La PEC di notifica del ricorso telematico

Marco Ligrani
22 Gennaio 2019

L'utilizzo e il funzionamento dell'intero impianto tecnico del processo tributario telematico poggia sulla casella di posta elettronica certificata che il professionista ha comunicato al proprio ordine di appartenenza e presente nell'indice INI-PEC, il quale – com'è noto – costituisce il pubblico elenco delle imprese e dei professionisti, istituito presso il Ministero per lo sviluppo economico. Infatti, l'indirizzo di posta elettronica certificata che dovrà – obbligatoriamente – essere utilizzato per la notifica del ricorso e dell'appello e, allo stesso tempo, per la registrazione al Sistema Informativo della Giustizia Tributaria (S.I.Gi.T.) e il suo utilizzo, è solo e soltanto quello ufficiale presente nell'INI-PEC e non altro.
L'individuazione della p.e.c. di partenza: la notifica del ricorso o dell'appello da parte del professionista

La notifica nel processo tributario telematico avviene mediante la posta elettronica certificata (PEC).

Come indicato nelle definizioni di cui all'articolo 1 del

regolamento tecnico sul PTT (

d.m. 23 dicembre 2013 n. 163

)

, per casella p.e.c. deve intendersi ogni sistema di posta elettronica nel quale è fornita al mittente documentazione elettronica attestante l'invio e la consegna di documenti informatici, di cui all'art. 1, secondo comma, lettera g, del

d.P.R. 11 febbraio 2005 n. 68

.

Inoltre, ai sensi dell'art. 1, primo comma, del

D.Lgs. 7 marzo 2005 n. 82

(

Codice dell'amministrazione digitale

- C.A.D.)

, la trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68.

Pertanto, l'instaurazione del giudizio con la modalità telematica avviene per il tramite della casella p.e.c. del difensore, la quale, com'è noto, fin dal 13 agosto 2011 e, pertanto, ben prima dell'introduzione del p.t.t., dev'essere, obbligatoriamente, indicata sull'atto introduttivo del giudizio. Infatti, l'articolo 7, primo comma, dello stesso regolamento tecnico sul p.t.t. prevede che l'indirizzo di posta elettronica certificata è quello dichiarato dalle parti nel ricorso o nel primo atto difensivo ed è riportato nella nota di iscrizione a ruolo (la quale, in sostituzione della modalità cartacea prevista dall'art. 22, primo comma, del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546, viene compilata on-line all'atto della costituzione in giudizio, mediante l'inserimento dei dati ai sensi dell'articolo 7, primo comma, ultimo periodo del regolamento tecnico).

La casella di posta elettronica certificata, dalla quale il professionista dovrà effettuare la notifica del ricorso (o dell'appello) telematico, è quella – e solo quella - che è stata

comunicata al proprio ordine di appartenenza

e

presente nell'albo professionale

, la quale, a sua volta, è

indicata nell'indice INI – PEC

, disciplinato dall'articolo 6 bisdel C.A.D.; pertanto, ai fini dell'instaurazione del giudizio in modalità telematica, non sarà possibile utilizzare una casella p.e.c. diversa da quella.

Tanto deriva dal disposto dell'

articolo 9 del regolamento tecnico

, il quale individua la p.e.c. “di partenza”, dalla quale far partire la notifica del ricorso (e dell'appello), mediante il richiamo alla disposizione che individua la p.e.c. “di arrivo”, ossia quella alla quale indirizzare la notifica dell'atto introduttivo del giudizio.

In dettaglio, l'articolo 9, nel disciplinare la notificazione e il deposito degli atti processuali, prevede che il ricorso e gli altri atti del processo tributario, nonchè quelli relativi al procedimento attivato con l'istanza di reclamo e mediazione, siano notificati utilizzando la p.e.c. secondo quanto stabilito dall'

articolo 5

, avente per oggetto le notificazioni e comunicazioni telematiche.

Quest'ultimo, a sua volta, precisa che le notificazioni e le comunicazioni telematiche sono eseguite mediante la trasmissione dei documenti informatici all'indirizzo p.e.c. di cui all'articolo 7 del regolamento, avente per oggetto l'indirizzo di posta elettronica certificata.

Ebbene, l'

articolo 7

, al secondo comma, prevede che, per i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato, l'indirizzo di posta elettronica certificata deve coincidere con quello comunicato ai rispettivi ordini o collegi (ai sensi dell'art. 16, settimo comma, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2) e pubblicato nell'indice INI-PEC (istituito dall'articolo 6 bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 – C.A.D.).

Tale norma ricalca fedelmente quella contenuta nell'art. 5 del decreto ministeriale 26 aprile 2012 n. 60213, emanato a seguito dell'introduzione dell'obbligo di indicazione della p.e.c. sul ricorso (e sull'appello), previsto dal D.L. 13 agosto 2011 n. 138.

A riguardo, si ricorda che, come previsto dall'

articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546

, i

professionisti abilitati all'assistenza tecnica davanti alle commissioni tributarie

, ove iscritti ai rispettivi albi di appartenenza, sono:

  • gli avvocati;
  • i soggetti iscritti nella Sezione A commercialisti dell'Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili;
  • i consulenti del lavoro;
  • gli ingegneri, gli architetti, i geometri, i periti industriali, i dottori agronomi e forestali, gli agrotecnici e i periti agrari, per le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l'intestazione, la delimitazione, la figura, l'estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell'estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l'attribuzione della rendita catastale;
  • gli spedizionieri doganali, per le controversie relative ai tributi doganali.

Pertanto, i professionisti, incaricati della rappresentanza e della difesa tecnica davanti alle commissioni tributarie, dovranno notificare l'atto introduttivo del giudizio esclusivamente dalla propria p.e.c., comunicata all'ordine di appartenenza e, pertanto, indicata nel registro INI-PEC.

Di conseguenza,

nessun'altra p.e.c.

, eventualmente posseduta dal professionista, potrà essere

utilizzata al di fuori di quella

,

pena il rischio concreto di vedersi dichiarare inesistente la notifica del ricorso dell'appello

e, pertanto, inammissibile l'impugnazione, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 22, primo comma, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.

È opportuno evidenziare, fin d'ora, che questa casella di posta elettronica certificata dovrà essere utilizzata anche per l'iscrizione al Sistema Informativo della Giustizia Tributaria (S.I.Gi.T.). In particolare, come si dirà nel prosieguo della presente trattazione, l'articolo 4 del decreto ministeriale 4 agosto 2015 n. 88267 (recante le specifiche tecniche del processo tributario) prevede, al secondo comma, che, per eseguire la registrazione, i soggetti devono possedere, oltre alla firma elettronica qualificata o firma digitale, l'indirizzo di p.e.c. di cui all'articolo 7 del regolamento.

Ben si comprende, dunque, come

l'intera architettura del processo tributario telematico

, dalla notifica alla controparte fino al deposito mediante il S.I.Gi.T.,

poggi sull'indirizzo p.e.c. del professionista

, ovvero del diverso difensore o della stessa parte, da cui dipende il corretto funzionamento della procedura.

L'individuazione della p.e.c. di partenza (segue): la notifica da parte degli altri soggetti abilitati alla difesa tecnica davanti alle commissioni tributarie ovvero in proprio

Così come si è visto – al paragrafo precedente - con riferimento ai professionisti incaricati della difesa, l'articolo 7 del regolamento sul p.t.t., ricalcando la struttura dell'articolo 12 D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 sull'assistenza tecnica nel processo tributario, individua la p.e.c. di partenza, ai fini della notifica dell'atto introduttivo del giudizio, anche nelle restanti ipotesi di soggetti abilitati alla difesa davanti alle commissioni tributarie.

A tale riguardo, l'

art. 7 del D.m. 23 dicembre 2013 n. 163

distingue:

  • da un lato, l'eventualità in cui il difensore sia rappresentato da uno dei

    soggetti - indicati dall'articolo 12 - diversi dai professionisti

    iscritti ai rispettivi albi di appartenenza (ossia:

a) i soggetti di cui all'art. 63, terzo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600;

b) i soggetti già iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la subcategoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o di diploma di ragioniere limitatamente alle materie concernenti le imposte di registro, di successione, i tributi locali, l'IVA, l'IRPEF, l'IRAP e l'IRES;

c) i funzionari delle associazioni di categoria che, alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, risultavano iscritti negli elenchi tenuti dalle Intendenze di finanza competenti per territorio, ai sensi dell'ultimo periodo dell'art. 30, terzo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636;

d) i dipendenti delle associazioni delle categorie rappresentate nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (C.N.E.L.) e i dipendenti delle imprese, o delle loro controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, primo comma, numero 1), limitatamente alle controversie nelle quali sono parti, rispettivamente, gli associati e le imprese o loro controllate, in possesso del diploma di laurea magistrale in giurisprudenza o in economia ed equipollenti, o di diploma di ragioneria e della relativa abilitazione professionale;

e) i dipendenti dei centri di assistenza fiscale (CAF) di cui all'art. 32 D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, e delle relative società di servizi, purchè in possesso di diploma di laurea magistrale in giurisprudenza o in economia ed equipollenti, o di diploma di ragioneria e della relativa abilitazione professionale, limitatamente alle controversie dei propri assistiti originate da adempimenti per i quali il CAF ha prestato loro assistenza);

  • dall'altro, l'ipotesi in cui

    il ricorrente si difenda in proprio

    , in caso di controversie di valore fino a tremila euro (per valore della lite si intende l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste).

Nel primo caso, ossia in

presenza di difensori diversi dai professionisti iscritti nei rispettivi albi di appartenenza

, l'articolo 7 prevede che l'

indirizzo di posta elettronica certificata

, dal quale effettuare la notifica del ricorso o dell'appello,

debba coincidere con quello rilasciato da un gestore in conformità

a quanto stabilito dal d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, previa identificazione del soggetto medesimo.

Nel secondo caso, ossia quello della difesa in proprio, la norma impone, alle società e alle imprese individuali iscritte nel registro delle imprese, l'utilizzo dell'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al momento dell'iscrizione nel registro medesimo, ai sensi dell'art. 16, D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla Legge 28 gennaio 2009, n. 2 e dell'articolo 5 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221, pubblicato nell'INI-PEC.

Resta fuori, pertanto, l'eventualità - invero non frequente, ma pur sempre possibile – in cui, a difendersi in proprio, sia il contribuente, persona fisica, sprovvisto di una propria casella di posta elettronica certificata. In questo caso, a differenza della modalità cartacea in cui il singolo poteva effettivamente operare in proprio, la normativa sul p.t.t. – di fatto – non lo consente, imponendo di dotarsi di una casella p.e.c., ancora facoltativa per i cittadini.

Anche in questi casi, dunque, la notifica del ricorso o dell'appello in modalità telematica dovrà avvenire esclusivamente mediante la p.e.c. individuata dalla norma, pena il rischio d'inammissibilità dell'impugnazione.

Fonte: iltributario.it

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