Permesso di soggiorno per motivi umanitari: la nuova disciplina non è retroattiva

Redazione scientifica
06 Marzo 2019

Le modifiche alla disciplina del permesso di soggiorno per motivi umanitari apportate dal d.l. n. 113/2018 non trovano applicazione in relazione alle domande proposte prima dell'entrata in vigore della legge di conversione n. 132/2018 (il 5 ottobre 2018). In tali casi, le domande dovranno essere scrutinate secondo la normativa esistente al momento della loro presentazione.

Questo il principio affermato dalla prima sezione civile della Cassazione, in relazione alla decorrenza degli effetti della normativa introdotta dal c.d. decreto sicurezza (d.l. n. 113/2018).

In particolare, lo scrutinio dei Supremi Giudici, sollecitato dall'impugnazione di una sentenza del tribunale di Napoli, riguarda la parte del decreto che modifica la disciplina del permesso di soggiorno per motivi umanitari, sostituendola con la previsione di speciali categorie di permessi di soggiorno. Viene dunque confermato il rigetto delle domande di protezione internazionale ed umanitaria proposte da un cittadino della Guinea in relazione alla situazione economica e dei conflitti familiari in patria, essendo risultato infruttuosa la deduzione circa l'omesso scrutinio delle condizioni di vulnerabilità che avrebbero potuto determinare il riconoscimento delle ragioni umanitarie.

Le modifiche previste dal decreto sicurezza. Posto che, durante la pendenza del procedimento dinanzi alla Cassazione, è intervenuto il d.l. n. 113/2018 convertito con modificazioni dalla l. n. 132/2018, in vigore dal 5 ottobre 2018, la Corte analizza le modifiche apportate alla disciplina del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie che «pongono in luce la rilevante diversità, peraltro coerente all'affermata intentio legis declinata nella relazione illustrativa, tra il sistema della protezione umanitaria incentrato sull'art. 5, comma 6, d.lgs. n. 286/1998 e l'attuale, fondato sulla specialità e tipizzazione dei permessi, che proprio dall'eliminazione di questa norma prende le mosse».

Si rende dunque necessario accertare se tale nuovo sistema normativo possa essere immediatamente applicabile anche ai giudizi ed ai procedimenti amministrativi in itinere.

Il principio. In virtù del principio dell'irretroattività della legge sostanziale e del costante orientamento della giurisprudenza di legittimità che colloca il diritto al riconoscimento del permesso umanitario nel campo dei diritti fondamentali della persona appartenenti al catalogo dei diritti umani, la Suprema Corte giunge ad affermare il principio di diritto secondo cui «la normativa introdotta con il d.l. n. 113/2018, convertito nella l. n. 132/2018, nella parte in cui ha modificato la preesistenza disciplina del permesso di soggiorno per motivi umanitari dettata dall'art. 5, comma 6, d.lgs. n. 286/1998 e dalle altre disposizioni consequenziali, sostituendola con la previsione di casi speciali di permessi di soggiorno, non trova applicazione in relazione alle domande di riconoscimento di un permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell'entrata in vigore (5/10/2018) della nuova legge, le quali saranno pertanto scrutinate sulla base della normativa esistente al momento della loro presentazione. Tuttavia in tale ipotesi, all'accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari sulla base dei presupposti esistenti prima dell'entrata in vigore del d.l. n. 113/2018, conv. nella l. n. 132/2018, farà seguito il rilascio da parte del questore di un permesso di soggiorno contrassegnato dalla dicitura “casi speciali” e soggetto alla discipline e all'efficacia temporale prevista dall'art. 1, comma 9, di detto decreto legge».

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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