Sindacato giurisdizionale sulla proporzionalità della sanzione rispetto al fatto addebitato

Sabrina Apa
20 Maggio 2019

Come reiteratamente ritenuto dalla Corte di cassazione in relazione all'art. 55-quater, d.lgs n. 165 del 2001, sebbene sia in tale norma tipizzata una fattispecie disciplinare astrattamente meritevole di licenziamento (quella delle false attestazioni di presenza in servizio), deve escludersi la configurabilità in astratto...

Come reiteratamente ritenuto dalla Corte di cassazione in relazione all'art. 55-quater, d.lgs n. 165 del 2001, sebbene sia in tale norma tipizzata una fattispecie disciplinare astrattamente meritevole di licenziamento (quella delle false attestazioni di presenza in servizio), deve escludersi la configurabilità in astratto di qualsivoglia automatismo nell'irrogazione di sanzioni disciplinari, specie laddove queste consistano nella massima sanzione, permanendo il sindacato giurisdizionale sulla proporzionalità della sanzione rispetto al fatto addebitato.

La proporzionalità della sanzione disciplinare rispetto ai fatti commessi è, infatti, regola valida per tutto il diritto punitivo (sanzioni penali, amministrative) e risulta trasfusa per l'illecito disciplinare nell'art. 2106, c.c., con conseguente possibilità per il giudice di annullamento della sanzione "eccessiva", proprio per il divieto di automatismi sanzionatori, non essendo, in definitiva, possibile introdurre, con legge o con contratto, sanzioni disciplinari automaticamente conseguenziali ad illeciti disciplinari.

I principi sopra richiamati sono stati affermati anche con riguardo all'art. 55-quater, d.lgs n. 165 del 2001, sul rilievo che l'art. 2106, c.c., risulta oggetto di espresso richiamo da parte del comma 2 dell'art. 55, d.lgs. n. 165 del 2001, e sul rilievo che alla giusta causa ed al giustificato motivo fa riferimento il comma 1 dell'art. 55-quater, d.lgs n. 165 del 2001.

Va, inoltre, considerato che secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte, al quale va data continuità, l'operazione valutativa, compiuta dal giudice di merito nell'applicare clausole generali come quella dell'art. 2119, c.c., è da effettuarsi con riferimento agli aspetti concreti afferenti alla natura e alla utilità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, al nocumento eventualmente arrecato, alla portata soggettiva dei fatti stessi (nel caso di specie il Tribunale ha annullato il licenziamento con le conseguenze riparatorie previste all'art. 63, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165).

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