Il deficit informativo dell’intermediario fa presumere il danno per l’investitore

La Redazione
30 Gennaio 2019

In tema di intermediazione finanziaria, la mancata prestazione delle informazioni dovute ai clienti da parte dell'intermediario è normalmente idonea a cagionare il pregiudizio lamentato dall'investitore, salva prova contraria, mentre non assume alcuna rilevanza l'esperienza negli investimenti e la generale propensione al rischio.

In tema di intermediazione finanziaria, la mancata prestazione delle informazioni dovute ai clienti da parte dell'intermediario è normalmente idonea a cagionare il pregiudizio lamentato dall'investitore, salva prova contraria, mentre non assume alcuna rilevanza l'esperienza negli investimenti e la generale propensione al rischio. Lo afferma la Cassazione, nell'ordinanza n. 2464 depositata il 29 gennaio.

Il caso. Due investitori convenivano in giudizio una Banca chiedendo dichiararsi la nullità dell'operazione di intermediazione volta all'acquisto di obbligazioni Parmalat. La domanda veniva accolta in primo grado e rigettata in appello, e gli investitori proponevano ricorso per cassazione.

Obblighi informativi. I ricorrenti lamentano l'erronea valutazione della Corte d'appello in merito alla condotta omissiva della banca per quanto attiene agli obblighi informativi. La sentenza impugnata, infatti, ha ritenuto che l'informazione non resa, circa la rischiosità dei titoli acquistati, fosse in concreto nella disponibilità degli investitori e che, pertanto, dovesse escludersi il nesso di causalità tra carenze informative e pregiudizio subito dagli investitori.

La S.C., nell'accogliere il ricorso, ribadisce alcuni principi consolidati in materia di intermediazione finanziaria: il quadro normativo delineato dagli artt. 21 e 23 TUF e dal reg. Consob n. 11522/1998 prevede che l'inosservanza dei doveri informativi da parte della banca, costituendo di per sé un fattore di disorientamento per l'investitore, deve considerarsi condotta omissiva idonea a cagionare il pregiudizio lamentato. Ovviamente è possibile la prova contraria da parte dell'intermediario (Cass. n. 3914/2018).

Ebbene, nel caso di specie la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione di tali principi: pur avendo accertato il deficit informativo e la sussistenza di un pregiudizio, non ne ha tratto la conseguenza, sul piano presuntivo, dell'ascrivibilità a tale condotta omissiva del compimento dell'investimento dannoso per il cliente.

Informazioni sull'investimento concreto. Sul piano del nesso causale non può ascriversi alcuna rilevanza, come invece pare avere fatto la Corte di merito, all'esperienza negli investimenti e alla propensione al rischio dell'investitore: l'accettazione consapevole di un investimento finanziario deve fondarsi sulla preventiva conoscenza delle caratteristiche specifiche del prodotto, in relazione a tutti gli indicatori della sua rischiosità in concreto (così: Cass., n. 4727/2018).