Accertamento con adesione e invito obbligatorio al contraddittorio
23 Luglio 2019
È ritenuto principio generale dell'ordinamento giuridico l'obbligatorietà del contraddittorio che per il contribuente costituisce elemento essenziale ed imprescindibile del giusto procedimento che legittima l'azione amministrativa, in specie quando si faccia riferimento ad un'elaborazione statistica su specifici parametri, di per sé soggetta alle approssimazioni proprie dello strumento statistico, e sia necessario adeguarle alla realtà reddituale del singolo contribuente, potendo solo così emergere gli elementi idonei a commisurare la "presunzione" alla concreta realtà economica dell'impresa. È questa la conclusione di un processo evolutivo che affonda le sue radici nel tempo e che ha subito, negli anni, una profonda evoluzione che, in conseguenza dell'attribuzione al contribuente di un ruolo determinante nell'attuazione della pretesa fiscale, ha indotto il cittadino ad essere, progressivamente, nei contatti con il Fisco sempre più attento, interessato e consapevole.
A fronte dell'imposizione di un numero sempre crescente di obblighi di carattere strumentale, per di più gravemente sanzionati, si è posto il problema dei diritti da riconoscere ed, in generale, degli strumenti da predisporre per consentire al contribuente di contrastare efficacemente, anche in sede precontenziosa, le pretese dell'Erario. È evidente, infatti, che laddove gli interessi del cittadino non siano sufficientemente tutelati o, comunque, si verificano effetti preclusivi per l'esercizio di una compiuta difesa, aumenta il livello di litigiosità e diminuisce, correlativamente, il consenso. Soprattutto negli ultimi anni, è stata indubbiamente registrata una positiva, crescente, evoluzione che, sempre sul piano delle enunciazioni giuridiche, dovrebbe ritenersi ormai prossima alla sua conclusione. Differenti sono le cause che hanno alimentato l'indicato processo: carenze nella legislazione fiscale, effetti pregiudizievoli derivanti da accertamenti immotivati, introduzione del principio della soccombenza nel procedimento tributario, avvio di azioni di risarcimento danni ex art. 2043 c.c., introduzione dello Statuto dei Diritti del Contribuente, certezza del diritto sollecitata soprattutto a livello internazionale.
Queste e altre considerazioni hanno reso, infatti, improcrastinabile la necessità di generalizzare il principio del contraddittorio prima dell'emissione dell'atto impositivo e, dunque, nella fase endoprocedimentale. Di qui un ulteriore passaggio riconoscendo che il rispetto dei diritti della difesa - e del diritto che ne deriva, per ogni persona, di essere sentita prima dell'adozione di qualsiasi decisione che possa incidere, in modo negativo, sulla sua sfera giuridica - costituisce un principio fondamentale del diritto dell'Unione in perfetta aderenza dell'indirizzo della Corte di Giustizia. È stato evidenziato, infine, che il diritto al contraddittorio, sempre secondo l'orientamento della Corte Europea, in qualsiasi procedimento è attualmente sancito anche negli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che garantiscono il rispetto dei diritti della difesa nonché il diritto ad un processo equo in qualsiasi procedimento giurisdizionale. Nello stesso senso, poi, indirizza anche il precedente art. 41 il quale garantisce il diritto ad una buona amministrazione che comporta, in particolare, il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale lesivo. In termini strettamente giuridici, tuttavia, manca, allo stato, una norma giuridica di carattere generale. L'applicazione di tale principio è resa, poi, ancor più indispensabile con l'abbandono della determinazione della capacità contributiva con il metodo analitico; il legislatore, anche per ragioni di gettito, ha fatto ricorso, sempre più frequentemente, all'accertamento per coefficienti, per parametri, per studi di settore, indici di affidabilità fiscale; in sostanza a criteri dal contenuto eminentemente presuntivo. Tuttavia, occorre precisare, preliminarmente, che il principio audita altera parte risponde a due differenti esigenze, a seconda che sia previsto in relazione a forme di controllo c.d. automatizzate ovvero ad accertamenti basati su argomentazioni anche presuntive.
In tale contesto va considerato e valutato l'art. 5-ter del D.Lgs n. 218/1997 introdotto dall'art. 4-octies del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, in sede di conversione dalla Legge di conversione. Come considerazione di carattere generale la previsione normativa sembra rivestire una valenza più formale che sostanziale. Se il legislatore avesse voluto effettivamente tutelare i contribuenti, al fine di consentirgli di esercitare compiutamente ed effettivamente i propri diritti difensivi in attuazione del precetto di cui all'art. 24 della Costituzione, avrebbe dovuto procedere in modo differente ed anche più agevole: abrogare le differenti norme che prevedono la obbligatorietà del contraddittorio per singole forme di accertamento e introdurre un canone a valenza generale, peraltro sollecitato a livello Istituzioni comunitarie e ampiamente rispondente ad un principio di affidamento e leale collaborazione tra amministrazione fisale e contribuente.
In sostanza, sarebbe stato sufficiente inserire nell'ambito dello Statuto dei diritti del contribuente una previsione del tipo “Il contraddittorio è sempre obbligatorio” prevedendo, al limite, eccezioni per quelle situazioni in cui il contribuente non trarrebbe alcun vantaggio dalla sua ulteriore partecipazione al procedimento di accertamento. Sarebbe stato sufficiente, cioè, capovolgere l'attuale impostazione e mutuare quanto previsto dall'art. 21-octies della Legge 7 agosto 1990, n. 241 che salva la legittimità del provvedimento dell'Amministrazione, in assenza di contraddittorio, qualora la partecipazione del contribuente al procedimento non avrebbe modificato le conclusioni. D'altra parte, lo stesso art. 5-ter esclude l'obbligatorietà del contraddittorio per le ipotesi di accertamento parziale, scelta certamente condivisibile tenuto conto dei presupposti che caratterizzano tale veloce procedura riguardante, com'è noto, singole e specifiche violazioni. Occorre prendere atto, una volta per sempre, che l'assenza di una disposizione che riconosca in generale, a pena di invalidità, la partecipazione attiva del contribuente al procedimento di accertamento risulta foriera di molteplici conseguenze negative, non solo per il soggetto interessato, che si vede costretto ad esercitare, in via necessaria, le proprie difese dinanzi al giudice tributario, ma anche per la stessa Amministrazione finanziaria la quale, a fronte di un consistente impiego di uomini e risorse, consegue, a ragione dell'unilateralità e, dunque, dell'incompletezza dell'istruttoria compiuta, vantaggi - in termini di entrate – modesti.
Sta di fatto che con l'introduzione dell'art. 5-ter al D.Lgs. n. 218/1997 “L'ufficio, fuori dei casi in cui sia stata rilasciata copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, prima di emettere un avviso di accertamento, notifica l'invito a comparire di cui all'articolo 5 per l'avvio del procedimento di definizione dell'accertamento”.
Si è dell'avviso che, sotto l'aspetto sostanziale, la norma presenta un'applicazione se non del tutto inutile certamente limitata. È auspicabile che agli estensori del provvedimento non sia sfuggita la formulazione di cui all'art. 52, comma 6, del d.P.R. n. 633/1972 che enuncia un principio enterale secondo cui per qualsiasi attività posta in essere dal personale dell'Amministrazione finanziaria deve essere redatto il verbale che deve contenere i risultati dell'ispezione, le rilevazioni compiute, le richieste fatte al contribuente, le risposte ricevute. Copia di tale verbale, ancorché volontariamente non sottoscritto dal contribuente, deve essere consegnata in ogni caso al contribuente. Se si concorda con tale conclusione – e sarebbe difficile provare il contrario – dovrebbero essere indicate le ipotesi in cui la consegna del verbale difetta. È verosimile ipotizzare che il riferimento debba essere rapportato agli accertamenti d'ufficio notificati al contribuente e per i quali l'Agenzia delle entrate intenda successivamente sollecitare l'accertamento con adesione. È Certamente apprezzabile che la pretesa tributaria trovi legittimità nella formazione procedimentalizzata di una “decisione partecipata” mediante la promozione del contraddittorio (che sostanzia il principio di leale collaborazione) tra amministrazione e contribuente (anche) nella “fase precontenziosa o end-procedimentale”, al cui ordinato ed efficace sviluppo è funzionale il rispetto dell'obbligo di comunicazione degli atti imponibili. È altrettanto evidente, però, che il diritto del destinatario del provvedimento ad essere “sentito” prima della sua emanazione, realizza l'inalienabile diritto di difesa del cittadino, presidiato dall'art. 24 Cost. e il buon andamento dell'amministrazione, presidiato dall'art. 97 Cost.
Anche il previsto obbligo della motivazione in caso di mancata adesione in relazione ai chiarimenti forniti e ai documenti prodotti dal contribuente nel corso del contraddittorio deve ritenersi un'inutile ripetizione atteso che la nullità dell'atto impositivo in caso di mancata motivazione è già previsto sia in materia di IVA (art. 56 d.P.R. n. 633/1972) che di Imposte sul reddito (art. 42 d.P.R., n. 600/1973). L'unica ipotizzabile utilità derivante dalla richiamata previsione legislativa potrebbe essere letta nell'ottica di un principio di uguaglianza precludendo al giudice tributario l'utilizzo di ricostruzioni penalizzanti per il contribuente. La motivazione, da sempre, attiene anche alla mancata e/o parziale accoglimento delle deduzioni e considerazioni del contribuente essendo proprio questa la funzione del contraddittorio. Ipotizzare un contraddittorio senza che l'Amministrazione motivi le ragioni della mancata considerazione sarebbe davvero una presa in giro non avendo neanche l'Amministrazione mai disconosciuto che la motivazione dell'atto di accertamento deve essere integrata (anche sotto il profilo probatorio) con la indicazione delle ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio. I casi di urgenza
Ancora più incomprensibile, in termini di pratica applicazione, risulta la formulazione dell'art. 5-ter, comma 4, laddove si dispone che nei casi di particolare urgenza, specificamente motivata, o nelle ipotesi di fondato pericolo per la riscossione, l'ufficio può notificare direttamente l'avviso di accertamento non preceduto dall'invito. Al fine di comprendere la portata della previsione normativa va ricordato che si è sempre in presenza di accertamento per adesione sicché è da escludere che la stessa possa essere elevata a principio generale tenuto conto che, in materia, già esiste una previsione analoga (art. 12, comma 7, della Legge n. 212/2000). D'altra parte, se la richiesta di accertamento con adesione viene promanata dal contribuente prima della notifica dell'atto impositivo, l'ufficio potrebbe comunque procedere alla notifica avvalendosi dell'analoga facoltà innanzi richiamata e prevista dallo Statuto dei diritti del contribuente. Fermo restando che, allo stato, l'avvio del procedimento di accertamento con adesione non è obbligatorio (sebbene auspicabile), diventa davvero difficile ipotizzare, con riferimento all'ipotesi della urgenza, la sussistenza di tale presupposto. In sostanza, si versa, ancora una volta, in uno stato confusionale del legislatore, incomprensibile sul pano della strategia fiscale, penalizzante su quello della certezza della norma giuridica, causa di contenzioso e disincentivante sul versante dell'incentivazione all'etica fiscale.
Infine, un cenno merita l'ultima “trovata” del legislatore il quale, per completare la sua opera confusionale, prevede che, fuori dei casi di urgenza, il mancato avvio del contraddittorio determinato dall'omesso invito comporta l'invalidità dell'avviso di accertamento solo se, a seguito di impugnazione, il contribuente dimostri, in concreto, le ragioni che avrebbe potuto far valere se il contraddittorio fosse stato attivato. Ancora una volta un provvedimento, almeno formalmente, pensato per tutelare il contribuente finisce per penalizzarlo. Il capovolgimento dell'onere della prova vanifica, anche sul piano formale, la ratio della norma, sia pure con i limiti e le contraddizioni sinteticamente richiamati. A ben vedere, la formulazione dell'art. 5-ter non è altra che una copiatura, peraltro non del tutto esatta, di principi e previsioni normative contenute sia nello Statuto dei diritti del contribuente sia nella Legge n. 241/1990 con una differenza sostanziale, tenuto conto che quest'ultimo provvedimento è stato pensato soprattutto per -consentire al cittadino di azionare uno strumento di tutela all'esercizio della discrezionalità della Pubblica Amministrazione. Con riferimento alla materia tributaria, fermo restando che le valutazioni soggettive dei funzionari sussistono e sono comprensibili, appare davvero difficile configurare una discrezionalità amministrativa in sede di accertamento e sono ampiamente immaginabili le difficoltà che il contribuente incontrerebbe in sede contenziosa a provare che la sua partecipazione avrebbe determinato un risultato a lui più favorevole.
Davvero incomprensibile, poi, riusata la data del primo luglio 2020 come decorrenza delle nuove disposizioni.
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