Alcune drammatiche vicende come quella del crollo del Ponte Morandi a Genova hanno fatto ritornare di tremenda attualità la problematica relativa all'opportunità -nel momento in cui si assume un impegno economico importante e per molti anni della propria vita, qual è il mutuo- di provvedere ad una idonea copertura assicurativa.
Inquadramento
BUSSOLA IN FASE DI AGGIORNAMENTO DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE
Alcune drammatiche vicende come quella del crollo del Ponte Morandi a Genova hanno fatto ritornare di tremenda attualità la problematica relativa all'opportunità -nel momento in cui si assume un impegno economico importante e per molti anni della propria vita, qual è il mutuo- di provvedere ad una idonea copertura assicurativa.
Il tragico caso di Genova, per la sua eccezionale drammaticità, ha visto interventi straordinari sia del mondo bancario che del Governo, ma ha fatto riemergere, appunto, la problematica relativa all'assicurazione del pagamento del residuo mutuo nell'ipotesi in cui eventi della vita -che attengano al bene immobile acquistato fruendo del mutuo (distruzione, incendio, ecc.); o che attengano alla persona del mutuatario (morte, infortunio che determini inabilità lavorativa, perdita del lavoro, ecc.)- impediscano di far fronte regolarmente al pagamento delle rate.
Dalla tradizione anglosassone è stata infatti importata anche nel nostro sistema economico la prassi in forza della quale sono le banche stesse ad esigere, ai fini della erogazione del mutuo, che il cliente stipuli una polizza assicurativa avente ad oggetto il pagamento della parte residua di mutuo al momento del verificarsi degli eventi che impediscono la prosecuzione del regolare ammortamento. Il beneficiario della polizza è quindi sempre l'istituto mutuante, in forza di una clausola del contratto assicurativo (“appendice di vincolo”). Si configura così un'ipotesi di contratto a favore del terzo, ex art. 1411 c.c.
Com'è intuitivo, la funzione economica di siffatte polizze assicurative è sì quella di tutelare il debitore mutuatario e la sua famiglia nelle anzidette ipotesi sinistrose (in caso di morte del mutuatario, per esempio, il residuo mutuo viene saldato dalla compagnia assicuratrice, non producendosi quindi il coinvolgimento degli eredi); ma anche quello -financo più evidente, tanto che è la banca ad impulsare il cliente in questo senso- di aggiungere per l'istituto mutuante una ulteriore garanzia rispetto a quella tradizionale rappresentata dalla garanzia ipotecaria sul bene immobile.
Si configura, in questo caso, una vera e propria “garanzia indiretta”, atteso che se l'oggetto del contratto di assicurazione è l'adempimento della parte residua di mutuo, il rischio assicurato è un evento diverso dal semplice inadempimento, bensì un evento (morte, incapacità, perdita del lavoro; ma anche la distruzione totale o parziale del bene) che può cagionarlo.
Si parla quindi di Credit Protection Insurance (CPI) e di Payment Protection Insurance (PPI), ricavandosi dalle stesse denominazioni la funzione di copertura del credito (lato banca) o del pagamento (lato debitore).
Tecnicamente, non si tratta di polizze a garanzia del credito (pure teoricamente stipulabili da parte della banca mutuante). Si tratta invero di tipologie assicurative che si inquadrano in entrambi gli ambiti della tradizionale bipartizione codicistica che distingue le assicurazioni contro i danni e le assicurazioni sulla vita. Nel primo ramo rientrano, oltre alle polizze in cui il rischio assicurato concerne il bene (scoppio, incendio, distruzione), quelle in cui questo attenga a vicende che afferiscono alla capacità reddituale del mutuatario (diminuzione o perdita del reddito); nel ramo vita rientrano invece tutte quelle polizze in cui il rischio dedotto sia il decesso del mutuatario.
Le polizze in esame possono essere stipulate in forma individuale o collettiva. Nel primo caso il contraente -nonché l'assicurato- è il singolo debitore mutuatario, che ha interesse a proteggere la propria capacità di restituzione della somma alla banca dalle vicissitudini che potrebbero azzerarla o diminuirla. Nel secondo caso il meccanismo di conclusione del contratto è quello dell'assicurazione per conto altrui previsto dall'art. 1891 c.c., nel quale il contraente è l'istituto di credito che intende tutelare il proprio interesse a conseguire la regolare restituzione della somma erogata: il mutuatario (assicurato) aderisce al contratto quadro al momento della stipulazione del mutuo.
IN EVIDENZA: Il COLLEGAMENTO NEGOZIALE – INDICI
L'abbinamento tra i due contratti tipici (mutuo e assicurazione) dà luogo ad un'ipotesi di collegamento negoziale, di natura funzionale. Si parla di collegamento unilaterale, nel senso che le vicende che attengono il contratto di mutuo incidono su quello di assicurazione, ma non viceversa.
La principale vicenda contrattuale attinente al mutuo che va ad incidere in concreto sul collegato contratto di assicurazione è l'estinzione anticipata del primo, per cui la sorte del contratto assicurativo è normativamente disciplinata dal d.l. 18 ottobre 2012 n. 179.
Gli elementi indicatori della sussistenza di un collegamento negoziale non debbono essere individuati nella semplice contestualità temporale della stipulazione, e nemmeno nella formalizzazione in un'unica scheda contrattuale. Secondo la giurisprudenza (Cass. civ., 27 marzo 2008 n. 7930) il collegamento negoziale è ravvisabile “ove più contratti autonomi, ciascuno caratterizzato dalla propria causa, formino oggetto di stipulazioni coordinate nell'intenzione delle parti alla realizzazione di uno scopo pratico unitario, costituito, di norma, dall'agevolare la realizzazione della funzione economico sociale dell'un d'essi”.
Emerge quindi, nell'operazione economica unitaria in cui si sostanzia la fattispecie, la specifica funzione economico sociale dell'assicurazione, indirizzata proprio –nella sua duplice finalità di garanzia per il mutuante e per il mutuatario- a favorire la conclusione del contratto di mutuo.
Quando la polizza assicurativa è obbligatoria?
Di fatto, nella situazione di mercato italiana, praticamente nessuna banca eroga un mutuo finalizzato all'acquisto di un immobile senza che venga stipulata per lo meno l'assicurazione a copertura del perimento del bene su cui viene iscritta ipoteca (c.d. “incendio e scoppio”).
Anzi, nell'attualità, come si è visto, le condizioni di mercato consentono alle banche di esigere che il mutuatario provveda a forme più ampie di assicurazioni, quali quelle sulla sua propria vita o per garantire l'immutabilità della sua capacità reddituale.
In effetti, però –e benché sia diffusa l'opinione contraria- nemmeno la polizza a copertura del rischio di perimento del bene (“incendio e scoppio”) rientra più nel novero delle polizze giuridicamente obbligatorie.
L'obbligatorietà -solo per questa categoria di polizze- era infatti imposta dall'art. 19 della normativa sul credito fondiario (l. 6 giugno 1991 n. 175), che è però stata abrogata dal vigente Testo Unico Bancario (art. 161d.lgs. 1 settembre 1993 n. 385) senza che tale obbligo sia stato riproposto nel nuovo impianto normativo.
Da segnalare, nell'ipotesi in cui sia stata stipulata una polizza per l'assicurazione contro il rischio di perimento totale del bene costituito in garanzia ipotecaria, l'operatività dell'art. 2742 c.c. (“surrogazione dell'indennità alla cosa”) che espressamente prevede che, verificatosi l'evento assicurato, le somme dovute dall'assicuratore sono vincolate al pagamento dei creditori titolari di privilegio speciale sul bene assicurato, secondo la rispettiva graduazione.
Per contro, la conclusione di un'apposita polizza assicurativa sulla vita del beneficiario del finanziamento ed a copertura del rischio di perdita o riduzione della retribuzione o del trattamento pensionistico permane prevista come obbligatoria laddove il rimborso del finanziamento sia stipulato mediante cessione del quinto dello stipendio o della pensione (d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180), ad eccezione che si tratti di finanziamenti ottenuti per il c.d. “merito universitario” (l. 30 dicembre 2010 n. 240).
Il conflitto di interessi – divieto di assumere contemporaneamente la qualifica di intermediario e di beneficiario
Già si è fatto cenno come, in concreto, sia la banca a pretendere che il mutuatario colleghi al proprio contratto di mutuo un contratto di assicurazione, che vada ad aggiungersi alla garanzia ipotecaria, in tema di tutela del credito: se dunque è di fatto obbligatoria l'assicurazione contro i rischi di perimento del bene, nella quasi totalità dei casi la banca induce il cliente –quando non condiziona apertamente l'erogazione del credito- ad assicurare anche gli altri eventi che possono incidere negativamente sulla sua capacità restitutoria (morte, perdita d'impiego, inabilità, ecc.).
Nella prassi commerciale era dunque frequente che la banca collocasse al mutuatario polizze assicurative da concludersi con compagnie facenti capo al medesimo gruppo societario dell'istituto di credito, che, in tal modo, in palese situazione di conflitto di interessi, veniva a lucrare anche sulla relativa provvigione (comunque denominata).
In seguito ad un accidentato percorso di interventi regolatori da parte dell'Autorità del settore, il cui primo intervento venne annullato dal T.A.R. del Lazio per vizi procedurali nel procedimento di adozione, con provvedimento 6 dicembre 2011 n. 2946, l'ISVAP ha modificato l'art. 48 del proprio Regolamento 16 ottobre 2006 n. 5, che ora prevede il divieto di assumere “direttamente o indirettamente”, “la qualifica di beneficiario o vincolatario delle prestazioni assicurative e quella di intermediario del relativo contratto, in forma individuale o collettiva”.
Per questa ragione la banca, il cui interesse è ovviamente quello di mantenere la posizione contrattuale di beneficiario dell'eventuale indennizzo assicurativo, se da una parte può continuare ad esigere la copertura assicurativa dei rischi che possono incidere sulla concreta recuperabilità del proprio credito, non può però (continuare a) pretendere che questa sia contratta con una compagnia a sé collegata.
Le pratiche commerciali scorrette – il codice del consumo – la sanzione
Il divieto di cumulo delle due qualifiche (intermediario e beneficiario), affidato in prima battuta ad un provvedimento normativo dell'Autorità settoriale, trova finalmente esplicito riconoscimento nella normativa primaria, ad opera dell'art. 36-bis d.l. 6 dicembre 2011 n. 201 (c.d. “Salva Italia”), che inserisce il comma 3-bis all'art. 21 del Codice del Consumo (d.lgs. 6 settembre 2005 n. 206), in forza del quale “è considerata scorretta la pratica commerciale di una banca, di un istituto di credito o di un intermediario finanziario che, ai fini della stipula di un contratto di mutuo, obbliga il cliente alla sottoscrizione di una polizza assicurativa erogata dalla medesima banca, istituto o intermediario”.
Tralasciando l'imprecisione terminologica ravvisabile nel participio “erogata”, atteso che è il credito ad essere “erogato” ma non certamente la polizza assicurativa, risulta però evidente il più ristretto ambito della fattispecie prevista dalla normativa consumeristica.
Quest'ultima, infatti, pone il divieto di coincidenza tra i ruoli di beneficiario e intermediario operante solo quando la banca imponga o esiga (anche il verbo “obbliga” non è dei più felici) la stipulazione del contratto assicurativo; per contro, la disciplina regolamentare di settore estende l'anzidetto divieto di coincidenza dei ruoli a qualunque mutuo e collegata assicurazione.
Ma, in sostanza, cosa sono le “pratiche commerciali scorrette”? E, soprattutto, nel caso in cui vengano adottate, come incidono sulla validità contrattuale? Come sono sanzionate?
L'anzidetta categoria comprende i sotto-tipi che il Codice del Consumo individua con le definizioni di “pratiche commerciali ingannevoli” (attive od omissive, nonché riferite alla pubblicità) e “aggressive”.
Pare non involontaria la scelta del Legislatore, che pure inserisce la previsione nel testo dell'art. 21 del Codice che regola la species delle “ingannevoli”, di mantenere all'anzidetta pratica l'aggettivazione riservata al genus, ossia “scorrette”, consentendo così che la violazione della norma di comportamento possa essere qualificata anche come “aggressiva”.
Ciò detto, ferme le tutele in sede amministrativa e le sanzioni eventualmente irrogabili dall'Autorità Garante per la Concorrenza ed il mercato, ci si è chiesti quale possa essere la sorte del contratto –il riferimento è al contratto di assicurazione- che sia stato stipulato sotto l'influsso della pratica commerciale scorretta di che trattasi.
Non sono mancati i sostenitori della tesi della nullità, per violazione di norme imperative, per indeterminatezza dell'oggetto, per violazione degli obblighi informativi, facendo anche ricorso alla nota categoria delle nullità di protezione (id est: nullità che possono essere fatte valere solo dal contraente a tutela del quale sono poste).
Più calzante appare il ricorso alla categoria dell'annullabilità, che faccia leva sul vizio del consenso (potendosi ravvisare, a seconda dei casi, ciascuno dei tre conosciuti vizi della volontà).
Recentemente il Legislatore è intervenuto, fornendo al consumatore lo strumento del recesso: il comma 2-bis dell'art. 28 del d.l. 24. gennaio 2012 n. 1, inserito dall'art. 1 comma 135 della l. 4 agosto 2017 n. 124) ha espressamente previsto che “Nel caso in cui il cliente sottoscriva all'atto della stipula del finanziamento una polizza proposta dalla banca, dall'istituto di credito, da intermediari finanziari o da loro incaricati, ha diritto di recedere dalla stessa entro sessanta giorni. In caso di recesso dalla polizza resta valido ed efficace il contratto di finanziamento. Ove la polizza sia necessaria per ottenere il finanziamento o per ottenerlo alle condizioni offerte, il cliente può presentare in sostituzione una polizza dallo stesso autonomamente reperita e stipulata, avente i contenuti minimi di cui al comma 1. Le banche, gli istituti di credito, gli intermediari finanziari o, in alternativa, le compagnie di assicurazione si impegnano ad informare il cliente di quanto sopra stabilito con comunicazione separata rispetto alla documentazione contrattuale.”
Per inciso -anche se non strettamente connessa alla questione polizza assicurativa- va aggiunto che viene classificata come “scorretta” anche la pratica commerciale della banca che subordini la concessione di un mutuo all'apertura di un conto corrente presso la medesima.
Le pratiche di commercializzazione abbinata - l'obbligo di sottoporre al cliente almeno due preventivi
Nella prassi, quindi, il collegamento negoziale a base volontaria di cui si è detto porta alla commercializzazione abbinata del contratto di finanziamento e di quello assicurativo, in unica soluzione temporale (il che è stato ritenuto assumere rilevanza anche con riferimento al fenomeno dell'usura, come si vedrà in seguito), fornendo quindi al consumatore un prodotto “a pacchetto”, secondo lo schema del c.d. ”bundling” (da “to bundle” = raggruppare), che, in economia contrassegna la prassi di vendita in unica soluzione di differenti prodotti; si parla di “bundling puro” laddove i prodotti abbinati non possano che essere acquistati congiuntamente, mentre è definito “misto” qualora gli stessi possono anche essere acquistati separatamente (ma normalmente la condizione di mercato fa sì che l'acquisto congiunto sia più conveniente).
Con gli anzidetti limiti (divieto di assumere contemporaneamente la qualifica di intermediario e beneficiario, nonché divieto di imporre al cliente la stipulazione di una polizza assicurativa da concludersi con una compagnia a sé collegata), la prassi della commercializzazione abbinata non è vietata; ed anzi, la disciplina di cui si sta per dare conto rafforza l'elemento del collegamento negoziale di cui si è detto.
L'art. 120-octiesdecies del Testo Unico Bancario -introdotto dal d. lgs. 21 aprile 2016 n. 72, che recepisce la Direttiva 2014/17/UE, c.d. Mortgage Credit Directive, con dichiarata finalità di fornire adeguata protezione ai consumatori e raggiungere elevati standard di professionalità degli operatori- pur recependo quindi un generale divieto delle c.d. pratiche di commercializzazione abbinata, fa però salvo quanto previsto dall'art. 28 del Decreto Liberalizzazioni.
Il già richiamato art. 28 del d.l. 24 gennaio 2012 n. 1 (“Decreto Liberalizzazioni”) ha infatti previsto che «le banche, gli istituti di credito e gli intermediari finanziari se condizionano l'erogazione del mutuo immobiliare o del credito al consumo alla stipula di un contratto di assicurazione sulla vita, sono tenuti a sottoporre al cliente almeno due preventivi di due differenti gruppi assicurativi non riconducibili alle banche, agli istituti di credito e agli intermediari finanziari stessi».
La norma nulla precisa circa la possibilità che la banca, oltre ai due differenti preventivi provenienti da compagnie assicurative non appartenenti al proprio gruppo societario, possa sottoporre al cliente anche un prodotto assicurativo, con relativo preventivo di spesa, di una compagnia del proprio gruppo societario; nel silenzio della disposizione, ed in coerenza con la ratio della stessa, la soluzione affermativa pare la più condivisibile.
Non pare invece potersi concludere per il contrario, ossia che laddove la banca rinunzi a proporre al cliente un prodotto assicurativo di provenienza di una società a sé collegata, possa esimersi dalla sottoposizione dei due preventivi. La disposizione di legge, sotto questo profilo, appare tassativa: se il mutuo è condizionato alla conclusione di un'assicurazione, l'obbligo dei due preventivi non è derogabile.
Si aggiunga che secondo il Regolamento ISVAP n. 40/2012 i preventivi in questione debbono rispondere a contenuti minimi al fine di facilitare al cliente la comparazione tra le varie offerte commerciali; il medesimo Regolamento prevede inoltre che la durata della polizza vita sia pari a quella del piano di ammortamento del mutuo.
L'obbligo di trasparenza
L'obbligo di trasparenza, espressione del più generale principio di correttezza contrattuale stabilito dall'art. 1175 c.c., ha radici antiche e generalizzate, permeando di sé storicamente non solamente la materia dei contratti bancari o assicurativi.
Dai meccanismi codicistici di tutela per il contraente più “debole”, approntati dagli artt. 1341 e 1342 c.c., si è approdati all'attuale Codice del Consumo, attraverso il passaggio temporale per l'apparato normativo che la l. n. 52/1996 provvide ad inserire nel Codice Civile con gli artt. 1469-bis – 1469-sexies(clausole vessatorie e clausole abusive).
L'obbligo della trasparenza ha così improntato anche le normative speciali che, nella specifica materia bancaria e assicurativa, si sono succedute. Si pensi alla l. 17 febbraio 1992 n. 154, significativamente titolata “Norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari”, quasi “rivoluzionaria” per l'epoca, cui hanno fatto seguito il Testo Unico Bancario (d.lgs.1 settembre 1993 n. 385 – artt. 115 e ss.) ed il Testo Unico della Finanza (d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58 – in particolare, l'art. 21).
L'obbligo di trasparenza relativamente al collocamento di una polizza assicurativa -obbligo che, come per l'attività bancaria beninteso, reca con sé il dovere di una corretta e completa informazione contrattuale- è normativamente dettato dall'art. 182 del Codice delle Assicurazioni (d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209).
Il tema trova la sua regolamentazione nella legislazione comunitaria nella Direttiva 93/13/CEE del 5 aprile 2013, che, partendo dal presupposto che il consumatore si trova in una situazione di inferiorità (economica, informativa, legata alla necessità di contrarre) rispetto al professionista, impone agli Stati membri l'adozione di normative atte a garantire una effettiva posizione paritetica tra le parti contrattuali, attraverso, tra l'altro, l'esigenza di comportamenti improntati a lealtà, buona fede e, appunto, trasparenza.
Nella specifica materia che ci occupa (acquisto di polizza assicurativa connessa alla erogazione di un mutuo) la Corte di Giustizia ha fatto applicazione della normativa appena ricordata con la sentenza 23 aprile 2015 (Van Hove), sottolineando la rilevanza per il consumatore non solo della corretta ed ampia informazione che deve essergli fornita in sede precontrattuale, ma anche della esauriente illustrazione dell'intero meccanismo contrattuale, soprattutto con riferimento all'ipotesi del verificarsi dell'evento assicurato.
Il pagamento del premio assicurativo può far parte della somma finanziata?
Nessun impedimento è dato ravvisarsi nella prassi che il premio assicurativo venga a sua volta finanziato dalla stessa banca erogatrice del mutuo (rafforzandosi ancora una volta di più il collegamento negoziale tra i due contratti tipici), anche se non manca chi osserva che in questo modo la banca conseguirebbe una doppia locupletazione anche dagli interessi sulla somma corrispondente al premio; l'osservazione non pare condivisibile, atteso che il pagamento del premio da parte della banca si traduce, di fatto, in un maggior importo della somma finanziata al mutuatario.
Il pagamento del premio a favore della compagnia assicuratrice può poi essere eseguito dalla banca o in unica soluzione o con versamenti rateali corrispondenti al periodo in cui si sviluppa il piano di ammortamento del mutuo.
Ovviamente, nel primo caso, la parte di premio non fruita dovrà essere conteggiata a favore del mutuatario per l'ipotesi di estinzione anticipata del mutuo (vedi infra).
L'estinzione anticipata e la surroga: il diritto alla restituzione pro quota o al trasferimento a favore della banca surrogata
La materia qui trattata trova la sua regolamentazione normativa nel d.l. 18 ottobre 2012 n. 179, convertito nella l. 17 dicembre 2012 n.22.
In caso di trasferimento del mutuo da una banca ad un'altra (ma anche nell'ipotesi di estinzione anticipata del mutuo), il mutuatario ha diritto ad ottenere dalla compagnia assicuratrice il rimborso -pro quota- del premio assicurativo che sia stato pagato anticipatamente: di frequente -come si è visto- ciò avviene mediante il versamento di un premio unico inziale, che spesso forma esso stesso oggetto del finanziamento.
In alternativa al rimborso il mutuatario può richiedere all'impresa assicurativa (art. 22-sexies d.l. n. 179/2012 citato) che la copertura assicurativa sia trasferita a favore di un nuovo beneficiario, che normalmente verrà individuato nella nuova banca presso la quale il mutuo viene “trasferito”.
Nella prima ipotesi, il Regolamento IVASS n. 40/2012 pone a carico dell'impresa assicurativa l'obbligo di provvedere al rimborso entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di avvenuta surroga del mutuo.
Secondo il precedente Regolamento n. 35/2010 la quota parte di premio pagato dal mutuatario/assicurato, da rimborsargli, «è calcolata per il premio puro in funzione degli anni e frazione di anno mancanti alla scadenza della copertura, nonché del capitale assicurato residuo […]. Le condizioni di assicurazione indicano i criteri e le modalità per la definizione del rimborso. Le imprese possono trattenere dall'importo dovuto le spese amministrative effettivamente sostenute per l'emissione del contratto e per il rimborso del premio, a condizione che le stesse siano indicate nella proposta, nella polizza ovvero nel modulo di adesione alla copertura assicurativa. Tali spese non devono essere tali da costituire un limite alla portabilità dei mutui/finanziamenti ovvero un onere ingiustificato in caso di rimborso».
Il regime fiscale
La legge di Stabilità 2018 prevede che i premi di assicurazione aventi per oggetto il rischio di eventi calamitosi stipulati relativamente a beni immobili ad uso abitativo sono detraibili dalle imposte sui redditi nella misura massima del 19%. In aggiunta, sono esentati dal pagamento dell'imposta sulla polizza assicurativa (la cui aliquota è fissata al 22,25%).
La problematica dell'usura: il conteggio del premio ai fini della verifica del superamento del tasso soglia – il principio della massima inclusione
a pratica commerciale della vendita abbinata (“bundled”), quasi che si tratti di un prodotto commerciale unitario composto da mutuo e assicurazione, così come il condizionamento di fatto alla conclusione del contratto assicurativo cui la banca subordina l'erogazione del mutuo -il collegamento negoziale, insomma- ha posto il problema della rilevanza o meno del premio assicurativo nel Tasso Effettivo Globale (TEG), da raffrontare con il Tasso Soglia Antiusura (TSU) via via determinato da decreti ministeriali in ossequio alla l. n. 108/1996 regolante la materia dell'usura.
La norma di riferimento è rappresentata dall'art. 644 c.p, il cui quinto comma stabilisce che “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”.
Già nel 2009, con efficacia dal 1.1.2010, la Banca d'Italia ha provveduto a rivedere le proprie precedenti Istruzioni disponendo che “restano incluse nel conto di usurarietà le spese per assicurazione o garanzia intese ad assicurare il rimborso totale o parziale del credito, se la conclusione del contratto avente ad oggetto il servizio assicurativo è contestuale alla concessione del finanziamento”.
Qual era, dunque, anteriormente al 2010, la sorte del premio assicurativo? Era da escludersi dal costo globale considerato che non aveva la funzione di remunerare la banca ma rappresentava il corrispettivo per una garanzia facoltativa a vantaggio del mutuatario? Oppure avrebbe dovuto considerarsi facente parte di una di quelle “remunerazioni” comunque “collegate alla erogazione del credito”?
Il dibattito giurisprudenziale sviluppatosi sul punto pare essere approdato ad un punto fermo con le pronunzie 5 aprile 2017 n. 8806e 16 aprile 2018n. 9298 della Corte di Cassazione che hanno ribadito il principio c.d. della “massima inclusione”: nell'ipotesi in cui la polizza assicurativa sia collegata al mutuo (secondo gli indici di sussistenza del collegamento negoziale di cui si è detto), il premio assicurativo deve essere incluso nel conteggio del costo complessivo dell'operazione creditizia.
I differenti orientamenti formatisi sul punto, invero, si discostavano a proposito del valore -vincolante o meno- da attribuire alle Istruzioni della Banca d'Italia per i mutui conclusi sino a tutto l'anno 2009.
ORIENTAMENTI A CONFRONTO
Le Istruzioni della Banca d'Italia sono vincolanti ai fini della verifica del rispetto del tasso soglia, in quanto norme tecniche autorizzate, integrative della fattispecie penale che punisce il delitto di usura, che costituisce una “norma penale in bianco”
Trib. Ferrara 21 maggio 2014
Trib. Milano 21 ottobre 2014
Trib. Avezzano 21 gennaio 2015
Trib. Milano 19 marzo 2015
Trib. Treviso 14 aprile 2016
Trib. Bologna 1 gennaio 2017
Le Istruzioni della Banca d'Italia non sono vincolanti ai fini della verifica del rispetto del tasso soglia
App. Milano 14 marzo 2014
Cass. civ., 5 aprile 2017 n. 8806
Trib. Como 11 ottobre 2017
Cass. civ., 16 aprile 2018 n. 9298
Casistica
Il collegamento negoziale tra assicurazione e mutuo si presume iuris tantum; parimenti si presume che la polizza assicurativa sia stata imposta dalla banca
Tuttavia, è riconosciuta «all'intermediario la possibilità di contrastare il valore probatorio di tali presunzioni […..] fornendo elementi di prova di segno contrario attinenti alla fase di formazione del contratto: a tal fine deve documentare, in via alternativa, di avere proposto al ricorrente una comparazione dei costi (e del TAEG) da cui risulti l'offerta delle stesse condizioni di finanziamento con o senza polizza; ovvero di avere offerto condizioni simili, senza la stipula della polizza, ad altri soggetti con il medesimo merito creditizio». Collegio di Coordinamento dell'Arbitro Bancario Finanziario26.7.2018 n. 16291
Gli indici presuntivi di collegamento si individuano nella contestualità della stipulazione dei due contratti, nella pari durata degli stessi; ed ancor più nella circostanza che l'indennizzo sia parametrato al debito residuo del mutuo
Collegio di Coordinamento dell'Arbitro Bancario Finanziario 25.10.2017 n. 13316; 29.9.2017 n. 11871.
In caso di estinzione anticipata del mutuo, l'obbligo di restituzione della parte di premio assicurativo non fruito incombe solidalmente sulla banca mutuante e sulla compagnia assicurativa
Collegio di Coordinamento dell'Arbitro Bancario Finanziario 10.5.2017 n. 5031; Arbitro Bancario Finanziario Collegio di Milano 23.1.2018 n. 2118
La mancata inclusione del costo della polizza assicurativa nel TAEG pubblicizzato rende applicabile al mutuo il tasso nominale minimo dei BOT emessi nei dodici mesi precedenti al contratto
Collegio di Coordinamento dell'Arbitro Bancario Finanziario 18.2.2016 n. 1430