Il contratto a tempo determinato nel regime transitorio del "Decreto Dignità"
Vincenzo Fabrizio Giglio
27 Novembre 2018
Il “Decreto Dignità” ha apportato significative modifiche alla disciplina del contratto di lavoro subordinato a tempo determinato. Come è noto, tuttavia, non tutte le nuove norme sono entrate in vigore subito a causa di una disposizione transitoria concessa soltanto in sede di conversione del decreto-legge. Ne è emerso un regime complesso e incerto nel quale non è sempre agevole districarsi.Nel corso della trattazione cercheremo di fornire una guida concreta alla disciplina applicabile nei diversi momenti di questa lunga attuazione che prende avvio alla metà di luglio 2018 e che è giunta a compimento soltanto il 1° novembre 2018. Anche dopo questa data, tuttavia, il regime transitorio risulterà tutt'altro che “superato” poiché la verifica della validità degli atti compiuti andrà affrontata sulla scorta dei principî che esamineremo di seguito.
Le fonti del diritto
Il Legislatore del 2018 è intervenuto sul lavoro a tempo determinato per mezzo di due atti legislativi:
il d.l. 12 luglio 2018, n. 87 (in G.U. 13 luglio 2018, n. 161);
la l. 9 agosto 2018, n. 96, che ha convertito, con modifiche, il d.l. n. 87 del 2018 (in G.U. 11 agosto 2018, n. 186).
Quanto all'entrata in vigore, il d.l. n. 87 del 2018 ha previsto:
art. 15, d.l. n. 87 del 2018: il decreto entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione, ossia dal 14 luglio 2018;
art. 2, d.l. n. 87 del 2018: le nuove disposizioni in materia di contratto a termine si applicano:
ai contratti stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del d.l. (e, dunque dal 14 luglio 2018);
ai rinnovi e alle proroghe dei contratti in corso alla medesima data
La legge di conversione ha stabilito che:
le disposizioni in materia di contratto a tempo determinato si applicano ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché
ai rinnovi e alle proroghe contrattuali successivi al 31 ottobre 2018;
la legge di conversione è in vigore dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione (e, dunque, dal 12 agosto 2018).
Una precisazione terminologica preliminare: “contratto”, “proroga”, “rinnovo”
È opportuno, prima di proseguire, chiarire il contenuto esatto di nozioni che danno talora adito a fraintendimenti: le parole “contratto”, “rinnovo” e “proroga” sono infatti centrali nel tema in esame ed è importante assumerne una nozione certa. Pertanto, ci riferiremo al “contratto” come al primo contratto a termine stipulato tra due parti; al “rinnovo” come ad un secondo (o comunque ulteriore) contratto a termine tra le medesime parti; alla “proroga” come alla postergazione consensuale del termine apposto al contratto (o al rinnovo) in corso di esecuzione.
Le novità
Riepiloghiamo le principali novità introdotte dal “Decreto Dignità” in materia di contratto di lavoro a tempo determinato. Il legislatore si è espressamente prefissato l'obiettivo di restringere l'area del lavoro a termine, con particolare attenzione alla pratica del c.d. ”stop and go”, ossia la duratura alternanza tra periodi di lavoro, a termine e/o somministrato, e periodi di interruzione. Da ciò le specifiche restrizioni sui rinnovi.
Rispetto al “Jobs Act”, dunque, il “Decreto Dignità” ha modificato:
la durata complessiva del contratto a tempo determinato, comprensiva di proroghe e rinnovi, ridotta da 36 a 24 mesi (art. 19, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2015);
il contratto a termine acausale, limitato ora a soli 12 mesi (dai precedenti 36) (art. 19, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2015);
il rinnovo, che dovrà essere sempre assistito da una causale giustificatrice: anche qualora si tratti del primo rinnovo; anche se il rapporto complessivo ha durata brevissima; anche se il rinnovo stesso ha durata brevissima, anche inferiore a 12 giorni (art. 19, comma 4; art. 21, comma 01, d.lgs. n. 81 del 2015);
il costo dei rinnovi: per ciascun rinnovo, infatti, il datore dovrà versare un contributo addizionale Naspi dello 0,50% (art. 3, comma 2, d.l. n. 87 del 2018). Ad esempio, qualora i rinnovi siano quattro, salvo casi particolari, il datore dovrà sopportare un contributo addizionale crescente, fino al 2% durante l'ultimo contratto, fatto salvo l'eventuale rimborso; la maggiorazione riguarda i soli rinnovi e non le proroghe (Ministero del Lavoro, circolare n. 17 del 2018);
il numero massimo consentito delle proroghe, ridotto da cinque a quattro nell'ambito dell'intera relazione lavorativa tra le parti (art. 21, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2015);
le proroghe potranno rimanere acausali fino a che il rapporto non abbia raggiunto (complessivamente, compresa la stessa proroga) i 12 mesi; oltre, anche la proroga dovrà essere munita di una causale (art. 21, comma 01, d.lgs. n. 81 del 2015);
il tempo concesso al lavoratore per impugnare la validità del termine: è esteso da 120 a 180 giorni dalla cessazione di ciascun contratto (art. 28, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2015).
Ricordiamo che le causali ammesse dalla legge sono le seguenti:
esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività;
esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria (art. 19, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2015).
Ricordiamo altresì che il contributo addizionale per i contratti a termine è già pari all'1,4% (art. 2, comma 28, l. 28 giugno 2012, n. 92); esso si aggiunge al tradizionale contributo contro la disoccupazione pari all'1,61% (art. 12, comma 6 e art. 28, comma 1, l. 3 giugno 1975, n. 160); ed oggi è ulteriormente maggiorato dello 0,50% per ciascun rinnovo.
Ne sono esclusi, nel settore privato:
i lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti;
i lavoratori assunti a termine per lo svolgimento di attività stagionali;
gli apprendisti (art. 2, comma 29, l. n. 92 del 2012).
Trattandosi di un accessorio del contributo addizionale previsto dalla “Legge Fornero”, anche la nuova maggiorazione ne segue le regole: esso potrà infatti essere rimborsato nel caso conferma del lavoratore a tempo indeterminato o (in misura parziale) nel caso di riassunzione a tempo indeterminato entro sei mesi dalla cessazione dell'ultimo contratto a termine (art. 2, comma 30, l. n. 92 del 2012).
La legge di conversione ha introdotto delle più esplicite sanzioni per il caso di violazione dei nuovi vincoli:
in caso di stipulazione di un contratto di durata superiore a dodici mesi in assenza di causali o eccedente i 24 mesi, il contratto si trasforma a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di dodici mesi (art. 19, comma 1-bis, d.lgs. n. 81 del 2015);
in assenza di causali nei rinnovi o nelle proroghe che eccedano i 12 mesi, “il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato” (art. 21, comma 01, d.lgs. n. 81 del 2015).
Viene introdotta una nuova clausola di contingentamento: salva diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall'utilizzatore e fermo restando il limite del 20% inerente il rapporto tra contratti a termine e contratti a tempo indeterminato, la somma dei lavoratori assunti alle dirette dipendenze dell'utilizzatore con contratto a tempo determinato ovvero mediante somministrazione di lavoro a tempo determinato non può eccedere complessivamente il 30% dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore al 1° gennaio dell'anno di stipulazione. Tale restrizione si aggiunge alla preesistente clausola di contingentamento del 20% (art. 23, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2015).
I contratti stagionali e le start-up innovative
Alcuni rapporti sono stati mantenuti estranei alle restrizioni vecchie e nuove e favoriti con un maggiore grado di flessibilità.
I contratti a termine per attività stagionali:
restano sottratti al limite dei 24 mesi (art. 19, comma 2, d.lgs. n. 81 del 2015);
possono essere rinnovati senza causali (art. 21, comma 01, d.lgs. n. 81 del 2015);
possono essere prorogati, anche oltre i 12 mesi, senza causali (art. 21, comma 01, d.lgs. n. 81 del 2015);
non soggiacciono ai limiti della clausola di contingentamento del 20% (art. 23, comma 2, lett. c, d.lgs. n. 81 del 2015).
Rimangono invece fermi, anche per tali contratti:
il limite delle quattro proroghe (l'art. 21, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2015, infatti, non è annoverato tra le norme derogate);
il limite della clausola di contingentamento cumulativo con i contratti di somministrazione a tempo determinato (art. 31, comma 2, d.lgs. n. 81 del 2015).
Le c.d. ”start-up innovative”, previste dall'art. 25, commi 2 e 3, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, per il periodo di tre o quattro anni dalla costituzione della società, secondo i casi (art. 21, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2015) beneficiano delle seguenti flessibilità in deroga:
il rinnovo è acausale;
la proroga è acausale anche oltre i 12 mesi;
le proroghe potranno essere più di quattro;
non si applicano i tempi di separazione tra il contratto (o un rinnovo) e l'altro.
La norma transitoria nella formulazione originaria del decreto-legge e in quella rinnovata della legge di conversione
Il punto di snodo nel tema che ci occupa è rappresentato dalla norma che ha stabilito la disciplina transitoria del “Decreto Dignità”. Occorre preliminarmente chiarire che:
la norma transitoria si limita ad estendere nel tempo, fino al 31 ottobre 2018, l'applicazione di alcune vecchie disposizioni;
essa ha un ambito limitato e, pertanto, parte delle disposizioni del “Decreto Dignità” sono entrate in vigore già il 14 luglio 2018 (o il 12 agosto 2018, secondo i casi).
Quale che sia la ricostruzione del sistema transitorio, dunque, esso riguarderà solo alcune disposizioni e non altre.
Abbiamo già ricordato nel paragrafo dedicato alle fonti il tenore della norma transitoria, nel testo del decreto-legge e in quello della legge di conversione.
Il primo si limitava a sancire l'applicabilità delle nuove disposizioni:
ai contratti stipulati dopo l'entrata in vigore del decreto-legge;
alle proroghe e ai rinnovi dei contratti in corso alla medesima data (art. 1, comma 2, d.l. n. 87 del 2018).
La legge di conversione ha modificato il secondo periodo sancendo:
l'applicabilità ai contratti stipulati (per la prima volta tra le stesse parti) dal 14 luglio 2018;
postergando al 1° novembre 2018 l'efficacia delle nuove disposizioni su rinnovi e proroghe.
Non vi è purtroppo lo spazio, in questo lavoro, per esaminare la complessa interazione tra le due versioni della norma e il loro rapporto, anche alla luce della regole di successione tra decreto-legge e legge di conversione (cfr. sul tema A. Ciervo, Enciclopedia Treccani, voce “decreto-legge”; cfr. anche l'art. 15, comma 5, l. 23 agosto 1988, n. 400).
Le alternative ermeneutiche sono infatti:
ritenere che la formulazione apportata dalla legge di conversione sia applicabile solamente agli atti perfezionati dopo la sua entrata in vigore, ossia dal 12 agosto 2018, lasciando gli atti precedenti alla regola fissata dal decreto-legge;
oppure, ritenere che la norma transitoria della legge di conversione (in vigore appunto dal 12 agosto 2018) sia retroattiva e si applichi anche agli atti stipulati fin dal 14 luglio 2018, data di entrata in vigore del decreto-legge.
Nel secondo caso, infatti, proroghe e rinnovi stipulati tra il 14 luglio 2018 e l'11 agosto 2018 resterebbero ancora soggetti alla disciplina del “Jobs Act” (niente causali, ad esempio); nel primo caso, sarebbero già regolati dal “Decreto Dignità”.
A parere di chi scrive, la prima opzione è foriera di incongruenze; è invece preferibile ritenere la retroattività della norma transitoria. E, pertanto, il “Decreto Dignità” deve ritenersi sospeso (nei suoi aspetti soggetti alla disciplina transitoria) fino al 31 ottobre 2018 anche per gli atti stipulati prima del 12 agosto 2018.
La tesi trova conforto sia nel tenore della norma sia negli orientamenti espressi dalla giurisprudenza sugli effetti della legge di conversione (cfr. Cass. 10 maggio 2016, n. 9386 che ripercorre le tesi prevalenti in dottrina e gli orientamenti della Corte; cfr. anche Cass. 6 marzo 2018, n. 5158; Cass. 26 maggio 2005, n. 11186; Cass. 12 marzo 2000, n. 3106).
I quattro regimi del “Decreto Dignità”
Svolte queste premesse, possiamo suddividere la disciplina del contratto a termine nel 2018 in quattro periodi distinti:
periodo pre-riforma: fino al 13 luglio 2018 compreso (“Jobs Act”);
primo periodo transitorio: 14 luglio – 11 agosto 2018 compresi (“Decreto Dignità” nel testo originario);
secondo periodo transitorio: 12 agosto – 31 ottobre 2018 (“Decreto Dignità” con le modifiche apportate dalla legge di conversione);
periodo a regime: dal 1° novembre 2018.
La bussola da utilizzare per orientarsi è data dal momento in cui l'atto è stato perfezionato, ossia sottoscritto da entrambe le parti. Infatti, secondo il principio tempus regit actum la verifica della validità di un atto giuridico va condotta alla luce della normativa vigente al momento in cui l'atto è stato perfezionato; anche se la sua efficacia si estende oltre l'entrata in vigore di una disciplina diversa (cfr. art. 11 Prel.).
Occorre però fare i conti con gli effetti della norma transitoria la quale, come si è detto, riguarda – non tutte le disposizioni ma – soltanto contratti, proroghe e rinnovi, nell'accezione innanzi precisata.
1. (Segue) Contratti, proroghe e rinnovi stipulati fino al 13 luglio 2018
Il periodo pre-riforma è semplice, sul piano del coordinamento: tutti gli atti stipulati fino al 13 luglio 2018 compreso rimangono soggetti alla disciplina originaria del “Jobs Act” e insensibili al “Decreto Dignità”.
Ad esempio, un contratto acausale stipulato per la durata complessiva di 36 mesi rimarrà valido fino alla sua scadenza; la quinta proroga che estende il contratto da 30 a 36 mesi rimarrà valida; parimenti valido sarà il rinnovo pattuito senza alcuna causale; e cosi via.
I rapporti sorti da tali atti potranno dunque protrarsi ben oltre l'entrata in vigore del “Decreto Dignità”, fino al 13 luglio 2021, nell'ipotesi più estrema.
2. (Segue) Contratti, proroghe e rinnovi stipulati nel primo periodo transitorio: 14 luglio – 11 agosto 2018
Nel primo periodo transitorio le nuove regole saranno già applicabili al primo contratto a tempo determinato sottoscritto tra due parti: il contratto stipulato tra il 14 luglio e l'11 agosto 2018 potrà rimanere acausale se di durata non superiore a 12 mesi; potrà prevedere una durata fino a 24 mesi ma solo in presenza di un'idonea causale.
Proroghe e rinnovi stipulati tra il 14 luglio e l'11 agosto 2018 rimangono invece soggetti alla disciplina del “Jobs act”, secondo la tesi interpretativa proposta. Pertanto, in questo periodo potrà essere disposta la quinta proroga; potrà essere disposta una proroga acausale anche oltre i 12 mesi; potrà essere pattuito un rinnovo anch'esso acausale; e cosi via.
Va comunque escluso, non fosse che per ragioni prudenziali, che la proroga o il rinnovo possano estendere un contratto stipulato dopo il 13 luglio 2018 oltre i 24 mesi.
3. (Segue) Contratti, proroghe e rinnovi stipulati nel secondo periodo transitorio: 12 agosto – 31 ottobre 2018
Nessuna novità, nel secondo periodo transitorio, rispetto alla stipulazione del primo contratto di lavoro a termine tra le stesse parti che, già dal 14 luglio 2018, è soggetto alle norme dettate dal “Decreto Dignità”.
Quanto ai rinnovi e le proroghe stipulati in questo periodo va ribadito quanto detto in relazione al primo periodo.
4. (Segue) Contratti, proroghe e rinnovi stipulati a partire dal 1° novembre 2018
Semplice (almeno sul piano del coordinamento) è ancora il regime finale: dal 1° novembre 2018, ogni contratto, proroga o rinnovo deve ora attenersi esclusivamente alle regole stabilite dal “Decreto Dignità” come modificato dalla legge di conversione.
5. (Segue) La maggiorazione contributiva per i rinnovi
Come si è detto il “Decreto Dignità” ha imposto una maggiorazione contributiva dello 0,50% per ogni rinnovo contrattuale (art. 3, comma 2, d.l. n. 87 del 2018). L'istituto è stato riformulato dalla legge di conversione ma è rimasto, per quanto di nostro interesse, immutato nella sostanza e non rientra nel campo della norma transitoria.
Ne consegue che esso è entrato in vigore con il decreto-legge ed è pertanto dovuto su ogni rinnovo stipulato a partire dal 14 luglio 2018.
6. (Segue) La clausola di contingentamento cumulativo
Conclusione opposta va raggiunta per la clausola di contingentamento cumulativo. Tale nuova limitazione è comparsa con la legge di conversione e, pertanto, con essa soltanto è entrata in vigore. Non rientrando neppure nell'ambito della norma transitoria, la clausola di contingentamento cumulativo sarà dunque applicabile a tutti i contratti (e ai rinnovi e alle proroghe) stipulati dal 12 agosto 2018.
I datori di lavoro dovranno pertanto verificare che le assunzioni a termine da quella data non superino, assieme ai contratti di somministrazione a termine, il 30% dei contratti a tempo indeterminato; fermo restando, il limite già vigente del 20% (o il diverso limite fissato dal CCL) relativo al rapporto tra i soli contratti a termine e quelli a tempo indeterminato (questo invece già previsto dal “Jobs Act” e, quindi, vigente anche prima del 14 luglio 2018).
7. (Segue) L'impugnazione del termine da parte del lavoratore
Da ultimo esaminiamo il regime della decadenza dall'impugnazione del termine, previsto già dal “Jobs act” all'art. 28, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2015. Il lavoratore che intenda impugnare il termine apposto al contratto (sia esso quello originario o quello risultante da proroghe o rinnovi) deve agire entro un certo termine dalla cessazione del singolo contratto:
Il “Jobs Act” fissava la decadenza in 120 giorni;
il “Decreto Dignità” ha esteso il termine a 180 giorni (art. 1, comma 1, lett. c, d.l. n. 87 del 2018).
Questa modifica era contenuta già nel decreto-legge ma appartiene all'alveo delle disposizioni differite dalla norma transitoria.
Per stabilire di quale termine dispone il lavoratore per l'impugnazione occorre declinare un minimo di casistica:
se il contratto è scaduto entro il 13 luglio 2018 (anche per effetto di proroghe o rinnovi), l'impugnazione dovrà avvenire entro 120 giorni;
se il contratto scade tra il 14 luglio 2018 e il 31 ottobre 2018 ma per effetto di un termine pattuito in precedenza (anche mediante proroga o rinnovo), l'impugnazione dovrà ancora avvenire entro 120 giorni;
se invece è scaduto il (primo) contratto stipulato dal 14 luglio 2018 in poi (qualunque sia la data di scadenza), il lavoratore potrà impugnare entro 180 giorni;
se il contratto scade per effetto di rinnovo o proroga stipulati dal 14 luglio al 31 ottobre 2018 (qualunque sia la data di scadenza) sembrano restare utili solo i 120 giorni;
infine, a scadere è un contratto il cui termine risulta da rinnovo o proroga stipulati dal 1° novembre 2018 (qualunque sia la data di scadenza), potrà essere impugnato dal lavoratore entro 180 giorni.
Conclusioni
Il sistema sopra delineato resta avvolto, purtroppo, in una fitta complessità e in numerose incertezze. Il Ministero del Lavoro ha emanato l'annunciata circolare di chiarimento (Ministero del lavoro, circolare 31 ottobre 2018, n. 17). Tuttavia, la circolare oltre a non essere, per sua natura, vincolante per il giudice del lavoro, ha lasciato irrisolti molti dei nodi avviluppati dalla legge. Le chiavi per scioglierli, pertanto, dovranno venire dall'elaborazione giurisprudenziale.
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Sommario
Una precisazione terminologica preliminare: “contratto”, “proroga”, “rinnovo”
Le novità
I quattro regimi del “Decreto Dignità”
1. (Segue) Contratti, proroghe e rinnovi stipulati fino al 13 luglio 2018
2. (Segue) Contratti, proroghe e rinnovi stipulati nel primo periodo transitorio: 14 luglio – 11 agosto 2018
3. (Segue) Contratti, proroghe e rinnovi stipulati nel secondo periodo transitorio: 12 agosto – 31 ottobre 2018
4. (Segue) Contratti, proroghe e rinnovi stipulati a partire dal 1° novembre 2018
5. (Segue) La maggiorazione contributiva per i rinnovi
6. (Segue) La clausola di contingentamento cumulativo
7. (Segue) L'impugnazione del termine da parte del lavoratore