La Cassazione sulla immutabilità della contestazione disciplinare

Sabrina Apa
30 Maggio 2019

In tema di licenziamento disciplinare, il fatto contestato ben può essere ricondotto ad una diversa ipotesi disciplinare, dato che in tal caso non si verifica una modifica della contestazione, ma solo un diverso apprezzamento dello stesso fatto (nel caso di specie, la Cassazione rileva che manca una corretta prospettazione della censura...

Il caso. Un dipendente della ACEA ATO 2 s.p.a. con contratto di lavoro a tempo indeterminato full-time, con mansioni di operaio, era stato licenziato per giusta causa a seguito di due contestazioni disciplinari per avere eseguito - non rispettando le procedure aziendali - in orario di lavoro, attività (astrattamente aventi rilevanza penale) da cui era derivato un profitto per il dipendente ed un danno per l'azienda e per avere agito deliberatamente in concorso con altri dipendenti per ottenere vantaggi in danno dell'azienda.

Impugnato il licenziamento, il Tribunale di Roma all'esito della fase sommaria aveva rigettato il ricorso del lavoratore.

Proposta opposizione, lo stesso Tribunale aveva confermato l'ordinanza gravata.

La Corte di appello di Roma, a seguito di reclamo del dipendente, in parziale riforma della sentenza impugnata, aveva ritenuto sussistenti solo i fatti di cui alla prima contestazione, giustificativi del licenziamento, e aveva condannato la società al pagamento dell'indennità di preavviso, rientrando la condotta nella fattispecie disciplinata dalla clausola del CCNL di settore che prevede il licenziamento con preavviso.

Sulla immutabilità della contestazione disciplinare. In tema di licenziamento disciplinare, il fatto contestato ben può essere ricondotto ad una diversa ipotesi disciplinare, dato che in tal caso non si verifica una modifica della contestazione, ma solo un diverso apprezzamento dello stesso fatto.

Sulla questione della immutabilità della contestazione, nel caso di specie, la Cassazione rileva che manca una corretta prospettazione della censura, che si limita a richiamare precedenti di legittimità e circostanze oggettive, mentre la Corte territoriale ha affermato che il datore di lavoro non aveva modificato i fatti contestati, con l'introduzione di elementi integrativi di una diversa fattispecie di illecito disciplinare, ma aveva dato una ulteriore qualificazione degli stessi, per condividere l'assunto datoriale di un comportamento, già nella iniziale prospettazione, così fortemente negligente da ledere il rapporto fiduciario.

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