Improseguibilità dell'espropriazione forzata determinata dalla domanda di concordato preventivo successiva all'aggiudicazione dell'immobileFonte: Trib. Terni , 8 maggio 2019
29 Maggio 2019
Massima
La pubblicazione della domanda di concordato preventivo determina la sospensione dell'esecuzione pendente, senza interferire con l'aggiudicazione del bene se anteriore al deposito della domanda ex art. 187-bis disp. att. c.p.c. Pertanto l'aggiudicatario è da un lato tenuto al versamento del saldo prezzo e, dall'altro, ha diritto ad ottenere il conseguente decreto di trasferimento, mentre al g.e. è preclusa la distribuzione del ricavato ai creditori, somme che il medesimo giudice deve accantonare in attesa dell'esito del concordato. Il caso
In data 1° febbraio 2019 un immobile – nell'ambito di un'espropriazione forzata pendente davanti al Tribunale di Terni – è stato aggiudicato, in capo al miglior offerente. Successivamente, e cioè il 26 aprile 2019, la società debitrice ha depositato istanza di sospensione ex art. 168 l. fall. al Tribunale di Terni per avere presentato – in data 24 aprile 2019 – domanda di concordato preventivo a norma dell'art. 161 l. fall. davanti al Tribunale di Roma. Il Giudice di turno (designato dal Presidente del Tribunale di Terni in sostituzione del Giudice dell'esecuzione in ferie) ha sospeso – in data 27 aprile 2019 – inaudita altera parte l'espropriazione ed ha fissato per l'8 maggio 2019 l'udienza di comparizione delle parti davanti al medesimo Giudice dell'esecuzione. La questione
All'esito dell'udienza il Giudice dell'esecuzione (con provvedimento dell'8 maggio 2019) ha revocato – recte integrato – il precedente provvedimento di sospensione, precisando che quest'ultima non interferiva con l'aggiudicazione dell'immobile, stante l'art. 187-bis disp att. c.p.c. Segnatamente tale disposizione nello stabilire che l'aggiudicazione è insensibile alla chiusura anticipata, nonché all'estinzione del processo esecutivo, impone la prosecuzione del subprocedimento di vendita, con conseguente onere dell'aggiudicatario di versare il saldo prezzo nei termini stabiliti nell'ordinanza di cui all'art. 569 c.p.c. ed il diritto ad ottenere la pronuncia del decreto di trasferimento. Al contempo il Giudice ha stabilito che il ricavato dalla vendita non può essere trasferito ai creditori ma va accantonato, perché in caso di esito positivo del concordato le suddette somme sono di spettanza della procedura concorsuale. Di contro, in caso di esito negativo del concordato, l'espropriazione può essere riassunta dai creditori nel rispetto dei termini e delle forme stabiliti dall'art. 627 c.p.c. Le soluzioni giuridiche
La decisione adottata dal Giudice di Terni è corretta, posto che è rispettosa del bilanciamento degli interessi delle parti, bilanciamento operato dal legislatore nel contemperare la tutela degli interessi del debitore (di cui all'art. 168 l. fall.) con quelli prevalenti dell'aggiudicatario di buona fede che ha confidato sulla serietà dell'avviso di vendita e, più in generale, sull'intero sistema delle vendite forzate (ex art. 187-bis disp .att. c.p.c.). In breve: se la domanda di concordato preventivo è pubblicata dopo l'aggiudicazione, il giudice dell'esecuzione è comunque tenuto alla pronuncia del decreto di trasferimento, atteso che l'art. 187-bis su richiamato sancisce l'intangibilità degli effetti sostanziali dell'aggiudicazione. Il debitore è, dunque, libero di comporre la crisi d'impresa con le modalità negoziali o concordatarie, ma dopo l'aggiudicazione può contare solo sulle somme versate dall'aggiudicatario e non più sul bene. La correttezza di tale impostazione è ormai pacifica e comprovata sia dalla pronuncia delle Sezioni Unite (si tratta della ormai notissima Cass. civ.,28 novembre 2012, n. 21110) che ha definitivamente riconosciuto l'autonomia del diritto dell'aggiudicatario al trasferimento del bene, rispetto agli eventi che incidono sul regolare svolgimento del processo esecutivo; sia dalla successiva giurisprudenza di legittimità (v., ad es., Cass. civ., 7 marzo 2017, n. 5604). Che la stabilità dell'acquisto del terzo deve essere mantenuto fermo in ogni ipotesi di chiusura anticipata, improcedibilità, sospensione o estinzione dell'esecuzione è ormai principio pacificamente recepito dalla giurisprudenza di merito: e così è stato affermato che la sospensione della procedura esecutiva ex art. 20, l. n. 44/1999, non inficia l'aggiudicazione del bene pignorato, avendo quest'ultimo un vero e proprio diritto soggettivo ad ottenere in proprio favore l'emissione del decreto di trasferimento, «divenendo le ragioni della disposta sospensione recessive di fronte alla definitività dell'effetto traslativo conseguente all'aggiudicazione» (Trib. Bari, 20 novembre 2018). Il medesimo principio è stato poi affermato anche quando l'aggiudicazione sia avvenuta prima dell'ammissione del debitore ad una procedura di sovraindebitamento ex art. 10 l. n. 3/2012 ed altresì in caso di sopravvenuto sequestro preventivo come misura di prevenzione di cui all'art. 55 del T.U. antimafia (così Trib. Firenze, 6 luglio 2016). Osservazioni
Qualche precisazione deve essere spesa in relazione all'art. 168 l.fall. ed agli effetti della domanda di concordato sulle esecuzioni pendenti. Come si evince dal chiaro dato normativo la cd. inibizione esecutiva di cui all'art. 168 l. fall. opera ipso iure. Indipendentemente dalla proposizione di un'opposizione esecutiva o dalla fondatezza della domanda di concordato preventivo, il giudice dell'esecuzione che ha – in qualsiasi modo – appreso della pubblicazione della domanda dichiara la temporanea improseguibilità della procedura individuale, con un provvedimento cd. «di presa d'atto», sussumibile nel paradigma dell'art. 623 c.p.c. Si tratta, a ben guardare, di una sospensione disposta dalla legge che ricorre quando il legislatore, prescindendo da apprezzamenti di tipo discrezionale del giudice (sia della procedura concorsuale, sia dell'esecuzione forzata), impone l'arresto del processo esecutivo, a prescindere dal periculum o dal fumus, sino alla definizione del giudizio di omologa del concordato. Al di fuori del dies ad quem segnato dall'art. 168 l. fall., si collocano, poi, tutte quelle fattispecie che precludono l'esito positivo (e quindi l'omologa), della domanda di concordato; in particolare si tratta: a) della dichiarazione d'inammissibilità della proposta ex art. 162 l. fall; b) della revoca dell'ammissione ex art. 173 l. fall.; c) del mancato raggiungimento delle maggioranze per l'approvazione di cui all'art. 179 l. fall.; d) dell'ipotesi in cui l'omologazione sia negata ex art. 180 l. fall. In tutte queste ipotesi il divieto viene meno ipso iure e (sempre che non sia contestualmente dichiarato il fallimento) non occorre un provvedimento del g.e.: i creditori, infatti, recuperano automaticatemente il potere di proseguire l'esecuzione a norma dell'art. 627 c.p.c., come correttamente evidenziato dal provvedimento in esame. Quanto al regime del provvedimento di improseguibilità (sospensione) adottato dal giudice dell'esecuzione va detto che è, pertanto, meramente ricognitivo e – si badi - non è reclamabile perché non presuppone l'apprezzamento dei gravi motivi di cui all'art. 624 c.p.c., né è idoneo ad evolvere in estinzione secondo il meccanismo del comma terzo di quest'ultima disposizione. L'ordinanza adottata dal giudice dell'esecuzione presenta, inoltre, tratti peculiari perché l'art. 168 l. fall. incide sulla “procedibilità” dell'esecuzione e non sul titolo su cui la stessa si fonda. Al giudice dell'esecuzione non è consentito, dunque, cancellare la trascrizione del pignoramento: il processo entra in una fase di quiescenza provvisoria. Conseguentemente il giudice dell'esecuzione deve provvedere ai sensi degli artt. 486-487 c.p.c. e sospende la vendita eventualmente fissata (Cass. civ., 2 dicembre 2015, n. 25802), sempre che il bene non sia stato aggiudicato prima della pubblicazione della domanda di concordato, come avvenuto invece nel caso di specie.
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