Impugnativa di delibera assembleare: giudizio ordinario o anche procedimento sommario di cognizione?
20 Agosto 2019
Massima
Nessuna disposizione di legge esclude che l'impugnazione possa essere proposta anche con ricorso ex art. 702-bis c.p.c., sicché, ove l'attore opti per il rito sommario di cognizione, trattandosi di processo contenzioso, il giudice adìto non può dichiarare l'inammissibilità del ricorso, in quanto irrituale, e l'estinzione del procedimento, con un provvedimento reso inaudita altera parte, senza cioè avere prima provocato l'instaurazione del contraddittorio nei confronti del condominio e fissato l'udienza di comparizione delle parti per la trattazione della causa. Il caso
Un condomino impugnava con ricorso una delibera assembleare. il Tribunale emetteva ordinanza inaudita altera parte dichiarando l'inammissibilità del ricorso, il procedimento estinto e motivando che, con l'entrata in vigore della l. n. 220/2012, l'impugnazione della delibera assembleare deve essere introdotta con atto di citazione. Nel caso di specie, il ricorso, quindi, era non idoneo a radicare il giudizio, né ad instaurare il contraddittorio tra le parti. Il condomino, sempre tramite ricorso, proponeva appello avverso tale provvedimento, rilevando che l'art. 1137 c.c. non prevede espressamente un necessario utilizzo dell'atto di citazione e chiedendo l'annullamento della stessa ordinanza. Il condominio, a sua volta costituito, espressamente dichiarava, in rito, di non prendere posizione sulla questione sollevata e, nel merito, contestava la fondatezza dell'impugnativa proposta dall'attore. La Corte d'Appello meneghina dichiarava la nullità dell'ordinanza oggetto di gravame, rimetteva la causa al primo giudice e compensava integralmente le spese tra le parti in considerazione del comportamento processuale del condominio. La questione
La questione oggetto del giudizio è meramente di rito e concerne la modalità dell'impugnativa della delibera assembleare, da intendersi questa non relegata nel mero procedimento di cognizione ordinaria, ma estendibili anche al rito speciale previsto dall'art. 702-bis c.p.c. A questa scelta, che la Corte d'Appello ha ritenuto ammissibile, si lega anche - come si vedrà in prosieguo - la questione concernente la forma dell'appello avverso l'ordinanza emessa in sede di procedimento sommario di cognizione. Il gravame, infatti, si pone non nei termini di reclamo cautelare, avendo natura di vero e proprio appello. Le soluzioni giuridiche
Il giudice dell'appello, nel dichiarare la nullità dell'ordinanza assunta in primo grado, ha usato espressioni particolarmente severe, definendo il provvedimento non palesemente erroneo, ma abnorme. Ha osservato il giudicante che è pacifico - ora per legge, ma prima dell'entrata in vigore del novellato art. 1137 c.c., per consolidato orientamento giurisprudenziale - che la norma richiamata disciplina la forma per introdurre le impugnazioni delle delibere condominiali che, quindi, devono essere proposte tramite atto di citazione, secondo la regola generale dettata dall'art. 163 c.p.c. (Cass. civ., sez. un., 14 aprile 2011, n. 8491). Tale obbligo, però, non può incidere - come si evince dalla sentenza - sulla scelta dell'attore di impugnare la delibera con il rito sommario di cognizione, disciplinato dall'art. 702-bis c.p.c., poiché non sussiste alcuna disposizione di legge contraria. In tal caso, la sommarietà del rito non muta la sua natura contenziosa che impone, comunque, l'integrità del contraddittorio delle parti. Errore, questo, in cui era incorso il primo giudice, considerata l'ordinanza inaudita altera parte pronunciata dal Tribunale; l'inesistenza della notifica al condominio dell'atto introduttivo del giudizio per fatto imputabile al primo giudice; l'estinzione del processo e l'inammissibilità del ricorso ex art. 1137 c.c. Osservazioni
Dalla sentenza emerge che l'art. 1137 c.c. non ha specificato il rito da utilizzare per impugnare una delibera assembleare: se ordinario oppure anche sommario. Il silenzio della legge ma, soprattutto, la lettera dell'art. 702-bis, comma 1, c.p.c. (introdotto dall'art. 51 della l. 18 giugno 2009, n. 69), secondo il quale «nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica, la domanda può essere proposta con ricorso al tribunale competente», eliminerebbe qualsivoglia dubbio in questo senso. La caratteristica del procedimento sommario non cautelare è quella di dare luogo ad una trattazione semplificata, pur sempre di cognizione, che consente alle parti di raggiungere in tempi più rapidi gli stessi risultati che si ottengono con il rito ordinario. Quanto osservato ci porta a riflettere se ci sia un'interferenza tra le due norme richiamate, nel senso che l'una (art. 1137 c.c. in riferimento all'atto di citazione) escluda l'altra (art. 702-bisc.p.c.). La risposta è negativa non ravvisandosi tra le stesse affinità di sorta. La prima, infatti, ha natura sostanziale che si estende anche al termine di trenta giorni per l'impugnativa, qualificabile come termine per l'esercizio di un diritto (malgrado lo stesso sia stato sottoposto alla sospensione del periodo feriale, come da Corte Cost., 2 febbraio 1990, n. 49). La seconda, invece, ha carattere meramente processuale. Quanto all'impugnativa della delibera assembleare, giova evidenziare che, ad esclusione di casi particolari che richiedono una istruttoria non sommaria (nei quali, comunque, il giudice fissa con ordinanza non impugnabile l'udienza ex art. 183 c.p.c. per la prosecuzione del giudizio a cognizione piena), le controversie giudiziarie, in generale, hanno ad oggetto l'accertamento di vizi formali riscontrabili per tabulas, con la conseguenza che l'opzione per il rito più veloce è obiettivamente vantaggiosa. A tali considerazioni si va ad aggiungere che il Tribunale di Milano, nel dichiarare inaudita altera parte l'inammissibilità del ricorso introduttivo e, quindi, implicitamente nel negare l'operatività dell'art. 702-bis c.p.c., ha di fatto ignorato che la modifica introdotta con l'art. 1137 c.c. (atto di citazione) è successiva all'introduzione della norma procedurale, per cui è difficile o quanto meno improbabile pensare che il legislatore non si sia posto il problema della convivenza delle due disposizioni. Altra notazione riguarda la forma con la quale, in pari fattispecie, deve essere introdotto l'appello. Uno sguardo ai principi di carattere generale mostra un quadro giurisprudenziale oramai definito. La Corte Suprema, con una recente decisione (Cass.civ., sez. VI, 5 aprile 2017, n. 8839), ha affermato che l'appello contro la sentenza che abbia pronunciato sull'impugnazione di una delibera condominiale deve essere proposto, secondo la regola generale di cui all'art. 342 c.p.c. e in assenza di specifiche previsioni di legge, mediante citazione e la sua tempestività va verificata con riferimento alla data della notifica dell'atto (Cass. civ., sez. II, 6 novembre 2014, n. 23692). Tale impostazione, del tutto pacifica, è confermata da altra pronuncia di legittimità (Cass. civ., sez. un., 10 febbraio 2014, n. 2907), secondo la quale un appello erroneamente introdotto con ricorso, anziché con citazione, può essere sanato solo se l'atto, depositato in termini presso la cancelleria del giudice sia stato, nello stesso termine, notificato alla controparte. Mentre il principio pronunciato dalla Corte in tempo antecedente all'entrata in vigore della l. n. 220/2012 (Cass. civ., sez. un., 14 aprile 2011, n. 8491) poteva trovare applicazione per l'atto introduttivo del giudizio di primo grado di impugnazione delle delibere dell'assemblea condominiale. Per quanto concerne, in particolare, il giudizio di appello avverso ordinanza pronunciata in sede di giudizio sommario di primo grado (promuovibile - si ripete - anche per l'impugnativa delle delibere assembleari ai sensi degli artt. 702-bis ss. c.p.c.), la Corte di Cassazione ha precisato che, in àmbito di gravame, non è previsto dalla legge un rito sommario alternativo al rito ordinario, mancando una disposizione che consenta di conservare gli effetti della salvezza dell'impugnazione, mediante lo strumento del mutamento del rito, così come previsto dall'art. 4, comma 5, del d.lgs n. 150/2011 (Cass. civ., sez. I, 10 aprile 2018, n. 8757 e Cass. civ., sez. I, 5 marzo 2018, n. 5111). Alla luce di queste considerazioni e tornando alla decisione della Corte d'Appello di Milano, si registra che, nella succinta descrizione del fatto, il giudice ha evidenziato che l'appello era stato proposto con ricorso e tempestivamente notificato nel termine assegnato, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza. Ora, se è vero quanto a momenti rilevato, il giudice del gravame avrebbe dovuto dichiarare l'inammissibilità dell'appello per non avere l'interessato depositato atto di citazione. Invece, questo aspetto di carattere procedurale è stato by-passato per dare spazio all'applicabilità dell'art. 354 c.p.c., che consente al giudice dell'appello di rimettere la causa al primo giudice anche allorché emerga che, nel giudizio di primo grado, doveva essere integrato il contraddittorio. Nel caso di specie, peraltro, l'emissione di ordinanza inaudita altera parte aveva addirittura impedito, per i motivi di cui sopra, la regolare instaurazione del contraddittorio. L'impressione che si trae dalla sentenza in commento, pertanto, è che il giudice del gravame abbia volutamente privilegiato l'aspetto della nullità dell'ordinanza, ponendo in secondo piano quello, pregiudiziale, della forma di introduzione del giudizio solo al fine di rendere giustizia al condomino che, impugnando correttamente la delibera assembleare con il rito sommario di cognizione, si sia visto erroneamente respingere la domanda.
*Fonte: www.condominioelocazione.it |