Modifica del regolamento condominiale contrattuale: maggioranza o unanimità?

Edoardo Valentino
25 Settembre 2018

In un regolamento condominiale di tipo contrattuale e/o convenzionale, è legittima la norma che nel prevedere l'assunzione dell'unanimità dei condòmini per qualsiasi eventuali sue modifiche, non consenta, in merito al contenuto, la dovuta distinzione tra norme contrattuali e assembleari?

In un regolamento condominiale di tipo contrattuale e/o convenzionale, è legittima la norma che nel prevedere l'assunzione dell'unanimità dei condòmini per qualsiasi eventuali sue modifiche, non consenta, in merito al contenuto, la dovuta distinzione tra norme contrattuali e assembleari?

Al fine di fornire una replica al quesito è di primaria importanza principiare dalla nozione di regolamento contrattuale.

Il regolamento condominiale è l'insieme di norme che regolano la vita condominiale. Esso deve essere formato in ogni stabile con più di dieci condomini e contiene le regole per la gestione dei beni comuni del palazzo, quelle poste a tutela del decoro architettonico dell'edificio e quelle relative ai criteri di ripartizione delle spese.

Si definisce contrattuale quel regolamento che, predisposto dall'originario proprietario del palazzo o dal suo costruttore, viene allegato negli atti di vendita delle singole unità immobiliari e accettato dai proprietari mediante l'incorporazione dello stesso nei singoli atti di acquisto.

Il regolamento contrattuale è composto da due tipologie di norme: quelle di natura contrattuale e quelle di natura regolamentare.

La distinzione tra le due è che le prime hanno come oggetto la limitazione dei diritti dei condomini sulle parti private (es. costituendo divieti di destinazione d'uso per gli appartamenti) e comuni, e possono essere modificate unicamente con il voto unanime dei condomini, mentre le seconde riguardano le modalità di uso dei beni condominiali e possono essere modificate con le maggioranze di cui all'art. 1136 c.c. (ossia la maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno i 500 millesimi del condominio).

A prescindere dal soggetto che lo predispone, quindi, occorre valutare la portata della singola clausola per comprenderne la natura (contrattuale o regolamentare).

Sul punto la Cassazione ha affermato che «Il regolamento predisposto dall'originario unico proprietario o dai condomini con consenso totalitario può non avere natura contrattuale se le sue clausole si limitano a disciplinare l'uso dei beni comuni, pure se immobili. Conseguentemente, mentre è necessaria l'unanimità dei consensi dei condomini per modificare il regolamento convenzionale, avendo questo la medesima efficacia vincolante del contratto, è invece sufficiente una deliberazione maggioritaria dell'assemblea dei partecipanti alla comunione per apportare variazioni al regolamento che non abbia tale natura. E poiché solo alcune clausole di un regolamento possono essere di carattere contrattuale, l'unanimità dei consensi è richiesta per la modifica di esse e non delle altre clausole per la cui variazione è sufficiente la delibera assembleare adottata con la maggioranza prescritta dall'art. 1136 comma 2 c.c.». (Cass. civ., sez. II, 14 agosto 2007, n. 17694).

Avendo illustrato, in sintesi, il quadro giuridico del regolamento contrattuale, per fornire una replica al quesito si deve tenere presente che ai sensi dell'art. 1138 comma 4 c.c. «Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli articoli 1118, secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137 c.c.».

Alla luce di quanto riportato parrebbe quindi illegittima una norma del regolamento che preveda l'assunzione dell'unanimità dei condòmini per qualsiasi eventuali modifiche non consentendo una distinzione tra norme contrattuali e assembleari.

Tale disposizione andrebbe infatti a violare l'art. 1138 comma 4 c.c., menomando certamente i diritti dei condomini risultanti dagli atti d'acquisto e dalle convenzioni e potenzialmente derogando anche agli articoli citati (in particolare modo all'art. 1136 c.c.).

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