Vendita di quota ideale del bene locato ad uso diverso: escluso il diritto di prelazione per il conduttore

Maurizio Tarantino
01 Agosto 2019

Chiamato ad accertare l'eventuale lesione dei diritti subita da una società conduttrice, il Tribunale adìto ha evidenziato che, in caso di alienazione ad un terzo o ad un altro comproprietario di una quota ideale di proprietà dell'immobile locato ad uso commerciale, non è configuratole in favore del conduttore il diritto di prelazione previsto dall'art. 38, l. n. 392/1978, né, conseguentemente, quello succedaneo di riscatto di cui all'art. 39 della stessa legge.
Massima

In tema di locazione di immobili urbani ad uso non abitativo, al conduttore non spettano il diritto di prelazione ed il conseguente diritto di riscatto dell'immobile, secondo la disciplina degli artt. 38 e 39 della l. 27 luglio 1978, n. 392, qualora il locatore intenda alienare ad un terzo la quota del bene oggetto del rapporto di locazione.

Il caso

La società conduttrice svolgeva attività imprenditoriale (campeggio) su di un terreno la cui proprietà apparteneva, per 1/3 ciascuno, a tre diversi proprietari: Tizio, Caio e Sempronio. Quest'ultimo, durante il periodo della locazione ad uso diverso, aveva ceduto la propria quota alle società Alfa e Beta (per 1/6 ciascuna). Per tali motivi, la società conduttrice aveva chiesto al giudice adito, previo accertamento dell'esistenza ed efficacia dei diritti di prelazione e riscatto, ai sensi degli artt. 38 e 39, l. n. 392/1978, di dichiarare inefficace la vendita in favore delle due società acquirenti; per l'effetto, la sostituzione della posizione degli acquirenti con quella della società conduttrice (previo trasferimento della quota di comproprietà indivisa di cui all'atto di compravendita).

La questione

La questione in esame è la seguente: in favore del conduttore, è configurabile il diritto di prelazione e del successivo riscatto in caso di alienazione ad un terzo di una quota ideale di proprietà dell'immobile locato ad uso commerciale?

Le soluzioni giuridiche

Nel particolare caso in esame di compravendita di una quota del bene concesso in locazione, secondo la tesi della società attrice, si trattava dell'alienazione dell'intero bene oggetto del contratto di locazione, poiché la sussistenza di tre diversi contratti di locazione, uno per ciascuna delle quote ideali pari ad un terzo dell'intero, non mutava la circostanza che nel caso di specie era comunque alienata una quota ideale del bene unico su cui veniva esercitata l'attività.

Tuttavia, secondo il giudicante, il riconoscimento del diritto di prelazione urterebbe contro l'orientamento espresso dalla Corte di legittimità (Cass. civ.,sez. un., 4 giugno 2007, n. 13886). Per meglio dire, le Sezioni Unite, nel dirimere il contrasto sussistente fra le diverse sezioni, dopo aver analizzato i confliggenti indirizzi giurisprudenziali all'epoca sussistenti ed in buona parte riconducibili ad ipotesi del tutto sovrapponibili alla vicenda per cui è causa, sono giunte ad affermare l'insussistenza del diritto di prelazione.

In tale provvedimento, infatti, i giudici di legittimità hanno sottolineato come le principali ragioni che inducono ad accedere alla tesi della inconfigurabilità di un diritto di prelazione ex art. 38 della l. n. 392/1978, laddove sia alienata solo una quota ideale del bene ove si esercita l'attività imprenditoriale o commerciale, deve essere ravvisata nella ferma volontà del legislatore di evitare che nello stesso soggetto si cumulino la qualità di comproprietario e conduttore.

Secondo tale orientamento, dunque, lo scopo della norma, ossia favorire il consolidamento in capo al conduttore della proprietà del bene ove esercita la propria attività, laddove tale bene sia venduto per quote frazionate, risulterebbe comunque del tutto eventuale anche se si consentisse la prelazione, poiché potrebbe conseguire solo ad una serie del tutto ipotetica e congiunturale di evenienze, quali:

- la successiva determinazione dei diversi comproprietari a cedere le proprie quote nella vigenza del contratto;

- la contemporanea perdurante determinazione del conduttore ad avvalersi del relativo diritto di prelazione.

In virtù di quanto esposto, applicando i suindicati principi, la mancata sussistenza del diritto di prelazione comporta anche il venir meno della facoltà di riscatto. In conclusione, per le suesposte ragioni, la domanda della conduttrice è stata rigettata.

Osservazioni

La pronuncia in oggetto è interessante in quanto si presta ad alcune precisazioni generali in merito agli istituti della prelazione e del riscatto nell'ambito della locazione ad uso diverso; in particolare, degli sviluppi successivi dei principi indicati dalle citate Sezioni Unite n. 13886/2007.

In merito al primo aspetto, giova ricordare che la prelazione è il negozio con cui un soggetto si impegna a preferire il beneficiario, a parità di condizioni, rispetto ad altri contraenti, nel caso in cui decida di concludere il contratto. In tal caso, il promittente non assume alcun obbligo rispetto alla futura conclusione del contratto, rimanendo pienamente libero di contrarre o meno.

Secondo alcuni autori, il diritto di prelazione, dunque, limita solo le modalità di esercizio del potere di alienare o di locare del soggetto vincolato, ma di certo non pregiudica la sua libertà di decidere o meno la vendita o la locazione: esso si sostanzia esclusivamente nell'obbligo di preferire un determinato soggetto - il c.d. prelazionario - nel caso in cui decida di vendere o di locare alle condizioni che liberamente egli può determinare. La prelazione può essere volontaria o convenzionale, legale o derivare da una decisione del giudice. Tale distinzione rileva sul piano pratico nell'ipotesi di inadempimento dell'obbligazione: se la prelazione è legale, infatti, il prelazionario è dotato di una tutela reale, potendo far valere il suo diritto erga omnes ed opporre conseguentemente il suo diritto di prelazione nei confronti dell'acquirente, esercitando il diritto di riscatto. Difatti, nell'ipotesi del trasferimento a titolo oneroso (art. 38 l. n. 392/1978), il conduttore ha diritto di essere preferito solo se l'unità immobiliare è destinata allo svolgimento di un'attività che comporti contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori: ciò significa che tale diritto opera automaticamente per effetto della semplice stipula del contratto, indipendentemente dalla volontà dei soggetti del rapporto.

Quanto al conseguente diritto di riscatto (art. 39 l. n. 392/1978), la disciplina dispone che “qualora il proprietario non provveda alla notificazione di cui all'articolo precedente” (e cioè alla notificazione della denuntiatio prevista per l'esercizio del diritto di prelazione nell'acquisto del bene locato riconosciuto al conduttore di immobile ad uso commerciale) ovvero qualora «il corrispettivo indicato sia superiore a quello risultante dall'atto di trasferimento a titolo oneroso dell'immobile», il conduttore può, entro sei mesi dalla trascrizione del contratto, riscattare l'immobile dall'acquirente e da ogni altro successivo avente causa.

Orbene, dopo aver esaminato gli aspetti generali degli istituti in esame, in merito alla particolare questione analizzata dal Tribunale di Massa, è interessante osservare il principio analizzato in riferimento ad altre pronunce con differente oggetto:

a) nella questione riguardante la validità del riscatto dell'immobile, oggetto di vendita cumulativa, ai sensi degli artt. 38 e 39 della l. n. 392/1978, è stato osservato che il valore dell'unità immobiliare deve essere determinato in una quota proporzionale del corrispettivo globale pattuito, in misura corrispondente al rapporto proporzionale tra il valore catastale rivalutato ed il prezzo effettivamente pagato nell'intero complesso (Cass. civ., sez. III, 17 giugno 2013, n. 15110);

b) in altra vicenda ereditaria, i giudici hanno precisato che il diritto di prelazione spettante al conduttore non trova applicazione nel caso previsto dall'art. 732 c.c. e, quindi, anche qualora il coerede alieni la sua quota a persona estranea alla comunione ereditaria, stante il tenore letterale dell'art. 38 citato e tenuto conto dell'esigenza di garantire al comproprietario di altra quota ereditaria la possibilità di esercitare - nei confronti del terzo acquirente - il retratto successorio (Cass. civ., sez. III, 9 giugno 2010, n. 13838);

c) infine, in àmbito societario, è stato evidenziato che la cessione di quote della società locatrice non è assimilabile al trasferimento a titolo oneroso dell'immobile locato, dal momento che la cessione della quota sociale non attribuisce al socio subentrato la proprietà di una porzione dei beni della società, ma una quota del relativo patrimonio comprensivo delle passività, dei crediti, dei rischi, nonché dei poteri di indirizzo di gestione dei programmi societari con le relative aspettative. Continuando l'immobile ad appartenere alla società e non essendo quindi intervenuta alcuna alienazione a titolo oneroso del bene oggetto della locazione, neppure è ipotizzabile l'esercizio della prelazione e l'eventuale riscatto da parte del conduttore, né nei confronti della società, che non ha mai dismesso il bene locato e né verso i soci subentrati, che non sono mai divenuti proprietari del singolo cespite immobiliare (Trib. Milano 1 luglio 2008).

Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, possiamo tranquillamente affermare che l'art. 38della l. n.392/1978 è espressione di un favor verso chi conduce in locazione legittimamente ed in modo continuo un immobile; sicché, tale disposizione, pur non implicando per il locatore un vincolo assoluto a riconoscere il diritto di prelazione in capo a chi occupi un immobile in forza di regolare contratto, rappresenta pur sempre un limite all'esercizio della discrezionalità nella procedura di alienazione dell'immobile, che deve tener conto della situazione degli interessati e dell'affidamento maturato dal conduttore.

Pertanto, il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite del 2007 risulta coerente, non soltanto con i principi generali dell'ordinamento e con i parametri costituzionali, ma, speciali. Difatti, tale assunto, secondo la dottrina, trova conferma in ragione della comunanza della ratio legis, in riferimento al principio di diritto enunciato per la fattispecie della cosiddetta vendita in blocco che, per la consolidata e uniforme giurisprudenza al riguardo, integra ormai diritto vivente e che, significativamente, esclude una prelazione “parziale”.

In conclusione, la preferenza accordata al conduttore di un immobile adibito a uso commerciale è rivolta a una concentrazione della titolarità dei diritti di proprietà dell'immobile e dell'attività imprenditoriale che elimini, in radice, i conflitti intersoggettivi, giuridici ed economici, connaturali al rapporto locatizio che la legge ha valutato pregiudizievoli per la conservazione dell'attività svolta nell'immobile locato: conflitti che non verrebbero affatto eliminati con l'interpretazione favorevole alle pretese del conduttore di una prelazione parziale che, semmai, li aggrava.

Guida all'approfondimento

Cirla, Prelazione, in Condominioelocazione.it, 19 settembre 2017

Cirla, Il diritto di prelazione tutela le attività commerciali, in Consulente Immobiliare, 2009

Izzo, Vendita di una quota dell'immobile. Prelazione e riscatto, in Immobili & diritto, 2007

Scalettaris, Riscatto, in Condominioelocazione.it, 4 giugno 2018

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