Rilevanza delle condotte estranee e precedenti all'attività lavorativa ai fini dell'integrazione della giusta causa di licenziamento

Sabrina Apa
11 Marzo 2019

Le condotte extralavorative che possono assumere rilievo ai fini dell'integrazione della giusta causa afferiscono non alla sola vita privata in senso stretto, bensì a tutti gli ambiti nei quali si esplica la personalità del lavoratore e non devono essere necessariamente successive all'instaurazione del rapporto...

Il caso. La Corte d'appello di Reggio Calabria aveva respinto l'appello proposto dal lavoratore avverso la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva ritenuto legittimo il licenziamento intimato dalla s.p.a. E.T.r., alla quale era poi subentrata l'Equitalia Sud s.p.a.

Il dipendente era stato licenziato una prima volta il 21 luglio 2006, aveva impugnato il licenziamento ed il Tribunale di Palmi aveva accertato l'illegittimità del recesso. Le parti avevano quindi composto la lite con verbale di conciliazione con il quale avevano convenuto l'assunzione ex nunc del lavoratore, il riconoscimento dell'anzianità convenzionale nonché il pagamento di una somma a titolo di transazione novativa e di rimborso delle spese legali.

Poiché il licenziamento si fondava su fatti che erano stati oggetto di denuncia penale per i delitti di frode informatica e di accesso abusivo a sistema informatico, le parti avevano convenuto che in relazione al nuovo rapporto di lavoro non avrebbero prodotto effetti gli esiti del processo penale in corso, limitatamente ai fatti “analiticamente esposti nella contestazione disciplinare datata 15 maggio 2006”.

Successivamente il lavoratore era stato raggiunto da ordinanza di custodia cautelare e la società, dopo averlo sospeso dal servizio, aveva avviato il procedimento disciplinare in relazione alle condotte oggetto di indagine penale, diverse da quelle alle quali si riferiva la precedente contestazione.

Il giudice d'appello di Reggio Calabria nella sentenza impugnasta aveva escluso che la transazione novativa potesse impedire di avviare il procedimento disciplinare e di irrogare la sanzione espulsiva, posto che gli obblighi assunti con il verbale di conciliazione si riferivano solo alla frode informatica. La società, infatti, in sede conciliativa non poteva vincolarsi in relazione a fatti che alla stessa non erano ancora noti.

Il lavoratore propone ricorso in cassazione.

Rilevanza delle condotte estranee e precedenti all'attività lavorativa ai fini dell'integrazione della giusta causa di licenziamento. Da tempo la Suprema Corte ha affermato che è ravvisabile una giusta causa di licenziamento ogniqualvolta venga irrimediabilmente leso il vincolo fiduciario che è alla base del rapporto, perché il datore di lavoro deve poter confidare sulla leale collaborazione del prestatore e sul corretto adempimento delle obbligazioni che dal rapporto scaturiscono a carico di quest'ultimo.

La fiducia, che è fattore condizionante la permanenza del rapporto, può essere compromessa, non solo in conseguenza di specifici inadempimenti contrattuali, ma anche in ragione di condotte extralavorative che, seppure tenute al di fuori dell'azienda e dell'orario di lavoro e non direttamente riguardanti l'esecuzione della prestazione, nondimeno possono essere tali da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra le parti qualora abbiano un riflesso, sia pure soltanto potenziale ma oggettivo, sulla funzionalità del rapporto e compromettano le aspettative d'un futuro puntuale adempimento dell'obbligazione lavorativa, in relazione alle specifiche mansioni o alla particolare attività.

Se, dunque, la giusta causa è ravvisabile anche in relazione a fatti estranei all'obbligazione contrattuale, purché idonei ad incidere sul vincolo fiduciario, "a maggior ragione assume rilevanza ai suddetti fini la condotta tenuta dal lavoratore in un precedente rapporto, tanto più se omogeneo a quello in cui il fatto viene in considerazione". In tal caso, infatti, pur non potendo configurarsi un illecito disciplinare in senso stretto, che presuppone l'inadempimento degli obblighi scaturenti dal contratto e, quindi, che il rapporto sia già in atto, può essere comunque ravvisata una giusta causa di licenziamento, atteso che quest'ultima, ai sensi dell'art. 2119, c.c., e l. n. 604 del 1966, art. 1, non si riferisce solo alla condotta ontologicamente disciplinare, ma anche a quella che, seppure estranea al rapporto lavorativo, nondimeno si riveli incompatibile con il permanere di quel vincolo fiduciario sul quale lo stesso si fonda.

In altri termini le condotte extralavorative che possono assumere rilievo ai fini dell'integrazione della giusta causa afferiscono non alla sola vita privata in senso stretto, bensì a tutti gli ambiti nei quali si esplica la personalità del lavoratore e non devono essere necessariamente successive all'instaurazione del rapporto, sempre che si tratti di comportamenti appresi dal datore dopo la conclusione del contratto e non compatibili con il grado di affidamento richiesto dalle mansioni assegnate al dipendente e dal ruolo da quest'ultimo rivestito nell'organizzazione aziendale.

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