Cause condominiali (competenza per valore)

Alberto Celeste
02 Ottobre 2023

A seguito dell'istituzione del giudice unico di primo grado, la competenza c.d. verticale, per quanto concerne il criterio del valore, viene ad articolarsi tra due soli livelli, e precisamente, tra il Giudice di Pace competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a € 5.000,00, ed il Tribunale competente per tutte le cause concernenti beni immobili qualunque ne sia il valore...

Inquadramento

Alla luce delle modificazioni operate dalla novella n. 353/1990, entrata però in vigore nel maggio del 1995, la situazione si poteva, pertanto, riassumere nel senso che:

a) il Giudice di Pace era competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a 5 milioni di vecchie lire (art. 7, comma 1, c.p.c.);

b) il Pretore era competente per tutte le cause di valore sino a 50 milioni di lire (art. 8, comma 1, c.p.c.), con la conseguenza che erano devolute a quest'ultimo le controversie relative a beni mobili da £ 5.000.001 a £ 50.000.000, e quelle relative a beni immobili da £ 1 a £ 50.000.000;

c) il Tribunale era competente per tutte le cause, concernenti sia beni mobili che beni immobili, di valore superiore a 50 milioni di lire e per quelle di valore indeterminabile (art. 9 c.p.c.).

Con l'introduzione del giudice unico di primo grado (giugno 1999), è venuta meno la figura del Pretore e le relative competenze sono state trasferite al Tribunale; è rimasta invariata la competenza per valore del Giudice di Pace; si è abrogato l'art. 8 c.p.c. sulla competenza pretorile; il Tribunale è risultato competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice.

Pertanto, i disposti normativi da cui prendere le mosse erano l'art. 7, comma 1, c.p.c., secondo cui

«Il Giudice di Pace è competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a cinquemila euro, quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice», nonché l'art. 9 c.p.c., il quale stabiliva che «Il Tribunale è competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice. Il Tribunale è altresì esclusivamente competente per le cause in materia di imposte e tasse, per quelle relative allo stato e alla capacità delle persone e ai diritti onorifici, per la querela di falso, per l'esecuzione forzata e, in generale, per ogni causa di valore indeterminabile».

A seguito di tali modifiche, dunque, la competenza c.d. verticale, per quanto concerne il criterio del valore, veniva ad articolarsi tra due soli livelli, e precisamente:

1) il Giudice di Pace continuava a essere competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a € 5.000,00 (soglia così elevata in forza della l. n. 69/2009);

2) il Tribunale era competente per tutte le cause concernenti beni immobili qualunque ne fosse il valore, per quelle relative a beni mobili purchè di valore superiore a € 5.000,00, e per quelle di valore indeterminabile.

Attualmente, alla luce della c.d. riforma Cartabia, rimane ferma la competenza funzionale del giudice onorario, per quel che interessa la materia condominiale, ai sensi dell'immutato art. 7, comma 3, c.p.c., riguardo al n. 2), per quanto concerne le “cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi di condominio di case”, e al n. 3), per quanto concerne le “cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la nomale tollerabilità”.

Si registra come fortemente innovativo, invece, l'innalzamento della competenza per valore, che passa dagli attuali € 5.000,00 al doppio di tale importo: invero, l'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 149/2022 ha modificato il comma 1 del citato art. 7, nel senso che: “Il giudice di pace è competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a diecimila euro, quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice” (in conformità, peraltro, alla comma 7, lett. b, della legge-delega, contemplando, altresì, l'aumento fino a € 25,000,00 dai precedenti € 20.000,00 per le cause indicate nel comma 2, ossia quelle concernenti al “risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e natanti”).

Le pretese nascenti da un rapporto riguardante un bene immobile

Atteso che, con l'istituzione del giudice unico, le controversie lato sensu condominiali, in quanto inerenti comunque a diritti su beni immobili, sono attribuite al Tribunale, è sorto il dubbio se si possa sostenete una competenza del Giudice di Pace alla luce dell'art. 7 c.p.c., che gli attribuisce solamente le cause «relative a beni mobili».

A ben vedere, non erano mancate pronunce della giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. III, 13 aprile 1992, n. 4476; Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 1987, n. 1841), le quali, sia pure con riferimento alla figura del Conciliatore - ma la stessa clausola è stata sostanzialmente riprodotta nella norma che delimita la cognizione del Giudice di Pace, salvo l'innalzamento della soglia - avevano ritenuto che il predetto magistrato non togato, nei limiti della sua competenza per valore, potesse anche giudicare sulle azioni personali concernenti beni immobili e, in particolare, sulle cause che avevano per oggetto somme di danaro relative a quei beni che, però, non involgevano questioni sul rapporto giuridico di fatto e di diritto con i medesimi (del resto, anche la migliore dottrina, che aveva commentato le norme sulla competenza del Giudice di Pace, era concorde nel rifiutare ogni lettura indebitamente estensiva della clausola de qua).

Tuttavia, sembrava maggioritario l'indirizzo (Cass. civ., sez. I, 3 dicembre 1996, n. 10787; Cass. civ., sez. II, 28 gennaio 1995, n. 1031; Cass. civ., sez. III, 25 febbraio 1992, n. 2334; Cass. civ., sez. III, 22 gennaio 1987, n. 578), per il quale l'art. 7 c.p.c. escludeva ratione materiae la competenza del magistrato non professionale per tutte le cause aventi ad oggetto domande afferenti a diritti, reali o personali, relativi a beni immobili (v., in particolare, Cass. civ., sez. I, 28 novembre 2001, n. 15100: nella specie, si era dichiarata la competenza del Tribunale, che si era spogliato, in ragione del valore inferiore a lire cinquemilioni, della causa avente ad oggetto domanda di acquisto della proprietà di un bene immobile per usucapione; cui adde, nella giurisprudenza di merito, Giud. Pace Benevento 12 gennaio 2001).

Sul punto, è intervenuto, di recente, il massimo organo di nomofilachia (Cass. civ., sez. un., 19 ottobre 2011, n. 21582), affermando la possibile cognizione del Giudice di Pace, nei limiti della sua competenza per valore, in ordine alle controversie aventi ad oggetto pretese che abbiano la loro fonte in un rapporto, giuridico o di fatto, riguardante un bene immobile, salvo che la questione proprietaria non sia stata oggetto di un'esplicita richiesta di accertamento incidentale di una delle parti e sempre che tale richiesta non appaia, ictu oculi, alla luce delle evidenze probatorie, infondata e strumentale - siccome formulata in violazione dei principi di lealtà processuale - allo spostamento di competenza dal giudice di prossimità al giudice togato.

Per il resto, si può affermare che difficilmente sfuggono alla competenza per valore del Tribunale - tanto per fare qualche esempio - la domanda del condomino per ottenere in via giudiziaria la formazione del regolamento condominiale qualora l'assemblea non possa o non voglia approvarlo, l'azione per l'osservanza del medesimo regolamento condominiale, la revisione giudiziale delle tabelle millesimali nei casi stabiliti dalla legge, la domanda di scioglimento del condominio proposta da almeno un terzo dei comproprietari di quella parte dell'edificio della quale si chiede la separazione.

Le impugnazioni delle delibere assembleari

Il comma 2 dell'art. 1137 c.c. - non toccato, sul punto, dalla Riforma del 2013 - reitera correttamente la generica previsione della possibilità di adire “l'autorità giudiziaria”, in quanto così si rimanda ai normali criteri della ripartizione delle competenze, sicché oggi, riguardo in particolare alla c.d. competenza verticale, con la soppressione della figura del Pretore ed a seguito dell'istituzione del giudice unico, la questione concerne soltanto il Tribunale e il Giudice di Pace, senza scartare, però, la cognizione anche del giudice onorario.

In evidenza

Una volta escluso che ricorrano i summenzionati criteri per l'individuazione della competenza ratione materiae del Giudice di Pace, la determinazione del giudice competente a conoscere l'impugnazione della deliberazione assembleare deve essere effettuata in relazione al valore della controversia.

Al riguardo, si ritiene che non possa escludersi una sfera di competenza del Giudice di Pace sulla base del fatto che l'art. 7 c.p.c., nel delimitare in generale la competenza di quest'ultimo, ne precisa l'àmbito in relazione alle sole cause attinenti a “beni mobili”; ciò in quanto la giurisprudenza ha costantemente interpretato tale disposizione nel senso che debbano ritenersi sottratte alla cognizione del predetto giudice onorario soltanto le cause concernenti beni immobili, nelle quali cioè venga in rilievo il rapporto giuridico o di fatto con l'immobile.

In questa prospettiva, allorchè sia impugnata la deliberazione assembleare approvativa di una spesa - che è quella statisticamente più frequente - occorre individuare il discrimen riguardo alla competenza per valore.

Si può convenire che la competenza sia: a) del Giudice di Pace, se la spesa in oggetto non superi l'importo di € 5.000,00 (ora innalzata al doppio a seguito della c.d. riforma Cartabia); b) del Tribunale, se il valore superi quest'ultimo limite, oltreché sia di valore indeterminabile.

Sul punto, va puntualizzato che la competenza ratione valoris si determina con riferimento alla singola parte della delibera condominiale che sia oggetto di impugnazione, senza che possano venire in rilievo le altre questioni coinvolte dalla delibera stessa (Cass. civ., sez. II, 5 febbraio 1980, n. 836; Cass. civ., sez. II, 30 maggio 1966, n. 1435), nel senso che la maggioranza si calcola distintamente per ogni oggetto, come nel caso in cui la riunione presenti più argomenti all'ordine del giorno, ma soltanto uno o alcuni di essi siano contestati in sede giudiziaria dal condomino assente o dissenziente.

L'approvazione del riparto di una spesa

Riguardo alla domanda di annullamento di una delibera relativa alla ripartizione tra i condomini di una spesa, esattamente circoscritta nel suo ammontare, si discute se la competenza per valore si determini - quando non sono in discussione i criteri generali astrattamente stabiliti per la ripartizione delle spese tra i condomini - a norma degli artt. 11 e 14 c.p.c. in base al valore complessivo della somma da ripartire oppure in base al valore della singola quota del condomino che ha assunto l'iniziativa giudiziaria.

CRITERIO PER IL RIPARTO DELLA SPESA: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Riferimento al valore complessivo della somma da ripartire

L'art. 12, comma 1, c.p.c. - secondo cui il valore delle cause relative all'esistenza, alla validità o alla risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio si determina in base a quella parte del rapporto che sia in contestazione - subisce deroga quando il giudice sia chiamato ad esaminare, con efficacia di giudicato, le questioni relative all'esistenza o alla validità dell'intero rapporto; pertanto, nella controversia promossa da un condomino, che agisca nei confronti di un condominio per sentir dichiarare l'inesistenza del suo obbligo personale di pagare la quota a suo carico della spesa decisa ed approvata in via generale per tutti i condomini dall'assemblea, sull'assunto dell'invalidità della relativa deliberazione per violazione degli artt. 1136 e 1137 c.c., la contestazione deve intendersi estesa necessariamente all'invalidità dell'intero rapporto, il cui valore è, pertanto, quello da prendere in considerazione ai fini della determinazione della competenza, atteso che il thema decidendum non riguarda l'obbligo del singolo condomino, bensí l'intera spesa oggetto della delibera, la cui validità non può essere riscontrata solo in via incidentale (Cass. civ., sez. II, 13 novembre 2007, n. 22047; Cass. civ., sez. II, 26novembre 2004, n. 21703).

Riferimento al valore della singola quota del condomino

In una controversia tra un condomino ed un condominio avente ad oggetto il criterio di ripartizione di una parte soltanto della complessiva spesa deliberata dall'assemblea, il valore della causa si determina in base all'importo contestato e non all'intero ammontare di esso, perché la decisione non implica una pronuncia, con efficacia di giudicato, sulla validità della deliberazione concernente la voce di spesa nella sua globalità; anche se il condomino agisce per sentir dichiarare l'inesistenza del suo obbligo di pagamento sull'assunto dell'invalidità della delibera, occorre porre riguardo al thema decidendum, invece che al quid disputandum, per cui l'accertamento di un rapporto che costituisce la causa petendi della domanda, in quanto attiene a questione pregiudiziale di cui il giudice può conoscere in via incidentale, non influisce sull'interpretazione e qualificazione dell'oggetto della domanda principale e, conseguentemente, sul valore della causa (Cass.civ.,sez. II,26marzo2010,n.6363; Cass. civ., sez. II, 28 agosto 2018, n. 21127Cass. civ., sez. II, 21 marzo 2022, n. 9068; Cass. civ., sez. II, 7 luglio 2021, n. 19250; Cass. civ., sez. II, 24 gennaio 2001, n. 971).

Tali principi hanno trovato una recente puntualizzazione ad opera dei giudici di Piazza Cavour - Cass. civ., sez. II, 12 agosto 2011, n. 17278; Cass. civ., sez. II, 22 gennaio 2010, n. 1201 - ad avviso dei quali, ai fini della determinazione della competenza per valore riguardo ad una controversia avente ad oggetto la contestazione del riparto di una spesa deliberata dall'assemblea, occorre distinguere l'ipotesi in cui il condomino agisca per sentir dichiarare l'inesistenza del suo obbligo personale di pagare la quota a suo carico sull'assunto dell'invalidità della deliberazione, da quella in cui il condomino abbia, invece, dedotto per qualsiasi diverso titolo l'insussistenza della propria obbligazione: nel primo caso, la contestazione deve intendersi estesa necessariamente all'invalidità dell'intero rapporto implicato dalla deliberazione ed al valore della stessa deve farsi riferimento ai fini dell'individuazione del giudice competente, giacché il thema decidendum non riguarda l'obbligo del singolo condomino, bensì l'intera spesa oggetto della delibera, la cui validità non può essere riscontrata solo in via incidentale, mentre, nel secondo, il valore della causa va determinato in base al solo importo contestato, perché la decisione non implica una pronuncia sulla validità della deliberazione concernente la voce di spesa nella sua globalità.

Il valore indeterminabile della causa

Ad ogni buon conto, la causa si deve considerare di valore indeterminabile e, pertanto, rientrante nella competenza del Tribunale, quando l'oggetto della delibera assembleare impugnato non sia suscettibile di valutazione economica (come, ad esempio, quella concernente la nomina di un amministratore con incarico gratuito, Cass. civ., sez. II, 19 ottobre 1973, n. 2646; tra le pronunce di merito, si segnalano: Trib. Nocera Inferiore 12 giugno 2000, in una fattispecie in cui la delibera impugnata aveva, però, ad oggetto la nomina di un amministratore con la previsione di un compenso annuo a favore di quest'ultimo pari a £ 1.110.000, causa ritenuta dal giudicante estranea a previsioni di competenza per materia e, quindi, attribuita a quella per valore del Giudice di Pace; App. Firenze 7 marzo 1962, nel caso in cui era stato imposto ai condomini, per una serie indefinita di anni, un contributo assolutamente privo di alcuna possibilità di determinazione nella sua entità economica).

In quest'ottica, è stata reputata (Cass. civ., sez. II, 28 aprile 1976, n. 1513) di valore indeterminabile la domanda rivolta alla declaratoria di nullità di una delibera assembleare che, innovando sul criterio di ripartizione delle spese condominiali, aveva adottato il sistema delle “carature” in sostituzione di quello dei “millesimi”, e ciò in considerazione del rapporto sostanziale regolato dalla deliberazione impugnata, in quanto tale rapporto si proiettava verso il futuro, per un periodo di tempo indeterminato, fino ad un'ulteriore modifica del criterio di ripartizione delle spese condominiali.

Per completezza, mette punto rammentare che, ai fini della suddetta competenza per valore, più domande devono essere sommate tra loro solo se proposte contro la stessa parte: è da escludere, pertanto, il cumulo tra la domanda di annullamento di una delibera assembleare, proposta contro il condominio, e quella di risarcimento dei danni, proposta in proprio contro l'amministratore (Cass. civ., sez. II, 20 luglio 1999, n. 7757).

L'utilizzo dei servizi e delle cose comuni

Richiamando la differenziazione operata dalla giurisprudenza in ordine alle definizioni di “modalità” d'uso dei servizi condominiali e “misura” d'uso degli stessi, è utile sottolineare che sussiste la competenza ordinaria per valore qualora al condomino non derivi una limitazione qualitativa o quantitativa del suo diritto ai suddetti servizi, ma la negazione in radice dello stesso, come per la domanda diretta alla declaratoria di inibizione del parcheggio dell'autovettura nel cortile comune (Cass. civ., sez. II, 13 ottobre 1997, n. 9946, sul presupposto che trattasi di controversie che riguardano la titolarità dell'uso e, quindi, il contenuto stesso del diritto di comproprietà dei singoli partecipanti; Cass. civ., sez. II, 7 maggio 1984, n. 2769, ha ritenuto che non rientri nella sopradelineata competenza per materia la causa promossa da un condomino contro altro condomino, per far valere il divieto per il singolo di usufruire della cosa comune a vantaggio di beni di sua proprietà esclusiva non compresi nell'edificio, perché si discute della sussistenza del diritto esercitato dal singolo condomino sulla cosa comune; cui adde, Cass. civ., sez. II, 31 marzo 2012, n. 7547, che ha affermato la competenza del Tribunale a conoscere della controversia avente ad oggetto la sussistenza o meno di un divieto di parcheggio negli spazi comuni, asseritamente imposto dal regolamento; nella giurisprudenza di merito, v. Giud. Pace Roma 24 gennaio 1996, secondo il quale esula dalla competenza del Giudice di Pace la domanda diretta a far affermare l'inesistenza del potere di un'assemblea di deliberare in ordine alla recinzione di spazio a verde, alla destinazione di posti auto su parti condominiali, nonché all'assegnazione dei singoli posti auto a discrezione dell'amministratore).

Tali principi sono stati confermati, anche di recente, dai giudici di legittimità, secondo i quali l e controversie che vedono messo in discussione il diritto del condomino ad un determinato uso della cosa comune, non rientrano nella competenza del giudice di pace ex art. 7 c.p.c., ma sono soggette agli ordinari criteri della competenza per valore, atteso che in esse non si controverte sui limiti qualitativi di esercizio delle facoltà comprese nel diritto di comunione, relativi al modo più conveniente ed opportuno con cui detta facoltà debba esercitarsi, venendo piuttosto in gioco un vero e proprio conflitto tra proprietà individuale e proprietà condominiale (Cass. civ., sez. VI, 26 novembre 2021, n. 36967: nella specie, si trattava della realizzazione di un cancello scorrevole nell'androne condominiale ed in adiacenza a tre appartamenti di proprietà di altro condomino, al fine di delimitare la proprietà comune da quella privata).

In buona sostanza, la competenza per materia può essere individuata a negativis, nel senso che deve trattarsi di controversie tra condomini, che non implichino né conflitti di natura reale tra proprietà individuali e proprietà comune (Cass. civ., sez. II, 3 luglio 1998, n. 6491, riteneva che la competenza per materia non sussistesse nella controversia instaurata da un condominio nei confronti di un altro per accertare non le modalità d'uso dei beni comuni, bensì la titolarità comune o esclusiva di essi, spettante, invece, al giudice competente per valore, né questioni sulla ripartizione delle spese; Cass. civ., sez. II, 20 luglio 1994, n. 6770, secondo cui, allorché vi siano contestazioni in ordine alla sussistenza dei coesistenti diritti dei condomini, come la controversia circa il mutamento di destinazione di uso dell'immobile ed il conseguente uso dei beni condominiali, la stessa resta assoggettata agli ordinari criteri di competenza per valore per le cause relative a beni immobili).

Così, si sono ritenute applicabili le regole sulla competenza per valore - escludendo quella per materia - nella controversia in ordine alla legittimità della modificazione degli infissi della facciata esterna di un edificio operata da uno dei condomini in corrispondenza delle finestre del proprio appartamento, poiché la suddetta controversia inerisce alla sfera delle singole proprietà e, pur incidendo sull'aspetto architettonico della facciata condominiale, non attiene alle “modalità d'uso” della cosa comune (Cass. civ., sez. II, 9 giugno 1988, n. 3927; contra, Giud. Pace Bari 12 febbraio 1996, ad avviso del quale la controversia relativa alla rimozione di un'insegna apposta sulla facciata dell'edificio, in violazione del regolamento, deve essere compresa tra quelle aventi ad oggetto le modalità e l'uso dei servizi condominiali); parimenti, allorché si contesti il diritto di un condomino di usufruire della cosa comune a vantaggio di beni di sua proprietà esclusiva, non compresi nell'edificio condominiale, o in modo che arrechi pregiudizio al decoro o alla sicurezza del fabbricato (Cass. civ., sez. II, 23 ottobre 1993, n. 10519, in una fattispecie in cui un condomino chiedeva la rimozione dalla facciata dell'edificio di uno scambiatore di calore installatovi da altro condomino con l'autorizzazione dell'assemblea).

Si è, inoltre, esclusa la competenza ratione materiae, con la consequenziale operatività dei normali criteri di quella ratione valoris, allorquando vi siano contestazioni in ordine alla sussistenza dei diritti dei condomini (Cass. civ., sez. II, 21 aprile 2005, n. 8376), come qualora si alleghi che la destinazione di determinati locali ad opera di un condomino sia incompatibile con le prescrizioni del regolamento condominiale (Cass. civ., sez. II, 31 ottobre 2014, n. 23297; Cass. civ., sez. II, 12 maggio 1987, n. 4362); parimenti, si è al di fuori della competenza per materia, quando oggetto del contendere sia la possibilità per un condomino di fare della cosa comune un dato uso autorizzato dall'assemblea, essendo contestato che la facoltà rientri tra quelle assicurate dal diritto di comproprietà sulle porzioni comuni dell'edificio (Cass. civ., sez. II, 10 febbraio 1983, n. 1067).

In base al menzionato principio secondo cui le cause relative alla “misura” dei servizi condominiali sono quelle nelle quali occorra soltanto fissare le regole di esercizio dell'uso da parte dei singoli utenti nell'àmbito di un condominio, si è ribadita l'esclusione da tali cause di quelle controversie relative alla ripartizione degli oneri riguardanti la fruizione dei servizi comuni, ove l'accertamento delle relative modalità non costituisce che il presupposto logico per la determinazione delle singole quote della spesa occorrente (Cass. civ., sez. II, 10 giugno 1992, n. 7128); restano, altresí, aliene alla competenza per materia le controversie aventi ad oggetto il pagamento di una somma di denaro per violazione del regolamento contrattuale, essendo le stesse devolute sulla base del valore della causa, le cui regole dettate dagli artt. 10 e 14 c.p.c. impongono di avere riguardo al quantum richiesto (Cass. civ., sez. II, 29 aprile 1993, n. 5069).

In tema di riscaldamento, si è limitata l'originaria competenza del Pretore ai soli casi in cui occorra soltanto regolare l'utilizzazione in senso materiale dei servizi e delle cose comuni, esulando, pertanto, dalla stessa l'ipotesi in cui si debba dirimere un conflitto sorto, attraverso l'impugnativa di una deliberazione assembleare, in ordine all'esistenza o meno di un diritto, come è quello di mantenere in funzione l'impianto di riscaldamento comune (Cass. civ., sez. II, 13 luglio 1987, n. 6110; in argomento, più di recente, v. Cass. civ., sez. II, 2 settembre 2004, n. 17660, in una fattispecie relativa alla misura del godimento del servizio di riscaldamento; Giud. Pace Roma 3 settembre 1996, ha stabilito che le controversie circa il cattivo funzionamento dell'impianto di riscaldamento, dovuto a complesse implicazioni di carattere tecnico, non attengono alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi condominiali, esulando pertanto dalla competenza del Giudice di Pace).

Sul presupposto condiviso che la competenza per materia sulle cause concernenti le “modalità d'uso” e la “misura” dei servizi condominiali - ora devoluta in blocco al Giudice di Pace - non si estende alle controversie aventi ad oggetto il regolamento economico dei rapporti tra i condomini derivanti dal godimento degli impianti comuni, sussiste la competenza per valore del Tribunale nella causa relativa alla quota di spesa per riscaldamento a carico dei condomini che non ne usufruiscono, in quanto la patrimonialità del thema decidendum prevale sull'accertamento dell'uso - modalità e misura - che rappresenta soltanto un presupposto necessario per la determinazione delle singole quote di spesa (Cass. civ., sez. II, 17 agosto 1990, n. 8329); cosí anche non riguarda una controversia sulle predette modalità o misura d'uso, la causa instaurata per la sostituzione della griglia di areazione della centrale comune di riscaldamento, posta sulla soglia di ingresso dell'edificio, al fine di evitare inconvenienti nel transito, e precisamente mediante il cambiamento con altra “a maglie più strette per impedire ai tacchi a spillo delle scarpe di incastrarsi” (così Cass. civ., sez. II, 11 gennaio 1994, n. 223).

Casistica

CASISTICA

Chiave del cancelletto di accesso al cortile

Le sentenze del Giudice di Pace pronunciate in controversie di valore indeterminato o devolute alla sua competenza per materia ai sensi dell'art. 7, 3 comma, c.p.c., devono essere impugnate con l'ordinario mezzo dell'appello ex art. 339 c.p.c., e non mediante ricorso per cassazione, e ciò anche nel caso in cui il medesimo giudice abbia ritenuto erroneamente di decidere la causa non secondo diritto ma secondo equità, estendendo il potere attribuitogli dall'art. 113 c.p.c. ad ipotesi estranee alla specifica previsione normativa (nella specie, si è dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione, proposto in luogo dell'appello, avverso la sentenza resa dal Giudice di Pace in giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo promosso dall'amministratore di un condominio, al quale era stato intimato di consegnare ai condomini ingiungenti copia della chiave del cancelletto di accesso al cortile condominiale, ove erano collocati la cisterna ed il vano autoclave) (Cass. civ., sez. II, 15 ottobre 2009, n. 21926).

Individuazione del posto auto

Le cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi del condominio, di competenza del Giudice di Pace, sono sia quelle che riguardano le riduzioni o limitazioni quantitative del diritto di godimento dei singoli condomini sulle cose comuni sia quelle che concernono i limiti qualitativi di esercizio delle facoltà comprese nel diritto di comunione, in proporzione delle rispettive quote, mentre sono assoggettate alle ordinarie regole della competenza per valore quelle aventi ad oggetto la contestazione della titolarità del diritto di comproprietà sulle cose comuni (in applicazione del principio, in sede di regolamento, si è riconosciuta la competenza del Giudice di Pace nell'azione proposta da un condomino al fine di contestare la legittimità dell'individuazione assembleare del posto auto ad esso assegnato senza tenere conto dell'eccessiva difficoltà di accesso ed uscita dallo stesso) (Cass. civ., sez. II, 18 febbraio 2008, n. 3937).

Compenso del curatore speciale

Il curatore speciale, nominato in base all'art. 65 disp. att. c.c. ed ai sensi degli artt. 78 ss. c.p.c., per il caso che manchi il legale rappresentante dei condomini e che occorra iniziare o proseguire una lite contro i partecipanti ad un condominio, assume la veste di mandatario di coloro nel cui interesse è nominato e non quella di ausiliario del giudice; ne discende che, qualora detto curatore, espletato l'incarico e richiesto inutilmente il pagamento del compenso al condominio, agisca nei confronti di un condomino, quale coobbligato solidale al suo pagamento, erroneamente il Giudice di Pace adìto ratione valoris, declina la propria competenza a favore del tribunale, quale giudice che ha nominato il curatore, nel presupposto che costui sia un ausiliario del giudice ai sensi dell'art. 68 c.p.c. e che, pertanto, sussista la competenza per materia di detto ufficio sulla liquidazione del compenso, ai sensi dell'art. 53 c.p.c. ed a titolo di volontaria giurisdizione (sulla base di tale principio, si è accolta l'istanza di regolamento di competenza d'ufficio proposta dal Tribunale avverso la sentenza con cui il Giudice di Pace adìto aveva declinato la propria competenza per valore ravvisando quella per materia del Tribunale, che aveva nominato il curatore) (Cass. civ., sez. III, 22 giugno 2006, n. 4447).

Guida all'approfondimento

Chiesi, L'eventuale atto di accoglimento ha effetto verso tutti i condomini, in Guida al diritto, 2022, fasc. 15, 74;

De Santis, Giudici di pace e controversie condominiali, in Arch. loc. e cond., 2016, 249;

Zulberti, Sulla nozione di “cause relative a beni mobili” come oggetto della competenza del giudice di pace, in Riv. dir. proc., 2012, 1391;

Scarpa, Giudice di pace e cause relative a beni immobili, in Giudice di pace, 2012, 107;

Risolo, Al giudice di pace anche le controversie risarcitorie relative a beni immobili, in Dirittoegiustizia.it, 2011;

Salciarini, Contestazione della spesa condominiale e individuazione del giudice competente, in Immob. & diritto, 2010, fasc. 3, 24;

Celeste, Controversie condominiali: a quale giudice rivolgersi?, in Immob. & diritto, 2006, fasc. 3, 33;

Consolo - Luiso - Sassani, Commentario alla riforma del processo civile, Milano, 1996;

Bonsignori - Levoni - Ricci, Il giudice di pace, Torino, 1995;

Acone - Capponi - Cecchella - Manzo, Il giudice di pace. Commento alla legge 374/1991, Napoli, 1992;

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