Espropriazione immobiliare fondata su credito fondiario

Pasqualina Farina
12 Marzo 2019

Per comprendere il rapporto intercorrente tra creditore fondiario ed espropriazione forzata occorre muovere dalla premessa che nel nostro ordinamento la tutela individuale del credito è incompatibile con i principi fondamentali dell'esecuzione concorsuale.
Inquadramento

Per comprendere il rapporto intercorrente tra creditore fondiario ed espropriazione forzata occorre muovere dalla premessa che nel nostro ordinamento la tutela individuale del credito è incompatibile con i principi fondamentali dell'esecuzione concorsuale. Ed in particolare con:

a) il divieto posto dall'art. 51 l.fall di iniziare o proseguire azioni individuali, esecutive o cautelari, nei confronti del debitore assoggettato a fallimento;

b) la regola del concorso «formale», di cui al secondo comma dell'art. 52 l.fall., ove si dispone che l'accertamento di ogni credito o di altro diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare, nei confronti del fallito, deve essere compiuto nel rispetto delle norme del capo quinto della legge propria del fallimento;

c) il concorso «sostanziale» di cui all'art. 2741, comma 1, c.c., che garantisce a tutti i creditori «eguale diritto ad essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione».

Il legislatore ha inteso così impedire ai creditori (che abbiano intenzione di intraprendere o già intrapreso azioni esecutive) di acquisire posizioni di vantaggio, con conseguente violazione non solo del principio della par condicio, ma anche degli artt. 3 e 24 Cost..

Se poi si considera che il concorso formale e quello sostanziale sono caratterizzati dalla medesima ratio (tutti i creditori «concorsuali» per essere ammessi alla procedura e divenire «concorrenti» in sede di distribuzione devono rispettare le regole ed i meccanismi endofallimentari di riconoscimento dei crediti); e che per mezzo dell'art. 52 l.fall. il sistema fallimentare recepisce la disposizione di carattere generale di cui all'art. 2741 c.c. (consentendo al singolo creditore concorsuale di realizzare il proprio diritto soltanto se in concorso con tutti gli altri), si deve giocoforza riconoscere che esecuzione singolare e fallimento hanno ad oggetto situazioni giuridiche parzialmente diverse: la prima assicura la realizzazione del diritto di credito, mentre la seconda l'attuazione del diritto al concorso.

Le eccezioni all'art. 51 l. fall.

Il divieto contenuto nell'art. 51 l.fall. patisce alcune eccezioni.

La prima riguarda i creditori muniti di pegno o assistiti dal diritto di ritenzione privilegiata ex artt. 2756 e 2761 c.c. sui crediti per prestazioni e spese sostenute per la conservazione o per il miglioramento dei beni mobili ed i crediti del depositario, del sequestratario, del mandatario e del vettore, fintanto che il bene si trovi presso costoro. A questa categoria di soggetti l'art. 53 l.fall. consente di realizzare i rispettivi crediti anche dopo la dichiarazione di fallimento, purché ammessi al passivo.

La seconda e ben più significativa eccezione è quella dettata dall'art. 41, comma 2, Tub che permette al creditore fondiario di esercitare l'azione esecutiva in pendenza della procedura fallimentare e riconosce a quest'ultimo un vero e proprio privilegio processuale. Segnatamente tale creditore può conseguire l'assegnazione di una somma, di importo pari al proprio credito, ricavata dalla vendita forzata del bene, senza rimettere al curatore la somma conseguita in sede esecutiva. Ad un tempo va escluso che le peculiarità dell'espropriazione per credito fondiario conducano a classificare quest'ultima come un'esecuzione speciale - rispetto a quella ordinaria.

Nessun addentellato di diritto positivo giustifica, inoltre, il privilegio processuale del creditore fondiario in procedure diverse dal fallimento e dalla liquidazione coatta amministrativa, così come riconosciuto dalla giurisprudenza in forza del rinvio contenuto dall'art. 201 l.fall. all'art. 51 su richiamato.

In evidenza

La disposizione dettata dall'art. 42, comma 2, del R.d. n. 646/1905 sul credito fondiario «trova integrale applicazione nella liquidazione coatta amministrativa, (...), in forza del richiamo di cui al successivo art. 201 della medesima legge, e, pertanto, pure sugli immobili acquisiti a detta liquidazione, deve ritenersi consentito agli istituti di credito fondiario di promuovere e proseguire l'espropriazione individuale, in base all'ipoteca iscritta a garanzia di mutuo»: di quest'avviso Cass. civ., 7 giugno 1988, n. 3847.

In questo stato di cose si deve ritenere che il potere del creditore fondiario di intraprendere o proseguire azioni esecutive individuali non sussiste in costanza di amministrazione straordinaria delle grandi imprese, amministrazione controllata, concordato preventivo e procedure di cui alla legge sovraind.

I rapporti tra la procedura fallimentare e l'espropriazione per credito fondiario

Per quanto concerne i rapporti tra l'esecuzione per credito fondiario e la procedura concorsuale si era posto, in passato, il problema dell'onere della preventiva insinuazione al passivo da parte di tale creditore. Dopo anni di incertezze, la Suprema Corte ha definitivamente escluso che le disposizioni sul credito fondiario comportino una deroga alla regola di esclusività della verifica fallimentare posta dall'art. 52 l.fall.; è stato, difatti, rilevato che il rispetto di questo principio non era assicurato dall'intervento del curatore nella procedura individuale. Da qui la necessità di riconoscere, per un verso, carattere provvisorio all'assegnazione della somma al creditore fondiario e, per altro verso, di onerarlo della insinuazione al passivo (Cass. civ., 17 dicembre 2004, n. 23572).

L'indirizzo della Cassazione è stato recepito dal terzo comma dell'art. 52 l.fall. laddove, dopo le innovazioni apportate dal d.lgs. n. 169/2007, si stabilisce espressamente che ogni credito, ancorché «munito di diritto di prelazione o trattato ai sensi dell'articolo 111, primo comma, n. 1», come pure ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare, deve essere accertato dal giudice delegato in sede di verifica dei crediti; e ciò anche per i crediti esentati dal divieto di cui all'art. 51 l.fall..

Da questa impostazione (sulla quale riposano anche le disposizioni fallimentari in tema di ripartizione, ex art. 110, comma 1, l.fall. e di intervento del curatore nelle procedure esecutive, art. 107, comma l.fall.), si desume la soggezione dell'esecuzione individuale all'accertamento dei crediti e dei privilegi ed al subprocedimento di ripartizione della somma ricavata.

Il potere del creditore fondiario di intraprendere/proseguire l'espropriazione in costanza di fallimento va ricondotto, dunque, ad un mero privilegio processuale temporale, che non gli consente di sottrarsi al concorso formale, né a quello sostanziale con gli altri creditori. A conferma di tale assunto va richiamato l'art. 41, comma 2, Tub laddove prevede che «la somma ricavata dall'esecuzione, eccedente la quota che in sede di riparto risulta spettante alla banca, viene attribuita al fallimento».

Ma v'è di più. Se in passato il giudice dell'esecuzione non poteva attribuire alcuna somma, neppure in via provvisoria, al creditore fondiario il cui privilegio fosse stato negato dal giudice delegato (in sede di ammissione al passivo del fallimento) ed il curatore poteva richiedere la restituzione delle somme eventualmente incassate, oggi la giurisprudenza è giunta ad affermare che l'ammissione al passivo integra il fatto costitutivo sia dell'attribuzione provvisoria, sia del diritto del creditore fondiario di trattenere definitivamente le somme provvisoriamente percepite a titolo di anticipazione.

Da un punto di vista pratico-applicativo, questa interpretazione conduce ad affermare che il creditore fondiario deve provare la sussistenza del privilegio processuale, pur in mancanza dell'intervento del curatore nella procedura esecutiva; dal proprio canto il curatore è sempre legittimato, nonostante la rilevabilità d'ufficio, a dedurre e contestare il mancato recepimento in sede esecutiva dell'accertamento in sede fallimentare (Cass. civ., 28 settembre 2018, n. 23482. Sul punto ci si limita a segnalare che in passato si riteneva che il curatore in caso di mancata ammissione al passivo del fondiario dovesse necessariamente proporre opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c.: Cass. civ., 2 ottobre 2003, n. 14675, in Foro it., 2003, I, 3291; Cass. civ., 19 agosto 2003, n. 12115, in Riv. es. forz., 2004, 462.).

Laddove poi il giudice delegato non si sia ancora pronunciato sulla domanda di ammissione al passivo, il giudice dell'esecuzione dovrebbe rinviare, ex art. 487 c.p.c., l'udienza di approvazione del progetto di distribuzione.

Nessun dubbio però che, nonostante tale interpretazione restrittiva, in capo al creditore fondiario permangano comunque una serie di vantaggi determinati dall'art. 41 Tub.

Tant'è che: a) al creditore fondiario è provvisoriamente assegnato il ricavato della vendita nei limiti di quanto ammesso al passivo in via ipotecaria, senza che in sede esecutiva possano configurarsi contestazioni sull'assegnazione provvisoria delle somme operata in forza della verifica del passivo; b) sia il custode dell'immobile pignorato/l'amministratore giudiziario, sia il curatore fallimentare versano direttamente all'istituto di credito le rendite del bene gravato dalla garanzia; c) l'aggiudicatario può subentrare nel contratto di finanziamento fondiario originariamente stipulato dal debitore, senza necessità di autorizzazione del giudice dell'esecuzione

Altro apporto innovativo fornito dalla pronuncia della Cassazione del 2018 deve individuarsi nel fatto che alla provvisorietà dell'attribuzione delle somme al fondiario non consegue l'irrilevanza, in sede di esecuzione individuale degli accertamenti e della graduazione operati dal giudice delegato; l'attribuzione provvisoria deve, dunque, essere effettuata dal giudice dell'esecuzione alla luce della graduazione già disposta in sede fallimentare, anche al fine di limitare eventuali successive azioni restitutorie.

In evidenza

Tra i crediti che il curatore può astrattamente far valere nella procedura esecutiva intrapresa/proseguita dal fondiario che trovano collocazione anteriore all'ipoteca, vanno comprese, ex artt. 111-bis, comma 3 e 111-ter, comma 3, l.fall., le spese della procedura fallimentare, tra cui l'Imu quale spesa specifica gravante sull'immobile ed il compenso pro quota del curatore, quale spesa di carattere generale da ripartire proporzionalmente su tutti i beni; sia i privilegi immobiliari che, in forza del comma 2 dell'art. 2748 c.c., sono preferiti ai crediti ipotecari, salva diversa disposizione di legge: così Cass. civ., 18 settembre2018, n. 23482.

Segnatamente, tale interpretazione costituisce un rimedio per la curatela che per ottenere le somme di sua spettanza in sede di riparto, a fronte del rifiuto dell'istituto di credito, sarebbe costretta ad agire per la ripetizione dell'indebito oggettivo ex art. 2033 c.c..

Riassumendo: il coordinamento fra esecuzione individuale e collettiva è quindi assicurato attribuendo natura provvisoria all'assegnazione in sede esecutiva e correlativamente imponendo al creditore l'onere d'insinuarsi al passivo del fallimento per conseguire il risultato dell'esecuzione, condizionato all'insussistenza di crediti prededucibili o muniti di cause di prelazione di grado superiore, e con l'obbligo di restituzione alla massa delle somme ottenute in eccesso rispetto a quelle riconosciute nel riparto fallimentare.

Con riferimento alle spese specifiche autorizzate in ambito fallimentare, quali IMU/ICI o oneri condominiali, è sufficiente l'autorizzazione al pagamento del giudice delegato anche alla luce del richiamato art. 111-ter l.fall..

Al riguardo va, inoltre, segnalato che eventuali contestazioni da parte del curatore sulla effettiva prevalenza del credito autorizzato dal giudice delegato trovano la propria sede naturale nella procedura fallimentare dove possono sempre essere contestate a norma dell'art. 26 l.fall..

In altre parole si può affermare che se è vero che il g.e. soggiace alle graduazioni operate dal g.d., al fondiario non sono consentite eventuali contestazioni ex art. 512 c.p.c., salvo per denunciare che il g.e. non si è uniformato alla graduazione effettuata dal giudice delegato.

Discorso differente va fatto per il compenso del curatore che: a) tiene conto di una quota parte sull'immobile pignorato e di una parte per le spese generali; e b) è liquidato – a norma dell'art. 39 l.fall. – con decreto del tribunale non soggetto a reclamo. Solo davanti al decreto collegiale di liquidazione il giudice dell'esecuzione deve, dunque, stornare il compenso del curatore dalla somma da versare al creditore fondiario.

Sullo sfondo rimane poi il rilievo – difficilmente superabile – che la liquidazione del compenso del curatore presuppone che egli abbia già provveduto al riparto parziale; da qui il rilievo che in questo caso non possa affatto parlarsi di provvedimento di «graduazione implicita». In altri termini per la liquidazione del compenso non si può prescindere dalla disciplina dell'art. 39, comma 3, ultima parte, l.fall., in forza del quale «salvo non ricorrano giustificati motivi, ogni acconto (…) deve essere preceduto dalla presentazione di un progetto di ripartizione parziale».

L'evoluzione della disciplina nel nuovo Codice della crisi delle imprese

L'art. 7, comma 4, lett. a) della legge delega al Governo, volta a riformare la disciplina della crisi delle imprese e dell'insolvenza escludeva l'operatività delle esecuzioni speciali e dei privilegi processuali, anche fondiari, a partire dal secondo anno successivo all'entrata in vigore del decreto legislativo. Il Governo nello schema di decreto legislativo recante il codice della crisi e dell'insolvenza non ha invece esercitato la delega su tale principio.

Al riguardo va considerato che l'art. 150 del d.lgs. adotta la medesima formulazione dell'attuale art. 51 l.fall., in forza del quale «Salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale nessuna azione individuale esecutiva o cautelare anche per crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nella procedura». Ad un tempo, l'art. 151 ribadisce che «Ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o prededucibile, nonché ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare, deve essere accertato secondo le norme stabilite dal capo III del presente titolo, salvo diverse disposizioni della legge.
 Le disposizioni del comma 2 si applicano anche ai crediti esentati dal divieto di cui all'articolo 150».

Resta, infine, da dire che per il creditore fondiario non sembra operare il divieto di iniziare o proseguire le azioni esecutive nemmeno nella nuova disciplina della liquidazione controllata; ciò in quanto le disposizioni di cui agli artt. 150 e 151 sono espressamente richiamate dall'art. 270, comma 5 del nuovo codice della crisi.

Riferimenti
  • A. Auletta, La Cassazione e il decalogo dei rapporti fra esecuzione individuale fondiaria e fallimento, in www.inexecutivis.it;
  • P. Farina, L'aggiudicazione nel sistema delle vendite forzate, Napoli 2012,439 ss.;
  • S. Leuzzi, Appunti sistemici sui rapporti convulsi fra esecuzione fondiaria e fallimento (alla luce di un recente “arrêt della Corte di Cassazione), in www. ilfallimentarista.it.;
  • G.B. Nardecchia, Accertamento, quantificazione e graduazione del credito fondiario: l'intervento del curatore nell'esecuzione individuale
, in Il fall., 2018, 1393;
  • A. Penta, I rapporti tra esecuzione concorsuale ed esecuzione individuale. Il credito fondiario, in Dir. fall., 2010 286 ss.;
  • M. Piras, I rapporti tra esecuzione fondiaria e fallimento, in Dir. fall., 2016, 576 ss..

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