Tribunali delle acque pubbliche

Lunella Caradonna
26 Agosto 2019

La disciplina del tribunale superiore delle acque pubbliche e dei tribunali regionali è dettata dagli artt. 138-210 del R.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici).
Inquadramento

La disciplina del tribunale superiore delle acque pubbliche e dei tribunali regionali è dettata dagli artt. 138-210 delR.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici).

L'esigenza di una magistratura esperta in materia di acque pubbliche, materia estremamente variegata e complessa, nasce in modo pressante in un periodo di grandi conflitti, quando, con decreto 10 febbraio 1916, venne istituita una commissione con il compito di predisporre un disegno di legge per la riforma in materia di acque.

La riforma, poi, si tradusse nell'emanazione nel decreto luogotenenziale 20 novembre 1916, n. 1664, che prevedeva l'istituzione presso il palazzo di giustizia di Roma di un tribunale delle acque pubbliche, che doveva durare in carica cinque anni e che aveva la competenza, in unico grado, su tutte le controversie in cui si discuteva in materia di acque.

Con il successivo decreto luogotenenziale 24 gennaio 2017, n. 85 sono stati approvati il regolamento tecnico amministrativo per l'esecuzione del decreto luogotenenziale 20 novembre 1916, n. 164 e il regolamento di procedura dinanzi al Tribunale delle acque pubbliche.

Il regio decreto 9 ottobre 1991, n. 2161, recante «Disposizioni sulle derivazioni e utilizzazioni d'acque pubbliche, stabilendo altresì le norme di giurisdizione e di procedura del contenzioso sulle acque pubbliche» ha introdotto otto tribunali regionali (ovvero una sezione di corte d'appello, designata annualmente dal primo presidente della rispettiva corte, nelle sedi di Torino, Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Palermo e Cagliari) e il Tribunale superiore delle acque pubbliche con competenza in unico grado e su tutto il territorio nazionale per le controversie in materia di interessi legittimi e con la cognizione in grado di appello delle cause dei tribunali regionali sui diritti soggettivi.

Il Tribunale Superiore delle acque pubbliche

Il regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici), come nel regio decreto 9 ottobre 1991, n. 2161, ha mantenuto l'istituzione del doppio grado di giurisdizione di merito in materia di acque pubbliche e la costituzione di un giudice superiore, competente in unica istanza a decidere le controversie aventi per oggetto la tutela degli interessi legittimi nella materia in esame, in ragione della competenza devoluta dalla legge.

Il legislatore, con la presenza di una composizione davvero singolare di magistrati della giurisdizione ordinaria (quattro) e di magistrati del Consiglio di Stato (quattro), oltre che della componente tecnica (un ingegnere iscritto nell'apposito albo), ha voluto da un lato mantenere la rappresentanza paritaria delle due diverse magistrature superiori e dall'altro ribadire la competenza nella materia sia del giudice ordinario, che del giudice amministrativo.

Il Tribunale superiore delle acque pubbliche ha, quindi, una natura mista e dura in carica cinque anni, con la possibilità espressamente prevista di potere essere riconfermati allo scadere del quinquennio.

I componenti di detto organo sono assegnati al Tribunale superiore delle acque pubbliche, ma continuano a svolgere le loro funzioni giurisdizionali presso gli uffici di appartenenza.

Con specifico riferimento alla composizione dell'organo collegiale, va evidenziato che questa muta a seconda che la controversia verta in materia di diritti soggettivi o di interessi legittimi.

In particolare, quando il Tribunale giudica in grado di appello il collegio si compone di cinque votanti, di cui tre magistrati, un consigliere di Stato e un tecnico (art.142R.d. n. 1775/1933).

Nelle ipotesi in cui il Tribunale superiore giudica in un unico grado sugli interessi legittimi, il collegio decide con sede votanti, ovvero tre magistrati, tre consiglieri di Stato e un tecnico (art. 143R.d. n. 1775/1933).

La giurisdizione di legittimità in unico grado attribuita al Tribunale superiore delle acque pubbliche dall'art. 143, comma 1, lett. a), del R.d. n. 1775/1933, con riferimento ai «ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere e per violazione di legge avverso i provvedimenti presi dall'amministrazione in materia di acque pubbliche», sussiste solo quando provvedimenti amministrativi impugnatisiano caratterizzati da incidenza diretta sulla materia delle acque pubbliche, nel senso che concorrano, in concreto, a disciplinare la gestione, l'esercizio delle opere idrauliche, i rapporti con i concessionari o a determinare i modi di acquisto dei beni necessari all'esercizio ed alla realizzazione delle opere stesse od a stabilire o modificare la localizzazione di esse o ad influire nella loro realizzazione mediante sospensione o revoca dei relativi provvedimenti, mentre restano fuori da tale competenza giurisdizionale tutte le controversie che solo in via di riflesso, o indirettamente, abbiano una siffatta incidenza (Cass. civ., 31 luglio 2017, nn. 18976 e 18977).

I rapporti riguardanti gli ambiti territoriali ottimali rientrano, ai sensi dell'art. 143, comma 1, lett. a), del R.d. n. 1775/1933, tra quelli riservati alla cognizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche, in unico grado di legittimità, quando da loro discendano ricadute sulla gestione e sulla conduzione del sistema idrico integrato che, mirando a garantire la gestione di racconto servizio in termini di efficienza, efficacia ed economia, accesso diretto al regime delle acque pubbliche e del loro utilizzo (Cass. civ., Sez. Un., 11 giugno 2018 n. 15105).

La Corte costituzionale, con sentenza 20 giugno - 3 luglio 2002, n. 305, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 139 e 143, comma 3, del R.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, nella parte in cui non prevede meccanismi di sostituzione del componente astenuto, ricusato o legittimamente impedito del Tribunale superiore delle acque pubbliche.

Il legislatore ha, quindi, introdotto, con il d.l. 24 dicembre 2003. n. 354, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2004, n. 45, l'art. 139-bis, che prevede che «Nelle stesse forme previste per i titolari sono nominati in pari numero componenti supplenti del Tribunale superiore, i quali sono retribuiti, per il servizio effettivamente prestato, nella misura prevista dall'articolo 1, commi 1 e 2, della legge 1° agosto 1959, n. 704)».

L'intervento del legislatore ha così ricondotto nell'alveo dei parametri costituzionali dettati per gli organi giurisdizionali anche la composizione dei collegi del Tribunale superiore della acque pubbliche

In evidenza

Il Tribunale Superiore delle acque pubbliche giudica, con diversa composizione, in materia di interessi legittimi.

Quale organo di giurisdizione amministrativa, ha cognizione diretta sui ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere e per violazione di legge avverso i provvedimenti presi dalla amministrazione in materia di acque pubbliche; sui ricorsi, anche per il merito, contro i provvedimenti dell'autorità amministrativa indicati nell'art. 217 R.d. n. 1775/1933 riguardanti l'esecuzione di opere idrauliche e nell'art. 221 in tema di contravvenzioni che alterino lo stato delle cose, nonché contro i provvedimenti adottati dall'autorità amministrativa in materia di regime delle acque pubbliche; sui ricorsi in materia di diritti esclusivi di pesca (art. 143 R.d. n. 1775/1933).

Il Tribunale Superiore delle acque pubbliche ha anche competenza, sia in grado di appello che in sede di legittimità, per le controversie relative alle acque pubbliche sotterranee e per quelle concernenti la ricerca, l'estrazione e l'utilizzazione delle acque sotterranee nei comprensori soggetti a tutela sempre che le controversie interessino la pubblica amministrazione (art. 144 R.d. n. 1775/1933).

I tribunali regionali

I tribunali regionali sono stati disciplinati per la prima volta dal regio decreto 9 ottobre 1919, n. 2161 e successivamente confermati dal regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

Le sedi dei giudici di prima istanza, nel numero di otto, sono previste presso le Corti di appello (che sono 26, oltre tre sezioni distaccate), con la conseguenza che la loro competenza territoriale si estende al di là dei confini del distretto.

La competenza ratione materiae è una competenza di tipo esclusivo per tutte le controversie che riguardano situazioni giuridiche di diritto soggettivo.

Il Tribunale regionale è costituito da una sezione ordinaria della Corte di appello, integrata da tre esperti che sono nominati con decreto del Ministero della giustizia tra coloro che sono iscritti all'albo degli ingegneri, in conformità alla deliberazione del Consiglio superiore della Magistratura adottata su proposta del presidente della Corte d'appello.

Il Tribunale regionale dura in carica cinque anni, con la possibilità della riconferma, e decide con l'intervento di tre votanti e tra questi l'esperto che dopo la nomina e il giuramento diventa componente a tutti gli effetti del collegio.

Circa la competenza dei tribunali regionali, una annosa questione riguarda la derogabilità o meno della competenza territoriale dei tribunali in esame.

Mentre un filone dottrinario, partendo dal presupposto che le norme del codice di procedura civile non sono espressamente applicabili alla procedura in esame, afferma l'inderogabilità della competenza ratione loci; altro orientamento afferma che, in ragione dell'art. 208 del R.d.11 dicembre 1933, n. 1775, che richiama espressamente le norme del codice di procedura civile, opera la derogabilità della competenza su richiesta delle parti.

L'orientamento giurisprudenziale consolidato, che si fonda sull'esistenza dell'interesse pubblico correlato alla demanialità delle acque e al migliore regolamento di esse nelle zone regionali a cui corrispondono le diverse circoscrizioni, è nel senso di individuare il giudice specializzato competente per territorio avuto riguardo al distretto di Corte di appello in cui si trovano le acque o le opere o i beni oggetto della controversia (Tribunale superiore acque, 25 marzo 1985, n. 18).

Ne consegue l'affermazione dell'inderogabilità territoriale della competenza concessa all'accordo delle parti (Tribunale superiore acque, 20 novembre 1965, n. 5).

Altri esperti hanno sostenuto che, poiché oggi i territori di competenza degli otto tribunali si sono notevolmente estesi, a volte anche travalicando i confini regionali, l'interesse pubblico posto a fondamento dell'inderogabilità della competenza, non ha più alcun ragion d'essere.

Di contro, una parte della dottrina ha affermato che, nei casi in cui i Tribunali regionali giudicano, quali giudici d'appello, avverso le sentenze di merito emesse nelle controversie aventi ad oggetto, in materia di acque pubbliche, le azioni possessorie e le denuncia di nuova opera o di danno temuto, la competenza sia inderogabile, alla luce del disposto normativo dell'art. 28 c.p.c. che afferma l'inderogabilità per accordo delle parti della competenza per territorio per i casi specifici di procedimenti cautelari e possessori.

In evidenza

Il Tribunale Superiore delle acque pubbliche giudica, con diversa composizione, in materia di diritti soggettivi.

In questo caso, conosce in grado di appello tutte le cause decise in primo grado dai tribunali regionali delle acque pubbliche aventi sede nelle Corti d'Appello di Torino, Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Palermo e Cagliari sulle materie di loro competenza indicate negli artt. 140 e 141 R.d. n. 1775/1933, ovvero controversie intorno alla demanialità delle acque, circa i limiti dei corsi o bacini loro alvei e sponde; controversie aventi ad oggetto qualunque diritto relativo alle derivazioni e utilizzazioni di acqua pubblica; controversie di qualunque natura, riguardanti la occupazione totale o parziale, permanente o temporanea di fondi e le conseguenti indennità; controversie per risarcimenti di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla pubblica amministrazione; ricorsi previsti dagli artt. 25 e 29 del testo unico delle leggi sulla pesca approvato con R.d. 8 ottobre 1931, n. 1604.

I componenti tecnici dei tribunali delle acque pubbliche

La composizione dei tribunali delle acque pubbliche è molto eterogenea e comporta l'esame di aspetti tecnici che rende, secondo una certa dottrina, necessaria la presenta di componenti tecnici al loro interno.

Al riguardo sono sorti dei forti dubbi di costituzionalità sulle norme che prevedono la composizione dei tribunali regionali e del Tribunale superiore delle acquepubbliche con dei soggetti che, dopo la nomina, continuano a prestare servizio presso le loro amministrazioni di appartenenza, con vincolo gerarchico nei confronti dei loro superiori.

La Corte costituzionale ha dichiarato fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 138 del R.d. 11 dicembre 1933 n. 1775 «nella parte in cui prevede che siano aggregati al Tribunale regionale delle acque pubbliche tre funzionari dell'ex Genio civile, uno dei quali deve intervenire nel collegio giudicante » è ha affermato la necessità di garantire il rispetto «del principio di indipendenza e terzietà del giudice, quale elemento essenziale alla stessa intrinseca natura della giurisdizione, che si identifica nella indipendenza istituzionale del giudice e nella sua posizione di terzo imparziale, qualunque siano le parti in giudizio, compresa la pubblica amministrazione; necessità che deve essere salvaguardata anche con riferimento all'inserimento di estranei alla magistratura in sezioni specializzate di organi giudiziari ordinari o negli organi speciali di giurisdizione previsti dall'art. 102, comma 2 e 108, comma 2 Cost.» (Corte cost., 17 luglio 2002, n. 353).

È stato posto il problema (che non ha trovato alcuna soluzione) se i principi affermati dai giudici delle leggi potessero fare ravvisare, nella nomina dei componenti tecnici del Tribunale superiore delle acque pubbliche, gli stessi rischi per l'indipendenza del giudice già ravvisati nel caso dei tribunali regionali; anche se, nel caso del Tribunale superiore, il pericolo per l'indipendenza del giudice tecnico sarebbe minore, in quando non riguarderebbe lo svolgimento delle funzioni di amministrazione attiva nell'ufficio di appartenenza, ma la partecipazione al Consiglio superiore dei lavori pubblici, organo caratterizzato da attribuzioni per lo più consultive.

La natura dei tribunali delle acque pubbliche: giudici speciali o sezioni specializzate

La questione per lungo tempo dibattuta dell'individuazione della natura dei tribunali delle acque pubbliche presenta dei risvolti pratici di significativa rilevanza se solo si rifletta sul giudice competente a risolvere eventuali conflitti tra uffici giudiziari differenti che darebbero luogo ad un conflitto di attribuzione (giudici speciali) o ad un conflitto di competenza (giudici specializzati).

Ed infatti, fino alla sentenza della Corte costituzionale 5 marzo 2007, n. 77, che ha stabilito che è possibile che il processo iniziato davanti un giudice sprovvisto di giurisdizione continui dinanzi al giudice che ne sia munito, conservando tutti gli effetti delle domande proposte, la giurisdizione speciale non aveva alcun raccordo con altre giurisdizioni, fatta eccezione per l'art. 111 Cost. che prevede la possibilità di impugnare dinanzi alla Corte di cassazione tutte le decisioni rese da qualsiasi giudice per motivi attinenti alla giurisdizione.

A differenza dei giudici di legittimità, che avevano espressamente affermato la natura di sezioni specializzate dei giudici delle acque pubbliche, una parte della dottrina affermava che i tribunali regionali erano giudici speciali, in ragione della competenza di secondo grado degli stessi, della composizione del collegio, della presenza di un organo laico nel collegio e della competenza territoriale.

Oggi dottrina e giurisprudenza sono concordi nell'affermare la natura di organo specializzato dei tribunali regionali.

In particolare, i tribunali regionali hanno natura di organo specializzato dell'autorità giudiziaria, sia perché l'art. 138, comma 2, R.d. n. 1775/1933, espressamente prevede che il «tribunale è costituito da una sezione della corte d'appello»; sia perché l'art. 64, comma 2, del R.d. 30 gennaio 1941 n. 12 precisa che «il tribunale regionale delle acque pubbliche costituisce una sezione della corte di appello presso la quale è istituito».

La teoria maggioritaria definisce i tribunali regionali come organi specializzati della magistratura ordinaria, mentre il Tribunale Superiore delle acque pubbliche è giudice ordinario, quando giudica in appello sulle pronunce dei Tribunali regionali, ed è giudice speciale, quando giudica in unico grado, in tema di interessi legittimi.

Il correlato corollario è nel senso che il conflitto avente ad oggetto i limiti della giurisdizione tra i giudici delle acque e i giudici ordinari involge una questione di competenza, mentre sussiste un conflitto di attribuzione nelle ipotesi in cui si controverte sui limiti di cognizione rispetto ai giudici amministrativi o altra giurisdizione.

Con specifico riguardo al Tribunale superiore delle acque pubbliche, la tesi dottrinaria maggioritaria è quella che individua detto organo come al contempo organo speciale e specializzato e ciò in ragione della tipologia della controversia da decidere.

Più specificamente il Tribunale superiore delle acque pubbliche si configura come una sezione specializzata in sede di appello e come giudice speciale, come organo della giurisdizione amministrativa che decide in unico grado.

Questa parte della dottrina afferma che il Tribunale superiore deve ritenersi implicitamente richiamato nella dizione altri organi di giustizia amministrativa contenuta all'articolo 103, comma 1, Cost., dovendosi escludere che il rinvio si intenda riferito ai soli organi periferici del Consiglio di Stato.

E, tuttavia, altro autorevole orientamento qualifica il Tribunale superiore delle acque pubbliche come organo di giurisdizione unitario facente parte della magistratura ordinaria.

La Corte di cassazione, dopo alcune sentenze non univoche, ha affermato la natura duplice del Tribunale superiore delle acque pubbliche e, quindi, sia giudice speciale della giurisdizione amministrativa quando tratta i ricorsi di cui all'art. 143 del R.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, sia organo della giurisdizione ordinaria nei giudizi in grado di appello, in ragione dei seguenti criteri: composizione dei collegi; posizioni giuridiche soggettive trattate (diritti soggettivi e interessi legittimi); procedimento; rito applicabile (Cass. civ., sentenza 18 febbraio 1955, n. 475).

Prospettive: i tribunali dell'ambiente

Più volte è stata avvertita l'esigenza di procedere ad una riforma delle norme in materia, tenuto conto che la disciplina regolatrice è assai datata e risalente al 1933.

Le commissioni costituite a tal fine hanno entrambe seguito la scelta di conservare la struttura speciale di tutto il contenzioso riguardante le acque pubbliche, ma senza avere alcun esito.

Superato anche l'orientamento che tendeva alla soppressione dei tribunali delle acque pubbliche, alcuni autori hanno formulato una proposta, de iure condendo, rivalutando la ratio posta a fondamento della istituzione dei tribunali delle acque pubbliche, che è stata quella di creare un giudice che avesse la competenza specifica di risolvere le particolari questioni tecniche oggetto di controversia e la considerazione della sempre più elevata importanza che le acque rivestono per l'uomo e l'ambiente.

In tale contesto, che vede l'ambiente inteso come insieme di elementi di fondamentale importanza per la qualità della vita umana, è stata proposta l'istituzione di tribunali dell'ambiente aventi competenza anche in materia di risoluzione delle controversie aventi ad oggetto l'ambiente, oltre che le acque pubbliche, e che hanno come punto di riferimento il codice dell'ambiente che disciplina diversi settori e tra questi quello dei rifiuti, dello sfruttamento e della tutela delle acque , del suolo e del sottosuolo.

Ciò in conformità all'interpretazione data dell'art. 102 Cost. dai giudici delle leggi che hanno affermato che l'attribuzione di nuove competenze, cui sia da riconoscere la stessa indole di quelle proprie di n organo giurisdizionale, non può mai ricadere sotto il divieto di dare vita ad una nuova giurisdizione speciale (Corte cost., 14 maggio 1968, n. 44).

In evidenza

Un problema non risolto è l'esigenza avvertita da più parti di avviare un percorso di riforma del rito che vada nella direzione di un adeguamento completo al processo ordinario seguito nei tribunali e nelle corti di appello, ciò senza prescindere dalla circostanza che proprio la duttilità del rito previsto per i giudici delle acque pubbliche si contraddistingue per una durata breve dei procedimenti, che rende per ciò solo efficiente la risposta fornita dagli uffici giudiziari alle parti del giudizio.

Riferimenti
  • Mastrangelo Giovanni, I tribunali delle acque pubbliche, Il Corriere giuridico, Monografie, Collana diretta da Vincenzo Carbone, Ed. 2009;
  • F. Pacelli, Le acque pubbliche, 1934, Padova;
  • A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1969.
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