendiconto risulta munito di particolare fede pubblica, legata alla correttezza ed alla veridicità delle registrazioni in esso contenute, essendo la rilevazione contabile e la dimostrazione del risultato di una gestione.

Alla luce di tali principi, la Suprema Corte conclude nel senso che tanto il bilancio di previsione che quello consuntivo hanno senz'altro natura fidefacente.

Conclusioni

La sentenza della Cassazione presenta una rilevanza pratica significativa, giacché, come accennato in precedenza, attribuire ai documenti contabili provenienti da un comune la natura di atto pubblico significa che alle falsità in essi presenti va attribuito rilievo penale ai sensi dell'art. 476 c.p., anziché alla luce di quanto dispongono gli artt. 2621 e ss. c.c. Tale circostanza è di particolare rilievo giacché, soprattutto prima della riforma del reato di falso in bilancio del 2015, la normativa penale in tema di false comunicazioni sociali era decisamente meno severa rispetto a quella dettata con riferimento ai bilanci delle società private.

Va ricordato infatti, richiamando l'insegnamento delle Sezioni Unite (31 marzo 2016, n. 22474, in Mass. Uff., n. 266803), che un bilancio redatto in maniera errata e non rispettando la normativa di riferimento e presente nel codice civile intanto può dirsi falso e quindi penalmente rilevante ai sensi degli artt. 2621 citati in quanto le mendacità in esso contenute presentino il requisito della “rilevanza”, requisito che ricorre quando l'omessa o errata informazione « potrebbe ragionevolmente influenzare le decisioni prese dagli utilizzatori, sulla base del bilancio dell'impresa». Il falso nell'ambito della contabilità della società private insomma deve essere tale da alterare in misura apprezzabile il quadro d'insieme e deve avere la capacità di influire sulle determinazioni dei soci, dei creditori o del pubblico.

A seguire l'insegnamento della Suprema Corte, invece, il requisito della rilevanza della falsità non è necessario perché il bilancio comunale possa dirsi falso e penalmente rilevante ai sensi dell'art. 476 c.p.. I giudici di legittimità, infatti, affermano chiaramente che le conclusioni assunte con riferimento al falso in comunicazioni sociali non possono essere formulate con riferimento al bilancio di un ente territoriale, che rileva ben oltre il perimetro - per quanto ampio esso possa essere - degli interessi coinvolti dal bilancio di una società o di un gruppo societario privati. Ciò significa, dunque, che irregolarità nella relazione di bilancio che presumibilmente non avrebbero rilevanza quando presenti nella contabilità giuridica privata assumeranno invece sicuro rilievo penale, integrando la fattispecie di cui all'art. 476 c.p.. Sarà quindi falso un bilancio – consuntivo o previsionale – di un ente pubblico il quale presenti difformità rispetto alla disciplina contenuta nel Testo Unico della Contabilità degli Enti Locali, pur se si tratta di irregolarità che non assumono rilievo all'interno di bilanci di società private: si pensi ad esempio alla contabilizzazione, nel saldo finanziario del conto consuntivo, di entrate di parte corrente (in conto competenza) come entrate in conto capitale (da registrare in conto cassa), ove i relativi importi non siano stati evidenziati come minori entrate rispetto alle previsioni o come residui, oppure il reiterato ricorso ad anticipazioni di tesoreria oltre i limiti stabiliti dalla legge ed il superamento dei limiti di spesa fissati ai fini del rispetto del patto di stabilità, nonché l'inserimento nel bilancio di competenza di un esercizio pregresso di entrate tributarie comprese in un ruolo di riscossione ma non debitamente accertate dai dirigenti dei competenti servizi e, quindi, insuscettibili di essere contabilizzate come poste di entrata oppure – con riferimento a bilanci adottati dall'ente pubblico prima della riforma del delitto di false comunicazioni sociali di cui agli artt. 2621 ss. c.c. – le falsità che non superino le soglie di punibilità previste nella precedente versione del citato art. 2621.

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