Sanzioni conservative e abuso del potere disciplinare del datore di lavoro

Sabrina Apa
24 Maggio 2019

In tema di sanzioni disciplinari, solo ove il fatto contestato e accertato sia espressamente contemplato da una previsione di fonte negoziale vincolante per il datore di lavoro, che tipizzi la condotta del lavoratore come punibile con sanzione conservativa, il licenziamento sarà non solo illegittimo ma anche meritevole...

Il caso. La Corte di appello di Trieste, confermando la pronuncia del Tribunale di Gorizia in sede di opposizione l. n. 92 del 2012, art. 1, comma 57, aveva accolto la domanda di annullamento del licenziamento dalla società datrice di lavoro a un operaio carpentiere, per essere stato sorpreso dal proprio superiore gerarchico, durante il turno di lavoro notturno, addormentato presso altra zona dello stabilimento, a distanza di circa un'ora dalla pausa prestabilita.

La Corte aveva respinto il reclamo proposto dalla società rilevando che la disamina del c.c.n.l. applicato in azienda (c.c.n.l. addetti Industria Metalmeccanica ed installazione di impianti 5 dicembre 2012) dimostrava che la condotta posta in essere dal lavoratore poteva ricondursi nell'alveo delle fattispecie punite con sanzione conservativa, in specie in quella dell'infrazione costituita dal c.d. abbandono del posto di lavoro, con conseguente applicazione della tutela reintegratoria di cui alla l. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4.

Per la cassazione di tale sentenza la aveva proposto ricorso in Cassazione.

Sanzioni conservative e abuso del potere disciplinare del datore di lavoro. Solo ove il fatto contestato e accertato sia espressamente contemplato da una previsione di fonte negoziale vincolante per il datore di lavoro, che tipizzi la condotta del lavoratore come punibile con sanzione conservativa, il licenziamento sarà non solo illegittimo ma anche meritevole della tutela reintegratoria prevista dal comma 4 dell'art. 18, st. lav., novellato.

Coerentemente non può dirsi consentito al giudice, in presenza di una condotta accertata che non rientri in una di quelle descritte dai contratti collettivi ovvero dai codici disciplinari come punibili con sanzione conservativa, applicare la tutela reintegratoria operando un'estensione non consentita al caso non previsto sul presupposto del ritenuto pari disvalore disciplinare.

Una tale possibilità è negata, del resto, dalla lettera del comma 4 dell'art. 18, l. n. 300 del 1970, che vieta operazioni ermeneutiche che estendano l'eccezione della tutela reintegratoria alla regola rappresentata dalla tutela indennitaria nonché, dal punto di vista sistematico, in quanto violerebbe la chiara ratio nel nuovo regime in cui la tutela reintegratoria presuppone l'abuso consapevole del potere disciplinare, che implica una sicura e chiaramente intellegibile conoscenza preventiva, da parte del datore di lavoro, della illegittimità del provvedimento espulsivo derivante o dalla insussistenza del fatto contestato oppure dalla chiara riconducibilità del comportamento contestato nell'ambito della previsione della norma collettiva fra le fattispecie ritenute dalle parti sociali inidonee a giustificare l'espulsione del lavoratore.