Brevi note sulla nuova class action

19 Aprile 2019

Il legislatore è intervenuto con l'ambizioso progetto di disciplinare in maniera sistematica l'azione di classe nel nostro ordinamento giuridico, mediante l'introduzione, nell'ambito del codice di procedura civile, del nuovo titolo VIII-bis, del libro quarto, che contempla, con gli artt. 840-bis–840-sexiesdecies c.p.c. La scelta denota la volontà di generalizzare e regolare in modo tendenzialmente compiuto questa forma di tutela rispetto all'assetto sinora vigente costituito, essenzialmente, dall'art. 140-bis del d.lgs. n. 206/2005, cd. codice del consumo.
Ambito applicativo

L'obiettivo è quello di consentire ai soggetti che abbiano subito danni analoghi a quelli di altri, per effetto della condotta di una medesima impresa, e per la tutela di ciascuno dei quali la proposizione di un'azione individuale potrebbe essere “antieconomica”, di agire in giudizio mediante un'organizzazione o un'associazione senza scopo di lucro ovvero aderendo all'azione proposta da un altro soggetto della classe. Il sistema che è stato congegnato dalle nuove previsioni normative appare un ibrido tra quello dell'opt-in e quello dell'opt-out. Invero, è opportuno a riguardo ricordare che due sono, essenzialmente, i sistemi attraverso i quali viene esercitata in tali sistemi l'azione in questione, ovvero: a) il sistema dell'opt-in, nel quale gli effetti si producono solo nei confronti dei soggetti che hanno proposto l'azione o vi hanno aderito; b) il sistema dell'opt-out ove gli effetti si manifestano nei confronti di tutti gli appartenenti alla classe, salvo quelli che dichiarino espressamente di dissociarsi dall'azione. La natura ibrida dell'assetto attuale deriva dalla circostanza che l'appartenente a ciascuna classe non si considera ex se aderente se non manifesta una volontà contraria, in quanto è tenuto a prestare espressamente adesione all'azione incardinata, entro i termini previsti in limine litis ovvero a seguito della sentenza sul merito della domanda.

Sotto il profilo soggettivo, l'azione in esame è stata estesa a tutti i soggetti che vogliano tutelare mediante la stessa diritti individuali omogenei, a prescindere, quindi, dalla circostanza che rivestano la qualità di consumatori o utenti. La nozione di diritti individuali omogenei appare invece riconducibile a quella che era già stata intesa, da autorevole dottrina, con riferimento all'art. 140-bis del codice del consumo, in termini di situazioni giuridiche soggettive attribuite ai membri di una classe, nella quale i diritti dei singoli sono diversi e distinti, ma dipendono tutti da una comune questione di fatto o diritto capace di rendere possibile un provvedimento giurisdizionale di contenuto uniforme ed i cui elementi caratterizzanti, ai fini della tutela collettiva, sono i requisiti dell'origine comune e dell'omogeneità, come preminenza delle questioni comuni o collettive su quelle individuali (Santangeli – Parisi, 1 ss.; cfr. anche A.D. De Santis, 586 ss.). La condotta illecita lesiva delle situazioni giuridiche soggettive omogenee deve essere la medesima, avente, quindi, carattere plurioffensivo (Scognamiglio, 502).

Per altro verso, la circostanza che l'art. 840-bis, comma 2, c.p.c. stabilisca, con un'espressione ampia, che l'azione può essere proposta nei confronti «dell'autore della condotta lesiva per l'accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni» dovrebbe far venire meno le perplessità, sollevate nell'assetto previgente, con riguardo all'operatività dell'azione di classe anche nell'ambito della responsabilità extracontrattuale (in arg. cfr. Scognamiglio, 503).Questa considerazione appare corroborata dalla formulazione del terzo comma della stessa disposizione, laddove prevede che l'azione può essere proposta nei confronti di imprese ed enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità rispetto «ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle rispettive attività».

Procedimento. Fase introduttiva

La competenza sulla domanda per l'azione di classe viene attribuita alla sezione specializzata in materia di impresa, competente per il luogo nel quale ha sede la parte resistente.

Questa scelta normativa desta qualche perplessità specialmente perché le class action, di solito azioni risarcitorie correlate a condotte che si assumono di imprese di grandi dimensioni nei confronti di consumatori ed utenti, sono di una tipologia assolutamente diversa rispetto al contenzioso attribuito alle sezioni specializzate in materia di impresa, riconducibile, essenzialmente, a quello in materia societaria e di proprietà industriale ed intellettuale (rispetto al quale ha creato già difficoltà, in termini di efficienza, l'attribuzione delle cause in tema di appalti sopra-soglia delle quali siano parti società). Il procedimento, in quanto regolato nelle forme di quello sommario di cognizione di cui agli artt. 702-bis e ss. c.p.c. (con espresso divieto, tuttavia, di mutamento del rito), deve essere proposto con ricorso. Una prima peculiarità è che tale ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere pubblicato, a cura della cancelleria, nell'area pubblica del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia, per assicurare l'agevole reperibilità delle relative informazioni. Peraltro, decorsi sessanta giorni da tale pubblicazione non possono essere proposte, almeno per i medesimi fatti, ulteriori azioni di classe nei confronti del medesimo resistente.

Segue. Decisione sull'ammissibilità dell'azione

É prevista una prima fase volta a consentire al tribunale una delibazione sull'ammissibilità della domanda: ciò deve avvenire con ordinanza, reclamabile dinanzi alla Corte d'appello, entro il termine (ordinatorio) di trenta giorni dallo svolgimento della prima udienza. L'inammissibilità della domanda può essere dichiarata in una delle quattro ipotesi indicate dall'art. 840-ter, comma 4, c.p.c., ossia: a) quando è manifestamente infondata; b) quando il tribunale non ravvisa omogeneità dei diritti individuali tutelabili ai sensi dell'art. 840-bis; c) quando il ricorrente versa in stato di conflitto di interessi nei confronti del resistente; d) quando il ricorrente non appare in grado di curare adeguatamente i diritti individuali omogenei fatti valere in giudizio. La circostanza che si faccia riferimento ad una decisione sull'ammissibilità della domanda da parte del “tribunale” e che sia prevista la reclamabilità del provvedimento non al collegio bensì alla Corte d'appello potrebbe far ritenere – sebbene si tratti di un'interpretazione che si scontra con le esigenze di economia processuale – che tale decisione debba essere assunta dal collegio. Con riferimento all'analogo provvedimento reso nella vigenza dell'art. 140-bis del codice del consumo, all'esito di un ampio dibattito che aveva coinvolto dottrina e giurisprudenza, le Sezioni Unite della Corte di cassazione avevano affermato che la decisione emessa in sede di reclamo non può tuttavia essere oggetto di ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. (v. Scarpa, Inammissibilità dell'azione di classe e ricorso per cassazione, su www.ilProcessoCivile.it).

L'art. 840-quinquies c.p.c. stabilisce che con l'ordinanza con la quale ammette l'azione di classe il tribunale fissa un termine perentorio, non inferiore a sessanta giorni e non superiore a centocinquanta giorni, dalla pubblicazione dell'ordinanza nel portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia per l'adesione all'azione stessa da parte di soggetti portatori di diritti individuali omogenei.

Si prevede espressamente che l'aderente non assume la qualità di parte e che i diritti dello stesso si sostanziano nel diritto ad accedere al fascicolo informatico ed a ricevere le comunicazioni afferenti il procedimento. Pertanto, l'aderente, come già avveniva nel sistema ex art. 140-bis del d.lgs. n. 206/2005, continua a non essere che parte in senso sostanziale, e non anche processuale, dovendosi così intendere la permanente precisazione, oggi contenuta nel sesto comma dell'art. 840-bis c.p.c. Peraltro, era già stato autorevolmente osservato che un simile assetto solleva perplessità rispetto alla conformità ai principi costituzionali, in quanto viene inibito all'aderente l'esercizio di poteri difensivi, sebbene l'adesione implichi la rinuncia e quindi la consumazione di ogni azione risarcitoria o restitutoria fondata sul medesimo titolo (Punzi, 256).

Segue. Istruttoria

Sul piano procedimentale la fase istruttoria è disciplinata dal terzo comma dell'art. 840-quinquies c.p.c. allo stesso modo di quanto avviene per l'istruttoria nel procedimento sommario di cognizione (sicché la norma appare in parte qua superflua). In pratica, si stabilisce che «il tribunale omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all'oggetto del giudizio».

Nondimeno sono contemplate alcune disposizioni specifiche quanto ai mezzi istruttori esperibili.

Oltre alla possibilità per il giudice di decidere in base a dati statistici ed a presunzioni semplici ed al dovere di porre, di regola, l'acconto del compenso del consulente tecnico d'ufficio a carico del resistente, appare significativo l'ampio potere attribuito al giudice stesso in ordine all'esibizione documentale.

Le ritenute difficoltà della parte attrice, in un procedimento collettivo, di accedere alle prove necessarie alla dimostrazione dei propri assunti in giudizio, in quanto tali prove sono di norma nella disponibilità dell'altra parte, rendono ragione della previsione che, in deroga alla regola generale di cui all'art. 2697 c.c. sul riparto dell'onere probatorio ed in consonanza con il principio di cd. vicinanza della prova, stabilisce che «su istanza motivata del ricorrente, contenente l'indicazione di fatti e prove ragionevolmente disponibili dalla controparte, sufficienti a sostenere la plausibilità della domanda, il giudice può ordinare al resistente l'esibizione delle prove rilevanti che rientrano nella sua disponibilità».

La conseguenza più rilevante dell'inadempimento senza giustificato motivo della parte resistente – che, peraltro, in omaggio al principio del contraddittorio, deve essere sentita prima che lo stesso venga disposto – a tale ordine di esibizione che il giudice può, a quel punto, valutato ogni elemento di prova, ritenere dimostrato il fatto al quale la prova in questione si riferisce.

La sentenza

A differenza di quanto avviene di norma all'esito del procedimento sommario di cognizione, la decisione sul merito della domanda è assunta nella forma della sentenza e non in quella dell'ordinanza.

La sentenza – salvo che nei confronti del titolare del diritto che abbia incardinato l'azione “in proprio” – non provvede direttamente sulle domande risarcitorie e restitutorie ma ha una mera valenza di accertamento della lesività della condotta del resistente.

Con la medesima sentenza, peraltro, viene dichiarata aperta la procedura di adesione con fissazione di un termine perentorio, ricompreso tra sessanta e centocinquanta giorni dalla pubblicazione della stessa nel portale dei servizi telematici del Ministero, entro il quale potranno aderire all'azione di classe anche soggetti portatori di diritti individuali omogenei che non lo abbiano già fatto nella fase iniziale del procedimento.

La decisione sui diritti dei singoli aderenti e la fase di opposizione

Le modalità di adesione, in entrambe le ipotesi, sono disciplinate dall'art. 840-septies c.p.c. e semplificate, per rendere effettiva la possibilità di aderire senza il ministero di un difensore tecnico, dalla presentazione delle stesse su un modulo conforme al modello approvato con decreto del Ministro della giustizia, che stabilirà anche le istruzioni per la relativa compilazione.

Con la sentenza che decide sul merito dell'azione di classe, inoltre, vengono nominati il giudice delegato per la procedura di adesione ed il rappresentante comune degli aderenti tra i soggetti aventi i requisiti per la nomina a curatore fallimentare. Può inoltre essere disposto un fondo spese a carico degli aderenti.

Entro il termine di centoventi giorni dalla scadenza del termine previsto per le adesioni successive alla sentenza, il resistente deposita una memoria contenente le sue difese, mediante la quale può prendere posizione sui fatti posti dagli aderenti a fondamento della domanda e proporre eccezioni rispetto agli stessi. Si precisa – in modo ultroneo, trovando comunque applicazione l'analoga regola generale sancita dall'art. 115 c.p.c. – che i fatti dedotti dagli aderenti e non specificamente contestati devono ritenersi ammessi.

Nell'ulteriore termine di novanta giorni dalla scadenza di quello posto a carico della parte resistente, il rappresentante comune degli aderenti predispone e deposita il progetto dei diritti individuali omogenei degli aderenti, rassegnando per ciascuno le sue conclusioni motivate. Sia gli aderenti che il resistente hanno poi trenta giorni per formulare osservazioni e produrre documentazione rispetto al progetto depositato che il rappresentante comune potrà eventualmente variare.

A questo punto, il giudice delegato, vagliato il progetto, provvederà in concreto con decreto motivato sulle richieste di ciascun aderente, condannando, ove accolga le stesse, il resistente al pagamento delle somme o delle cose dovute a ciascun aderente a titolo di risarcimento del danno o di restituzione.

Il decreto costituisce titolo esecutivo che, ex art. 840-undecies c.p.c., può essere opposto con ricorso depositato presso la cancelleria dello stesso tribunale entro trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento.

La proposizione dell'opposizione non determina ex se la sospensione dell'efficacia esecutiva del decreto, che può essere disposta dal tribunale solo per gravi e fondati motivi su istanza di parte.

Sull'opposizione il tribunale decide in composizione collegiale, all'esito di un procedimento camerale – che dovrebbe svolgersi in un'unica udienza, e nel quale non sono ammesse nuove prove, salvo che la parte dimostri di non averle potute dedurre o produrre prima per causa a sé non imputabile – mediante decreto motivato, con il quale può confermare, modificare o revocare il provvedimento impugnato.

Guida all'approfondimento

Caputo, Class actions, su www.ilProcessoCivile.it;

Carratta, L'azione collettiva risarcitoria e restitutoria: presupposti ed effetti, in Riv. dir. proc., 2008, 723 ss.;

Chiarloni, Per la chiarezza di idee in tema di tutela collettiva dei consumatori, in Riv. dir. proc., 2007, 568;

Consolo, È legge una disposizione sull'azione collettiva risarcitoria: si è scelta la via svedese dell'«opt-in» anziché quella danese dell'«opt-out» e il filtro, in Corr. Giur., 2008, 6;

Consolo – Zuffi, L'azione di classe ex art. 140-bis Codice del consumo, Padova 2012;

Costantino, La tutela collettiva risarcitoria 2009: la tela di Penelope, in Foro it., 2009, V, 388;

De Cristofaro, L'azione collettiva risarcitoria «di classe»: profili sistematici e processuali, in Resp. civ. e prev., 2010, n. 10, 1932 ss.;

A.D. De Santis, La tutela giurisdizionale collettiva. Contributo allo studio della legittimazione ad agire e delle tecniche inibitorie e risarcitorie, Napoli 2013;

Pagni, L'azione di classe nel nuovo art. 140 bis: le situazioni soggettive tutelate, l'introduzione del giudizio e l'ammissibilità della domanda, in Riv. dir. civ., 2010, 370 ss.;

Punzi, L'«azione di classe» a tutela dei consumatori e degli utenti, in Riv. dir. proc., 2010, n. 2, 253;

Santangeli – Parisi, Il nuovo strumento di tutela collettiva risarcitoria: l'azione di classe dopo le recenti modifiche dell'art. 140-bis cod. cons., in www.judicium.it;

Scarpa, Inammissibilità dell'azione di classe e ricorso per cassazione, su www.ilProcessoCivile.it, 6 marzo 2017;

Scognamiglio, Risarcimento del danno, restituzioni e rimedi nell'azione di classe, in Resp. civ. e prev., 2011, n. 3, 501.

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