Risarcimento del danno da diffamazione tramite mass-media: analisi dei criteri orientativi proposti dall'Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano

29 Gennaio 2019

L'Osservatorio per la Giustizia Civile di Milano, all'esito di un lavoro di ricerca sulle sentenze emesse da alcuni tribunali in materia di diffamazione tramite mass-media, ne ha pubblicato i risultati proponendo alcuni criteri omogenei da utilizzarsi per determinare la quantificazione dei danni in via equitativa.
Premessa

La storia dei mezzi di comunicazione di massa, è scandita da una continua evoluzione dei vari tipi di mass-media (giornali, emittenti radiofoniche, emittenti televisive, internet, etc. etc.), evoluzione che procede di pari passo, con un passaggio dalla “scarsità” all' “abbondanza” dei mezzi stessi.

A partire dal c.d. secolo breve, la rapida e costante evoluzione dei mezzi con cui circola l'informazione, ha rivoluzionato i mass-media ed il loro rapporto con le persone e la società: tant'è che oggi si ritiene che i mass-media più che rappresentare la realtà, siano la realtà stessa, o come, è stato osservato, «la realtà capovolta nell'irrealtà» (I. Bachmann). La gran massa delle informazioni messe oggi in circolazione dai mezzi di informazione (che non sono più i “classici” mass-media, ma che si estendono a tutte le nuove forme di comunicazione di massa rese possibili dai continui sviluppi di internet: riviste on-line, blog, social network, etc.) e la velocità con la quale queste circolano e si propagano, incide sul modo e sulla velocità con la quale si forma, si radica e si dissolve una pubblica opinione su un dato argomento. Con tutto ciò che ne consegue anche in termini di tenuta democratica se è vero che in ogni democrazia è essenziale la presenza di una «opinione pubblica consapevole».

Sia a livello individuale che a livello collettivo, venivamo costantemente “bombardati” da messaggi provenienti da una moltitudine di fonti, dove un'informazione caccia via l'altra, amplificandola, confondendola, obliandola, in una girandola di notizie vere, inchieste, interviste, notizie strillate, bufale (più o meno) innocue e fake news che influenzano attitudini, opinioni e stati d'animo, alimentano polemiche e discorsi d'odio e, last but not least, promuovono prodotti.

La libertà di manifestazione del pensiero e la libertà di informazione

La liberà di fornire e ricevere informazioni, in uno con il pluralismo dei mass-media e della libertà di accedere alle informazioni, sono universalmente garantite in tutte le Carte costituzionali democratiche e in Europa riceve, altresì, un riconoscimento sovranazionale. Si vedano, a tale ultimo proposito, l'art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dall'art. 10 della Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo.

In ogni società democratica, l'ampiezza della libertà di pensiero – il suo libero esercizio e la sua tutela – è essenziale per apprezzarne il livello di democrazia. Difatti, le società che non rispettano la libertà di manifestazione del pensiero e dove questa non è né libera, né indipendente, non possono ritenersi genuinamente democratiche (J. Stuart Mill).

Del resto, è proprio il controllo (totale) dei mezzi d'informazione di massa uno degli elementi caratterizzanti la vita degli Stati totalitari, il cui scopo non è «semplicemente quello di condizionare i comportamenti della massa», ma anche quello di «incidere sulle credenze degli individui, di agire nel più profondo, nel lungo periodo, per conquistare l'animo delle masse ai valori del sistema» (G. Grisolia, 3). Anche se va ricordato che la manipolazione dell'informazione, può assumere due profili.

Un primo profilo è dato dalla sua soppressione tout court al fine di non rendere pubbliche determinate notizie e/o opinioni e così restringere la base delle conoscenze, delle interpretazioni e delle valutazioni. Come ricorda Zagrebelsky il «numero delle parole usate è direttamente proporzionale al grado di sviluppo della democrazia. Poche parole, poche idee, poche possibilità, poca democrazia; più sono le parole che si conoscono, più ricca è la discussione politica e, con essa, la vita democratica» (p. 42).

Un secondo profiloconsiste, invece, nei possibili esiti paradossali dell'eccesso di informazione, dato che «l'emissione incessante di una molteplicità di informazioni e di interpretazioni disparate, e in tutto o in parte contraddittorie, può saturare la capacità di ricezione e di valutazione» (J. Derrida, 5).

In ogni caso, ai mezzi di comunicazione di massa – visti anche come luogo di raccolta, di produzione e di archiviazione della parola pubblica (J. Derrida, 6) - è connaturato il ruolo di formare (e orientare) l'opinione pubblica, dato che il sistema dei mass-media, da un lato, riflette gli aspetti del sistema sociale di un Paese e, dall'altro lato, ne influenza lo sviluppo, giocando un ruolo di “variabile esogena” dello stesso (Mancini – Hallin, 10).

La libertà di manifestazione del pensiero, quale si estrinseca nell'esercizio del diritto di cronaca e di critica, rappresenta la «pietra angolare dell'ordine democratico» (Corte Cost. n. 84/1969), o con le parole della Corte EDU, incarna il ruolo di «cane da guardia» della democrazia. Per tale ragione, nelle varie Carte costituzionali delle democrazie occidentali, vige una riserva assoluta di legge a porre limitazioni sostanziali alla libertà di manifestazione del pensiero, limitazioni che devono trovare giustificazione e fondamento nei precetti indicati dalla Costituzione (cfr. CEDU 24 settembre 2003, Belpietro v. Italia).

In particolare, poiché il principio che si vuole tutelare è l'assoluta libertà di espressione, le restrizioni non solo devono rappresentare un'eccezione, ma devono, altresì, considerare che tale libertà «non riguarda solo le informazioni o le opinioni accolte con favore o considerate inoffensive o indifferenti», ma concerne - anzitutto e soprattutto - le informazioni e le opinioni che urtano, indispongono, inquietano, in quanto è alla base del pluralismo, della tolleranza e dello spirito di apertura senza i quali non si avrebbe una società democratica (CEDU, 8 luglio 1986, Lingens v. Austria).

La libertà di espressione, tuttavia, ben lungi dall'essere un diritto incomprimibile, va ponderato con altri diritti di pari rango, ossia con i diritti della personalità, visti come dei diritti personalissimi posti a salvaguardia della dignità della persona a fronte di possibili attacchi alla sua riservatezza, alla sua reputazione, alla sua immagine, al suo onore, etc.

Ad esempio, nella Costituzione italiana un vero e proprio diritto soggettivo perfetto alla reputazione personale che trova il suo fondamento normativo nell'art. 2 Cost.

Norma, quest'ultima che afferma la rilevanza costituzionale della persona umana in tutti i suoi aspetti ed in ogni proiezione della stessa nella società, sia come singolo che nelle formazioni sociali nelle quali si esplica la sua personalità. Si noti che l'espresso riferimento alla persona come singolo, è il fondamento normativo in grado di dare consistenza al diritto alla reputazione in correlazione anche all'obiettivo primario di tutela del «pieno sviluppo della persona umana», di cui al successivo art. 3 Cost.

Nell'ambito del diritto all'informazione, tradizionalmente si distinguono:

a) il diritto di cronaca, che consiste nel diritto di raccontare, tramite mezzi di comunicazione di massa, accadimenti reali in considerazione dell'interesse che rivestono per la generalità dei consociati. Rappresenta, quindi, il potere-dovere, conferito al giornalista, di portare a conoscenza dell'opinione pubblica fatti, notizie e vicende interessanti la vita associata, anche qualora ciò possa risultare lesivo all'onore, alla reputazione o alla riservatezza altrui;

b) il diritto di critica, intesa come espressione di un'opinione – solitamente non benevola - sui fatti accaduti e sulle persone che ne sono state coinvolte.

Il corretto esercizio di tali diritti impone un bilanciamento con i diritti della personalità. Questi costituiscono una serie di diritti indefinibili a priori, dato che si aprono al progressivo emergere nella società di nuovi interessi degni di tutela. Al momento, tra i diritti della personalità si annoverano: il diritto al nome, il diritto all'onore ed alla reputazione; il diritto all'identità personale e all'immagine; il diritto alla riservatezza e il recentissimo diritto all'oblio. Quest'ultimo inteso come il diritto riconosciuto ad un soggetto a che non vengano ulteriormente divulgate notizie, che per il trascorrere del tempo risultino ormai dimenticate o ignote al pubblico.

Bilanciamento che usualmente viene valutato con riguardo al rispetto dei seguenti tre parametri:

1) l'interesse pubblico alla conoscenza dei fatti narrati e/o delle opinioni espresse;

2) verità dei fatti narrati o posti alla base della critica espressa;

3) continenza della forma espositiva utilizzata.

Si noti che tali parametri solitamente vengono declinati ed applicati in maniera più elastica nella critica rispetto alla cronaca.

In particolare, la critica viene ritenuta lecita quando - pur raggiungendo punte particolarmente calde e polemiche con toni aspri e pungenti - non trascende nella contumelia o nell'inutile discredito del soggetto.

In altre parole, il diritto di critica deve ritenersi legittimamente esercitato laddove:

a) vi sia un interesse pubblico alla critica in relazione all'idoneità dei soggetti e dei comportamenti criticati a richiamare su di sé un'apprezzabile attenzione dell'opinione pubblica;

b) i giudizi si basano su fatti veri e le espressioni impiegate siano corrette e non trascendano in attacchi personali nei confronti di un soggetto, volti esclusivamente a screditarne l'integrità personale senza finalità di pubblico interesse.

Possiamo, dunque, ritenere che i diritti della personalità costituiscono un limite naturale e legittimo alla libertà di espressione ed al diritto d'informazione, tuttavia si tratta di un limite dal profilo sinuoso e variegato, che dovrà essere concretizzato diversamente a seconda del momento storico e del relativo contesto sociale attraverso la giurisprudenza espressa dalle Corti nazionali ed europee.

L'assenza di uno dei sopradescritti criteri determina che il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero (solitamente declinato nella forma del diritto di cronaca o del diritto di critica), non è più coperto dalla scriminante del suo legittimo esercizio, con conseguente non scriminata lesione (e, in quanto tale, punibile e risarcibile) dei diritti della persona che sono stati violati. Viceversa, la presenza dei sopramenzionati criteri rende lecita la condotta ed esclude qualsivoglia forma di punizione e/o di risarcimento di ipotetici danni.

Il risarcimento del danno

Con riferimento al risarcimento, in sede civile, del danno da diffamazione tramite mass-media, occorre svolgere due ordini di considerazioni:

  • anzitutto, in via meta-giuridica, va rimarcata la diffusa la tendenza dei pretesi diffamati a preferire l'azione civile di risarcimento del danno (in luogo della querela per diffamazione), con la quale richiedere risarcimenti nell'ordine di svariate migliaia di euro. Al riguardo si rinvia alla ricerca pubblicata su New Tabloid, 3/2013, p. 32 e ss. (http://www.odg.mi.it/sites/default/files/tabloid/newtabloid-3-2013-bis.pdf), sulle sentenze emesse dal Tribunale di Milano, sezione civile, nel biennio 2011–2012, dalla quale è emerso - su un campione di 112 parti attrici - un'entità media di richieste risarcitorie pari a € 766.511,93 (v. p. 35);
  • in secondo luogo, in via strettamente giuridica, va osservato che qualsiasi analisi del risarcimento danno da diffamazione, non può prescindere dalla storica decisione resa dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di cassazione in data 11 novembre 2008, n. 26972 (di contenuto identico ad altre tre sentenze, tutte depositate contestualmente), che ha rivisto i presupposti ed il contenuto della nozione di «danno non patrimoniale» di cui all'art. 2059 c.c. Quest'ultimo, oggi viene interpretato come una categoria ampia ed omnicomprensiva, all'interno della quale non è possibile ritagliare ulteriori sottocategorie, se non con valenza meramente descrittiva e nel quale confluiscono «tutte le voci afferenti la dimensione personale dell'individuo.

In forza dei principi espressi dalle citate Sezioni Unite:

  • il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi previsti dalla legge, i quali si dividono in due gruppi: a) le ipotesi in cui la risarcibilità è prevista in modo espresso, (ad es., nel caso in cui il fatto illecito integri gli estremi di un reato); b) le ipotesi in cui la risarcibilità del danno, pur non essendo espressamente prevista da una norma di legge ad hoc, deve ammettersi sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata all'art. 2059 c.c., per avere il fatto illecito vulnerato in modo grave un diritto della persona direttamente tutelato dalla Costituzione. Dunque, la lesione di uno o più diritti della personalità (onore, reputazione, immagine, identità personale, etc.) «fa sorgere in capo all'offeso il diritto al risarcimento del danno, a prescindere dalla circostanza che il fatto lesivo integri o meno un reato, sicché, ai fini risarcitori, è del tutto irrilevante che il fatto sia stato commesso con dolo o con colpa» (Cass. civ., 16 giugno 2018, n. 15742).
  • il danno non patrimoniale - anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona – non è mai in re ipsa, ma costituisce danno conseguenza che deve essere allegato e provato; attenendo il pregiudizio (non biologico) ad un bene immateriale. In quest'ambito, il ricorso alla prova presuntiva, è destinato ad assumere particolare rilievo, e potrà costituire anche l'unica fonte per la formazione del convincimento del giudice non trattandosi di mezzo di prova di rango inferiore agli altri (Cass. civ., sez. I, 28 marzo 2018, n. 7594 ). Peraltro, facendo applicazione di tali principi, recentemente il Tribunale di Potenza, pur ritenendo sussistente la diffamazione ha rigettato la domanda attorea in quanto l'attore, pur «evocando la lesione alla propria reputazione professionale», non aveva dedotto «elementi tali da consentire di individuare e, a fortiori, di ritenere asseverate le conseguenze pregiudizievoli del contegno lesivo assunto nei suoi confronti». Inoltre, in questo caso, il Tribunale neppure aveva riscontrato elementi che permettevano di «accedere ad una prospettiva liquidativa di carattere equitativo, non potendosi rilevare, dalla lettura dell'atto introduttivo del giudizio, riferimenti a specifici postumi permanenti subiti ovvero accenni alle alterazioni della vita relazionale patite quali conseguenze pregiudizievoli del fatto diffamatorio descritto» (Trib. Potenza, 16 febbraio 2018, n. 152).

Infine, secondo la giurisprudenza, se è vero che il danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, è risarcibile - sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. anche quando non sussiste un fatto-reato, né ricorre alcuna delle altre ipotesi in cui la legge consente espressamente il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali, tuttavia detta risarcibilità può essere affermata in presenza di tre condizioni (Trib. Viterbo, 18 settembre 2018, n. 1273):

  1. che l'interesse leso - e non il pregiudizio sofferto - abbia rilevanza costituzionale (altrimenti si perverrebbe ad una abrogazione per via interpretativa dell'art. 2059 c.c., giacché qualsiasi danno non patrimoniale, per il fatto stesso di essere tale, e cioè di toccare interessi della persona, sarebbe sempre risarcibile);
  2. che la lesione dell'interesse sia grave, nel senso che l'offesa superi una soglia minima di tollerabilità (in quanto il dovere di solidarietà, di cui all'art. 2 Cost., impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza);
  3. che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi.

Tanto premesso, nelle fattispecie diffamatorie:

  • quanto ai danni patrimoniali, quasi mai viene raggiunta la prova dell'esistenza di un danno emergente o di un lucro cessante, eziologicamente connesso alla diffusione della notizia lesiva;
  • quanto ai danni non patrimoniali, vengono per lo più riconosciuti «limitatamente al danno morale soggettivo, inteso come sofferenza interiore (turbamento, disagio, imbarazzo, ancorché transitorio) patita a seguito della diffusione dello scritto diffamatorio» (Trib. Roma, 3 agosto 2017, n. 15743). In quest'ipotesi, la prova del danno, si «risolve nella dimostrazione di due condizioni, cioè l'esistenza di un fatto produttivo di conseguenze pregiudizievoli e l'idoneità del medesimo ad ingenerare una ripercussione “dolorosa” nella sfera personale del soggetto leso» (Trib. Milano, 21 agosto 2018, n. 8738 ). Peraltro, tale secondo presupposto può ritenersi provato con il ricorso al notorio e tramite presunzioni semplici (Cass. civ., sez. III, 26 ottobre 2017, n. 25420).

Con riferimento, invece, alla liquidazione dei danni non patrimoniali questi «non possono che essere liquidati in via equitativa, ai sensi dell'art. 1226 c.c., e nella loro unitarietà, evitando duplicazioni di voci» (Trib. Roma, 21 marzo 2018, n. 6052 ). Tale liquidazione equitativa «non è censurabile in Cassazione, sempre che i criteri seguiti siano enunciati in motivazione e non siano manifestamente incongrui rispetto al caso concreto, o radicalmente contraddittori, o macroscopicamente contrari a dati di comune esperienza, ovvero l'esito della loro applicazione risulti particolarmente sproporzionato per eccesso o per difetto» (Cass. civ., sez. III, 25 maggio 2017, n. 13153 ). Inoltre, per quanto, in questa materia la liquidazione equitativa del danno sia inevitabilmente sottratta alla necessità di una giustificazione puntuale dei valori economici liquidati, non basta che la Corte di merito effettui un mero richiamo ai «criteri equitativi usualmente utilizzati», senza ulteriori indicazioni dei criteri concretamente applicati, risolvendosi in questo caso in una motivazione apparente e, come tale, non idonea a palesare le ragioni che la sostengono (Cass. civ., sez. III, 27 giugno 2018, n. 16908 ).

I criteri orientativi per la liquidazione del danno da diffamazione – Edizione 2018

L'Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano al fine di individuare criteri omogenei di orientamento per la liquidazione equitativa del danno da diffamazione, ai quali parametrare le somme da riconoscere caso per caso, ha analizzato 89 sentenze emesse, nel quadriennio 2014 – 2017, da alcuni tribunali in materia di diffamazione tramite mass-media. In particolare, Il campione ha riguardo per di più i tribunali di Milano (41 sentenze analizzate) e Roma (26 sentenze analizzate). Le restanti 22 sentenze analizzate, sono state emesse dai tribunali di Bologna, Monza, Firenze, Brescia, Asti, Livorno, Cagliari, Padova, Salerno, Taranto, Bari e Ferrara. Il risultato della ricerca – dopo essere stato sottoposto all'esame degli Osservatori di altre sedi - è stato reso noto a metà marzo 2018.

Con riferimento all'individuazione dei parametri utilizzati dai giudici di merito per determinare la liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, il risultato al quale è pervenuta la ricerca dell'Osservatorio è per lo più sovrapponibile a quanto emerso in analoghi lavori di ricerca svolti negli anni passati (in proposito si vedano: S. Peron, Diffamazione tramite mass-media: un biennio di giurisprudenza ambrosiana, in Resp. civ. prev., 2013, p. 1857, che ha riguardato l'analisi di 157 sentenze emesse dal Tribunale civile di Milano nel biennio 2011 - 2012; S. Peron – E. Galbiati, Diffamazione tramite mass-media: i nuovi orientamenti dei giudici di merito tra prova del danno e liquidazione del risarcimento, in Resp. civ. prev., 2012, p. 1502 ss., che ha riguardato l'analisi di 83 sentenze di primo grado emesse, in sede civile, negli anni 2010, 2011, 2012; S. Peron – E. Galbiati, Diffamazione e risarcimento del danno tra principi consolidati e contrasti giurisprudenziali, in Giur. merito, 2011, p. 720 e ss., che ha riguardato l'analisi di un panorama di sentenze (quasi tutte inedite) emesse dalle corti di merito di fori differenti (Torino, Monza, Milano, Roma, Lecce, Bari, Palermo) nel biennio 2009 – 2010).

Vi è dunque conferma dell'esistenza di un orientamento oramai costante e consolidato da parte della giurisprudenza di merito.

Di seguito una tabella comparativa di sintesi dei dati emersi nelle ricerche svolte in questi anni.

2018

Fonte: Osservatorio

2013

Fonte: Resp. civ. prev. 2013

2012

Fonte: Resp. civ. prev. 2013

2011

Fonte: Giur. merito 2011

CRITERI

Diffamante

Notorietà

Popolarità e/o l'autorevolezza del giornalista

Diffamato

Carica pubblica

Ruolo istituzionale

Ruolo professionale

Ruolo istituzionale all'epoca dei fatti

Correlazione tra le notizie diffamatorie e l'esercizio delle pubbliche funzioni della carica

Qualità soggettive della persona danneggiata

Ruolo ricoperto

Notorietà

Ruolo istituzionale

Presumibili ricadute negative sulla reputazione professionale / sociale

Grado di disagio che ne è conseguito per la funzione svolta

Risonanza mediatica

Eco della notizia

Clamore / risonanza delle notizie diffuse

Natura e entità delle conseguenze sulla professione / vita diffamato

Discredito che ne è derivato

Conseguenze sulla professione / vita diffamato

Presumibili ricadute negative sull'onore del diffamato

Limitata riconoscibilità

Reputazione già compromessa

Ampio lasso temporale tra fatto e domanda

Pubblicazione rettifica

Spazio a dichiarazioni del diffamato

Rifiuto del diffamato dal rilasciare dichiarazioni

Richiesta o meno di rettifica

Pubblicazione di una lettera contenente ampie dichiarazioni del diffamato

Condotta

Intensità elemento psicologico: animus diffamandi, dolo eventuale, etc.

Intensità dell'elemento psicologico

Intensità elemento psicologico, con proporzionale sofferenza morale del diffamato

Maggiore, o minore, intensità del dolo o della colpa

Natura della condotta diffamatoria, ossia

se colpisce la sfera personale e/o professionale,

se violi verità e/o continenza e/o pertinenza

se sia circostanziata o generica

se utilizza espressioni ingiuriose, denigratorie dequalificanti

se fauso del turpiloquio

se ha un possibile rilievo penale

Natura del fatto falsamente attribuito

Gravità espressioni utilizzate

Attribuzione di fatti gravi

Attribuzione fatti con rilievo penale

Attribuzione di fatti non veri

Portata oggettivamente offensiva dei pezzi giornalistici

Contenuto della forma espositiva

Utilizzo di espressioni oggettivamente e gravemente ingiuriose

Condotte reiterate

Campagne stampa

Campagna stampa

Collocazione dell'articolo

Collocazione dei titoli

Spazio che la notizia occupa

Rilievo complessivo dell'articolo attraverso l'uso di

- immagini

- titoli

- box di richiami

Rilievo dato alla notizia all'interno dell'articolo

Risalto della notizia pubblicazione:

articolo in prima pagina

articolo a più colonne

articolo su più pagine, uso di immagini enfatizzazione dei titoli

reiterazione in altri numeri

ripetizione articolo nelle pagine di cronaca nazionale e in quelle regionali

Mass-media

Mezzo utilizzato per la diffamazione

Diffusione on-line

Diffusione nazionale o locale

Ma escludendo l'automatica equiparazione tra minor tiratura e minor danno e valutando se la diffusione meramente locale ma di elevata diffusione abbia avuto ripercussioni sulla vita di relazione del danneggiato

Tipologia dei mezzi di comunicazione utilizzati

Diffusione sul territorio nazionale o locale

Diffusione telematica (sito web ; archivio on-line con accesso limitato)

Destinazione del periodico ad un pubblico qualificato

I fatti riportati erano già stati oggetto di pubblicazione anche da parte di altri mass-media con attenuazione degli effetti lesivi

Ampiezza (o meno) della diffusione cartacea

Diffusione radiofonica o televisiva

Diffusione on-line (in uno con la facile recuperabilità e leggibilità dell'articolo on-line anche a distanza di tempo)

Ciò posto, vediamo che l'Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano, propone sulla base dei criteri sopra enucleati, cinque diverse tipologie di diffamatorietà crescente alle quali applicare range di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, oscillanti tra un importo minimo ed uno massimo.

1) diffamazioni di tenue gravità, individuabile dalla presenza dei seguenti indici:

- limitata / assente notorietà del diffamante

- tenuità dell'offesa considerata nel contesto fattuale di riferimento

- minima/limitata diffusione del mezzo diffamatorio

- minimo/limitato spazio della notizia diffamatoria

- assente risonanza mediatica

- tenue intensità elemento soggettivo

- intervento riparatorio / rettifica del convenuto

condanna in via equitativa al pagamento di una somma parametrabile tra € 1.000,00 e € 10.000,00

2) diffamazioni di modesta gravità,individuabile dalla presenza dei seguenti indici:

- limitata/modesta notorietà del diffamante

- limitata diffusione del mezzo diffamatorio (1 episodio diffamatorio a diffusione limitata)

- modesto spazio della notizia diffamatoria

- modesta/assente risonanza mediatica

- modesta intensità elemento soggettivo

condanna in via equitativa al pagamento di una somma parametrabile tra € 11.000,00 e € 20.000,00

3) diffamazioni di media gravità, individuabile dalla presenza dei seguenti indici:

- media notorietà del diffamante

- significativa gravità delle offese attribuite al diffamato sul piano personale e/o professionale

- uno o più episodi diffamatori

- media/significativa diffusione del mezzo diffamatorio (diffusione a livello nazionale/significativa diffusione nell'ambiente locale di riferimento)

- eventuale pregiudizio al diffamato sotto il profilo personale e professionale

- natura eventuale del dolo

condanna in via equitativa al pagamento di una somma parametrabile tra € 21.000,00 e € 30.000,00

4) diffamazioni di elevata gravità, individuabile dalla presenza dei seguenti indici:

- elevata notorietà del diffamante,

- uno o più episodi diffamatori di ampia diffusione (diffusione su quotidiano/trasmissione a diffusione nazionale)

- notevole gravità del discredito e eventuale rilevanza penale/disciplinare dei fatti attribuiti al diffamato

- eventuale utilizzo di espressioni dequalificanti/denigratorie/ingiuriose

- elevato pregiudizio al diffamato sotto il profilo personale, professionale e istituzionale

- risonanza mediatica della notizia diffamatoria

- elevata intensità elemento soggettivo

condanna in via equitativa al pagamento di una somma parametrabile tra € 31.000,00 e € 50.000,00

5) diffamazioni di eccezionale gravità: l'Osservatorio propone una condanna in via equitativa al pagamento di una somma in misura superiore a € 50.000,00.

Da ultimo, per completezza, con riguardo alla media degli importi liquidati a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale si riporta di seguito in una tabella comparativa, quanto emerso nelle più recenti tra le sopracitate ricerche.

Ricerca

Campione

Media danni liquidati

Osservatorio Giustizia Civile Milano 2018

89 sentenze

Anni 2014 – 2017

Tribunali diversi

€ 26.290,00

Dir. inf. 2014, 405

Zeno-Zencovich, La quantificazione del danno alla reputazione e ai dati personali: ricognizione degli orientamenti 2013 del Tribunale civile di Roma

228 sentenze

Anno 2013

Trib. Roma

€ 19.300,00

Resp. civ. prev. 2013, 1857

Peron, Diffamazione tramite mass-media: un biennio di giurisprudenza ambrosiana

157 sentenze

Anni 2011-2012

Trib. Milano

€ 27.828,21

Resp. civ. prev. 2012, 938

Gaudino – Randi, Il prezzo dell'onore: la valutazione equitativa del danno da diffamazione a mezzo stampa

56 sentenze

Anni 2008-2012

Tribunali diversi

€ 29.961,13

Dir. inf. 2009, 263

Zeno-Zencovich, Analisi di 320 sentenze sulla lesione della personalità rese dal Tribunale di Roma

320 sentenze

Anni 2004 – 2009

Trib. Roma

€ 29.000,00

La sanzione pecuniaria

Per i soli casi di diffamazione commessa col mezzo della stampa, ai sensi dell'art. 12 della l. n. 47/1948, può disporsi – su richiesta del diffamato - una «somma a titolo di riparazione che non rientra nel risarcimento del danno né costituisce una duplicazione delle voci di danno risarcibile, ma integra una ipotesi eccezionale di pena pecuniaria privata prevista per legge, che come tale può aggiungersi al risarcimento del danno» (Cass. civ., sez. III, 12 dicembre 2017, n. 29640). È solitamente posta a carico del giornalista, con esclusione della società editrice e del direttore responsabile la cui responsabilità sia stata individuata solo in termini di omesso controllo.

Per quanto riguarda i criteri adottati per la determinazione dell'ammontare degli importi dovuti per la sanzione pecuniaria la giurisprudenza pacificamente ammette il ricorso a criteri equitativi analoghi a quelli enucleati per la liquidazione dei danni.

Infine, dalla ricerca effettuata dall'Osservatorio della Giustizia Civile di Milano, l'entità media della sanzione pecuniaria, è risultata «tendenzialmente calcolata in una percentuale tra 1/8 e 1/3 del danno liquidato». Anche tale dato pare non discostarsi dai dati rilevati nelle precedenti ricerche nelle quali la sanzione pecuniaria stata liquidata in una misura media oscillante tra 4/5 mila euro (Gaudino – Randi, 950).

Conclusioni

I parametri di liquidazione del danno proposti dall'Osservatorio per la Giustizia Civile di Milano, appaiono utili ad orientare non solo gli organi giudicanti, ma anche le parti del processo.

In particolar modo, l'auspicio è che possano fungere da guida per la parte attrice all'atto della formulazione della domanda. Difatti se è pur vero che, è disagevole individuare un importo che sia ristorativo dei danni non patrimoniali sofferti dalla parte, trattandosi di danni difficile ponderazione nella loro effettiva portata. È altrettanto vero che, può essere inutile o inefettivo, se non addirittura controproducente, formulare istanze risarcitorie nell'ordine di svariate centinaia di migliaia di euro, tanto da potersi reputare «esorbitanti e prive di qualsiasi self restaint».

Tutte le ricerche svolte, hanno difatti sottolineato la grande «distanza fra quanto chiesto e quanto ottenuto» (Gaudino – Randi). Con la conseguenza che anche in caso di accoglimento della domanda attorea, l'accoglimento avviene per importi largamente ridimensionati. Per contro, invece, la «ragionevolezza della richiesta, figura apprezzata e forse premiata dal giudice, con l'accoglimento integrale o quasi della somma reclamata dall'attore» (Gaudino – Randi).

Da ultimo si osserva che da una ricerca compiuta sulle più comuni banche dati giuridiche è emerso che nell'anno 2018, nei giudizi di primo grado, sono aumentate le sentenze di diffamazione on-line e in particolar modo sui social media (Facebook, Instagram, Twitter).

Premesso che è pacifico che la diffusione di messaggi lesivi dell'onore e della reputazione altrui, veicolati a mezzo internet (dai social network, ai forum, ai blog, ai siti, etc.), integra un'ipotesi di diffamazione aggravata ex art. 595 comma 3 c.p., in quanto trattasi di condotta potenzialmente in grado di raggiungere un numero indeterminato o, comunque, quantitativamente apprezzabile di persone, qualunque sia la modalità informatica di condivisione e di trasmissione (Cass. pen., 13 luglio 2015, n. 8328, in Dvd Foro it.). Al riguardo si rileva che anche in queste fattispecie i criteri utilizzati appaiono omogenei a quelli indicati dall'Osservatorio, ma con alcune specificazioni relative ai social network. Difatti, oltre ai criteri sopra indicati, sono stati adottati anche i seguenti parametri valutativi: la cerchia (più o meno ampia) di persone che potevano leggere il commento diffamatorio (fermo restando che «in assenza di dati riferibili al numero di followers alla data del post, il carattere pubblico del profilo non implica immediata conoscenza dello stesso da parte di tutti gli iscritti» al social network, «dovendosi andare alla ricerca della pagina del soggetto interessato» - Trib. Terni, 13 marzo 2018, n. 216); il numero di persone che hanno concordato con quel commento, magari anche attraverso espressioni a loro volta denigratorie (Trib. Milano, 21 agosto 2018, n. 8738).

Guida all'approfondimento

DERRIDA J., «… soprattutto: niente giornalisti!», Roma, 2006;

GAUDINO L.– RANDI F., Il prezzo dell'onore: la valutazione equitativa del danno da diffamazione a mezzo stampa, Resp. civ. prev., p. 946, ss.;

GRISOLIA G., Libertà di manifestazione del pensiero e tutela penale dell'onore e della riservatezza, Padova, 1994;

MANCINI P. – HALLIN D.C., Modelli di giornalismo: Mass media e politica nelle democrazie occidentali, Bari, 2015;

PERON S. – GALBIATI E., Diffamazione e risarcimento del danno tra principi consolidati e contrasti giurisprudenziali, in Giur. merito, 2011, p. 720 e ss.;

PERON S. – GALBIATI E., Diffamazione tramite mass-media: i nuovi orientamenti dei giudici di merito tra prova del danno e liquidazione del risarcimento, in Resp. civ. prev., 2012, p. 1502 ss.;

PERON S., Diffamazione tramite mass-media: un biennio di giurisprudenza ambrosiana, in Resp. civ. prev., 2013, p. 1857 e ss.

ZAGREBELSKY G., Imparare la democrazia, Torino, 2007, p. 42.

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