Il passaggio del lavoratore ai tornelli, in assenza di un potere di controllo datoriale, costituisce mera identificazione

Sabrina Apa
03 Giugno 2019

La giurisprudenza comunitaria ha stabilito che, solo in relazione ai lavoratori che non hanno un luogo di lavoro fisso o abituale, costituisce “orario di lavoro”, ai sensi dell'art. 2, punto 1, della direttiva n. 2003/88/CE, il tempo che tali lavoratori impiegano per gli spostamenti quotidiani tra il loro domicilio e i luoghi in cui si trovano...

La giurisprudenza comunitaria ha stabilito che, solo in relazione ai lavoratori che non hanno un luogo di lavoro fisso o abituale, costituisce “orario di lavoro”, ai sensi dell'art. 2, punto 1, della direttiva n. 2003/88/CE, il tempo che tali lavoratori impiegano per gli spostamenti quotidiani tra il loro domicilio e i luoghi in cui si trovano il primo e l'ultimo cliente indicati dal loro datore di lavoro (Corte giust. UE, 10 settembre 2015, C-266/14, Giud. Terza).

Come precisato da altro giudice della sezione lavoro dello stesso Tribunale di Napoli (n. 6357 del 2018) "alla stregua di questi elementi normativi e giurisprudenziali [anche comunitari] deve ritenersi che il tempo necessario occorrente per raggiungere il luogo di svolgimento della prestazione è parte dell'orario lavorativo qualora si verifichino due condizioni: che vi sia un nesso funzionale tra lo spostamento e l'attività lavorativa, nel senso che il primo sia strumentale al compimento della seconda, che altrimenti non si potrebbe espletare, altra che il lavoratore sia a disposizione del datore di lavoro anche durante lo spostamento”.

(Il Giudice osserva come, nel caso di specie, ciò che risulta assente è proprio l'obbligo di eseguire le disposizioni aziendali, ben potendo il lavoratore disporre del tempo all'interno dell'edificio come meglio ritiene dopo la timbratura, potendo in estremo anche uscire dallo stesso, posto che nessun obbligo di osservare direttive datoriali sussiste da tale momento).

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