La stabilità dell'ordinanza di distribuzione (e di conversione): limiti soggettivi ed oggettivi

28 Gennaio 2019

La questione affrontata dalla Suprema Corte attiene alle verifica dei limiti della stabilità del provvedimento che definisce il processo esecutivo tramite la soddisfazione (totale o parziale) del creditore procedente, limiti che riguardano da un lato in quali termini tale stabilità opera, dall'altro per quali soggetti essa può essere predicata.
Massima

Il provvedimento che chiude il procedimento esecutivo gode di stabilità dipendente dal suo effetto preclusivo conseguente al mancato esperimento delle opposizioni esecutive o la controversia distributiva ex art.512 c.p.c.. É peraltro ammissibile l'azione di ripetizione ( e quella risarcitoria) allorché il debitore abbia tempestivamente attivato le sue difese, proponendo le opposizione chiedendo senza ottenerla la sospensione, se l'esito favorevole giunge dopo la chiusura della procedura esecutiva.

Il caso

La pronuncia n. 26927/2018 in commento si segnala per la chiara, ancorché sintetica, ricostruzione della giurisprudenza di legittimità in tema di stabilità del provvedimento di distribuzione e dei relativi limiti. La vicenda peraltro, rilevante ai fini della verifica della ratio decidendi, merita una breve ricostruzione. La ricorrente in cassazione aveva a suo tempo portato all'incasso un assegno che poi veniva protestato, per cui la banca trattaria le intimava precetto. La ricorrente allora proponeva opposizione ai sensi dell'art. 615, comma 1, c.p.c., chiedendo altresì la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo (assegno bancario protestato) ma non la otteneva, di talché la banca introduceva il processo esecutivo nel corso del quale, per liberare il bene staggito, l'esecutata otteneva la conversione del pignoramento ex art.495 c.p.c., le cui somme venivano quindi assegnate alla creditrice procedente. Solo successivamente l'opposizione era accolta ed allora la ricorrente promuoveva autonoma azione per al ripetizione dell'indebito, nell'ambito della quale la banca convenuta spiegava a sua volta domanda riconvenzionale per le somme che aveva corrisposto alla debitrice in pagamento dell'assegno dipoi protestato, chiedendone la compensazione con quanto percepito a seguito dell'azione esecutiva. Nonostante la ricorrente asserisse che la mancata proposizione della riconvenzionale già nel giudizio d'opposizione a precetto determinasse implicita rinunzia da parte della banca a promuovere l'azione d'indebito, il tribunale adìto accoglieva entrambe le domande e disponeva l'invocata compensazione.

La questione

Come premesso, la questione attiene alle verifica dei limiti della stabilità del provvedimento che definisce il processo esecutivo tramite la soddisfazione (totale o parziale) del creditore procedente (a partire da Cass. civ., n. 2434/69; Cass. civ.,n. 7036/2003 e da ultimo Cass. civ.,n. 12242/16), limiti che riguardano da un lato in quali termini tale stabilità opera, dall'altro per quali soggetti essa può essere predicata.

Le soluzioni giuridiche

La decisione fornisce una soluzione del tutto coerente con quelle sopra richiamate, in particolare ritenendo che la stabilità in parola determinala preclusione ad ottenere una tutela risarcitoria e restitutoria al di fuori dei rimedi riconosciuti dall'ordinamento nell'ambito del processo esecutivo, ed in particolare quello costituito dalla controversia distributiva ex art.512 c.p.c. (e in precedenza eventualmente dall'opposizione all'esecuzione).

Tale soluzione è peraltro per così dire temperata dalla possibilità di agire anche al di fuori del processo esecutivo stesso, ed in particolare tramite l'azione di ripetizione ex art.2033 c.c., ove il debitore abbia proposto le necessarie difese, in particolare l'opposizione all'esecuzione, ed aver richiesto la sospensione, senza ottenerla.

La decisione poi, dal punto di vista soggettivo, fa presente come tale stabilità valga non solo per il debitore, ma anche per lo stesso creditore e financo per il terzo aggiudicatario.

Ciò peraltro non toglie il diritto di tali soggetti, ed in particolare del creditore, ad esercitare con autonoma azione diritti che siano del tutto autonomi rispetti al processo esecutivo.

Sicché la vicenda viene risolta riconoscendo senza meno il diritto (peraltro nella specie non discusso) dell'esecutata ricorrente a promuovere azione di ripetizione essendo stata la sua istanza di sospensione a suo tempo respinta, e al contempo ritenendo l'ammissibilità della riconvenzionale della creditrice per quanto detto da ultimo, e così sussistenti i presupposti per la compensazione fra i due crediti.

Osservazioni

La soluzione sopra esposta in ordine alla stabilità dell'ordinanza di distribuzione (anche se nella specie si trattava di una distribuzione conseguente alla conversione del pignoramento, ma la cosa non cambia poiché la conversione non incide sulla fase distributiva, ma solo su quella di liquidazione) prende le mosse dall'osservazione secondo cui quest'ultima ha un effetto indiscutibilmente preclusivo. In altri termini pur non potendosi attribuire all'ordinanza efficacia di giudicato – mancandole il contenuto decisorio proprio solo della sentenza (che infatti definisce un giudizio), ponendosi essa a valle del processo esecutivo, meramente attuativo della pretesa ormai accertata in un titolo esecutivo – essa ha però un effetto preclusivo (sul quale cfr. Merlin), concetto indubbiamente più ampio del primo e discendente, come si esprime la corte, dal fatto di «non essersi il debitore attivato durante l'esecuzione con gli strumenti consentiti dalla procedura per arrivare ad una diversa definizione del suo debito, ovvero con le opposizioni esecutive o con la controversia distributiva».

In altri termini la stabilità dipende dal fatto che l'esito satisfattivo del processo esecutivo è il risultato di un procedimento posto in essere nel rispetto delle forme che l'ordinamento ritiene idonee a salvaguardare i diritti delle parti, da cui consegue l'impossibilità di qualsiasi forma di revoca, essendo a monte spirati i termini per risolvere i contrasti nelle forme stabilite appunto per il processo esecutivo stesso.

Da notare che queste conclusioni, specie con riferimento al rimedio di cui all'art.512 c.p.c., non sono messe in discussione – ma anzi confermate espressamente – anche a seguito della trasformazione del rimedio in parola da giudizio ordinario in sub-procedimento dello stesso processo esecutivo a seguito della riforma introdotta dalla l. n.69/2009.

Tradizionalmente in ogni caso parte della dottrina propende per riconoscere al debitore il potere di agire comunque fuori dal processo esecutivo pur senza aver proposto la prefata controversia (in tal senso Denti e Luiso). Tale teoria si basa sul fatto che la funzione giurisdizionale volta al soddisfacimento forzoso dei crediti non può avere un effetto ulteriore rispetto all'adempimento spontaneo (al che si può obiettare che l'adempimento spontaneo non è inserito in una procedura rispetto alla quale sono previsti rimedi giurisdizionali come quelli che si sono qui ricordati), né il silenzio serbato dal debitore può essere equiparato al suo consenso (il che però non è decisivo perché ciò sta nell'in se della natura forzata dell'esecuzione). Ben diverso l'atteggiamento di chi (a partire dal Carnelutti), ha viceversa addirittura attribuito efficacia pro iudicato all'ordinanza di distribuzione, ma su ciò possono richiamarsi le osservazioni già svolte in precedenza.

Insomma, le somme che vengono assegnate in base all'ordinanza distributiva attribuiscono al creditore uno ius retentionis (Vincre) con una stabilità ben diversa da quella conseguente al pagamento spontaneo, soggetto all'azione ex art.2033 c.c., e ciò deve ritenersi per dipendere il primo da un procedimento legale rispetto al quale non si sono azionati o sono stati respinti i rimedi a disposizione del forzato solvens.

Ma se questo è il principio per cui, partendo dall'effetto preclusivo, si giunge alla suddetta stabilità, allora esso ne costituisce anche il limite, nel senso che se il debitore abbia «tempestivamente attivato le difese» che il legislatore pone a sua disposizione, in particolare l'opposizione e la relativa istanza di sospensione, senza ottenere quest'ultima, e l'accoglimento dell'opposizione stessa o dell'impugnazione avverso il titolo giudiziale posto a base del processo esecutivo (come ho già osservato in passato) interviene a processo esecutivo terminato (appunto con l'ordinanza di distribuzione), allora non v'è ragione di impedire l'esercizio dell'azione di ripetizione ai sensi dell'art.2033 c.c..

In effetti in tal caso non si può essere formato rispetto a tale azione un autentico effetto preclusivo, proprio perché il rimedio proprio al processo esecutivo (o quello di natura impugnatoria al titolo esecutivo giudiziale) è stato tempestivamente proposto, e solo un fatto del tutto estraneo alla sfera del debitore, la rejezione della sospensione, ha impedito che i suoi effetti si determinassero sull'esito del processo esecutivo stesso. Così in tal caso il debitore avrà in tal caso diritto a “rivalersi sul ricavato” ed anche ad ottenere il risarcimento del danno patito con un'autonoma azione.

La Corte qui fa applicazione di un principio generale, già affermato più volte, per cui non appena sia pubblicata la sentenza (nella specie affrontata dalla corte era una pronuncia di secondo grado) che elimina il titolo esecutivo, vengono meno immediatamente sia l'efficacia esecutiva, sia l'efficacia degli atti o provvedimenti di esecuzione spontanea o coattiva della stessa, rimasti privi di qualsiasi giustificazione, con conseguente obbligo di restituzione delle somme pagate e di ripristino della situazione precedente (così ex plurimis Cass. civ., 1 aprile 2009, n.10124). Con la conseguenza che il debitore può proporre la domanda restitutoria delle somme stesse nel medesimo giudizio impugnatorio o di opposizione all'ingiunzione od all'esecuzione fino alla precisazione delle conclusioni (ancora Cass. civ.,n. 10124/2009), e non facendolo, ha azione autonoma per la ripetizione (Cass. civ., 8 maggio 2014, n. 9929)

Ritengo che con questa pronuncia la Corte abbia quindi chiarito in maniera esemplare il proprio orientamento, portandolo alle sue rigorose conseguenze anche nei confronti delle azioni eventualmente promosse dal creditore.

In particolare la Corte, dopo aver spiegato che la propria giurisprudenza in tema di preclusione si applica anche al creditore, che infatti non può porre in discussione il risultato dell'esecuzione forzata definito (richiamando il caso emblematico della preclusione per esso di porre in discussione la completezza dell'esecuzione dell'obbligo di fare una volta definito il relativo procedimento, cfr. Cass. civ.,31 ottobre 2014, n.23182), così come all'aggiudicatario (richiamando in tal caso la giurisprudenza in ordine alla possibilità per questi di far valere con il solo rimedio di cui all'art.617 c.p.c. la sussistenza dell'aliud pro alio datum nel massimo entro il termine di venti giorni dalla legale conoscenza del vizio, ma comunque nel massimo da quella dell'atto conclusivo del processo esecutivo, quindi ancora una volta l'ordinanza di distribuzione, cfr. Cass. civ.,14 giugno 2016, n. 12242), e così definendo anche i confini soggettivi della preclusione in argomento, ha ben chiarito come la domanda riconvenzionale oggetto di causa e spiegata dal creditore nella vicenda sottoposta alla sua attenzione di per sé non doveva necessariamente essere fatta valere nel giudizio d'opposizione non perché nei suoi riguardi non operi il predicato effetto preclusivo, anzi affermato con vigore, ma in quanto trattasi di un diritto del tutto autonomo rispetto al processo esecutivo.

Riferimenti
  • Carnelutti, Istituzioni del processo civile italiano, I, Roma, 1956, 86;
  • Crivelli, Esecuzione forzata e processo esecutivo, I, Torino, 2012, 510;
  • Id., Controversie distributive, in www.ilProcessoCivile.it;
  • Denti, voce Distribuzione della somma ricavata, in ED, XIII, Milano, 1964, 321 ss.;
  • Luiso, Diritto Processuale Civile, III, Milano, 2011, 159;
  • Merlin, Le controversie distributive, in Il processo civile di riforma in riforma, II, Milano, 2006, 149;
  • Vincre, Profili delle controversie sulla distribuzione del ricavato, Padova, 2010, 210.

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