Lo straordinario forfettizzato: disciplina e aspetti pratici
19 Ottobre 2018
Definizione Prima di analizzare l'interpretazione prospettata dalla giurisprudenza in materia di riconducibilità dello straordinario forfettizzato a “retribuzione fissa” e trarne le opportune considerazioni, è utile ricostruire il quadro di riferimento in cui si colloca la disciplina del lavoro straordinario, che costituisce certamente il presupposto legale per ogni riflessione anche in materia di forfetizzazione.
Secondo quanto previsto dall'art. 1 del D.Lgs. n. 66/2003, per lavoro straordinario si intende il lavoro svolto oltre il normale orario di lavoro, fissato dalla legge in 40 ore settimanali, salvo demandare alla contrattazione collettiva la possibilità di definire una diversa eventuale durata.
Il ricorso al lavoro straordinario fa nascere inevitabilmente in capo al datore di lavoro un onere di “contabilizzazione”, che soggiace alle previsioni e ai limiti previsti per legge, propedeutico al conseguente obbligo di “remunerazione”, ovvero di riconoscimento economico per l'attività prestata.
È proprio su questo secondo fronte che possiamo distinguere, e così definire, lo straordinario tout court da quello “forfettizzato”. L'obbligazione retributiva nel primo caso si sostanzia nel riconoscimento di una maggiorazione della retribuzione ordinaria, prevista dai contratti collettivi, siano essi nazionali, territoriali o aziendali, per il numero di ore prestate oltre il normale orario di lavoro. In determinati casi però, in luogo di questa modalità, il datore di lavoro può optare per il riconoscimento di un compenso a forfait, omnicomprensivo non vincolato al numero di ore effettivamente lavorate oltre l'orario normale, volto a ristorare il lavoratore delle prestazioni di carattere straordinario. Il quantum in questa seconda ipotesi, non è conseguenza di una rilevazione a consuntivo delle ore straordinarie prestate moltiplicate per le relative maggiorazioni, bensì:
La distinzione ivi proposta sul piano definitorio, che discerne le due fattispecie di straordinario (quello generalmente inteso dal “forfettizzato”, in ragione delle modalità di calcolo quantum dell'obbligazione: nel primo caso frutto di una monetizzato ex post, nel secondo stabilito a propri in misura fissa) non rileva sul fronte delle regole di utilizzo che, in entrambi i casi, soggiacciono a limiti legali e generano precisi adempimenti in capo al datore di lavoro.
Limiti
Quanto ai limiti, l'art. 5 D.Lgs. n. 66/2003 prevede che il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario deve essere contenuto e deve svolgersi secondo le modalità ed i limiti previsti dalla contrattazione collettiva.
Fermo restando i limiti suddetti, in assenza di definizione da parte della contrattazione, la legge stabilisce la durata massima del lavoro straordinario in 250 ore annue, fatte salve le ipotesi di cui all'art. 5, comma 4, D.Lgs. n. 66/2003 per le quali è ammesso il ricorso allo straordinario anche in aggiunta ai limiti fissati dal contratto collettivo o dalla legge: 1) per eccezionali esigenze tecnico-produttive e di impossibilità di fronteggiarle attraverso l'assunzione di altri lavoratori; 2) per forza maggiore o nei casi in cui la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario possa dare luogo a un pericolo grave e immediato ovvero a un danno alle persone o alla produzione; 3) per eventi particolari, come mostre, fiere e manifestazioni collegate alla attività produttiva, nonché allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposti per le stesse, preventivamente comunicati agli uffici competenti ai sensi dell'art. 19 della L. n. 241/1990 e in tempo utile alle Rappresentanze sindacali aziendali.
Adempimenti
Sul fronte degli adempimenti, le ore di lavoro prestate dal lavoratore subordinato, nonché l'indicazione delle ore di straordinario – a prescindere dalla scelta di pattuire per le stesse un compenso a forfait – devono essere inserite e computate separatamente nel Libro Unico del Lavoro, pena l'individuazione dell'illecito amministrativo dell'omessa registrazione o di registrazioni non corrispondenti al vero, sanzionabili ai sensi dell'art. 39 commi 1 e 2 del DL 112/2008 convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 133/2008.
Inoltre, alcuni contratti collettivi prevedono una comunicazione annuale alle RSA o RSU delle ore di straordinario svolto, quale strumento di condivisione con le organizzazioni sindacali atto a ridurne il ricorso e a garanzia della salute e sicurezza dei lavoratori. La gestione dello straordinario forfettizzato
Con quanto sin qui riportato, sono state poste le premesse di contesto in cui si colloca il lavoro straordinario, nella sua accezione più genare, ma anche nella particolare fattispecie dello straordinario forfettizzato.
Per approfondire il tema oggetto di questo contributo, posto che non esistono norme di legge che dispongono ad hoc sulla materia, è possibile avvalersi delle linee di indirizzo che la giurisprudenza ormai unanime ha espresso e che fungono da unico riferimento per il datore di lavoro.
Quanto segue può essere utile a chi intende adottare questa particolare modalità di corresponsione dello straordinario, genuinamente legato al riconoscimento di ore di lavoro ulteriori rispetto all'orario normale, senza incorrere nel rischio che l'elargizione venga interpretata come elemento accessorio della retribuzione contrattuale (un superminimo, un'indennità di merito ecc.) e in quanto tale soggiaccia al principio di irriducibilità della retribuzione previsto dall'art. 2013 del codice civile.
In prima analisi, relativamente alla possibilità di addivenire con i lavoratori ad un accordo finalizzato a definire il riconoscimento di un importo a titolo di straordinario forfettizzato, occorre precisare quanto segue.
L'art. 2077, comma 2, c.c. stabilisce che: “le clausole difformi dei contratti individuali, preesistenti o successivi al contratto collettivo, sono sostituite di diritto da quelle del contratto collettivo, salvo che contengano speciali condizioni più favorevoli ai prestatori di lavoro”.
Nel nostro ordinamento giuridico, infatti, vige il principio secondo il quale il contratto individuale di lavoro non può derogare in pejus il contratto collettivo nazionale (Cass. civ., sez. lav., 7 gennaio 2003, n. 41 - Cass. civ., sez. lav., 4 giugno 2002, n. 8097), mentre è ammessa la derogabilità in melius dello stesso.
Di conseguenza, se viene stipulato un accordo individuale contenente delle condizioni di miglior favore rispetto al contratto collettivo, quest'ultimo sarà ritenuto valido. A tale riguardo:
In ogni caso, qualora il lavoratore interessato svolgesse un numero di ore straordinarie effettive il cui valore economico comprensivo della relativa maggiorazione contrattuale sia superiore al valore dello straordinario forfetizzato pattuito in lettera di assunzione, il medesimo dipendente sarebbe legittimato a rivendicare la differenza tra le ore di lavoro straordinario effettivamente prestate e quelle pagate forfetariamente. Inoltre, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale qualora sussista una precisa volontà delle parti ad includere il prolungamento della prestazione lavorativa nell'orario normale, il compenso per straordinario forfetizzato deve essere conglobato nella retribuzione ordinaria (Cass. 27/02/2008 n. 5119) e, quindi, essere considerato utile ai fini di tutti gli istituti giuridici e contrattuali compreso il TFR. Il problema della quantificazione
Alla luce di quanto sopra discusso il prima problema che si pone è quello relativo alla quantificazione dell'importo da erogare.
In linea con i recenti orientamenti giurisprudenziali, il patto di forfetizzazione è illecito quando il lavoro straordinario viene ad essere retribuito in misura forfetizzata massima, indipendentemente dal fatto che esso venga prestato in misura maggiore. Il lavoratore infatti può sempre dimostrare di aver prestato lavoro straordinario in quantità superiore a quella corrispondente al compenso forfetario, facendo richiesta delle relative differenze retribuite.
La Corte di Cassazione, con sentenza 6902/2000, ha confermato il proprio orientamento stabilendo che è illecita, e quindi nulla, la clausola che stabilisce che il lavoro straordinario possa essere retribuito in una determinata entità massima, indipendentemente dall'eventuale prestazione in misura maggiore. Pertanto il giudice, ove accerti che il lavoratore abbia svolto un numero di ore di lavoro straordinario superiore alla forfetizzazione pattuita, deve riconoscergli per l'eccedenza il compenso maggiorato per lavoro straordinario. La Corte sostiene, inoltre, che il giudice non può esimersi dall'esaminare l'ammissibilità delle prove richieste dal lavoratore, al fine di dimostrare la prestazione eventualmente svolta in eccedenza allo straordinario forfetizzato.
È da tener presente che la giurisprudenza non intende negare l'utilizzo dello strumento della forfetizzazione dello straordinario, ma vuole evitare la predeterminazione di un compenso massimo che non consenta di retribuire attività straordinarie eccedenti il tetto contrattuale previsto. Pertanto nel momento in cui la prestazione effettiva superi la forfetizzazione concordata tra le parti, a parere della Corte, non è consentita alcuna rinuncia preventiva al compenso da parte del lavoratore per il lavoro concretamente svolto oltre il limite prestabilito in quanto in violazione dell'art. 36 della Costituzione.
A detta della Corte, quindi, un patto come quello di forfetizzazione, ove risulti per il lavoratore una rinuncia alla retribuzione del lavoro straordinario (eccedente il limite forfetariamente concordato) potrebbe significare l'accettazione da parte del dipendente di una retribuzione non proporzionata alla quantità del lavoro prestato e quindi costituire un accordo nullo.
Prendendo in esame, pertanto, i numerosi giudizi della Corte che si sono susseguiti nel corso degli anni, con uno sforzo di sintesi, si è inteso raccogliere alcune brevi note di indirizzo, frutto di un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, utile per una corretta gestione dell'istituto:
a) laddove per le modalità di svolgimento del lavoro, risulti difficile contenere la prestazione lavorativa entro precisi limiti d'orario; b) laddove vi sia una difficoltà per la parte datoriale, di controllare gli effettivi tempi di lavoro rispettati dal dipendente; Quanto soprasi riferisce ai casi in cui la prestazione di lavoro non risulti essere misurabile, ad esempio in ambito giornalistico (Corte di Cassazione n. 19299/14).
a) dirigenti, personale direttivo delle aziende o altre persone aventi autonomo potere decisionale; b) manodopera familiare; c) lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose; d) prestazioni rese nell'ambito di rapporti di lavoro a domicilio e di telelavoro.
a) occorre contestualizzare le situazioni particolari che determinano l'obiettiva funzionalità della forfettizzazione; b) devono risultare riconosciuti i diritti inderogabili del lavoratore; c) è opportuno determinare quale sia il compenso per il lavoro ordinario e quale l'ammontare del compenso per lavoro straordinario, evidenziando il numero teorico di ore di lavoro straordinario cui fa riferimento la somma riconosciuta a titolo omnicomprensivo.
Pertanto, adottando le opportune cautele ivi richiamate, seppure in estrema sintesi, appare ammissibile l'adozione di un compenso forfettario per il lavoro straordinario, purché si tratti di una scelta frutto di una volontà genuina del datore di lavoro, contestualizzata dalle particolari caratteristiche del settore o dalle peculiari modalità di svolgimento della prestazione.
Troppo spesso, tuttavia, sono utilizzati accordi di conglobamento poco trasparenti, resi appetibili per il datore di lavoro, non solo per la semplificazione nella gestione della contabilizzazione amministrativa, quanto piuttosto per le valutazioni economiche di convenienza che ne derivano rispetto al pagamento analitico delle singole ore di lavoro straordinario prestato secondo le maggiorazioni previste dai CCNL, per i quali certamente rimane aperta e lecita la possibilità di una contestazione giudiziale da parte del lavoratore.
In sintesi:
Aspetti retributivi e incidenza sugli altri elementi
In merito alle modalità di determinazione dello straordinario forfait e all'incidenza dello stesso sul calcolo della retribuzione indiretta (per ferie, permessi, mensilità aggiuntive), si ritiene che qualora il contratto collettivo faccia riferimento per il calcolo di tali istituti alla retribuzione globale, l'importo erogato a titolo di straordinario forfetizzato debba rientrare nel calcolo della retribuzione indiretta erogata per tredicesima, quattordicesima, ferie e permessi, indipendentemente dal numero di mensilità per cui viene pattuito in fase di accordo con il lavoratore.
Qualora, invece, il CCNL non faccia riferimento alla retribuzione globale per il calcolo della retribuzione indiretta ma a elementi retributivi dettagliatamente indicati, si ritiene che lo straordinario erogato con modalità forfetaria non rientri nel computo degli elementi imponibili della retribuzione indiretta.
Nessun dubbio per quanto riguarda invece l'assoggettamento a t.f.r.: trattandosi di un compenso erogato in via non occasionale, lo stesso rientra nel computo degli elementi di computo validi ai fini del trattamento di fine rapporto.
A titolo di esempio il CCNL del turismo e dell'industria in merito agli elementi che compongono la retribuzione su cui calcolare la retribuzione indiretta prevede quanto segue:
La forma attinente al patto di forfetizzazione è quella scritta, con sottoscrizione per accettazione di entrambe le parti. Il patto deve contenere alcuni elementi essenziali quali:
Esempi:
1) Bozza testo per lettera di assunzione ………
“In considerazione delle mansioni da Lei ricoperte, potrà essere necessario il ricorso al lavoro straordinario: in relazione a ciò Lei si impegna a fornire le Sue prestazioni oltre l'orario normale di lavoro e comunque nel rispetto dei limiti giornaliero e annuale stabiliti dalla legge e dal CCNL applicato; quale compenso della Sua disponibilità a svolgere lavoro straordinario nelle giornate dal lunedì al venerdì e nei giorni non festivi – e in via migliorativa rispetto alle previsioni contrattuali collettive – Le sarà erogato, in aggiunta alla retribuzione sopra indicata e per il numero delle mensilità previste dal CCNL applicato, un importo mensile lordo di € ……..,00 a titolo di “straordinario forfettizzato”, indipendentemente dal numero delle ore di lavoro straordinario effettivamente prestate, sempre e comunque entro i limiti sopra specificati. L'eventuale cessazione del ricorso frequente al lavoro straordinario comporterà il venir meno del trattamento economico sopra descritto (in tale caso le eventuali ore lavorate oltre l'orario normale di lavoro saranno retribuite con le maggiorazioni previste dal CCNL).” ………
2) Accordo successivo all'assunzione
(su carta intestata dell'Azienda)
Luogo e data.
Egr. Sig./Gent. Sig.ra ………………………… ………………………… ………………………… Assegnazione straordinario forfetizzato.
Abbiamo il piacere di comunicarLe che a far data dal ……… Le verrà riconosciuto un importo a titolo di straordinario forfetizzato pari a euro ………, al lordo degli oneri previdenziali e fiscali posti a Suo carico.
Tale compenso, corrispondente a una media mensile di …. ore di lavoro straordinario, verrà erogato per ……… mensilità e sarà integralmente remunerativo, sostitutivo ed assorbibile dalle maggiorazioni contrattuali di cui all'art. …… del vigente c.c.n.l. ……….
Nel confermarLe la stima per le capacità professionali sin qui espresse e per la Sua dedizione al lavoro, Le porgiamo i nostri più cordiali saluti.
La preghiamo renderci copia della presente firmata per accettazione.
Il Datore di lavoro
…………………………
Data e firma per ricevuta e accettazione del Lavoratore
………………………………………………………………. A conclusione del nostro contributo vogliamo fornire la sintesi di una delle più recenti ed interessanti sentenze della Corte di Cassazione ove ci si è occupati della legittimità – o meno – dell'eventuale forfettizzazione degli straordinari.
Corte Cassazione Sentenza del 5 gennaio 2015, n. 4
La fattispecie posta all'attenzione della Suprema Corte riguarda una controversia iniziata fra un'Azienda e un proprio dipendente riguardante l'esatta natura di alcune somme corrisposte mensilmente durante lo svolgimento del rapporto di lavoro unitamente alla retribuzione mensile a titolo di compenso per lo “straordinario forfetizzato”.
In particolare, il caso riguarda somme che erano state riconosciute a titolo di straordinario forfetizzato che ad un certo punto sono state revocate dal datore di lavoro sul presupposto che eventuali prestazioni di lavoro straordinario sarebbe stato remunerate con il riconoscimento delle maggiorazioni previste dal contratto collettivo nazionale di lavoro. Il lavoratore pertanto adiva il Tribunale del Lavoro contestando la revoca del suddetto trattamento sul presupposto di considerare il compenso percepito a titolo di straordinario forfettizzato come elemento retributivo facente parte della sua retribuzione in misura fissa ed in particolare della sua quota di superminimo individuale.
Il Tribunale adito in primo grado e successivamente la Corte d'Appello in secondo grado accoglievano le motivazioni del lavoratore in merito alla natura del compenso forfettario riconosciuto dal datore di lavoro per eventuale lavoro straordinario, ribadendo che in realtà tale compenso costituiva un superminimo, che prescindeva in relata dallo svolgimento da parte del lavoratore di prestazioni di lavoro straordinario effettivamente svolte e che pertanto era entrato a far parte della retribuzione ordinaria.
Conseguentemente, tale compenso non poteva essere oggetto di riduzione unilaterale da parte del datore di lavoro. Dinanzi a tale decisione, l'Azienda datrice di lavoro proponeva ricorso dinanzi la Corte di Cassazione.
La Corte di Cassazione respingeva integralmente il ricorso presentato dal datore di lavoro confermando le conclusioni dei Giudici di merito contenute nelle sentenze impugnate di primo e secondo grado di giudizio. La Suprema Corte infatti ha accolto integralmente le motivazioni esposte nel ricorso giudiziale presentato dal lavoratore, il quale aveva contestato la revoca del riconoscimento del compenso per lo straordinario forfettizzato da parte del datore di lavoro, sostenendo che detto compenso si fosse consolidato nel suo trattamento economico in misura fissa ed in particolare nel suo superminimo, con la conseguenza che in quanto tale non avrebbe potuto essere oggetto di revoca unilaterale da parte del datore medesimo.
Con riferimento a quanto sostenuto dal datore di lavoro nel suo ricorso – secondo cui l'affermazione per la quale il compenso forfettario per le caratteristiche assunte avrebbe dovuto essere imputato a superminimo e non a lavoro straordinario non avrebbe tenuto conto dei dati documentali – la Suprema Corte precisa che l'interpretazione dei contratti compete al Giudice e non è suscettibile di riesame in sede di legittimità.
Inoltre, riguardo alla lamentela secondo cui la sentenza impugnata ha ignorato le comunicazioni aziendali con le quali è stato comunicato da parte del datore di lavoro al lavoratore ricorrente il riconoscimento del compenso forfettario per eventuali prestazioni di lavoro straordinario, la Suprema Corte conferma l'interpretazione contenute nelle sentenze del Tribunale e della Corte d'Appello nella parte in cui giungevano alla conclusione che tale compenso rientrasse nel superminimo sulla base del fatto che:
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione ha pertanto affermato il principio secondo cui il compenso forfettario corrisposto al lavoratore, a prescindere dalle prestazioni di lavoro straordinario effettivamente svolte, entra nella retribuzione ordinaria del lavoratore e costituisce un superminimo, con la conseguenza che non può essere oggetto di riduzione unilaterale da parte del datore di lavoro.
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