Il lodo può essere impugnato per incompetenza degli arbitri, anche da chi non ha partecipato al giudizio arbitrale

Ilaria Pietroletti
18 Marzo 2019

L'eccezione di incompetenza dell'arbitro di cui all'art 817, comma 2, c.p.c., al di là dell'ipotesi di nullità della clausola compromissoria per vizio suo proprio e genetico, relativo ad una ipotesi di controversia non arbitrabile, è da considerarsi quale eccezione di rito in senso stretto e come tale incontra il limite temporale indicato dall'art. 817, comma 3, c.p.c., solo per la parte che ha partecipato al relativo giudizio arbitrale, e non per quella parte che, rimasta assente, in sede di impugnazione del lodo, contesti in radice che la lite sia devolvibile agli arbitri.

Con la sentenza n. 5824 del 28.2.2019, la terza sezione civile della Corte di Cassazione è intervenuta in tema di arbitrato rituale, facendo luce sulla natura dell'eccezione di incompetenza degli arbitri e sulle preclusioni dettate dall'art. 817 c.p.c., commi 2 e 3.

Il caso. La questione in fatto nasce nell'anno 2004, quando viene sottoscritto in Ronchi di Massa un contratto di locazione di ramo d'azienda, avente ad oggetto un bar-ristorante, ove, all'art. 18, le parti inseriscono una clausola compromissoria con la quale devolvono ogni controversia nascente dal rapporto di locazione ad un arbitro unico.

A distanza di quattro anni, alla presenza dei rispettivi legali, gli stessi contraenti rinunciano alla suddetta clausola, pattuendo di devolvere ogni possibile controversia inerente all'interpretazione, applicazione ed esecuzione del contratto alla competenza del Tribunale di Massa.

Il 2.3.2010, la conduttrice cita in giudizio la locatrice, innanzi al suddetto Tribunale di Massa, per chiedere la risoluzione del rapporto ex art. 1453 c.c., assumendo la non fruibilità del bene, a causa di un grave dissesto dell'immobile, che aveva già comportato la sospensione dei pagamenti del canone. Successivamente, in data 21.9.2010, alla ricorrente viene notificato il lodo arbitrale del 12.4.2010, emesso a seguito di un procedimento arbitrale promosso dalla locatrice e nel quale essa conduttrice era rimaste assente.

Il lodo è stato impugnato dalla conduttrice innanzi alla Corte di merito di Genova, per inesistenza o nullità, ex art. 829, comma 1, c.p.c., per incompetenza degli arbitri, in forza della modifica contrattuale intervenuta nel 2008.

La decisione di merito. Con sentenza n. 1125/2016, la Corte di appello ha respinto il gravame, ritenendo che la parte avrebbe dovuto eccepire nell'ambito del procedimento arbitrale, come prima eccezione, l'incompetenza dell'arbitro nominato.

Avverso tale pronuncia è stato interposto ricorso in cassazione affidato a due motivi di diritto: 1. La violazione degli artt. 817, comma 3, e 829, n. 1, c.p.c., ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.; 2. La violazione dell'art. 360 n. 3 in relazione all'art. 817, comma 3, e all'art. 829, n. 1, c.p.c..

Il giudizio di legittimità. La Suprema Corte ha trattato i motivi congiuntamente e li ha ritenuti meritevoli di accoglimento.

Ciò perché giurisprudenza e dottrina concordano nella visione “paragiurisdizionale” del procedimento per arbitrato rituale, tale da ritenere che, nel giudizio ordinario, l'eccezione di compromesso deve ricomprendersi, a pieno titolo, nel novero di quelle di rito.

Sicché, mentre la questione di invalidità, come di inesistenza, della clausola compromissoria per arbitrato rituale è un'eccezione processuale rilevabile anche d'ufficio, funzionale all'accertamento di un error in procedendo, ove il vizio denunciato non investa la validità della clausola arbitrale o, comunque, la devolvibilità della controversia ad arbitri, la fattispecie è da ricondurre alla previsione dell'art. 829, comma 1, n. 4, c.p.c., ovverosia, al superamento, da parte degli arbitri, dei limiti loro imposti dal compromesso – come nel caso di specie -.

Tale ultima ipotesi non è, pertanto, rilevabile d'ufficio ma deve essere proposta nei limiti dettati dall'art. 817, comma 3, c.p.c., ovvero, come prima difesa, nel medesimo giudizio arbitrale.

Tuttavia, tale preclusione non opera per la parte che non ha partecipato all'arbitrato, posto che non vi è nessuna norma che equipara il giudizio arbitrale a quello giurisdizionale in contumacia: pertanto, qualora una delle parti contesti in radice che la lite sia arbitrabile e, quindi, rifiuti di partecipare al procedimento di arbitrato, non opera l'art. 817, comma 3, c.p.c. e può adire il giudice ordinario perché accerti che il lodo è inefficace o inesistente nei suoi confronti.

Ciò premesso, la Suprema Corte ha accolto il ricorso e rimesso gli atti alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, anche per le spese.

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it