Decreto legislativo - 7/09/2005 - n. 209 art. 87 bis - Disposizioni applicabili all'impresa di partecipazione finanziaria mista 1

Marco Rossetti

Disposizioni applicabili all'impresa di partecipazione finanziaria mista1

 

[ 1. L'IVASS può individuare le ipotesi in cui l'impresa di partecipazione finanziaria mista capogruppo è esentata dall'applicazione di una o più disposizioni adottate ai sensi del presente capo.

2. Le disposizioni di cui agli articoli 83, comma 2, e 84, commi 1 e 3, si applicano all'impresa di partecipazione finanziaria mista, qualora il settore di maggiori dimensioni all'interno del conglomerato finanziario sia quello assicurativo, determinato ai sensi del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 142. I provvedimenti di approvazione di cui all'articolo 196, decadenza di cui all'articolo 76 e autorizzazione di cui all'articolo 68 sono adottati dall'IVASS d'intesa con Banca d'Italia.

3. I provvedimenti previsti dal titolo XVI, Capo I, II, IV e VII, nei confronti dell'impresa di partecipazione finanziaria mista sono adottati o proposti dall'IVASS d'intesa con Banca d'Italia.] 2

 

Inquadramento

La partecipazione di imprese assicuratrici al capitale di altre società, così come la partecipazione di queste ultime al capitale di una società assicuratrice, è soggetta sia a regole generali dettate per tutte le società di capitali, sia a regole speciali dettate per le imprese assicuratrici.

Per quanto attiene il primo gruppo di regole, le società assicuratrici, al pari di tutte le altre società, sono soggette sia alle norme codicistiche sull'acquisto di partecipazioni in altre società (artt. 2359 e ss. c.c.), sia a quelle che disciplinano la responsabilità della holding per il danno arrecato alle controllate per effetto di una colposa mala gestio (art. 2497 c.c., come modificato dal d. lg. 17 gennaio 2003, n. 6). Le società assicuratrici sono altresì soggette alle leggi che disciplinano l'acquisto di partecipazioni in società quotate in borsa, ovvero da parte di queste ultime (art. 120 d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58). Sono, infine, soggette agli obblighi gravanti su chiunque intenda effettuare una offerta pubblica di acquisto del capitale di una società quotata (art. 106 e ss. d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58).

Alle società assicuratrici si applica però anche la speciale disciplina di settore, che prevede particolari obblighi sia nel caso in cui una impresa assicuratrice intenda partecipare al capitale di altra società, sia nel caso inverso in cui una società (assicuratrice o meno) intenda partecipare al capitale di una società assicuratrice. Tale disciplina è contenuta negli artt. 68 e ss. cod. ass., e nel regolamento Ivass 22 dicembre 2015, n. 10.

Partecipazioni al capitale di società assicuratrici

Le misure di controllo e monitoraggio sui c.d. «assetti proprietari» delle imprese assicuratrici sono raggruppabili in tre tipologie:

a) la previsione di requisiti soggettivi precisi in capo ai soci titolari di partecipazioni di un certo peso;

b) l'obbligo di richiedere l'autorizzazione all'Ivass nel caso di acquisto di partecipazioni superiori ad una certa soglia, ovvero in grado di consentire il controllo dell'impresa assicuratrice;

c) l'obbligo di comunicare all'Ivass altri atti o fatti espressamente indicati dalla legge, suscettibili di incidere sugli assetti proprietari o sulla gestione dell'impresa.

Sotto il primo profilo, la legge prescrive che, per acquisire quote di partecipazione in una società assicurativa eccedenti una certa soglia (fissata dall'art. 68 cod. ass.), è necessario essere persone «onorabili», e cioè in possesso dei requisiti di moralità stabiliti con proprio regolamento dal Ministro per lo sviluppo economico (art. 77 cod. ass.; d.m. n. 220/2011).

La mancanza, in capo ai titolari di partecipazioni ai sensi dell'art. 68 cod. ass., dei requisiti di onorabilità prescritti dalla legge impedisce il rilascio dell'autorizzazione all'acquisto. Ove, tuttavia, per qualsivoglia ragione una persona non «onorabile» dovesse divenire titolare di una partecipazione rilevante (ad es., per perdita dei requisiti di onorabilità dopo l'acquisto della partecipazione), le sarà inibito l'esercizio del diritto di voto incorporato nelle azioni eccedenti la soglia oltre la quale è necessaria l'autorizzazione all'acquisto, e le azioni stesse dovranno essere alienate entro il termine fissato dall'Ivass (art. 77, commi 3 e 4, cod. ass.).

L'autorizzazione dell'Ivass è necessaria per acquistare una partecipazione al capitale dell'impresa assicuratrice tale da garantire al titolare:

a) il controllo della società assicuratrice;

b) l'acquisto di diritti di voto o d'una quota di capitale che raggiunga o superi il 20, il 30 od il 50% (art. 68 cod. ass.).

Il codice delle assicurazioni impone l'autorizzazione quando l'acquisto della partecipazione sia avvenuto «a qualsiasi titolo». La legge dunque non fa distinzione tra partecipazioni permanenti o transitorie, volontarie o imputabili a fatto altrui: l'autorizzazione sarà dunque necessaria – ad es. – anche quando la variazione della partecipazione sia dipesa dalla riduzione del capitale, ovvero dall'acquisto di una eredità o di un legato. Va da sé che in questi casi l'autorizzazione non può che essere successiva (Giampaolino, 211-212).

Soggetto tenuto a domandare l'autorizzazione è colui che intenda acquistare la partecipazione od il controllo; se però i diritti derivanti dalla proprietà delle azioni sono attribuiti a persona diversa, spetta all'Ivass determinare, con proprio regolamento, chi sia la persona obbligata a domandare l'autorizzazione (art. 68, comma 4, cod. ass.).

Condicio iuris per il rilascio dell'autorizzazione è che la partecipazione al capitale dell'impresa assicuratrice non ne metta in pericolo la gestione sana e prudente (art. 68, comma 5, cod. ass.).  La legge detta poi una serie di indici in base ai quali valutare la “pericolosità” della acquisizione, e tra questi ovviamente la piazza d'onore va alla reputazione di chi intenda acquistare la partecipazione rilevante al capitale dell'impresa assicuratrice. Il d. lgs. 10 maggio 2019 n. 49, dando attuazione alla Direttiva 828/2017 sul c.d. incoraggiamento dell'impegno a lungo termine degli azionisti”, ha modificato l'art. 68, comma 5, cod. ass., precisando che la reputazione del potenziale acquirente debba essere valutata “in conformità a quanto previsto dall'ordinamento europeo anche tenuto conto dei relativi orientamenti, disposizioni e raccomandazioni, ma anche questa è una delle tante meta norme inutili di cui l'ordinamento giuridico italiano pullula: prevedere, infatti, che una certa attività deve essere compiuta nel rispetto di una certa norma equivale ad affermare che, se c'è una norma, la si deve applicare: un precetto, quindi, perfettamente inutile.

Sul piano della natura giuridica, l'autorizzazione all'acquisto di partecipazioni è un atto amministrativo caratterizzato da discrezionalità tecnica. Ciò vuol dire che l'Ivass non può negare l'autorizzazione quomodo libet, ma può farlo solo se l'acquisto della partecipazione collida oggettivamente con le regole tecniche che presiedono alla sana e prudente gestione dell'impresa partecipata.

Il provvedimento (di concessione o di diniego) può essere impugnato dinanzi al giudice amministrativo, vertendosi in materia di interessi legittimi. Allo stesso giudice competerà anche l'eventuale risarcimento del danno provocato dall'atto illegittimo, vertendosi in materia riservata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo [art. 133, comma 1, lettera (l), d.lgs. n. 104/10]. Legittimati all'impugnazione sono non soltanto coloro che, intendendo acquistare la partecipazione rilevante, si sono visti negare l'autorizzazione, ma anche coloro che intendono opporsi all'acquisto di una partecipazione di controllo da parte di terzi. Tuttavia, poiché come già accennato l'autorizzazione all'acquisto (o il suo diniego) è caratterizzata da discrezionalità tecnica, a fondamento dell'impugnazione possono essere addotte solo ragioni di manifesta illogicità, erroneità, carenza di motivazione (ex multis, in tal senso, Cons. St. IV, n. 6965/2004, in Foro amm.-Cons. St., 2004, 2859; Cons. St. IV, n. 207/2005, in Foro amm.-Cons. St., 2005, 87; Cons. St. IV, n. 7076/2004, in Foro amm.-Cons. St., 2004, 3133).

Rispetto all'autorizzazione è previsto anche un diritto di veto del Presidente del Consiglio dei ministri, quando la partecipazione od il controllo sono domandati da soggetti «appartenenti a Stati» (sic) terzi che non assicurino condizioni di reciprocità (art. 68, comma 6, cod. ass.).

La violazione delle norme sull'autorizzazione all'acquisto di partecipazioni nel capitale di società assicuratrici comporta l'impossibilità di esercitare il diritto di voto inerente le azioni per il cui acquisto è prevista l'autorizzazione. Se, nondimeno, il titolare della partecipazione «non autorizzata» partecipa ugualmente all'assemblea, le deliberazioni di quest'ultima saranno annullabili,exart. 2377 c.c., a condizione che il voto dei soci che avrebbero dovuto astenersi sia stato determinante (art. 74 cod. ass.: previsione in verità inutile, posto che il nuovo testo dell'art. 2377 c.c., come modificato dal d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6, in vigore del 1 gennaio 2004, ha previsto in modo generale che la deliberazione assembleare non sia mai impugnabile se il voto illegittimamente espresso non comporti il superamento della c.d. «prova di resistenza»). Oltre che dai soci assenti, astenuti o dissenzienti, dagli amministratori, dal consiglio di sorveglianza e dai sindaci, l'impugnazione può essere proposta anche dall'Ivass. Le partecipazioni acquistate senza autorizzazione debbono essere obbligatoriamente alienate entro il termine fissato dall'Ivass (art. 74, comma 3, cod. ass.).

Il quadro della disciplina degli assetti proprietari dell'impresa assicuratrice è completato dall'attribuzione all'Ivass sia della facoltà di richiedere informazioni sulla proprietà dell'azionariato, su legami di controllo e più in generale può accedere ad atti e documenti dell'impresa (art. 71 cod. ass.); sia della facoltà di esigere dai titolari di partecipazioni rilevanti il c.d. «protocollo di autonomia», e cioè «una responsabile dichiarazione (...) attestante la natura e l'entità dei rapporti finanziari ed operativi, nonché le misure e gli impegni che i titolari delle partecipazioni intendono adottare per assicurare l'autonomia dell'impresa» (art. 75 cod. ass.).

Partecipazioni di società assicuratrici al capitale di altre società

Alle imprese assicuratrici fu per lungo tempo vietato assumere partecipazioni in società aventi oggetto sociale diverso dalla attività assicurativa. La ratio di questo antico divieto era quella di evitare che l'impresa assicuratrice svolgesse l'attività assicurativa al solo fine di drenare risparmi da investire in altre e diverse imprese.

Il codice delle assicurazioni, anche se non ha abolito del tutto tale divieto, l'ha talmente assottigliato da renderlo evanescente: alle imprese assicuratrici non è infatti più pregiudizialmente vietato acquisire partecipazioni in società anche non assicuratrici. L'impresa assicuratrice che intenda partecipare al capitale di altra impresa assicuratrice sarà soggetta alle medesime regole esaminate nel § precedente: autorizzazione dell'Ivass, rispetto dei principî di sana e prudente gestione e di onorabilità (art. 79, comma 4, cod. ass.).

È comunque facoltà dell'Ivass ordinare alla società assicuratrice partecipante al capitale di società non assicuratrici l'alienazione della partecipazione, ove da essa derivi un pericolo alla stabilità dell'impresa (art. 81, comma 2, cod. ass.), nominando se del caso anche un commissario ad acta.

Ovviamente, se l'impresa assicuratrice intende partecipare al capitale di una società soggetta anch'essa a vigilanza settoriale (ad esempio, una banca), dovranno essere rispettate le condizioni stabilite dall'ordinamento di settore (e quindi, nell'esempio, l'autorizzazione della Banca d'Italia).

La «bancassicurazione» e l'«assifinanza»

«Bancassicurazione» e «assifinanza» sono neologismi: il primo è un calco dall'espressione francese bancassurance, con la quale a cavallo tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 si iniziò a designare oltralpe il fenomeno consistente nella stipulazione di contratti assicurativi presso gli sportelli bancari. Il secondo è una creazione degli ultimi tempi, sorta per designare lo stretto intreccio venutosi a creare tra assicurazione ed intermediazione finanziaria, sia sul piano dell'attività d'impresa, sia su quello delle tipologie di contratti offerti al cliente.

La commistione tra attività bancaria, finanziaria ed assicurativa si può manifestare in diversi ambiti e sotto diverse forme:

a) sul piano dell'attività d'impresa, sotto forma di intrecci societari tra banche ed assicurazioni (i quali a loro volta possono assumere la forma dei controlli incrociati, delle partecipazioni, del controllo e dell'influenza dominante);

b) sul piano della intermediazione, sotto forma di accordi di distribuzione tra banche ed imprese assicuratrici;

c) sul piano delle tipologie contrattuali, attraverso l'emersione di contratti formalmente assicurativi ma con causa e contenuto prevalentemente (od unicamente) finanziario.

La «bancassicurazione» ha conosciuto negli ultimi vent'anni nel nostro Paese – ed in larga parte dell'Europa – un formidabile incremento, alla base del quale stanno molteplici cause.

Per molto tempo aveva costituito una sorta di «dogma» quello secondo cui l'attività finanziaria poteva dividersi in tre branche: quella creditizia, gestita dalle banche ed avente ad oggetto l'erogazione di prestiti; quella di intermediazione finanziaria, gestita dagli intermediari finanziari ed avente ad oggetto l'acquisto e la vendita di titoli; e quella assicurativa, gestita dalle imprese assicuratrici ed avente ad oggetto l'assunzione di rischi dietro pagamento del premio. Tra l'una e l'altra di queste attività sono esistiti a lungo «steccati» normativi, che impedivano al medesimo soggetto di svolgerle contemporaneamente. Questi steccati normativi sono cominciati a cadere all'inizio degli anni '90, sotto la spinta di vari fattori, tra i quali meritano di essere ricordati:

- la riforma del sistema pensionistico pubblico con l'abbandono del sistema contributivo (1992), la quale ha incentivato la stipula di polizze vita a scopo previdenziale;

- la scarsa diffusione nel nostro Paese delle assicurazioni sulla vita, la quale consentiva ampi margini di crescita per il relativo mercato;

- il decremento dei rendimenti delle tradizionali forme di investimento e dei depositi bancari, il quale ha spinto molti clienti verso forme alternative di investimento (come appunto le polizze vita), costringendo le banche a politiche di «inseguimento» delle società assicuratrici;

- la globalizzazione dei mercati finanziari, che ha consentito l'acquisto di prodotti assicurativi e finanziari anche al di fuori dell'ambito nazionale;

- il progressivo smantellamento della legislazione che tradizionalmente inibiva alle società assicuratrici di acquisire partecipazioni in società bancarie, e viceversa (Castelli, I rapporti tra banche ed assicurazioni, in Ass. 1996, I, 431).

L'integrazione tra l'attività bancaria e quella assicurativa presenta indubbiamente alcuni vantaggi, ma anche non poche insidie.

L'offerta di servizi integrati bancari-assicurativi consente di ridurre i costi, aumentare la platea dei clienti e battere la concorrenza; di conseguenza, consente profitti maggiori e più allettanti remunerazioni dei capitali investiti dai risparmiatori/assicurati. L'impresa (o meglio, il gruppo, visto che ormai non è concepibile alcuna seria strategia di mercato al di fuori della logica delle concentrazioni) diventa così più solida e più competitiva.

Tuttavia le concentrazioni tra banche ed assicurazioni potrebbero indurre le prime a riversare, all'interno di una logica di gruppo, i crediti vantati verso i propri clienti nelle riserve delle società assicuratrici, così esponendo queste ultime al rischio di insolvenza dei clienti del sistema bancario. Per converso, la partecipazione delle assicurazioni al capitale delle banche potrebbe esporre le riserve matematiche delle prime ai maggiori rischi connessi all'esercizio dell'attività creditizia. Ancora, l'offerta di prodotti assicurativi presso gli sportelli bancari può comportare il rischio di una inadeguata assistenza del cliente, costretto a contrattare con personale poco avvezzo alle logiche ed alla tecnica dei contratti assicurativi; così come non secondario è il rischio di una resistenza alle nuove forme di distribuzione da parte degli agenti e delle tradizionali figure di intermediari (Chiarlo, 257).

Allo stato, comunque, tale processo di integrazione sembra inarrestabile, sia sul piano economico, sia su quello normativo, al punto che alcuni osservatori hanno preconizzato il superamento delle tradizionali distinzioni tra l'attività creditizia, quella di intermediazione finanziaria e quella assicurativa, immaginando un prossimo futuro nel quale tutti fanno tutto (c.d. “finanza globale”).

A coloro che esaltano le magnifiche sorti e progressive della finanza globale si contrappongono però quanti ritengono impossibile un simile approdo, per ragioni sia economiche che giuridiche.

Dal punto di vista economico, si è osservato che il rischio tipico assunto dalle banche è un rischio di credito, il cui verificarsi può comportare la realizzazione di attivi inferiori a quelli previsti. Il rischio tipico assunto dalle assicurazioni, invece, è un rischio assicurativo, il cui verificarsi può comportare passività maggiori del previsto. L'unificazione di queste due attività non sarebbe quindi mai appetibile, perché porterebbe alla combinazione di un attivo rischioso con un passivo rischioso [Orio, Evoluzione della finanza e distribuzione assicurativa, in Sacerdoti (a cura di), Assicurazione e prodotti finanziari, Milano, 2000, 17-18; nello stesso senso, peraltro, si veda già, più diffusamente, Longo, Integrazione tra banche ed assicurazioni: quale futuro?, 198 e ss.].

Dal punto di vista giuridico, può aggiungersi che l'operazione assicurativa muove da una esigenza di sicurezza, e comporta il trasferimento di un rischio, a fronte di un corrispettivo determinato in funzione della massa di rischi omogenei prevedibili: caratteristiche, queste ultime, del tutto estranee all'attività creditizia ed a quella di intermediazione finanziaria.

È comunque indubbio che la bancassicurazione costituisce la «nuova frontiera» dell'impresa assicurativa: non solo perché costituisce un fenomeno nuovo e non del tutto studiato; non solo per il potente incremento che – come si accennava – ha conosciuto negli ultimi anni, specie nel nostro Paese; ma soprattutto perché essa pone delicati problemi in termini di normativa applicabile, di individuazione delle autorità competenti all'esercizio della vigilanza e, soprattutto, dell'ammissibilità concettuale di continuare a definire «assicurativa» un'attività con risvolti e contenuti prevalentemente finanziari.

Le partecipazioni delle banche al capitale delle imprese assicuratrici e viceversa.

Come accennato, un'antica tradizione normativa, risalente alla fine del XIX sec. ed allo scandalo della Banca Romana (Mack Smith, Storia d'Italia, Bari, 1969, 251 e ss.), vietava alle banche di acquisire partecipazioni in imprese industriali. Questo divieto veniva usualmente giustificato con l'esigenza di evitare che la banca «internalizzasse» i rischi tipi dell'impresa cui partecipa.

Questo principio da tempo si è notevolmente affievolito, innanzitutto in attuazione delle regole comunitaria, ma non è scomparso del tutto.

La Banca d'Italia, avvalendosi della propria potestà regolamentare, ha stabilito che l'acquisizione di partecipazioni in società assicuratrici da parte di una banca esige la preventiva autorizzazione della Banca d'Italia, solo se l'ammontare della partecipazione superi il 10% dei fondi propri del gruppo partecipante; oppure consenta il controllo d'una società assicurativa avente sede in un Paese extracomunitario (Circolare Banca d'Italia 17 dicembre 2013 n. 285, recante Istruzioni di Vigilanza per le Banche, Parte III, Capitolo I, Sez. V, § 1).

Naturalmente le Istruzioni della Banca d'Italia non possono abrogare o modificare le fonti primarie che disciplinano, sul versante assicurativo, l'acquisto di partecipazioni al capitale delle imprese assicuratrici: di conseguenza le banche che intendano acquisire tale partecipazione, oltre che ottenere l'autorizzazione della Banca d'Italia, dovranno altresì munirsi dell'autorizzazione dell'Ivass, secondo le previsioni già esaminate degli artt. 68 e ss. cod. ass. (cfr. supra).

La partecipazione delle imprese assicuratrici al capitale degli istituti di credito ha costituito per molto tempo una macroscopica anomalia.

La fonte primaria (legge) consentiva tale partecipazione solo entro limiti assai ristretti: per l'esattezza, l'art. 4, comma 1, l. 9 gennaio 1991, n. 20 (oggi abrogato dal codice delle assicurazioni) vietava alle imprese assicuratrici di acquistare partecipazioni di controllo in imprese dedite ad attività diverse da quella assicurativa, riassicurativa, di capitalizzazione ed a queste connesse.

Tale norma, per la sua specialità, avrebbe dovuto prevalere sul disposto dell'art. 27, comma 4, l. 10 ottobre 1990, n. 287, il quale vieta ai soggetti che svolgono attività diversa da quella creditizia o finanziaria di acquisire partecipazioni superiori al 15% del capitale di enti creditizi, o comunque l'assunzione del controllo su essi (analoga previsione era contenuta nell'art. 19, comma 6, d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, oggi abrogato dall'art. 14, comma 1, d.l. 29 novembre 2008, n. 185).

Nondimeno, già a partire dai primi anni '90, le imprese assicuratrici cominciarono a partecipare in modo sempre più massiccio al capitale delle banche. Ciò sulla base di un provvedimento amministrativo di dubbia legittimità, la deliberazione C.I.C.R. 19 aprile 1993. Il § 4, comma 4, dell'art. unico di tale deliberazione ha infatti disposto che, ai fini dell'autorizzazione all'acquisto di partecipazioni nel capitale delle imprese creditizie, «alle attività finanziarie è assimilata l'attività assicurativa». In tal modo si è consentito per via regolamentare quel che la legge non consentiva, cioè la partecipazione al capitale delle banche da parte di soggetti che non esercitavano l'attività bancaria. La delibera CICR è stata poi ripresa ed avallata dalle «Istruzioni di vigilanza per le banche» della Banca d'Italia, le quali al Titolo II, Cap. 1, Sezione II, § 6, confermano che il divieto di acquisire partecipazioni nelle banche, da parte di soggetti che non svolgono attività finanziaria o creditizia, di cui all'art. 19 TUB, non si applica alle società assicuratrici.

Il problema, tuttavia, è oggi superato: da un lato, infatti, il codice delle assicurazioni ha eliminato il divieto per le imprese assicuratrici di partecipare al capitale delle banche; dall'altro è venuto meno il risalente divieto di acquisizioni di partecipazioni nel capitale di enti creditizi da parte di enti non creditizi, di cui all'art. 19, commi 6 e 7, del testo unico bancario (d.lgs. 1 settembre 1993 n. 385). Quest'ultimo divieto è stato infatti abrogato dall'art. 14, comma 1, d.l. 29 novembre 2008, n. 185 (convertito nella l. 28 gennaio 2009, n. 2), emanato in attuazione della Direttiva 2007/44/CE.

Onorabilità e professionalità di amministratori e titolari di partecipazioni qualificate

L'attività assicurativa, per effetto della c.d. inversione del ciclo produttivo (l'assicuratore prima incassa il premio, e solo in seguito può erogare l'indennizzo), è un potente collettore di risorse finanziarie, e per questa ragione è soggetta a vigilanza da parte dello Stato (v. supra, sub art. 1883 c.c.,).

Tra le molteplici forme in cui si esercita il controllo dello Stato sull'attività assicurativa (potestà regolamentare, potestà sanzionatoria, potestà ispettiva), una delle più importanti è la previsione che sia gli amministratori, sia gli organi di vertice, sia alcune categorie di soci delle società assicuratrici debbano possedere determinati requisiti soggettivi, previsione ovviamente congiunta al potere di dichiarare la decadenza iure imperii dei soggetti che quei requisiti soggettivi non dovessero avere.

La disciplina in esame è contenuta negli artt. 76 e 77 d.lgs. n. 209/2005 -cod. ass., più volte modificati (e da ultimo dall'art. 3 d.lgs. 14 luglio 2020, n. 84). La prima di tali norme è dedicata a i requisiti soggettivi degli amministratori, la seconda a quelli dei soci.

Iniziando dai requisiti soggettivi delle persone diverse dai soci, la legge (art. 76 cod. ass.) esige che tali requisiti siano posseduti da quattro gruppi di persone fisiche:

a) chi esercita funzioni di amministrazione;

b) chi esercita funzioni di direzione;

c) chi esercita funzioni di controllo;

d) chi esercita “funzioni fondamentali”.

Quest'ultima previsione è stata introdotta dall'art. 3 d.lgs. n. 84/2020, emanato in attuazione della delega conferita al Governo dall'art. 7 l.  n. 117/2019, a sua volta emanato al fine di dare “ulteriore attuazione” alla Direttiva 2017/828/UE (concernente “l'incoraggiamento dell'impegno a lungo termine degli azionisti”, che modificò la previgente Direttiva 2007/36/UE, altrimenti detta Shareholders' Rights Directive - SHRD). 

Sia la Direttiva 2007/36, sia le modifiche ad essa apportate dalla Direttiva 828/17, avevano lo scopo dichiarato di favorire un più consapevole e stabile coinvolgimento degli azionisti nel governo societario e semplificare l'esercizio dei relativi diritti. a tale scopo, hanno introdotto norme per assicurare che le società abbiano il diritto di identificare i propri azionisti: per obbligare gli intermediari ad agevolare l'esercizio dei diritti da parte dell'azionista; per obbligare gli investitori istituzionali a dichiarare ex ante quali politiche di investimento attueranno nelle società partecipate.

Alla Direttiva 2017/828 il Governo diede attuazione col d.lgs.  n. 49/2019. Curiosamente, però, solo cinque mesi dopo il Parlamento (che nel frattempo aveva visto mutare la composizione della maggioranza) ritenne che il decreto attuativo già emanato non bastava, e che la Direttiva 2017/828 abbisognasse di “ulteriore attuazione”. Emanò così la l. n. 117/2019, il cui art. 7, comma 1, lett. a), l. n. 117/2019, delegò il Governo a modificare il codice delle assicurazioni, introducendo nuove regole i “requisiti e ai criteri di idoneità degli esponenti aziendali, dei soggetti che svolgono funzioni fondamentali” e dei soci.

In realtà la Direttiva 2017/828 non contiene alcuna norma in materia di requisiti soggettivi degli amministratori e dei titolari di “funzioni fondamentali”, sicché né la legge delega n. 117/2019, né il decreto delegato n. 84/2020 posso dirsi “attuazione” di quella Direttiva. Cionondimeno il d.lgs. n. 84/2020 certamente non può dirsi costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 76 Cost., dal momento che la delega alla modifica del codice delle assicurazioni sul punto in esame è pur sempre contenuta in una legge, ancorché non attuativa di una Direttiva comunitaria.

 Prima delle riforme introdotte dal d.lgs. n. 84/2020, gli amministratori delle società assicuratrici dovevano possedere due requisiti: onorabilità e professionalità, prescritti con apposito decreto emanato dal Ministero per lo sviluppo economico, su proposta dell'ISVAP (artt. 14, comma 1, lett. f, e 76 cod. ass.; olim, art. 9, comma 2, lett. c, d. lgs. 174/95; art. 11, comma 2, lett. c, d.lgs. n. 175/1995).

La materia venne inizialmente disciplinata dal d.m. 24 aprile 1997, n. 186 (Morvillo, Onorabilità, professionalità e sana e prudente gestione: il decreto n. 186 del 24 aprile 1997, in Assicuraz., 1997, I, 696; Meo, Esponenti di società assicurative e requisiti di professionalità, in Assicuraz., 1996, I, 370); il quale stabilì (art. 1) che i suddetti requisiti di onorabilità e professionalità dovessero essere posseduti da tutti i soggetti ai quali fossero attribuite funzioni di direzione, di amministrazione o di controllo, e fissava i criteri generali per valutare il possesso del requisito della professionalità (artt. 2-3). Il d.m. 186/1997 venne in seguito sostituito dal d.m. 11 novembre 2011 n. 220. Tale ultimo decreto venne abrogato dall'articolo 1, comma 219, del d.lgs. 12 maggio 2015, n. 74 (attuativo della c.d. Direttiva Solvency II, il quale introdusse a tal fine un nuovo comma 5-bis nell'art. 354 d.lgs. n. 209/2005- cod. ass.: e non si capisce perché una legge, per abrogarne un'altra, debba inserire la norma abrogatrice in una terza legge ancora), ma solo a decorrere dall'adozione del regolamento previsto dall'articolo 76, comma 1, cod. ass., come modificato dal medesimo d.lgs. n. 74/2015.

Questa delega, mai attuata, è stata ora “rinfrescata” dal nuovo d.lgs. n. 84/2020, che come detto modificando l'art. 76, comma 1, cod. ass., ha conferito una nuova delega al ministro dello sviluppo economico, e fissato nuovi criteri per l'esercizio di essa.

 In conclusione, la (bislacca) vicenda normativa momentaneamente approdata al d.lgs. n. 84/2020 può così riassumersi:

a) il Parlamento ha delegato il Governo a riformare i requisiti di professionalità degli amministratori, dei sindaci e dei titolari di “funzioni fondamentali” delle società assicuratrici, dichiarando a tal fine di voler dare attuazione a una direttiva comunitaria in realtà inesistente (art. 7 l. 117/2019);

b) il Governo ha dato attuazione alla delega fissando le norme di principio, e delegando a sua volta il Ministro dello sviluppo economico ad emanare quelle di dettaglio (art. 3 d.lgs. n. 84/2020).

 L'ambito soggettivo di applicazione del novellato art. 76 cod. ass. appare di sconfinata latitudine. Se, infatti, seri dubbi non possono sorgere per individuare i soggetti che svolgono funzione di amministrazione, di direzione e di controllo, la nozione di “soggetti che svolgono funzioni fondamentali” appare una nebulosa indistinta. Che sia frutto di dolo od insipienza, quel che rileva è che quella espressione era sinora sconosciuta all'universo giuridico, e metterà nelle mani del ministro per lo sviluppo economico e dell'IVASS un potentissimo strumento coercitivo per esercitare un sindacato sugli interna corporis delle società assicuratrici.

 Sotto il profilo oggettivo, l'art. 76, comma 1-ter, cod. ass., come novellato dal d.lgs. n. 84/2020, costituisce un perfetto esempio di delega in bianco. Il decreto infatti demanda al ministro dello sviluppo economico il compito di stabilire i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza esigibili da amministratori, dirigenti e sindaci delle imprese assicuratrici, ma senza fissare alcun criterio direttivo, eccezion fatta per la generalissima (e quindi superflua) previsione secondo cui i suddetti soggetti debbono essere competenti, corretti, e dedicare tempo sufficiente alla loro attività.

In ogni caso il Ministro avrà 180 giorni per emanare i suddetti decreti, i quali si applicheranno agli amministratori, ai sindaci ed ai dirigenti nominati dopo l'entrata in vigore di esso. Fino a quel momento, nel silenzio della legge, continuerà a trovare applicazione il d.m. 220/2011, sopra ricordato.

 I requisiti di onorabilità, competenza e correttezza devono essere posseduti non solo dagli amministratori, ma anche da alcune categorie di soci delle imprese assicuratrici: per l'esattezza, i titolari delle partecipazioni “di cui all'art. 68 cod. ass.”, cioè quelle per la cui acquisizione occorre una autorizzazione da parte dell'IVASS.

Tali partecipazioni sono sei, e per l'esattezza:

a) quelle che comportano il controllo della società partecipata (art. 68, comma 1, d.lgs. n. 209/2005- cod. ass.);

b) quelle che comportano la detenzione di almeno il 10% per cento dei diritti di voto o del capitale (combinato disposto degli artt. 68, comma 1, e 1, comma 1, lettera mm-ter, d.lgs. n. 209/2005- cod. ass.);

c) quelle che consentono l'esercizio di un'influenza notevole sulla gestione della partecipata (combinato disposto degli artt. 68, comma 1, e 1, comma 1, lettera mm-ter, cod. ass.);

d) quelle che comportano una variazione la quale raggiunga o superi il 20, il 30 o il 50% dei diritti di volto o del capitale della partecipata (art. 68, comma 2, cod. ass.);

e) quelle che comportano il controllo della partecipata (art. 68, comma 2, cod. ass.);

f) quelle che comportano il controllo d'una società che detenga le partecipazioni di cui alle lettere a-e che precedono (art. 68, comma 3, cod. ass.).

 Anche l'art. 77 d.lgs. n. 209/2005, come il precedente, delega il ministero per lo sviluppo economico a stabilire in dettaglio i concreti requisiti di professionalità, onorabilità e correttezza che devono essere posseduti dai soci delle società assicuratrici: ed anche questa norma contiene una delega “in bianco”, in quanto nulla dice in merito ai criteri cui il ministro si dovrà attenere nell'emanare il decreto ivi previsto, né impone che tale decreto disciplini anche i requisiti di onorabilità degli amministratori, dei sindaci o dei direttori generali delle persone giuridiche che partecipano in misura rilevante al capitale dell'impresa assicuratrice.

La legge infatti nulla dice circa l'ipotesi in cui il partecipante sia una persona giuridica; è verosimile che l'emanando decreto attuativo ribadirà il principio già stabilito dal d.m. 186/97, e cioè che in tal caso i requisiti di onorabilità e professionalità devono essere posseduti dagli amministratori, dai sindaci e dai direttori generali della società partecipante.

La mancanza, in capo ai titolari di partecipazioni ai sensi dell'art. 68 d.lgs. n. 209/2005- cod. ass., dei requisiti di onorabilità prescritti dalla legge impedisce il rilascio dell'autorizzazione all'acquisto. Ove, tuttavia, per qualsivoglia ragione una persona non “onorabile” dovesse divenire titolare di una partecipazione rilevante (ad es., per perdita dei requisiti di onorabilità dopo l'acquisto della partecipazione), le sarà inibito l'esercizio del diritto di voto incorporato nelle azioni eccedenti la soglia oltre la quale è necessaria l'autorizzazione, e le azioni stesse dovranno essere alienate entro il termine fissato dall'Isvap (art. 77, comma 4, cod. ass.).

Bibliografia

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