La nuova direttiva sul distacco transnazionale

19 Settembre 2018

La nuova direttiva europea in materia di distacco transazionale è in vigore dal 30 luglio 2018. In attesa del recepimento da parte del legislatore nazionale, esamineremo le novità della nuova disciplina e il loro possibile impatto sulla vigente normativa italiana.
Fonti

Il c.d. “distacco transnazionale” è regolato, come noto, da direttive europee e dalla legislazione di recepimento nazionale.

In ambito europeo, l'istituto del “distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi” nasce con la direttiva 16 dicembre 1996, n. 1996/71/CE (c.d. “direttiva Madre”) alla quale si è più recentemente affiancata la direttiva n. 2014/67/UE (c.d. “direttiva Enforcement”) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014.

Nell'ordinamento italiano, tali disposizioni sono state recepite ad opera del d.lgs.17 luglio 2016, n. 136.

Da ultimo, la “direttiva Madre” è stata modificata dalla direttiva (UE) 28 giugno 2018, n. 2018/957 del Parlamento europeo e del Consiglio. La nuova direttiva è entrata in vigore il 30 luglio 2018. Gli Stati membri avranno termine per adottare i necessari atti di recepimento fino al 30 luglio 2020.

Occorrerà attendere la prossima tornata di adeguamento (o le successive, stante l'ampio termine a disposizione) perché l'ordinamento italiano dia attuazione nazionale alle modifiche introdotte dalla direttiva n. 2018/957/UE.

Le novità introdotte, tuttavia, meritano fin d'ora un esame, potendo assurgere – quanto meno – a parametro interpretativo delle disposizioni vigenti.

Nel presente lavoro analizzeremo le novità introdotte dalla direttiva del 2018 e il loro impatto sulla disciplina vigente.

Per una trattazione più vasta della materia oggi vigente rimandiamo ai due Focus già presenti su ilGiuslavorista.it, Distacco transnazionale: inquadramento e requisiti e Distacco transnazionale: previdenza e tutela dei lavoratori.

Inquadramento e ambito

La “direttiva Madre” rappresenta il tentativo di individuare un equilibrio tra libertà di circolazione e prestazione dei servizi, da un lato, e protezione dei lavoratori e del mercato dall'altro, assicurando ai lavoratori distaccati il riconoscimento di un nucleo minimo di norme protettive previste dal Paese ospitante.

In ambito europeo, infatti, la disciplina del mercato comune tende a favorire la libera circolazione delle imprese sul territorio dell'Unione; allorché ciò investe il fattore lavoro, tuttavia, emerge un duplice problema: da un lato, sotto il profilo della concorrenza dato che disparità di regolamentazione del lavoro si traducono nel livello del relativo costo che le imprese devono sostenere e, dunque, nella necessità che tali condizioni siano quanto più possibile armoniche tra gli operatori in concorrenza tra loro; dall'altro nelle esigenze di protezione dei lavoratori che potrebbero a loro volta patire di una concorrenza sul versante dell'offerta di lavoro derivante dalla circolazione attraverso realtà economiche molto differenti.

La direttiva n. 2018/957/UE denuncia, come già la “direttiva Enforcement”, l'insoddisfazione delle Istituzioni europee per i risultati conseguiti dalla “direttiva Madre”. La nuova direttiva si propone dichiaratamente di intervenire (nuovamente) sul “giusto” equilibrio tra la necessità di promuovere la libera prestazione dei servizi, garantire parità di condizioni e tutelare i diritti dei lavoratori distaccati (cfr. considerando 4, direttiva n. 2018/957/UE), modificando, in sostanza, l'equilibrio già individuato dalla direttiva Madre.

La nuova direttiva si premura di segnare i propri confini operativi. Essa garantisce espressamente la facoltà per gli Stati membri di applicare condizioni più favorevoli per i lavoratori (considerando n. 24, direttiva n. 2018/957/UE; art. 3, comma 7, direttiva n. 1996/71/CE). La nuova direttiva si propone, inoltre, di lasciare impregiudicata l'applicazione dei regolamenti in materia di coordinamento tra i sistemi di sicurezza sociale regolamento n. 2004/883/CE e n. 987/2009/CE (considerando n. 14, direttiva n. 2018/957/UE; cfr. in tema il Focus Distacco transnazionale: previdenza e tutela dei lavoratori). Infine, la direttiva si astiene dall'intervenire sulla disciplina del trasporto internazionale su strada, cui riconosce particolari difficoltà di natura giuridica, rinviando ad una futura disciplina organica della materia (considerando n. 15 e art. 3, comma 3, direttiva n. 2018/957/UE).

L'operazione di distacco e il rapporto sottostante

Il generale ambito di applicazione della direttiva non viene mutato, rimanendo rivolta alla disciplina del distacco di lavoratori, da parte di imprese stabilite in uno Stato membro, nel territorio di un altro Stato, nell'ambito di una prestazione di servizi transnazionale (art. 1, comma 1, direttiva n. 1996/71/CE).

Si sottolinea ora che oggetto della direttiva è altresì la protezione dei lavoratori distaccati e che essa ha una funzione comunque espansiva delle tutele (art. 1, comma 1, lett. b), direttiva n. 2018/957/UE).

Il distacco transnazionale può essere disposto:

  • nell'ambito di una prestazione di servizi (art. 1, comma 1, d.lgs. n. 136 del 2016);
  • nell'ambito di una somministrazione di lavoro (art. 1, comma 2, d.lgs. n. 136 del 2016);
  • nell'ambito del cabotaggio su strada (art. 1, comma 4, d.lgs. n. 136 del 2016).

Anche questa ulteriore specificazione sembra concorrere alla delimitazione dell'ambito di applicazione della disciplina dettata dal d.lgs. n. 136 del 2016. In futuro si dovrà comunque tener conto che la nuova direttiva impone la qualificazione di “lavoratore distaccato” sia nell'ambito di una prestazione di servizi, sia nell'ambito di una somministrazione di lavoro (art. 1, lett. c), punto ii), direttiva n. 2018/957/UE).

Gli interventi della direttiva n. 2018/957/UE

Passiamo ora ad esaminare gli interventi della nuova direttiva sulla disciplina preesistente.

1. Principio di parità di trattamento

Il nuovo “equilibrio” tra opposte esigenze ricercato dalla direttiva si impernia sull'enucleazione di un vero e proprio principio di parità di trattamento tra lavoratori distaccati e lavoratori autoctoni, ora esteso oltre i confini del settore edile, anche se di derivazione contrattuale collettiva (art. 1, § 2, lett. a), direttiva n. 2018/957/UE). Principio peraltro già accolto dalla nostra disciplina nazionale (cfr. infra, § 3.2).

2. Oggetto della tutela: le condizioni di lavoro e di occupazione dei lavoratori distaccati

Durante l'intero periodo del distacco è previsto l'obbligo di applicare ai lavoratori distaccati alcune delle “condizioni di lavoro e di occupazione” stabilite, a favore dei lavoratori subordinati che svolgono analoghe prestazioni di lavoro, da disposizioni normative e dai contratti collettivi (artt. 2, comma 1, lett. e) e 4, d.lgs. n. 136 del 2016; art. 3, comma 1 e 8, direttiva n. 1996/71/CE).

Il rinvio operato dal d.lgs. n. 136 del 2016 (e, a monte, dalla “direttiva Madre”) non è alla totalità delle disposizioni in materia di lavoro ma soltanto ad alcuni aspetti, ossia:

  • periodi massimi di lavoro e periodi minimi di riposo;
  • durata minima delle ferie annuali retribuite e, in futuro, presumibilmente, anche quella dei permessi retribuiti (la locuzione “congedi annuali retribuiti» sostituisce la locuzione “ferie annuali retribuite» contemplata dalla direttiva 96/71/CE, art. 3, comma 1, lett. b) e, per quanto riguarda la disciplina italiana, dal D.Lgs. n. 136/2016, art. 2, n. 2);
  • trattamenti retributivi minimi, compresi quelli maggiorati per lavoro straordinario;
  • salute, sicurezza e igiene sul luogo di lavoro;
  • tutela delle condizioni di lavoro e di occupazione di gestanti, puerpere, bambini e giovani;
  • divieto di discriminazione tra uomini e donne;
  • condizione di cessione temporanea di lavoratori da parte delle agenzie di somministrazione (art. 2, comma 1, lett. e), d.lgs. n. 136 del 2016).

La direttiva del 2018 estende il catalogo delle materie tutelate, annoverando ora:

  • le condizioni di alloggio, qualora questo sia fornito dal datore di lavoro;
  • le indennità e i rimborsi spesa per i lavoratori lontani da casa (art. 1, § 2, direttiva n. 2018/957/UE).

3. Espansione delle tutele nei distacchi “lunghi”

Al di fuori dei sopra ricordati confini, le condizioni di lavoro possono tornare a differenziarsi. Pertanto i rapporti di lavoro dei lavoratori distaccati potranno continuare ad essere regolati dall'ordinamento di provenienza per tutti gli aspetti che esulano da quelli specificamente indicati. Tale conclusione, tuttavia, va coordinata con il generale principio di preminenza delle leggi di applicazione necessaria (art. 8, regolamento (CE) 17 giugno 2008, n. 593/2008; artt. 16 e 17, l. 31 maggio 1995, n. 218), tenendo tuttavia presente che l'ordinamento comunitario non consente restrizioni alla libertà di circolazione e di concorrenza che non siano specificamente previste (cfr. Corte di giustizia, 19 giugno 2008, n. 319-06).

La direttiva del 2018 interviene però sui distacchi “troppo lunghi” che, in quanto tali, divengono sospetti di scarsa genuinità. Il distacco rimane infatti essenzialmente temporaneo: “Il distacco è di natura temporanea”, afferma il 9° considerando della direttiva (cfr. anche considerando nn. 2, 8, direttiva n. 2018/957/UE). Qualora il distacco raggiunga i 12 mesi, dunque, il lavoratore dovrà essere assoggettato non più alle condizioni di parità specificamente elencate in precedenza bensì a “tutte” le condizioni di lavoro e occupazioni applicabili nello Stato ospite in base a disposizioni legislative o collettive con la sola eccezione dei regimi di cessazione del rapporto, di non concorrenza e di previdenza integrativa (art. 3, § 1-bis, direttiva n. 1996/71/CE). Per motivate ragioni, lo Stato ospite potrà estendere il termine di 12 mesi a 18 mesi. La mera sostituzione del lavoratore con un altro non consentirà di eludere la disposizione (ibidem).

4. La retribuzione

Degno di nota è anche l'intervento della nuova direttiva sulla nozione di retribuzione.

La direttiva del 2018 interviene sulla nozione di retribuzione, non solo aggiornando la propria terminologia (la locuzione “retribuzione» sostituisce la locuzione “tariffe minime salariali» contemplata dalla direttiva 96/71/CE, art. 3. Per quanto riguarda la disciplina italiana, il d.lgs. n. 136 del 2016, art. 2, n. 3, fa riferimento a “trattamenti retributivi minimi”), ma dettando – dietro un rispetto della competenza statuale che rischia di rimanere di facciata – una propria definizione: ai fini della direttiva, entrano nel concetto di retribuzione tutti gli elementi costitutivi della retribuzione resi obbligatori da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative nazionali, da contratti collettivi che sono stati dichiarati di applicazione generale nello Stato membro in questione o altrimenti applicabili (in merito ai contratti collettivi applicabili, cfr. il Focus Distacco transnazionale: inquadramento e requisiti).

La direttiva si premura di consolidare l'assunto secondo cui la disciplina della retribuzione è di competenza degli Stati membri: tale è anche la determinazione dei salari, cui concorrono le parti sociali (considerando n. 17, direttiva n. 2018/957/UE). Tuttavia, la stessa si spinge poi a “suggerire” un principio di onnicomprensività, secondo il quale il raffronto tra la retribuzione del lavoratore distaccato e la retribuzione dovuta secondo le disposizioni dello Stato membro ospitante va condotto prendendo in considerazione l'importo lordo della retribuzione, senza riguardo ai singoli elementi che la costituiscono (considerando n. 18, direttiva n. 2018/957/UE). La specificità delle singole voci va comunque preservata e occorre poter distinguere con sicurezza quanto viene corrisposto per rimborso delle spese di viaggio, vitto e alloggio (che non dovrebbero essere considerate parte della retribuzione): nel dubbio l'intera indennità di distacco andrebbe imputata a rimborso spese (considerando nn. 19 e 20, direttiva n. 2018/957/UE).

Nel nostro ordinamento, ad oggi, il salario minimo dei lavoratori distaccati deve essere commisurato prendendo a riferimento la retribuzione dei colleghi composta da:

  • paga base;
  • elemento distinto della retribuzione (ove previsto);
  • indennità legate all'anzianità di servizio;
  • superminimi (individuali o per gruppi di lavoratori se collegati all'inquadramento contrattuale in gruppi retributivi e/o alla natura del lavoro svolto);
  • retribuzioni corrispettive per prestazioni di lavoro straordinario, notturno e festivo;
  • indennità di distacco (se compensative del disagio dovuto all'allontanamento dei lavoratori dal loro ambiente abituale);
  • indennità di trasferta (cfr. INL, circolare n. 1/2017; Ministero del lavoro interpello 12 ottobre 2010, n. 33).

Vedremo se, in sede di recepimento, sarà necessario rivedere la composizione della retribuzione nazionale.

5. I distacchi operati mediante somministrazione

La direttiva del 2018 torna sulla materia rafforzando la facoltà degli Stati di imporre la parità di trattamento nel caso di somministrazione transnazionale di manodopera (art. 3, §§ 9 e 10, direttiva n. 1996/71/CE).

In tal ambito, la legge italiana richiama già il principio espresso dalla norma nazionale sulla parità di trattamento dei lavoratori somministrati i quali hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell'utilizzatore (art. 4, comma 3, d.lgs. n. 136 del 2016; art. 35, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2015).

Tutele e sanzioni nella nuova direttiva: prescrizioni o semplici auspici

Con l'entrata in vigore della direttiva n. 2018/957/UE, le sanzioni dovranno essere “effettive, proporzionate e dissuasive” (art. 5, comma 2, direttiva n. 1996/71/CE).

La direttiva del 2018 si propone altresì di conferire rinnovato vigore alla cooperazione tra gli Stati membri per vigilare e reprimere gli abusi (art. 4, § 2, comma 1, e art. 5, direttiva n. 1996/71/CE). Lo Stato ospitante è responsabile della vigilanza e tutte le amministrazioni coinvolte dovranno rispondere a richieste motivate di informazioni. La nuova direttiva indica all'attenzione degli organi di vigilanza, in particolare, le attività svolte dai transfrontalieri e dal finto lavoro autonomo.

Conclusioni

Alcune delle novità introdotte dalla direttiva n. 2018/957/UE potranno determinare delle modifiche alla legge italiana in sede di recepimento e, fin d'ora, potranno fornire un parametro interpretativo per casi dubbi. Per altri aspetti, la nostra legge nazionale era già più avanzata sul percorso delle tutele rispetto a quanto richiedesse la direttiva.

L'effettività di questo nuovo intervento, tuttavia, passerà nuovamente per la capacità degli Stati di operare i controlli e collaborare tra loro per rendere la vigilanza più efficace.

Appendice

Per i riferimenti bibliografici e normativi si rimanda ai due Focus in materia già presenti sul Portale, dello stesso Autore:

- Distacco transnazionale: inquadramento e requisiti;

- Distacco transnazionale: previdenza e tutela dei lavoratori.

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