Configurabilità del rapporto di pubblico impiego

Sabrina Apa
14 Marzo 2019

Ai fini della qualificabilità come rapporto di pubblico impiego di un rapporto di lavoro prestato alle dipendenze di un ente pubblico non economico, rileva che il dipendente risulti effettivamente inserito nella organizzazione pubblicistica ed adibito ad un servizio rientrante nei fini istituzionali dell'ente pubblico, non rilevando in senso contrario l'assenza di un atto formale di nomina, né che si tratti di un rapporto a termine, e neppure che il rapporto sia affetto da nullità per violazione delle norme imperative sul divieto di nuove assunzioni...

Il caso. La Corte d'appello di Cagliari, in parziale accoglimento dell'appello proposto dalla lavoratrice nei confronti della sentenza del Tribunale di Tempio Pausania aveva condannato in solido la Provincia di Olbia-Tempio e la Provincia di Sassari al versamento dei contributi previdenziali “da determinarsi sulle somme corrisposte in favore dell'appellante”.

La Corte territoriale aveva ritenuto che l'attività lavorativa svolta dalla appellante presso il Centro dell'impiego delle due province, qualificata dalla P.A. quale lavoro a progetto, si era atteggiata nel concreto secondo lo schema della subordinazione.

I giudici di appello, rilevato che la lavoratrice, in sede di gravame, aveva rinunciato alla domanda volta all'accertamento della conversione dei rapporti di lavoro a progetto in un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e richiamato l'art. 2126, c.c., aveva accolto la domanda volta alla condanna degli Enti al versamento dei contributi previdenziali.

Configurabilità del rapporto di pubblico impiego. La Suprema Corte ha reiteratamente affermato che “ai fini della qualificabilità come rapporto di pubblico impiego di un rapporto di lavoro prestato alle dipendenze di un ente pubblico non economico, rileva che il dipendente risulti effettivamente inserito nella organizzazione pubblicistica ed adibito ad un servizio rientrante nei fini istituzionali dell'ente pubblico, non rilevando in senso contrario l'assenza di un atto formale di nomina, né che si tratti di un rapporto a termine, e neppure che il rapporto sia affetto da nullità per violazione delle norme imperative sul divieto di nuove assunzioni”.

È stato anche affermato che la sussistenza dell'elemento della subordinazione nell'ambito di un contratto di lavoro va correttamente individuata sulla base di una serie dì indici sintomatici, comprovati dalle risultanze istruttorie, quali la collaborazione, la continuità della prestazione lavorativa e l'inserimento del lavoratore nell'organizzazione aziendale, da valutarsi criticamente e complessivamente, con un accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità.

Nel caso in esame la Suprema Corte osserva che la Corte territoriale ha, in maniera chiara e lineare, spiegato che l'obbligo di versamento della contribuzione previdenziale ed assistenziale discende dall'art. 2126, c.c., in conseguenza dell'avvenuto svolgimento alle dipendenze della P.A. di un rapporto di lavoro che si era connotato di fatto in termini di subordinazione e non di autonomia.

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