La direttiva interessi-canoni: ambito di applicazione

23 Maggio 2019

Non opera l'esenzione prevista dalla Direttiva 2003/49/CE, recepita nell'ordinamento interno dall'art. 26-quater, d.P.R. n. 600/1973, laddove la beneficiaria effettiva è la società capogruppo.
Massima

Non opera l'esenzione prevista dalla Direttiva 2003/49/CE, recepita nell'ordinamento interno dall'art. 26-quater, d.P.R. n. 600/1973, laddove la beneficiaria effettiva è la società capogruppo.

Il caso

Una società di capitali italiana impugnava un avviso di accertamento emesso dall'Amministrazione Finanziaria fondato sull'omissione delle ritenute d'imposta.

L'Ente impositore contestava la mancata applicazione da parte della predetta società delle ritenute sugli interessi passivi corrisposti alla consociata, una società belga, posseduta al 99% dalla società capogruppo olandese. L'amministrazione Finanziaria rideterminava la pretesa muovendo dall'assunto che risultavano inesistenti i presupposti per l'applicazione della Direttiva Ue 2003/49/CE che disciplina le condizioni per poter beneficiare del regime delle esenzioni. L'ufficio riqualificava, inoltre, la natura giuridica della società belga, in termini di società conduit e non di beneficiaria degli interessi pagati dalla società italiana, ritrasferiti per un quantitativo di 99,875 % alla capogruppo olandese.

L'ufficio rideterminava la pretesa erariale anche sulla base di un altro elemento indiziario rappresentato dell'esistenza di un contratto di profit partecipanting loan tramite il quale la capogruppo metteva a disposizione della consociata belga un'apertura di credito. La ricorrente impugnava il provvedimento di accertamento asserendo la totale indipendenza dalla capogruppo della società belga, evidenziando come quest'ultima non avesse una natura formale, ma di converso un ampio potere e un' autonomia decisionale. In particolare lamentava la violazione e falsa applicazione dell'art. 26-quater, d.P.R. n. 600/1973 e dell'art. 10-bis, L. n. 212/2000.

La CTP accoglieva il ricorso della consociata sul presupposto che non esisteva alcun legame formale con la società olandese che avrebbe di fatto escluso ogni possibilità che la consociata potesse essere considerata conduit. I giudici di prime cure sostenevano le motivazioni addotte dal contribuente, affermando che la società belga non era qualificabile come “società fantasma”, in particolare evidenziando l'autonomia decisionale sulle azioni di governo. La CTR, di converso, accoglieva il gravame presentato dall'amministrazione finanziaria riconoscendo la condotta elusiva della consociata ex art. 10-bis L. n. 212/2000, nonché la natura veicolare della società belga. I giudici di seconde cure basavano le proprie considerazioni sul rapporto di “dipendenza” intercorrente tra le due società che escludeva ogni possibilità che potesse venire in rilievo una natura “autonoma”.

La questione giuridica

La quaestio iuris è incentrata sulla qualificazione giuridica della società belga che secondo l'Agenzia della Entrate ha natura di società “veicolarestrumentale a facilitare lo svolgimento di determinate operazioni e priva di ogni potere decisionale. Di converso, il contribuente sostiene la natura di “beneficiaria effettiva” e non meramente formale della suddetta società. Il contribuente, una società italiana di capitali, non ha provveduto al versamento della ritenuta d'acconto applicata agli interessi corrisposti alla società belga e tale circostanza ha indotto l'amministrazione finanziaria a presumere che quegli interessi non avessero natura “reddituale”, altrimenti sarebbero stati dedotti dal contribuente. Non avendo natura reddituale tali interessi, non si configura alcun obbligo di versamento da parte del contribuente. Tale assunto induce l'amministrazione finanziaria a ritenere che la società belga abbia natura di società “veicolare”.

Le soluzioni giuridiche

L'amministrazione Finanziaria opera un disconoscimento della condotta posta in essere sanzionandola in termini di comportamento cd. elusivo ex art. 10-bis della L. n. 212/2000 che disciplina l'abuso del diritto e l'elusione fiscale. La norma de qua testualmente prevede che “sono inopponibili all'amministrazione finanziaria le operazioni prive di valide ragioni economiche”.

In particolare, la predetta disposizione prevede che:

  • Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all'amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni.
  • Ai fini del comma 1 si considerano:
    1. operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell'utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato;
    2. vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario.

In tal modo si sanziona la condotta del contribuente che abusa di un diritto riconosciutogli dall'ordinamento giuridico e pone in essere un'operazione al solo fine di conseguire vantaggi indebiti. L'elusione presuppone un aggiramento della norma giuridica da parte del contribuente che pone in essere una violazione indiretta della medesima. L'uso distorto del diritto è ravvisabile anche nella creazione di società “veicolo” verso cui imputare i redditi prodotti all'interno del gruppo per poter usufruire del regime di tassazione ridotto. Tali società non sarebbero le effettive beneficiarie dei redditi, ma solo degli strumenti finalizzati ad aggirare la normativa fiscale. Il concetto di beneficiario effettivo nasce dalla necessità di evitare la doppia imposizione sui redditi derivanti dai rapporti tra l'Italia e gli altri Stati del mondo. È beneficiario effettivo colui che riceve i redditi e che gode del diritto di utilizzo dei flussi reddituali. Di converso, è una società veicolo quella che pur avendo la titolarità formale della fonte di reddito dispone di poteri limitati che la rendono fiduciaria che agisce per conto e nell'interesse delle parti interessate.

La società veicolo è di per sé un istituto espressamente riconosciuto dall'ordinamento giuridico che risponde all'esigenza di velocizzare alcune operazioni finanziarie. Ne deriva che se la società è costituita al fine di raggiungere questo scopo nessun rimprovero può essere mosso, di converso se la costituzione è avvenuta al solo fine di frodare l'ordinamento giuridico, tale condotta risulta fiscalmente rilevante e deve essere sanzionata. Perché, dunque, operi la clausola antielusiva occorre che il contribuente faccia un uso improprio o distorto dello strumento negoziale e che tale uso sia posto in essere con lo specifico scopo (seppure non esclusivo) di eludere la norma tributaria e di ottenere in questo modo un vantaggio fiscale (G. PALUMBO, Distinzione tra evasione, elusione e abuso del diritto, nota a Cassazione civile, 30 ottobre 2018, n.27550, sez. trib. Diritto & Giustizia, 2018, pag. 11).

Quanto detto anche in considerazione del principio di leale collaborazione di cui all'art. 10 L. n. 212/2000 che impone che i rapporti tra l'amministrazione finanziaria e il contribuente siano improntati alla buona fede. Risulta dirimente il positivo accertamento dell'essere il veicolo societario estero “costruzione di puro artifizio”, la quale, dando giusta declinazione a quanto affermato dal Giudice Sovranazionale, deve ritenersi configurabile ogniqualvolta alla volontà di ottenere un vantaggio si accompagnino plurimi ed obbietti elementi “dai quali risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dall'ordinamento comunitario, l'obiettivo perseguito dalla libertà di stabilimento non sia stato raggiunto” (così, letteralmente, Corte di giustizia CE, 12 settembre 2006, causa C-196/04), stante il difetto “di un insediamento effettivo (…) nello Stato membro ospite e l'esercizio quivi di un'attività economica reale” (così la Corte di Giustizia CE, 12 settembre 2006, causa C-196/04). La giurisprudenza è concorde nel ritenere che “non v'è, quindi, strumentalizzazione del diritto di stabilimento allorquando la persona giuridica eserciti una attività economica reale ed effettiva e, in quanto tale, caratterizzata da “elementi oggettivi e verificabili da parte di terzi, relativi in particolare al livello di presenza fisica in termini di locali, di personale e di attrezzature” (in tal senso, la Corte di giustizia CE, 12 settembre 2006, causa C-196/04) (M. Faggioli, Iltributario.it, fasc., 15 marzo 2019, Nota a: Cassazione civile, 21 dicembre 2018, n.33234, sez. trib.). Tali società sono disciplinate dalla L. n. 130/1999 che all' art. 3 rubricato Società per la cartolarizzazione dei crediti dispone che:
1. La società cessionaria, o la società emittente titoli se diversa dalla società cessionaria, hanno per oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei crediti.
2. I crediti relativi a ciascuna operazione costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della società e da quello relativo alle altre operazioni. Su ciascun patrimonio non sono ammesse azioni da parte di creditori diversi dai portatori dei titoli emessi per finanziare l'acquisto dei crediti stessi.
3. Alla società cessionaria e alla società emittente titoli si applicano le disposizioni contenute nel titolo V del testo unico bancario, ad esclusione dell'articolo 106, commi 2 e 3, lettere b) e c), nonchè le corrispondenti norme sanzionatorie previste dal titolo VIII dello stesso testo unico.

Ad abundantiam “secondo i criteri applicativi elaborati dall' Agenzia delle Entrate, conformi al principio secondo cui rimane a carico del contribuente l'onere probatorio delle esenzioni o agevolazioni impositive, la società conduit deve adeguatamente documentare di volta in volta la provenienza degli utili, sicché, in mancanza di tale prova, devono ritenersi distribuiti al socio italiano, in via prioritaria e fino a concorrenza, gli utili di provenienza black list (Comm. trib. prov.le Novara sez. I, 06/07/2017, n.145 Redazione Giuffrè, 2017). A riprova della natura meramente strumentale delle società conduit rileva una pronuncia del Tribunale di Milano, 18/06/2018 secondo cui “in tema di provider, le società d'informazioni svolgono attività di “semplice trasporto dati” – mere conduit – o di memorizzazione delle informazioni – hosting – e non è quindi ravvisabile un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmettono o memorizzano, né un obbligo generale di ricercare attivamente fatti che rivelino la presenza di attività illecite. Una tale obbligazione sarebbe incompatibile con le misure cautelari che ontologicamente devono essere proporzionate e non inutilmente costose. Ciò precisato, il provider è, però, tenuto a informare tempestivamente l'autorità giudiziaria o amministrativa, qualora venga a conoscenza di attività illecite commesse attraverso i servizi resi. Infatti, pur in mancanza di un obbligo generale di sorveglianza, gli internet service provider rispondono civilmente del contenuto dei servizi se, richiesti dall'autorità giudiziaria o amministrativa, non agiscano prontamente per impedire l'accesso al contenuto di tali servizi.

Osservazioni

L'amministrazione giunge a ritenere che la società Belga abbia natura di società veicolare muovendo dall'assunto che se gli interessi prodotti avessero avuto natura “reddituale” sarebbero stati dedotti dal contribuente, in quanto oneri deducibili.

Si tratta di una presunzione cd. relativa che ammette la prova contraria. È a carico, dunque, del contribuente l' onere di provare la natura degli interessi. Ancor di più qualora il contribuente volesse far valere la sussistenza di un'agevolazione o esenzione, dovrebbe provare i fatti posti a fondamento del diritto, trattandosi di una norma avente carattere eccezionale, insuscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva o analogica. Il contribuente sarebbe tenuto, altresì, a documentare la provenienza delle somme come espressamente previsto dall'art. 26-quater, d.P.R. n. 600/1973, a tenore del quale “ai fini dell'applicazione dell'estensione di cui al comma 1, deve essere prodotta un'attestazione dalla quale risulti la residenza del beneficiario effettivo e, nel caso di stabile organizzazione, l'esistenza della stabile organizzazione stessa, rilasciata dalle competenti Autorità fiscali dello Stato in cui la società beneficiaria è residente ai fini fiscali o dello Stato in cui è situata la stabile organizzazione, nonché una dichiarazione dello stesso beneficiario effettivo che attesti la sussistenza dei requisiti indicati nei commi 2 e 4”.

In assenza di ogni prova contraria l'amministrazione annovera nell'alveo delle società conduit la società belga, né considera sufficiente l'esistenza di un contratto tra quest'ultima e la società olandese dal quale non è desumibile alcuna autonomia decisionale. Affinché sia configurabile un'autonomia è necessario che sussista un potere decisorio e gestorio pieno ed incondizionato. I giudici di seconde cure evidenziano la sussistenza di un contrasto con l'art. 26-quater, d.P.R. n. 600/73, che prevede che il precettore del reddito deve essere il beneficiario finale e non l'intermediario. Proprio al fine di evitare il verificarsi di fattispecie elusive è stato elaborato il concetto di “beneficiario effettivo”, che ha natura di clausola pattizia a carattere generale dell'ordinamento fiscale internazionale, volta ad impedire che i soggetti possano aggirare i trattati fiscali.

Tale clausola è considerata antiabuso. Né sarebbe riconoscibile alcuna esenzione, perché, come detto, non risultano sussistenti i presupposti di cui all'art. 26-quater, d.P.R. n. 600/1973. Sarà, dunque, onere del contribuente dimostrare la non elusività della condotta posta in essere e la sussistenza dei presupposti cd. sostanziali per l'applicazione dell'esenzione.

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