Elezioni forensi: tutte le controversie devono essere decise dal CNF. E la tutela cautelare?

11 Gennaio 2019

Dopo la sentenza delle Sezioni Unite del 19 dicembre scorso in tema di ineleggibilità dei consiglieri dell'ordine che abbiano già svolto due mandati consecutivi, l'attuale tornata elettorale per il rinnovo dei consigli degli ordini forensi è particolarmente movimentata.

Ed infatti, si è creata una frattura tra chi ritiene che – nonostante la sentenza della Cassazione – il divieto di doppio mandato non possa comunque operare per il passato e chi, invece, ritiene che si debba fare applicazione di quel principio funzionale a realizzare una turnazione nella rappresentanza dei consigli dell'Ordine.

Tema delicato che potrebbe vedere anche l'intervento del legislatore con un emendamento al decreto semplificazioni.

La prima delicata decisione sulle sorti degli avvocati che hanno già svolto un doppio mandato (e che si sono canditati anche per queste elezioni), comunque, spetta alle Commissioni elettorali che devono verificare le candidature presentate.

Il ricorso al TAR. Orbene, nel caso di specie era accaduto che un avvocato avesse visto la propria candidatura “bocciata” dalla Commissione elettorale dell'Ordine degli avvocati di Roma sul presupposto di aver già svolto un doppio mandato consecutivo quale consigliere dell'ordine.

Ritenendo che la decisione fosse illegittima, il candidato avvocato proponeva ricorso volto ad ottenere una misura cautelare che gli consentisse, nelle more della decisione, di ottenere un provvedimento cautelare di ammissione alla tornata elettorale.

La scelta cade sul giudice amministrativo: con decreto presidenziale del 9 gennaio 2019, n. 86, il presidente del TAR Lazio ha rigettato l'istanza cautelare in quanto la controversia non è apparsa riconducibile alla cognizione del giudice amministrativo.

La giurisdizione è del CNF. E ciò sulla base dell'art. 36 comma 1 della legge professionale n. 247/2012 secondo cui «il CNF […] pronuncia sui ricorsi relativi alle elezioni dei consigli dell'ordine».

Ed infatti, la dizione “ricorsi relativi alle elezioni” comprende, non soltanto i ricorsi avverso la proclamazione degli eletti, ma anche «tutte le varie fasi della procedura elettorale e non può dirsi limitata al solo dato finale dei risultati».

Peraltro, il ricorso porta all'attenzione un altro tema e, cioè, quello della possibilità di impugnare immediatamente il provvedimento della Commissione elettorale senza dover attendere la proclamazione degli eletti.

Il tema è stato affrontato, da ultimo, dalla Cassazione che nella sentenza n. 32781/18 ha affermato che gli atti endo procedimentali (come la decisione di non ammettere una candidatura) possano essere impugnati anche immediatamente, ma, comunque, nel rispetto del termine ultimo rappresentato dai dieci giorni dalla proclamazione degli eletti.

Il TAR precisa, inoltre, che la conclusione sull'affermata giurisdizione domestica del CNF in materia elettorale non può mutare neppure laddove si faccia presente – come aveva fatto il ricorrente – che manca nel sistema, di cui alla tutela innanzi al CNF, lo strumento della tutela cautelare.

Lamentata mancanza argomentata in base all'art. 35 l. n. 247/2012 secondo cui il CNF «esercita la funzione giurisdizionale secondo le previsioni di cui agli artt. da 59 a 65 del R.d. 22 gennaio 1934 n. 37».

Secondo il TAR quelle “disposizioni dettano solamente le regole in punto di procedura innanzi al competente organo giudicante”.

E la tutela cautelare? Peraltro, il tema della tutela cautelare non è un problema da poco: ed infatti, poiché (anche) in questa materia il CNF esercita funzioni giurisdizionali (potendo conoscere anche le decisioni della Commissione elettorale anche prima della proclamazione degli eletti) e poiché la tutela cautelare è parte essenziale della tutela giurisdizionale, finanche costituzionalmente necessaria, il problema della mancanza di strumenti per fare decidere un'istanza cautelare è importante.

E ciò specialmente in una materia come quella elettorale assolutamente delicata tanto più tutte le volte in cui la Commissione elettorale non ammette alla competizione un candidato il suo atto è sicuramente immediatamente lesivo (come del resto, per me, lo è – per gli altri candidati – quello che ammette chi non dovrebbe ammettere perché anche quello altera la competizione elettorale).

Delicatezza dimostrata, tra l'altro, dall'evoluzione della giurisprudenza amministrativa sul tema della tutela cautelare nelle varie tornate elettorali.

Del resto, sempre in materia elettorale (in quel caso erano elezioni comunali) la Corte costituzionale con la sentenza n. 236/10 ebbe modo di affermare che «il potere di sospensione dell'esecuzione dell'atto amministrativo è “elemento connaturale” di un sistema di tutela giurisdizionale incentrato sull'annullamento degli atti delle pubbliche amministrazioni … la posticipazione dell'impugnabilità degli atti di esclusione di liste o candidati ad un momento successivo allo svolgimento delle elezioni preclude la possibilità di una tutela giurisdizionale efficace e tempestiva delle situazioni soggettive immediatamente lese dai predetti atti, con conseguente violazione degli artt. 24 e 113 Cost.. Infatti, posto che l'interesse del candidato è quello di partecipare ad una determinata consultazione elettorale, in un definito contesto politico e ambientale, ogni forma di tutela che intervenga ad elezioni concluse appare inidonea ad evitare che l'esecuzione del provvedimento illegittimo di esclusione abbia, nel frattempo, prodotto un pregiudizio».

Ne deriva che il problema della tutela cautelare avverso gli atti della Commissione elettorale in materia di elezioni degli ordini forensi necessita di un sicuro approfondimento per evitare che non vi sia, per qualche ragione, tutela cautelare tutte le volte in cui un candidato impugni la decisione della Commissione elettorale prima della proclamazione degli eletti.

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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