Il maggior danno da ritardata restituzione dell’immobile locato alla P.A.

Silvio Rezzonico
22 Gennaio 2019

Il locatore, per conseguire il risarcimento del maggior danno da ritardata restituzione dell'immobile, ha l'onere di provare l'esistenza di ben determinate proposte di aspiranti conduttori durante il periodo di ritardata restituzione, ma il principio deve essere opportunamente adeguato alle...
Massima

L'indennità per la ritardata restituzione dell'immobile locato ha natura risarcitoria e presuppone identica natura risarcitoria, nell'obbligo di dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna. Con l'art. 1591 c.c., il legislatore ha inteso effettuare una liquidazione forfetaria minima del danno per ritardata restituzione, ragguagliandola al corrispettivo convenuto, con salvezza della possibilità, per il locatore, di dimostrare un eventuale maggior danno. Sebbene il “corrispettivo convenuto” coincida, di norma, con il canone di locazione, ovvero con la controprestazione che deve essere adempiuta dal conduttore in base al contratto, nulla osta alla possibilità che l'importo risulti superiore per effetto di un accordo successivo tra le parti, giacché l'indicazione del legislatore è volta ad individuare un dato economico che, in quanto concordato fra gli interessati, possa ragionevolmente essere assunto a parametro di riferimento per la quantificazione del danno. Il maggior danno ex art. 1591 c.c. non può essere provato in base all'astratto valore locativo del bene, ma deve essere rigorosamente provato dal locatore nella sua esistenza e nel suo ammontare sulla base di concrete proposte provenienti da aspiranti locatari. Nel caso tuttavia in cui locatrice sia una P.A. è inesigibile la dimostrazione da parte del locatore di concrete proposte provenienti da aspiranti locatari, posto che l'esperimento della procedura pubblica per la locazione presuppone la libertà dell'immobile, mentre è sufficiente e necessaria la prova altrimenti data dell'ammontare del canone concretamente conseguibile sul mercato per immobili delle medesime caratteristiche.

Il caso

Un locatore stipulava con la Prefettura di Lodi il contratto di locazione avente ad oggetto l'immobile sito nel Comune di Lodivecchio, adibito a Caserma dell'Arma Carabinieri. La conduttrice, nonostante l'intervenuta scadenza contrattuale verificatasi in data 31 luglio 2012, giusta disdetta del 13 gennaio 2011 da parte del locatore, ha continuato ad occupare l'immobile e nelle more, corrispondeva all'attore, a titolo di indennità di occupazione dell'immobile, a far data dal 1° gennaio 2013 sino al 31 dicembre 2017, l'importo di €. 23.185,60 annui.

In corso di causa, veniva accertata e dichiarata la natura abusiva dell'occupazione dell'immobile per cui è causa da parte della convenuta, stante l'intervenuta scadenza del contratto di locazione vigente inter partes in data 31 luglio 2012, giusta disdetta del 13 gennaio 2011 da parte del locatore, con cui veniva intimato il rilascio dell'immobile.

Seguiva, per l'effetto, la condanna dell'Ufficio Territoriale del Governo - Prefettura di Lodi, in persona del Prefetto pro tempore, e il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, alla restituzione a parte attrice dell'immobile adibito a Caserma dell'Arma Carabinieri.

Quanto alla domanda di condanna della convenuta al risarcimento del maggior danno da occupazione illegittima alla luce della ricostruzione della fattispecie, per il giudice, il diritto ad ottenere il risarcimento del danno derivante dalla persistente occupazione del bene doveva essere sussunto nel paradigma dell'art. 1591 c.c., e non già - a differenza di quanto sostenuto dalla difesa dell'attore - in quello dell'art. 2043 c.c.

Negata, infatti, la prosecuzione o la ricostituzione del rapporto contrattuale - essendo scaduto il contratto in data 31 luglio 2012 a seguito di regolare disdetta - non appariva ipotizzabile che la Prefettura di Lodi versasse somme a titolo diverso dal risarcimento dal danno per la perdurante occupazione, ex art. 1591 c.c. In particolare, la circostanza che tale occupazione fosse consentita dal locatore - che, in sostanza, concesse ripetute dilazioni del termine di rilascio nell'ottica di tentare una rinegoziazione del canone di locazione - non poteva valere ad escludere che la conduttrice fosse comunque in mora nell'adempimento dell'obbligo contrattuale di restituire il bene locatole (giacché la mora si era determinata fin dal momento della scadenza del contratto di locazione) e, quindi, ad impedire l'operatività della previsione dell'art. 1591 c.c., ma rivestiva un'indubbia rilevanza ai fini della quantificazione della c.d. indennità di occupazione.

Ciò a parte, poiché conduttrice era una P.A., la prova del maggior danno in capo al locatore poteva essere data solo attraverso l'indicazione del canone concretamente conseguibile sul mercato.

La questione

A norma dell'art. 1591 c.c., il conduttore in mora a restituire la cosa locata è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno.

La disposizione reca la disciplina specifica relativa al risarcimento del danno, derivante da ritardo nella restituzione della cosa locata, da parte del conduttore: in caso di ritardo nella riconsegna, il locatore continua ad avere diritto - sino al momento della riconsegna - alla prestazione del corrispettivo, senza dovere fornire altra prova che quella del ritardo del conduttore, la cui colpa è presunta, a norma dell'art. 1218 c.c.

Il locatore può tuttavia provare di aver subìto un danno maggiore, rispetto a quello risarcito mediante il versamento del corrispettivo, che deve essere integralmente risarcito, in virtù delle norme che regolano la responsabilità contrattuale.

Ovviamente, l'obbligo di continuare a dare il corrispettivo, nonostante l'estinzione del rapporto di locazione, può trovare attuazione solo in caso di mora, quando cioè la cosa locata resta sia pure illecitamente nelle mani del conduttore che, in tal caso, rimane quantomeno tenuto al versamento di una somma equivalente al valore delle utilità che il conduttore può ricavare dalla cosa locata, valore già fissato dalle parti al momento della stipula del contratto.

In sostanza, l'art. 1591 c.c. si uniforma al criterio previsto dall'art. 1224 c.c., dettato in tema di obbligazioni pecuniarie, nel senso che il danno subito dal creditore, in conseguenza del ritardato adempimento del debitore è liquidato ex lege, salva la prova del maggior danno nella misura corrispondente a quella degli interessi legali o convenzionali. Sia gli interessi che il corrispettivo della locazione costituiscono infatti frutti civili della cosa ed è indubbio - in caso di ritardo - che il creditore subisce la privazione temporanea dei frutti medesimi, che egli già percepiva e che avrebbe presumibilmente continuato a percepire. Si tratta perciò di un danno che può essere facilmente e adeguatamente risarcito, sicché il debitore in mora resta tenuto al versamento del corrispettivo sino al momento della riconsegna. Tale prestazione del conduttore ha natura e funzione risarcitoria, tant'è vero che la rubrica della norma fa specifico riferimento al danno che il locatore subisce, a seguito del ritardo nella restituzione della cosa. Ove il conduttore provi che il ritardo è dovuto a causa a lui non imputabile, egli non è tuttavia tenuto al risarcimento di un danno del cui verificarsi non ha alcuna responsabilità.

Il conduttore non ha, però, la facoltà di provare che il locatore non abbia subìto alcun danno o che ne abbia subito uno inferiore a quello liquidato, attraverso la prestazione del corrispettivo. E ciò perché si tratta, nell'ipotesi prevista dall'art. 1591 c.c., della liquidazione di un danno minimale stabilito per legge, a prescindere dall'esistenza e dalla entità del pregiudizio economico effettivamente sofferto dal locatore (Cass. civ., sez. III, 27 ottobre 1966, n. 2660).

Il conduttore in mora nella restituzione della cosa locata non è peraltro un occupante abusivo, posto che egli - ancorché moroso - continua a essere conduttore e quindi continua a godere dei frutti della cosa e a farli propri, salvo il suo obbligo, in base all'art. 1591 c.c., di corrispondere il corrispettivo della locazione oltre al risarcimento del maggior danno eventualmente subìto dal locatore (Cass. civ., sez. III, 2 maggio 1981, n. 2672). In questo senso, l'obbligo del conduttore di pagare al locatore il corrispettivo sino al momento del rilascio dell'immobile non ha natura contrattuale, ma discende dalla legge. Fermo restando che, in mancanza di contraria volontà delle parti, le modalità di pagamento del corrispettivo restano disciplinate dai patti concordati nella vigenza del precedente rapporto contrattuale (Cass. civ., sez. III, 15 dicembre 1976, n. 4647).

Le soluzioni giuridiche

A seguito dell' eliminazione degli effetti della mora relativa alla riconsegna dell'immobile - a parte l'esperimento della complessa procedura di cui agli artt. 1216 e 1209, comma 2, c.c., che rappresenta l'unico mezzo per la costituzione in mora del creditore - il conduttore può anche adottare altre modalità di offerta purché serie, concrete e tempestive (come, per esempio, la convocazione per iscritto del locatore per consegnargli le chiavi dell'immobile e redigere il verbale di consegna), aventi valore di offerta reale non formale, a norma dell'art. 1220 c.c., che, pur non essendo sufficienti a costituire in mora il locatore, sono tuttavia idonee a evitare la mora del conduttore rispetto alla sua prestazione e a produrre ogni altro effetto connesso alla dichiarazione di volontà da lui espressa (Cass. civ., sez. III, 4 dicembre 1992, n. 12922).

Quanto alla prescrizione del diritto del locatore a norma dell'art. 1591 c.c., la questione è assai discussa, ritenendo alcuni che il diritto si prescriva nel termine quinquennale di cui all'art. 2948, n. 3), c.c. - relativo al pagamento di fitti o pigioni - e altri nel termine ordinario decennale, di cui all'art. 2946 c.c. La soluzione più corretta sembra essere la seconda, dal momento che, nella specie, non si tratta di pagare il corrispettivo della locazione - obbligo venuto a mancare a seguito della scadenza del contratto - ma del distinto obbligo di risarcire un danno, liquidato ope legis nella misura del corrispettivo già dovuto dal conduttore in base al contratto.

Sostanzialmente in questo senso, si veda anche Cass. civ., sez. III, 17 dicembre 1999, n. 14243, per la quale «la responsabilità dell'affittuario per il ritardo nella restituzione del fondo agricolo - disciplinata dall'art. 1591 c.c., norma applicabile anche se il ritardo dipenda dal protrarsi della controversia - ha natura contrattuale perché deriva dalla violazione dell'obbligo del conduttore - di restituire la cosa locata alla cessazione del contratto. Ne deriva che il diritto al risarcimento del danno derivato dall'inadempimento a tale obbligo, ancorché in parte normativamente determinato con riferimento al corrispettivo convenuto, non si prescrive nel termine breve di cui all'art. 2948, n. 3), c.c., bensì nell'ordinario termine decennale. Le due obbligazioni previste dall'art. 1591 c.c., sono peraltro autonome e di duplice natura: di valuta quella avente a oggetto il canone, su cui maturano gli interessi dalla domanda; di valore, invece, quella avente a oggetto il maggior danno».

Osservazioni

Il risarcimento del maggior danno di cui all'art. 1591 c.c. è dovuto solo se il creditore dimostri di aver subìto un danno maggiore, con prova totalmente a suo carico. In tema, si veda Cass. civ., sez. III, 26 luglio 1968, n. 2710, per la quale «dall'obbligo contrattuale, che ha il conduttore di riconsegnare l'immobile alla scadenza della locazione, discende la responsabilità di costui per danni nel caso che tale obbligo non osservi; al riguardo, mentre la legge predispone una determinazione legale del danno, che è costituito dalla corresponsione del canone convenuto fino alla riconsegna della cosa locata, cosa che esime il locatore dall'onere di provare il danno; peraltro, non potendosi escludere l'eventualità di un pregiudizio più notevole, è stato ammesso il ristoro dei maggiori danni che fossero stati sofferti; in tal caso, però, il locatore deve darne una precisa rigorosa prova, così come deve fare il creditore di una obbligazione pecuniaria che voglia, oltre agli interessi legali moratori che rappresentano la liquidazione legale del danno, il maggiore danno che eccezionalmente abbia sofferto».

Il maggior danno è comunque un danno contrattuale, sicché a esso tornano applicabili le norme di cui agli artt. 1223, 1225, 1227 c.c.

Il locatore è in ogni caso tenuto a provare solo l'esistenza e l'ammontare del maggior danno e non anche il dolo o colpa dell'altra parte che, per esimersi da responsabilità, è tenuta a provare che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione, derivante da causa a sé non imputabile (Cass. civ. sez. III, 25 giugno 1963, n. 1722; Cass. civ., sez. III, 10 agosto 1964, n. 2282; Cass. civ., sez. III, 12 gennaio 1965, n. 59).

Fermo restando che il risarcimento del maggior danno non è una conseguenza automatica del ritardo nella consegna dell'immobile, dovendosi distinguere il caso in cui l'occupazione continui nonostante il rapporto sia venuto meno per fatto dello stesso conduttore (per essere in mora nel pagamento dei canoni, per aver abusato della cosa locata, ecc.) dal caso in cui il rapporto stesso sia venuto meno per fatto non imputabile a quest'ultimo, ma riferibile al locatore (recesso per necessità, ecc.).

Ciò a parte, il maggior danno, previsto dall'art. 1591 c.c. a carico del conduttore in mora, non comporta il risarcimento sulla base del valore locativo presumibilmente ricavabile dalla locazione o dall'eventuale vendita dell'immobile, dovendo essere provato dal locatore nella sua esistenza e nel suo ammontare, in relazione alle condizioni dell'immobile stesso, alla sua ubicazione, alle possibilità di utilizzazione, dalle quali emerga il verificarsi di una lesione effettiva nel patrimonio del locatore (Cass. civ., sez. III, 13 ottobre 1986, n. 5990).

Il maggior danno ex art. 1591 c.c. non può essere provato in base all'astratto valore locativo del bene, ma deve essere rigorosamente provato dal locatore nella sua assistenza e nel suo ammontare sulla base di concrete proposte provenienti da aspiranti locatori. Nel caso, tuttavia, in cui locatrice sia una P.A., è inesigibile la dimostrazione, da parte del locatore, di concrete proposte provenienti da aspiranti locatari, posto che l'esperimento della procedura pubblica per la locazione presuppone la libertà dell'immobile, mentre è sufficiente e necessaria la prova altrimenti data dell'ammontare del canone concretamente conseguibile sul mercato per immobili delle medesime caratteristiche.

Vale peraltro incidentalmente evidenziare Cass. civ., sez. III, 13 marzo 2018, n. 6015, in tema di divieto di cumulo tra richiesta di adempimento della prestazione principale (obbligo di riconsegna dell'immobile locato da parte del conduttore) e applicazione di una penale. Per la Suprema Corte, l'interpretazione da dare al divieto di cui all'art. 1383 c.c. in relazione alla disciplina di cui all'art. 1591 c.c. e in generale, alla relazione che intercorre tra divieto di cumulo della penale e richiesta di adempiere alla obbligazione principale, deve interpretarsi nel senso che l'obbligazione di pagare il canone è un'obbligazione di durata, sicché il conduttore è tenuto periodicamente ad adempiere alla propria obbligazione nel tempo prestabilito. Conseguentemente, è legittimo inserire in un contratto una clausola penale non vietata dall'art. 1383 c.c., secondo cui non sussiste cumulo tra prestazione principale e penale, posto che il corrispettivo dovuto dal conduttore, in ritardo nella riconsegna della cosa locata, è da qualificarsi come risarcimento del danno per tale ritardo, come espressamente prevede l'art. 1591 c.c., che obbliga il conduttore - in mora a restituire la cosa locata - a versare il corrispettivo convenutosi sino alla riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno.

Rispetto ad una particolare fattispecie, si veda Trib. Bologna 2 gennaio 2008, per il quale la consegna delle chiavi da parte del conduttore prima della scadenza del contratto di locazione e la loro accettazione da parte del locatore equivalgono a risoluzione anticipata del contratto di locazione e contestuale cessazione, in capo al conduttore, degli obblighi di pagamento del canone, se il locatore non dimostri che la consegna delle chiavi è avvenuta per altre finalità.

Guida all'approfondimento

Greco, Sul risarcimento del danno da ritardato rilascio dell'immobile locato, in Resp. civ., 2008, 95;

Di Marzio, Il risarcimento del danno da ritardato rilascio, in Immob. & proprietà, 2006, 432;

Boggiano, Brevi note in tema di risarcimento del danno per ritardato rilascio dell'immobile locato, in Giur. it., 2003, 879;

De Tilla, Sul risarcimento del danno per ritardato rilascio, in Riv. giur. edil., 2003, I, 115;

Servello, Risarcimento del danno da ritardato rilascio di immobile locato ad uso abitativo, in Nuove leggi civ. comm., 2001, 36.

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