Licenziamento disciplinare e regime dell'onere probatorio

Sabrina Apa
28 Gennaio 2019

In tema di licenziamento disciplinare l'onere probatorio della giusta causa, posto dall'art. 5, l. n. 604 del 1966, a carico del datore di lavoro, comporta che questi fornisca la prova completa di tutti gli elementi della fattispecie e richiede, altresì, che tale prova sia certa, non essendo previsto nel nostro ordinamento un licenziamento fondato esclusivamente su prove indiziarie non adeguatamente verificate. Dalla citata norma discende allora che “in mancanza di quella prova il datore di lavoro, convenuto in sede di impugnativa di licenziamento, resterà soccombente (sicché, tenuto conto della severità delle preclusioni poste dal rito del lavoro alla deduzione di mezzi probatori...

Il caso. Un lavoratore dipendente presso una autorimessa era stato licenziato a seguito di contestazione disciplinare per avere sottratto da una autovettura delle cuffie auricolari durante il proprio turno di lavoro, restituite il giorno successivo solo a seguito di espressa richiesta del responsabile.

Il dipendente aveva impugnato il licenziamento per insussistenza del fatto.

Il Tribunale di Busto Arsizio aveva annullato il licenziamento e ordinato la reintegrazione del lavoratrore.

La società, rimasta contumace in primo grado, avevo poi proposto appello.

Licenziamento disciplinare e regime dell'onere probatorio. In tema di licenziamento disciplinare l'onere probatorio della giusta causa, posto dall'art. 5, l. n. 604 del 1966, a carico del datore di lavoro, comporta che questi fornisca la prova completa di tutti gli elementi della fattispecie e richiede, altresì, che tale prova sia certa, non essendo previsto nel nostro ordinamento un licenziamento fondato esclusivamente su prove indiziarie non adeguatamente verificate.

Dalla citata norma discende allora che “in mancanza di quella prova il datore di lavoro, convenuto in sede di impugnativa di licenziamento, resterà soccombente (sicché, tenuto conto della severità delle preclusioni poste dal rito del lavoro alla deduzione di mezzi probatori, molto elevato sarà evidentemente il rischio di soccombenza per il datore di lavoro che abbia omesso di costituirsi tempestivamente in giudizio e non abbia ottemperato alle prescrizioni dell'art. 416, comma 3, c.p.c.”.

Il lavoratore che impugna il licenziamento si può quindi limitare a contestare la sussistenza dei fatti posti alla base del recesso, spettando esclusivamente al datore di lavoro fornire la prova diretta di tali fatti.

Solo una volta adempiuto tale onere probatorio da parte del datore di lavoro, il lavoratore dovrà dimostrare i fatti ostativi o impeditivi della sua responsabilità disciplinare.

Conseguentemente, la mancanza della prova diretta dei fatti posti a fondamento del licenziamento ne determina l'illegittimità.

Per questi motivi la Corte d'appello di Milano respinge il ricorso.

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