Le rimanenze di magazzino giustificano l’assenza dei prodotti venduti dalle fatture di acquisto
08 Ottobre 2018
Il fatto che un oggetto venduto da un'officina non figuri nelle fatture di acquisto dei giorni precedenti non può essere al centro di un accertamento fiscale: infatti, è perfettamente plausibile che esso sia una rimanenza di magazzino. Questa la posizione dei giudici della Corte di Cassazione, con l'ordinanza del 1° ottobre 2018 n. 23707, con la quale ha respinto il ricorso dell'Agenzia delle Entrate. Il Fisco impugnava la sentenza di merito favorevole ad una società meccanica. In breve, secondo il Fisco, molte componenti che venivano vendute, quali parafanghi, paraurti, parabrezza e cofani, non erano indicate nelle fatture dei giorni immediatamente precedenti.
Secondo la società contribuente, era possibile che i pezzi venduti non risultassero dalle fatture di acquisto emesse nei giorni immediatamente precedenti per il semplice motivo che si trattava di rimanenze di magazzino. Ed effettivamente, la presenza di un grosso magazzino rappresentava un elemento risultante dagli atti di causa. Insomma, secondo la Corte di Cassazione, la Commissione Tributaria Regionale aveva giustamente dato conto del fatto che i ricorrenti avevano prodotto in giudizio numerose fatture di acquisto e di vendita per dimostrare l'inattendibilità degli accertamenti, della produzione nel giudizio di appello dei prospetti riepilogativi delle fatture prodotte, dell'esito del procedimento con adesione e dell'esistenza del magazzino dal quale venivano presi i pezzi di ricambio da sostituire. Il ricorso del Fisco è dunque stato rigettato. |