Amministratore di ASD divenuto socio di fatto e nozione di consumatore

Sergio Nadin
15 Gennaio 2019

Può essere considerato consumatore - ex L. n. 3/2012 - colui il quale, amministratore di un'associazione sportiva dilettantistica è diventato, a seguito di un accertamento fiscale, socio di fatto a cui sono stati attribuiti debiti fiscali (non IVA) oggetto del piano?

Può essere considerato consumatore - ex L. n. 3/2012 - colui il quale, amministratore di un'associazione sportiva dilettantistica è diventato, a seguito di un accertamento fiscale, socio di fatto a cui sono stati attribuiti debiti fiscali (non IVA) oggetto del piano?

Riferimenti normativiL'art. 90, comma 17, L. n. 289/2002 stabilisce che “Le società e associazioni sportive dilettantistiche devono indicare nella denominazione sociale la finalità sportiva e la ragione o la denominazione sociale dilettantistica e possono assumere una delle seguenti forme:

a) associazione sportiva priva di personalità giuridica disciplinata dagli articoli 36 e seguenti del codice civile;

b) associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361;

c) società sportiva di capitali o cooperativa costituita secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono le finalità di lucro”

L'art. 6, comma 2, lett. b) L n. 3/2012 stabilisce che, ai fini della citata legge, deve intendersi “per "consumatore": il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all'attività' imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”.

La Legge n. 3/2012 nella sua attuale formulazione definisce “consumatore” “il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta” (art. 6, comma 2, lett. b), così ponendo il primo requisito fondamentale per l'accesso alla procedura del piano del consumatore.

Appare evidente come il testo normativo faccia riferimento, non tanto ad una qualifica specifica, ma all'attività effettivamente esercitata dal soggetto che intenda utilizzare uno degli strumenti di turnaround previsti dal legislatore con la L. n. 3/2012. La scelta legislativa consente di selezionare coloro che possono accedere al piano del consumatore in funzione degli scopi e delle peculiarità della procedura in esame ed in ragione di una certa composizione finale della massa passiva.

Il parametro “dinamico” prescelto dal legislatore, del resto, consente di inquadrare nel concetto di consumatore anche un imprenditore ovvero un professionista sia pur senza più debiti originati da quell'attività e con debiti invece solo "comuni" da ristrutturare, secondo la legge speciale, dunque questa volta nella veste esclusiva di consumatore indebitato (come affermato da un recente arresto della Corte di Cassazione, n. 1869 del 01/01/2016).

Per la soluzione del quesito non ci si può esimere dall'affrontare la problematica relativa al debito contratto dal soggetto persona fisica nel contesto di una dimensione partecipativa d'impresa.

In questo ambito, è possibile ritrovare nella giurisprudenza pronunciamenti che sanciscono l'inammissibilità al procedimento di cui all'art. 12-bis L. n. 3/2012 del soggetto che abbia prestato garanzie personali nell'interesse di società esercente attività d'impresa. Lo status di consumatore ai fini dell'accesso alla procedura di cui all'art. 12-bis L. n. 3/2012, dovrà, quindi, essere verificata dal giudice, il quale avrà, appunto, l'onere di accertare le circostanze e le modalità dell'atto generatore del debito, le forme utilizzate e lo scopo dello stesso, proprio al fine di determinare se l'oggetto dell'attività possa ritenersi destinato al soddisfacimento di bisogni inerenti la sfera privata, personale o familiare (Trib. Bergamo, 12 dicembre 2014).

Anche nella giurisprudenza della Suprema Corte è possibile rinvenire alcuni utili spunti per l'interpretazione della norma secondo il fine qui perseguito.

Sulla base delle statuizioni dei Supremi Giudici, la dizione della norma di cui all'art. 6, comma 2, L. n. 3/2012 “enfatizza la finalizzazione delle obbligazioni e tuttavia, nonostante la sintesi della formula, consente di istituire un ulteriore collegamento implicito ancora negativo tra il debito e lo svolgimento in proprio delle predette attività, lasciando unicamente aperta la ricognizione della figura del consumatore, dunque la sua compatibilità rispetto al soggetto, anche professionista o imprenditore, indebitato ma per attività altrui, per le quali ovviamente, secondo un apprezzamento di merito, sia escluso un qualsivoglia rimando al perseguimento di operazioni che rivelino, oltre lo schema di sostegno solidaristico a terzi, un impiego del rischio così assunto in una dimensione partecipativa, per il comune interesse d'impresa o anche all'attività professionale” (così Cass. Civ., Sentenza n. 1869 cit.).

Sembra di poter affermare, sulla base degli insegnamenti della Suprema Corte, la necessità di qualificare come debiti derivanti da attività imprenditoriale (dovendosi in tal caso escludere dalla qualifica di “consumatore” il soggetto che ne è gravato) anche quelli derivanti da un legame con una struttura collettiva avente, appunto, carattere imprenditoriale, gestendo quest'ultima un'attività economica organizzata al fine della produzione o scambio di beni o di servizi (art. 2082 c.c.).

Orbene, nel caso concreto, la forma prescelta consiste nell'associazione riconosciuta, la quale si caratterizza per lo scopo di natura ideale che persegue, distinguendosi per questo dalle società lucrative e con le società cooperative.

Sebbene lo scopo sia ideale, l'attività per raggiungerlo può ben essere qualificata come “economica” (ossia potenzialmente in grado di produrre utile), il ché attribuirebbe la qualifica di imprenditore all'ente, caratterizzando, di conseguenza, i debiti assunti dagli associati.

In conclusione, ove si condividesse la lettura della sentenza della Corte di Cassazione citata, l'attribuzione della qualità di “consumatore” (ai sensi della L. n. 3/2012) all'associato che debba rispondere dei debiti sociali, passa attraverso una ricognizione dell'attività concretamente posta in essere dall'ente: ove questa fosse di natura economica, il carattere imprenditoriale della stessa,informerebbe di sé anche il debito di cui è gravato l'associato, negando a questo la possibilità di accedere ai benefici del piano del consumatore di cui alla L. n. 3/2012.

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