Da annullare per incapacità di intendere e volere le dimissioni rassegnate dal lavoratore in un momento di forte stress

Sabrina Apa
27 Novembre 2018

Ai fini della sussistenza di una situazione di incapacità di intendere e di volere (quale prevista dall'art. 428, c.c.) costituente causa di annullamento del negozio, non occorre la totale privazione delle facoltà intellettive e volitive, essendo sufficiente un turbamento psichico tale da impedire la formazione di una volontà cosciente, facendo così venire meno la capacità di autodeterminazione del soggetto e la consapevolezza in ordine all'importanza dell'atto che sta per compiere...

Il caso. La Corte di Bologna aveva respinto l'appello del lavoratore, geometra presso un comune, avverso il rigetto del Tribunale di Parma delle domande volte a ottenere l'accertamento dell'efficacia della revoca delle proprie dimissioni e/o la declaratoria di invalidità o inefficacia delle dimissioni stesse.

Incapacità di intendere e di volere e annullamento delle dimissioni. Per i giudici di legittimità, ai fini della sussistenza di una situazione di incapacità di intendere e di volere (quale prevista dall'art. 428, c.c.) costituente causa di annullamento del negozio, non occorre la totale privazione delle facoltà intellettive e volitive, essendo sufficiente un turbamento psichico tale da impedire la formazione di una volontà cosciente, facendo così venire meno la capacità di autodeterminazione del soggetto e la consapevolezza in ordine all'importanza dell'atto che sta per compiere. Peraltro, laddove si controverta della sussistenza di una simile situazione in riferimento alle dimissioni del lavoratore subordinato il relativo accertamento deve essere particolarmente rigoroso, in quanto le dimissioni, comportano la rinunzia del posto di lavoro - bene protetto dagli artt. 4 e 36, Cost. - sicché occorre accertare che da parte del lavoratore sia stata manifestata in modo univoco l'incondizionata e genuina volontà di porre fine al rapporto stesso.

Valore probatorio della consulenza tecnica. In tema di valore probatorio della C.T.U., inoltre, la Corte di cassazione richiama un consolidato indirizzo per il quale la consulenza tecnica ha un limite intrinseco consistente nella sua funzionalità alla risoluzione di questioni di fatto presupponenti cognizioni di ordine tecnico e non giuridico, sicché, come i consulenti tecnici non possono essere incaricati di accertamenti e valutazioni circa la qualificazione giuridica di fatti e la conformità al diritto di comportamenti, analogamente se per ipotesi il consulente effettua, di propria iniziativa, simili valutazioni non se ne deve tenere conto, a meno che esse vengano vagliate criticamente e sottoposte al dibattito processuale delle parti.

La Corte di cassazione accoglie il ricorso del lavoratore.

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