La responsabilità dell’amministratore verso i terzi richiede un danno diretto

La Redazione
14 Settembre 2018

L'azione individuale del terzo, o del socio, nei confronti dell'amministratore di una società, ai sensi dell'art. 2395 c.c., richiede la lesione di un diritto soggettivo patrimoniale, che non sia conseguenza del depauperamento del patrimonio societario: a differenza delle azioni sociali, ex art. 2393, e di quelle dei creditori sociali, ex art. 2394, che richiedono un danno per la società, l'azione del terzo presuppone un danno diretto.

L'azione individuale del terzo, o del socio, nei confronti dell'amministratore di una società, ai sensi dell'art. 2395 c.c., richiede la lesione di un diritto soggettivo patrimoniale, che non sia conseguenza del depauperamento del patrimonio societario: a differenza delle azioni sociali, ex art. 2393, e di quelle dei creditori sociali, ex art. 2394, che richiedono un danno per la società, l'azione del terzo presuppone un danno diretto.

L'azione di cui all'art. 2395 c.c. ha natura extracontrattuale: da ciò deriva che il socio o il terzo che agisca in giudizio per far valere la responsabilità diretta dell'amministratore ha l'onere di provare l'esistenza di un danno diretto ingiusto e il nesso di causalità tra tale danno e una condotta, dolosa o colposa, dell'amministratore. Il danno lamentato, insomma, deve risultare quale conseguenza diretta di atti dell'amministratore, che non possono essere ricondotti al mero inadempimento contrattuale delle obbligazioni della società.

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