Mansioni superiori nel pubblico impiego: il giudicato opera solo per il periodo considerato in sentenza
01 Agosto 2019
Pubblico impiego: il lavoratore, al quale è stata riconosciuta la maggiore retribuzione per lo svolgimento di mansioni superiori con sentenza passata in giudicato, è tenuto a provare, in un successivo giudizio, di aver continuato a svolgerle?
La giurisprudenza ha precisato che l'accertamento, con sentenza passata in giudicato, di un fatto idoneo a produrre determinati effetti destinati a durare nel tempo, si estende alla anche alla configurazione del rapporto, continuando ad esplicare i propri effetti qualora la situazione normativa e fattuale sia rimasta immutata.
Tuttavia, in forza di quanto disposto dall'art. 52, d.lgs. n. 165 del 2001, lo svolgimento di mansioni superiori, nell'ambito di un rapporto di pubblico impiego, non comporta l'acquisizione della corrispondente qualifica, ma solo il diritto a percepire la retribuzione corrispondente per il periodo interessato.
Ne consegue che non sarà il datore a dover provare la mutazione della situazione accertata con il precedente giudicato, bensì sarà onere del lavoratore, per i vari periodi di tempo e a regime giuridico invariato, dimostrare il riprodursi dei fatti costitutivi del diritto alle retribuzioni superiori.
Cfr: Cass., sez. lav., 15 luglio 2019, n. 18901. |