Convivenza e risarcibilità del danno da perdita del rapporto parentale
10 Ottobre 2018
La legge straniera che fonda la risarcibilità del danno da perdita del rapporto parentale sulla convivenza è contraria all'ordine pubblico?
Proprio recentemente, la Suprema Corte (Cass. civ., sez. III, 30 aprile 2018, n. 10321) è stata chiamata a valutare il ricorso proposto contro la decisione della corte d'appello di Trento, relativa alla richiesta di ristoro dei danni non patrimoniali subiti dai congiunti della vittima di un sinistro stradale avvenuto in Serbia. Posto che - ex art. 62, comma 1, l. n. 218/1995 – era necessario dare applicazione alla legge serba, viene in rilievo l'eventuale contrasto con l'ordine pubblico delle relative disposizioni: secondo cui, per la concessione ai fratelli superstiti del danno morale da morte del congiunto, appare necessario il requisito della durevole pregressa convivenza, mentre viene esclusa la rilevanza ai fini risarcitori della relazione tra nonni e nipoti. La Cassazione accoglie il ricorso mosso contro il verdetto di compatibilità con l'ordine pubblico che il giudice di merito - in virtù del richiamo a quell'orientamento giurisprudenziale secondo cui, fuori dal nucleo familiare più ristretto, appare necessaria la convivenza al fine di sancire la rilevanza giuridica del rapporto parentale (Cass. civ., n. 4253/2012, relativa al rapporto tra nipoti e nonni) – aveva sancito al riguardo. La Cassazione riconosce, anzitutto, che l'indirizzo giurisprudenziale richiamato appare superato da numerose pronunce della Suprema Corte, oramai orientata a ritenere la convivenza quale elemento da considerarsi esclusivamente ai fini probatori quanto all'esistenza del danno: il quale può ben configurarsi anche in mancanza di tale requisito (tra le pronunce richiamate dai giudici di legittimità, la più recente è Cass. civ., n. 29332/2017, con nota di ZIVIZ, La tutela risarcitoria del nipote non convivente per la perdita del nonno in Ridare.it). Sulla base del nuovo orientamento, la convivenza va assunta esclusivamente quale elemento probatorio utile, unitamente ad altri, a dimostrare che – a fronte del vincolo familiare – sussiste un concreto legame affettivo; l'assenza di coabitazione non rappresenta, di per sé, condizione preclusiva ai fini della tutela risarcitoria del congiunto. Quanto alla valutazione della compatibilità con l'ordine pubblico delle disposizioni previste dalla legislazione straniera, la Cassazione sottolinea, richiamando vari precedenti, che il concetto di ordine pubblico dev'essere inteso come complesso dei principi fondamentali della nostra Costituzione o comunque individuati entro quelle altre norme che rispondono all'esigenza di carattere universale di tutelare i diritti fondamentali dell'uomo. Ciò posto, i giudici di legittimità riconoscono che «la relazione parentale fra le persone si connota come vincolo che rileva, secondo una valutazione che corrisponde a percezione comune, a prescindere dalla persistenza della convivenza, essendo la relazionalità parentale certamente correlata alla convivenza fino a quando il congiunto resti, conforme al naturale sviluppo della persona, nel nucleo familiare di origine, ma concretandosi, successivamente, quando la persona da quel nucleo si distacca, sempre come una relatio presente e potenzialmente effettiva sull'esistenza delle persone e ciò a prescindere dal venir meno della convivenza». Ad assumere rilevanza è un modo di essere della persona che non dipende dalla convivenza: tanto più nei tempi odierni, nei quali l'allontanamento dal nucleo familiare appare normale, ma non nuoce – considerata l'ampiezza e la facilità dell'uso di mezzi di comunicazione a distanza – al mantenimento di una naturale intensità della relazione parentale. La negazione a priori della rilevanza della relazione parentale in assenza di convivenza – sancita dalla legge serba - «si risolve in una aprioristica esclusione di un modo di atteggiarsi di ciascuna persona umana che naturalmente e potenzialmente appare collegato alla parentela in sé senza essere condizionato dalla convivenza». Si afferma, perciò, il principio di diritto secondo cui una legge straniera che restringa la risarcibilità del danno non patrimoniale da perdita del congiunto esclusivamente al caso in cui costui fosse convivente è da ritenere contraria all'ordine pubblico italiano – ai sensi dell'art. 16, comma 1, della l. n. 218/1995 - e deve essere disapplicata dal giudice italiano: dovendosi nell'ordinamento italiano dare alla convivenza solo il valore di elemento eventualmente rilevante in concreto sul piano probatorio.
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