L’uso della PEC tra notifica e semplice inoltro
06 Febbraio 2019
Massima
“È affetta da nullità la procedura di notificazione a mezzo posta elettronica certificata, quando manchi la prescritta relata di notifica, con la correlativa sottoscrizione ed attestazione di conformità dell'atto notificato in copia informatica, all'originale (cartaceo) da cui è stata estratta, e, dunque, manchi un elemento espressamente ritenuto come essenziale per il compiuto perfezionamento del complesso procedimento notificatorio”. Il caso
Avverso una decisione del Tribunale, adito da un lavoratore, con domanda spiegata nei confronti del datore di lavoro, quest'ultimo, già contumace in primo grado, propone appello. L'eccezione valutata dalla Corte nella decisione in esame, attiene alla mancata instaurazione del contraddittorio in primo grado, proprio nei confronti del datore di lavoro (la domanda era stata peraltro oggetto di “una mera denuntiatio litis” anche nei confronti dell'Inps). In sostanza è stata contestata la irritualità della notifica del ricorso di primo grado, poiché eseguita con il mero inoltro del messaggio di posta certificata -che era in realtà diretto all'INPS- “contenente la sola relazione di notificazione telematica eseguita nei confronti di tale istituto e la copia del ricorso introduttivo con il pedissequo decreto di comparizione”. La questione
Il tema sotteso alla decisione della Corte barese riguarda le modalità della notificazione a mezzo PEC eseguita in proprio dal difensore. In particolare emerge la necessità di verificare, oltre agli adempimenti necessari alla rituale notificazione, quali siano le conseguenze in caso di violazione delle regole previste. Le soluzioni giuridiche
In generale, sui temi delle notifiche a mezzo PEC, va segnalata la recente Cass. civ. Sez. Unite, 28 settembre 2018, n. 23620, secondo cui «In tema di notificazione in via telematica, la mancata indicazione nell'oggetto del messaggio di PEC della dizione "notificazione ai sensi della l. n. 53 del 1994" costituisce mera irregolarità, essendo comunque raggiunto lo scopo della notificazione. Il raggiungimento dello scopo della notifica, vale a dire la produzione del risultato della conoscenza dell'atto notificato a mezzo di posta elettronica certificata, invero, priva di significativo rilievo la presenza di meri vizi di natura procedimentale, ove la erronea applicazione della regola processuale non abbia comportato (ovvero, come nella specie, non sia stata neppure prospettata) una lesione del diritto di difesa, oppure altro pregiudizio per la decisione».
Sempre sul tema del rilievo delle formalità previste per la notifica a mezzo PEC va anche rammentata Cass. civ. 5 giugno 2018, n. 14369, secondo cui «L'art. 19-ter delle specifiche tecniche del processo civile telematico, introdotto dal decreto 28 dicembre 2015, art. 1 comma 3 dispone che, ove la notifica PEC riguardi una copia informatica, il difensore deve attestarne la conformità nella relata di notifica dando una sintetica descrizione del documento di cui si sta attestando la conformità e inserendo il relativo nome del file. La mancata indicazione del nome del file costituisce solo una irregolarità non riconducibile ad alcuna delle ipotesi di nullità contemplate nell'art. 11 della legge n. 53/1994».
Sotto un diverso profilo va poi citata Cass. civ. sez. lav., 7 ottobre 2015, n. 20072, secondo cui «È inesistente la notifica effettuata tramite PEC ai sensi della legge n. 53 del 1994, non avendo fornito, il ricorrente, la prova dell'avvenuta notifica nei modi e nelle forme previste dalla vigente normativa». Osservazioni
Da un punto di vista di fatto, dalla motivazione della decisione della Corte d'Appello emerge che il datore di lavoro abbia lamentato la inesistenza di una formale notificazione del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado. In particolare perché non poteva ritenersi tale la mera conoscibilità della notificazione telematica eseguita solo a favore di altri (nella specie dell'INPS, a sua volta evocato in giudizio, sia pure a fronte di una mera denuncia della lite). E tanto è stato argomentato sul presupposto per il quale il ricorso di primo grado -regolarmente notificato all'INPS- sarebbe stato solo inoltrato al datore di lavoro (nel senso dell'inoltro del messaggio di posta elettronica diretto all'INPS, “contenente la sola relazione di notificazione telematica eseguita nei confronti di tale istituto e la copia del ricorso introduttivo con il pedissequo decreto di comparizione”). In sostanza, quindi, al datore di lavoro risulterebbe inviato non un messaggio di posta elettronica integrante un atto di notifica telematica, bensì un messaggio di inoltro della copia del ricorso notificato ad altro soggetto (seppure il ricorso contenesse la domanda giudiziale rivolta proprio nei confronti del datore di lavoro). Risulterebbe pertanto mancante la relata di notifica, con la correlativa sottoscrizione ed attestazione di conformità dell'atto -notificato in copia informatica- all'originale (cartaceo) da cui era stato estratto.
Il dato normativo prevede che la notifica a mezzo PEC «si esegue mediante allegazione dell'atto da notificarsi al messaggio di posta elettronica certificata» (art. 3-bis, comma 2, l. n. 53/1994). La procedura di notifica si sostanzia pertanto nella trasmissione di un messaggio PEC, che rechi nell'oggetto la dizione «notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994» (art. 3-bis, comma 4), e rechi in allegato la relazione di notificazione, firmata digitalmente (art. 3-bis comma 5 l. n. 53/1994: «L'avvocato redige la relazione di notificazione su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale ed allegato al messaggio di posta elettronica certificata»). Va poi allegato il documento informatico oggetto di notificazione, recante la sottoscrizione digitale o la attestazione di conformità nella relazione di notificazione (art. 3-bis comma 2 l. n. 53/1994: «Quando l'atto da notificarsi non consiste in un documento informatico, l'avvocato provvede ad estrarre copia informatica dell'atto formato su supporto analogico, attestandone la conformità con le modalità previste dall'art. 16-undecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221. La notifica si esegue mediante allegazione dell'atto da notificarsi al messaggio di posta elettronica certificata»).
Nel caso deciso dalla Corte d'Appello di Bari, risulta il mancato rispetto delle norme richiamate, perché il messaggio inviato alla controparte non recava la relazione di notificazione, né l'attestazione di conformità del documento trasmesso con l'originale dal quale era stato estratto. Non può pertanto esservi dubbio in ordine alla sicura irregolarità della procedura di notificazione. Si tratta a questo punto di valutare quali siano le conseguenze di tale irregolarità, potendosi in generale ipotizzare sia la nullità ovvero la inesistenza della procedura, e sia –nel primo caso- la eventuale sanatoria della nullità (ricorrendone le condizioni). Quest'ultima evenienza va in realtà esclusa nel caso specifico, posto che la destinataria della notificazione non si era costituita in giudizio, sicché l'alternativa sarebbe stata solo tra ritenere regolare la notifica (e quindi valida la conseguente dichiarazione di contumacia), ovvero ritenere la notifica non idonea in vista della rituale instaurazione del contraddittorio.
La possibile soluzione non può che passare attraverso il richiamo dei principi già sostenuti dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. un, n. 14916 del 20 luglio 2016). Il punto di partenza delle argomentazioni formulate dalla Corte è quello per il quale le forme degli atti «sono prescritte al fine esclusivo di conseguire un determinato scopo, coincidente con la funzione che il singolo atto è destinato ad assolvere nell'ambito del processo, e così, in definitiva, con lo scopo ultimo del processo, consistente nella pronuncia sul merito della situazione giuridica controversa». Richiamando il principio del giusto processo (art. 111 della Costituzione; art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali), la Corte ha rilevato come tra i diritti da tutelare vi sia quello «di ogni persona ad un "giudice" che emetta una decisione sul merito della domanda ed imponga, pertanto, all'interprete di preferire scelte ermeneutiche tendenti a garantire tale finalità» (cfr. Cass., sez. un., nn. 15144 del 2011, 17931 del 2013, 5700 del 2014, nonché Cass. nn. 3362 del 2009, 14627 del 2010, 17698 del 2014, 1483 del 2015; nella giurisprudenza della Corte EDU, «la quale ammette limitazioni all'accesso ad un giudice solo in quanto espressamente previste dalla legge ed in presenza di un rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito» la Cassazione ha richiamato, tra altre, Omar c. Francia, 29 luglio 1998; Bellet c. Francia, 4 dicembre 1995, anche richiamando «la esigenza che tali limitazioni siano stabilite in modo chiaro e prevedibile (v., ad es., Faltejsek c. Rep. Ceca, 15 agosto 2008)»).
Partendo da tale notazione, la Corte ha avuto buon gioco a definire l'inesistenza della notificazione (configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell'atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile quell'atto, con la conseguenza per la quale «l'inesistenza non è, dunque, in senso stretto, un vizio dell'atto più grave della nullità, poiché la dicotomia nullità/inesistenza va, alla fine, ricondotta alla bipartizione tra l'atto e il non atto»). E ha quindi ben chiarito, quanto alla procedura di notificazione, che gli elementi costitutivi imprescindibili di tale procedimento debbano essere individuati: «a) nell'attività di trasmissione, che deve essere svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere l'attività stessa, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall'ordinamento, in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita: restano, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l'atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, sì da dover reputare la notifica meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa».
La conseguenza di tali premesse è che in presenza di tali ultimi requisiti, la procedura di notificazione debba essere ritenuta idonea ai fini della riconoscibilità dell'atto come notificazione, essendo «sufficienti a integrare la fattispecie legale minima della notificazione, rendendo qualificabile l'attività svolta come atto appartenente al tipo previsto dalla legge».
Appare pertanto corretta la conclusione della Corte d'Appello di Bari, poiché l'invio a mezzo posta elettronica certificata, sia pure in assenza di relazione di notificazione, e di attestazione di conformità, ha integrato comunque la trasmissione da parte di un soggetto qualificato, di un atto giudiziario, con la consegna al destinatario. Non può pertanto farsi rientrare la irregolarità nella categoria della inesistenza della notificazione, bensì correttamente in quella della nullità. A questo scopo appare convincente il rilievo basato sull'art. 11 della l. n. 53/1994, laddove è prevista come ipotesi di nullità non solo la mancanza dei requisiti soggettivi ed oggettivi previsti, ma anche la inosservanza delle disposizioni della stessa legge, tra i quali certamente rientrano quelli dettati dall'art. 3-bis richiamati in precedenza. D'altra parte non può ipotizzarsi la irrilevanza delle irregolarità, sul presupposto della consegna al destinatario dell'atto giudiziario, comunque avvenuta. Se tale conclusione merita di essere condivisa laddove le irritualità siano prive di reale significato lesivo del diritto di difesa del destinatario della notificazione, non potrebbe giungersi ad analoga conclusione a fronte della mancanza della relazione di notificazione, e della mancanza di attestazione di conformità dell'atto trasmesso con l'originale dal quale esso è stato tratto. Vengono in questi casi all'attenzione profili di indubbio rilievo, che non consentirebbero alla controparte non solo di avere sicura consapevolezza della evocazione in giudizio, ma anche di avere certezza formale della conformità all'originale dell'atto ricevuto. Quest'ultimo aspetto, evidentemente, inciderebbe poi sulle scelte difensive, e in quanto tale non potrebbe essere sminuito nella sua portata lesiva del diritto di difesa, salva la sanatoria ove ne ricorrano gli estremi.
Conclusioni I riflessi immediati delle notifiche degli atti giudiziari attengono al rispetto del principio del contraddittorio, e quindi del diritto di difesa. Se la notificazione non può essere intesa come necessità di conoscenza effettiva, ma solo legale degli atti, nondimeno le verifiche necessarie appaiono funzionali alla diretta tutela dei diritti delle parti processuali. Si tratta pertanto di controlli da porre in essere con cura, anche tenendo conto delle conseguenze processuali di eventuali nullità non sanate in primo grado, laddove l'art. 354 c.p.c. prevede, tra le ipotesi di rimessione al primo giudice, la dichiarazione di nullità della notificazione della citazione introduttiva. Guida all'approfondimento
- PUNZI Carmine, voce Notificazione (dir. proc. civ.), XXVII, Milano, 1978; - COSSIGNANI Fabio, Il tempo delle notificazioni telematiche e la ‘‘conciliazione delle opposte esigenze'', 2018, 3, 617; - BONAFINE Alessio, La notifica telematica e la (ir)ragionevole applicabilità dell'art. 147 c.p.c., 2018, 2, 348; - CIRIELLO Antonella, CALORIO Pietro, Notifica in proprio a mezzo PEC (PCT), 24 Febbraio 2015, in ilprocessotelematico.
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