Costruzione su terreno comune e fondamento giuridico del condominio

Paolo Gatto
11 Dicembre 2018

La sentenza n. 3873/2018 delle Sezioni Unite pone fine ad un contrasto giurisprudenziale sulla questione circa la proprietà di una costruzione edificata da uno solo dei comproprietari del terreno comune; secondo un più recente orientamento, infatti, la proprietà permarrebbe in capo al costruttore e non a favore di tutti i contitolari, mentre la decisione in esame predilige...
Il quadro normativo

Gli artt. 934 e seguenti del codice civile disciplinano l'istituto dell'accessione secondo il quale, ciascuna costruzione, posta sopra o sotto il suolo, è di proprietà del titolare del terreno. L'art. 1102 c.c., invece, disciplina l'uso delle parti comuni, stabilendone i limiti, secondo i quali il comproprietario non può utilizzare il bene in maniera tale da non consentire agli altri di fare lo stesso.

Nel caso in esame sussisteva un contrasto apparente di norme; secondo un'interpretazione la costruzione diviene, oggettivamente, comune, ancorché costruita da uno solo dei comproprietari, a nulla rilevando che tale edificazione sia avvenuta in contrasto con l'art. 1102 c.c. per avere, il soggetto edificatore, ecceduto nell'utilizzo della comproprietà ponendo in essere un atto illecito (innovazione vietata); secondo diversa interpretazione, la costruzione, in capo al costruttore, costituisce un abuso in violazione dell'art. 1102 c.c..

La sentenza della Cassazione n. 3873/2018

La sentenza Cass. civ., sez. un. 16 febbraio 2018, n. 3873 si sofferma, in particolare, a dirimere il contrasto apparente tra gli articoli relativi all'accessione (art. 934 ss. c.c.) e le norme relative alla comunione (artt. 1102, 1108 e 1120 c.c.).

Intanto, sostiene che tra accessione e comunione non esista alcun rapporto tra genus ad speciem, atteso che la disciplina sulla comunione punta a regolare i rapporti tra comproprietari nell'uso e nel godimento della cosa comune, ma nessuna delle norme sulla comunione è atta ad incidere sulla proprietà o a mutare l'assetto della proprietà comune, sì da poter configurare una disciplina speciale e, quindi, una deroga, rispetto al principio di accessione. Invero, l'accessione costituisce un meccanismo oggettivo ove la volontà dell'uomo non assume rilievo.

Il profilo più rilevante, per ciò che concerne il fondamento giuridico del condominio, come si avrà modo di trattare infra, è che è l'accessione a rendere comune la costruzione, in virtù della comproprietà del terreno, a prescindere da chi sia il soggetto che ha edificato, ed indipendentemente dalla volontà dell'uomo, e non la comunione della costruzione a rendere comune il terreno, come parrebbe disporre l'art. 1117 c.c.

Accessione e fondamento giuridico del condominio

Nel codice liberale del 1865, il condominio non era costituito da una comunione, ma era disciplinato all'interno delle servitù; chiaramente, si trattava di fattispecie analoga alle odierne servitù per destinazione del padre di famiglia (allora riferita alle servitù continue); la costruzione nasce di un unico proprietario che, nel momento in cui cede la prima unità immobiliare, determina la costituzione di servitù concorrenti secondo il vincolo di accessorietà (oggi rappresentato dall'indivisibilità di cui all'art. 1119 c.c.).

Ebbene, la decisione delle Sezioni Unite della Cassazione sopra riportata riconosce un fattore ulteriore diretto alla costruzione giuridica del condominio.

A prescindere dall'intento descrittivo dell'art. 1117 c.c., che postula la comunione del suolo come una parte qualsiasi, invero è il suolo comune e a rendere comune, per il principio di accessione, tutto il caseggiato per cui, nell'attuale architettura del condominio, esiste una tensione tra la comunione del suolo, che rende comune tutto l'edificio (con l'applicazione residuale delle norme sulla comunione al condominio ai sensi dell'art. 1139 c.c.) ed il rapporto di accessorietà, analogo alle servitù per destinazione del padre di famiglia, che sottopone le parti comuni alla vis attractiva delle singole proprietà private.

I due poli che esercitano la vis attractiva nel sistema condominiale costituiti dal suolo comune, che rende comune tutto l'edificio e dalle singole proprietà esclusive, che creano il vincolo di accessorietà, sono i due elementi caratterizzanti del condominio; da una lato, l'accessorietà distingue il condominio dalla comunione, dall'altro, la comunione generalizzata dell'edificio distingue il condominio dalle servitù per destinazione tanto che, per giurisprudenza uniforme il possesso, nel condominio, si esercita iure proprietatis e non iure servitutis, con tutte le conseguenze dovute alle diverse discipline.

Fattispecie rilevanti

L'architettura del condominio, così come deriva dall'ultima pronunzia della Cassazione, aveva già iniziato a prendere forma con la pronuncia delle Sezioni Unite n. 16794 del 30 luglio 2017, in tema di sopraelevazione; secondo la Suprema Corte, infatti, l'indennizzo dovuto da chi ha sopraelevato, agli altri condomini, non è dovuto per l'occupazione della colonna d'aria comune (fattispecie non più ricorrente nel codice civile vigente), bensì a titolo indennitario per la diminuzione millesimale nella proprietà del suolo determinata dall'aumento di valore della proprietà destinataria della sopraelevazione; si tratta, pertanto, di un principio di compensazione per l'espropriazione, oggettiva, di una quota di suolo comune, che dimostra come, a differenza di quanto disponga la lettera dell'art. 1117 c.c., è questo a determinare la titolarità dell'edificio e non viceversa; si è in presenza, pertanto, di un meccanismo secondo il quale l'ampliamento della proprietà esclusiva ne fa aumentare il valore millesimale, il che determina l'esproprio del terreno, il quale comporta l'obbligo di indennizzo; tale principio evidenzia come sia il terreno su cui sorge l'edificio a determinare le modifiche di assetto nel condominio (sulla base del principio dell'accessione).

Gran parte delle questioni riguardanti i limiti dell'art. 1102 c.c. e le innovazioni vietate discendono dall'architettura del sistema sopra evidenziato; ad esempio, il caso trattato da Cass. n. 3345 del 12 febbraio 2018, la quale si pone sulla scia dell'orientamento, ormai consolidato, secondo il quale è illegittima, da parte di un condomino, l'apertura di un passaggio che unisca la proprietà, sita nel condominio, a quella sita in fondo al di fuori del condominio; il principio si fonda sul presupposto che l'attività è legittima, ai sensi dell'art. 1102 c.c., se posta in essere da un condomino a favore di una proprietà sita sul suolo su cui sorge l'edificio, ma diviene illegittima (innovazione vietata) se posta in essere da comproprietario del suolo, ma a favore di fondo sito non su terreno su cui sorge l'edificio, in quanto costituisca un peso (servitù) prima inesistente su terreno comune.

Altra fattispecie riguarda, ad esempio, l'estensione delle spese di rilevante entità, di carattere strutturale a carico anche di quei condòmini che non utilizzano la parte oggetto di intervento; da ultimo, Cass. n. 22157 del 15 giugno 2018, ha stabilito che anche i fondi posti al piano terreno siano tenuti alla contribuzione per il rifacimento dell'ascensore; in questa ipotesi, come in altre relative, ad esempio, alle scale, la comproprietà dell'edificio prevale sull'aspetto dell'accessorietà, a dimostrare che il principio dell'asservimento non operi quando si verifichi la necessità di interventi imponenti e strutturali ancorché non coinvolgano parti utilizzabili da tutti i condomini ma, comunque, strutture fondamentali dell'edificio.

In conclusione

La pronuncia delle Sezioni Unite sull'applicazione del principio dell'accessione, nell'ipotesi in cui uno dei comproprietari edifichi su terreno comune, costituisce uno dei fondamenti della normativa sul condominio, il quale si configura quale comunione, costituita dalla comproprietà del terreno, all'interno della quale operano altresì vincoli di accessorietà delle parti comuni alle proprietà esclusive ma dove, in ogni caso, è il terreno comune che rende comune l'edificio e non viceversa, come sembrerebbe stabilire l'art. 1117 c.c., per cui si è in presenza di un “feedback giuridico” ove la norma enuncia una titolarità comune del terreno su cui sorge l'edificio ove, in realtà, è il terreno che è divenuto comune con la prima cessione di unità immobiliare a rendere comune l'edificio.

Tale incongruenza discende dallo sviluppo storico del fenomeno condominiale, che ha iniziato a delinearsi traendo origine dalle norme sulla proprietà fondiaria, per poi affermarsi quale istituto autonomamente disciplinato dalla legge, allorché ha assunto un'imponente rilevanza sociale dovuta all'urbanesimo ed al conseguente affermarsi della piccola proprietà immobiliare.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.