Rappresentanza dell’ente in giudizio. Il vademecum della Cassazione

Ciro Santoriello
26 Agosto 2019

Come è noto, nel procedimento nei suoi confronti la costituzione della società deve avvenire secondo le modalità indicate nell'art. 39d.lgs. 231 del 2001, il quale prevede che la persona giuridica interviene in giudizio con il proprio rappresentante legale quale risulta dalla legge o dallo statuto societario: in caso di mancata costituzione, ne viene invece dichiarata la contumacia conformemente ai principi generali del processo penale.
Massima

L'art. 39 d.lgs. 231 del 2001, al comma 1, indica il rapporto di rappresentanza, ossia quello che deve legare l'ente a un rappresentante legale per dare visibilità concreta a un soggetto altrimenti non dotato della fisicità propria dell'imputato/indagato. L'ente, per mezzo del suo rappresentante legale può quindi scegliere se intenda o meno partecipare al procedimento, ma nel primo caso è tenuto a seguire un percorso procedimentale inderogabile che è quello della costituzione mediante il deposito della dichiarazione.

Il caso

In sede di merito, contestualmente alla condanna dei propri dirigenti, una società a responsabilità limitata era dichiarata responsabile degli illeciti amministrativi di cui agli artt. 24 con riferimento all'art. 640-bis c.p. e 25-ter con riferimento all'art. 2621 c.c. del d.lgs. 231 del 2001.

In sede di ricorso per cassazione, la difensa lamentava la violazione dell'art. 39 d.lgs. 231 del 2001, non essendovi stata una valida costituzione dell'ente che era stato rappresentato in entrambi i gradi del giudizio da difensori invalidamente nominati dall'imputato, in presenza dunque di un conflitto di interesse con l'ente da lui in precedenza amministrato.

La questione

Come è noto, nel procedimento nei suoi confronti la costituzione della società deve avvenire secondo le modalità indicate nell'art. 39d.lgs. 231 del 2001, il quale prevede che la persona giuridica interviene in giudizio con il proprio rappresentante legale quale risulta dalla legge o dallo statuto societario: in caso di mancata costituzione, ne viene invece dichiarata la contumacia conformemente ai principi generali del processo penale.

La dichiarazione di costituzione va presentata nella cancelleria o segreteria dell'autorità giudiziaria che procede e deve contenere le medesime indicazioni richiamate dall'art. 84 c.p.p. In particolare, è prevista l'indicazione della denominazione dell'ente e delle generalità del legale rappresentante dello stesso; in secondo luogo, va effettuata la nomina del difensore – di cui va trascritto il nome ed il cognome –, il quale a sua volta deve sottoscrivere l'atto e deve essere munito di apposita procura ad litem, essendosi per tale profilo parificata la posizione della persona giuridica interveniente nel processo penale che la riguarda a quella del convenuto nel giudizio civile; infine, occorre anche l'indicazione o l'elezione di domicilio della società e l'assenza di tali elementi determina – in assoluta divergenza rispetto a quanto previsto per le posizioni dell'imputato e delle altri private –l'inammissibilità della costituzione – che tuttavia può essere rinnovata eliminando i precedenti vizi, posto che non è previsto alcun termine per la costituzione dell'ente nel processo.

Va precisato che la disciplina in discorso – e in particolare la normativa in tema di dichiarazione o elezione di domicilio - opera solo laddove la persona giuridica intenda costituirsi nel procedimento; allorquando invece l'ente non proceda alla costituzione saranno applicabili – secondo il dettato degli artt. 34 e 35 d.lgs. 231/2001 – le ordinarie norme processuali del codice di rito, e l'elezione o dichiarazione di domicilio andrà effettuata nelle forme di cui all'art. 162 c.p.p.

Particolarmente discusse sono le conseguenze che si ritiene debbano derivare nel caso di mancata costituzione dell'ente, con particolare riferimento alle facoltà difensive che la persona giuridica può esercitare in caso di omessa osservanza delle formalità di cui all'art. 39 citato. Sul punto, prima della decisione delle Sezioni Unite di cui infra,si confrontavano due diversi orientamenti giurisprudenziali diametralmente opposti, giacché mentre secondo Cass. pen., Sez. VI, 5 febbraio 2008, n. 15689, S.r.l. A.R.I. INTERNATIONAL (in Cass. Pen., 2009, 3799; nello stesso senso, Cass. pen., Sez. IV, 19 dicembre 2014, n. 3786, VB101) «l'esercizio dei diritti di difesa da parte dell'ente in qualsiasi fase del procedimento a suo carico è subordinato all'atto formale di costituzione a norma dell'art. 39, essendo dunque legittima l'ordinanza del tribunale della libertà che dichiari inammissibile la richiesta di riesame avverso un decreto di sequestro presentata dal difensore dell'ente non ancora costituitosi nel procedimento», con un'altra decisione (Cass. pen., Sez. VI, 5 novembre 2007, QUISQUEYANA, in Foro It., 2009, II, c. 37. Nello stesso senso, Cass. pen., Sez. VI, 23 giugno 2006, n. 32627, inedita) la medesima Cassazione sostenne che «l'esercizio del diritto di difesa da parte della persona giuridica non è subordinato all'atto formale di costituzione e l'ente, non appena venuto a conoscenza dell'instaurazione di un procedimento a proprio carico, non solo ha la facoltà di nominare nei modi previsti dall'art. 96 c.p.p., alla stregua di ogni altra persona sottoposta alle indagini o imputata, un difensore di fiducia, ma gode ovviamente del diritto di fruire dell'assistenza difensiva (ivi comprese le facoltà che il nostro codice riconosce al difensore) indipendentemente dall'atto formale di costituzione posto in essere a norma dell'art. 39».

Rispetto a tali posizioni, le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza 28 luglio 2015, n. 15249) hanno adottato una soluzione di compromesso, peraltro già suggerita dalla sentenza Cass. pen., Sez. VI, 19 giugno 2009, Caporello, n. n. 41399 in Mass. Uff., n. 244407. Secondo la Corte, anche se che la costituzione dell'ente collettivo nel processo non può essere effettuata se non facendo ricorso al particolare procedimento descritto dall'art. 39, comma 1, d.lgs. 231/2001, occorre però riconoscere che il sistema processuale delineato dal citato decreto consente comunque all'ente di nominare comunque un difensore di fiducia anche in assenza di una sua formale costituzione nel procedimento, da intendersi tale espressione come facente riferimento non solo alla fase del giudizio ma anche alla fase delle indagini preliminari.

Il motivo per cui la società non costituitasi può comunque legittimamente nominare un proprio difensore di fiducia è secondo la Corte di Cassazione duplice. In primo luogo, a sostegno di questa tesi sta un indice normativo rappresentato dal fatto che la stessa dichiarazione di costituzione dell'ente deve essere sottoscritta dal difensore ed è quindi un atto del difensore fiduciario: ciò inevitabilmente implica, che anche prima di tale costituzione, ben possa essere stata effettuata dal rappresentante legale dell'ente la nomina del difensore di fiducia. In secondo luogo, la Corte invita a considerare come, in relazione a particolari atti investigativi - si pensi ai cosiddetti atti a sorpresa -, occorra riconoscere prontamente alla persona giuridica la possibilità di esercitare le proprie facoltà difensive, secondo le modalità che la stessa ritenga più opportune: sarebbe infatti lesivo dei diritti inviolabili di difesa propri dell'ente collettivo sottoposto a processo ritenere che al difensore di fiducia comunque nominato, sia pur senza previa costituzione ex art. 39 citato, non possa comunque far valere le ragioni della persona giuridica.

In sostanza, secondo la Suprema Corte, ogni qualvolta l'ente – a prescindere, lo si ripete, dalla sua costituzione in giudizio - abbia nominato un difensore di fiducia, si deve ritenere che detta nomina esplichi piena efficacia, nel senso di legittimare il difensore all'assunzione di eventuali iniziative quali l'attivazione delle procedure di impugnazione cautelare - al pari d'altronde di quanto sarebbe sicuramente riconosciuto in questo caso al difensore d'ufficio designato in assenza della nomina del difensore di fiducia e pur in manca di costituzione della società, non essendo logico riconoscere al primo soggetto un ambito di poteri più ampio di quello attribuito al soggetto investito da un mandato fiduciario.

Ritenere la costituzione dell'ente quale necessario presupposto per l'esercizio delle sue prerogative difensive confonde le condizioni richieste dal testo normativo perché la società possa partecipare al giudizio con il rispetto dei diritti che indefettibilmente spettano ad ogni accusato nel processo penale. Infatti, mentre l'art. 39 d.lgs. 231/2001 ha la funzione di “materializzare” l'ente nel processo con la sola conseguenza che in caso di inosservanza delle relative prescrizioni ne viene dichiarata la contumacia, i diritti di difesa riconosciuti ed esercitabili dalla persona giuridica vanno individuati e ricostruiti per il tramite del combinato disposto degli artt. 34 e 35 d.lgs. 231/2001, i quali come è noto estendono le regole del processo ordinario, e in particolare quelle riservate ai diritti e alle facoltà dell'imputato, all'ente “imputato” o sottoposto a indagini preliminari. Indicativo di tale ricostruzione è il contenuto dell'art. 40 d.lgs. 231 del 2001, che prevede la nomina del difensore d'ufficio all'ente che non ha nominato un difensore di fiducia o ne è rimasto privo: tale disposizione, infatti, pur potendo «sembrare ultronea rispetto al principio di parificazione tra imputato ed ente previsto dall'art. 35, ha una particolare valenza sistematica nella soluzione della questione in esame [proprio perché] garantisce la difesa dell'ente a prescindere dalla sua costituzione e la stessa locuzione utilizzata ha come soggetto l'ente e non l'ente “costituito”».

Le soluzioni giuridiche

Nella sua decisione, rigettando la censura difensiva, la Cassazione si rifà al precedente delle Sezioni Unite del 2015, ribadendo che l'ente partecipa al procedimento penale con il proprio rappresentante legale, salvo che questi sia imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo, ma la partecipazione dell'ente al procedimento è subordinata alla sua costituzione in giudizio, vale a dire alla manifesta espressione della sua volontà di prendervi parte mediante una dichiarazione scritta che, a pena di inammissibilità, deve contenere specifiche indicazioni secondo quanto previsto dal citato art. 39.

La mancata osservanza del disposto di cui all'art. 39 determina la mancata costituzione dell'ente in giudizio e la conseguente inammissibilità per le iniziative difensive in assenza della preventiva costituzione, salvo che si versi in una situazione in cui sarebbe impossibile rispettare le prescrizioni dell'art. 39 citato come avviene negli atti c.d. a sorpresa o comunque caratterizzati da rapidità e urgenza nella rispettiva esecuzione, con riferimento soprattutto alla fase iniziale del procedimento nella quale l'ente non ha avuto, a volte, neppure sentore della pendenza delle indagini a proprio carico o comunque l'ha avuto in termini tali da non consentirgli di fatto il ricorso alla procedura ex art. 39 in tempo utile per l'esercizio delle facoltà di reazione. Di regola la valutazione circa il ricorrere di una tale circostanza è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito ma, ricorda la Cassazione – anche in questo caso conformemente all'insegnamento delle Sezioni Unite –, vi è un'ipotesi in cui al giudicante è preclusa questa facoltà di giudizio dovendosi senz'altro escludere che ricorra una situazione in cui per la persona giuridica è impossibile rispettare il precetto di cui all'art. 39 d.lgs. 231/2001 e ciò si verifica nel caso considerato dall'art. 57 del decreto legislativo 231/2001 ossia dalla norma che stabilisce che l'informazione di garanzia inviata all'ente contiene, tra l'altro, l'avvertimento che, per partecipare al procedimento, deve depositare la dichiarazione di cui all'art. 39, comma 2.

L'art. 57 in parola, infatti, vale a rendere tracciabile la situazione procedimentale a partire dalla quale l'urgenza della reazione difensiva non può più prevalere sull'area della operatività dell'art. 39 citato, il quale torna così a presidiare con le proprie regole l'incedere della fase. In tutti i frangenti e i segmenti procedimentali che seguono l'informazione di garanzia contenente l'avvertimento della necessità della costituzione per partecipare al procedimento, il mancato esercizio di tale onere deve essere ritenuto come una precisa opzione processuale che vale a incidere negativamente, travolgendola ex lege, anche sulla legittimazione del difensore di fiducia, i cui poteri restano incapaci di produrre effetti procedimentali.

Accanto a tali considerazioni, poi deve aggiungersi che se il rappresentante dell'ente che versi nella condizione descritta dall'art. 39, comma 1 (ovvero sia indagato per il reato presupposto della responsabilità della società da lui amministrata), ciononostante procedesse alla nomina del difensore di fiducia dell'ente indagato, si tratterebbe di un atto sospettato - per definizione legislativa - di essere produttivo di effetti potenzialmente dannosi sul piano delle scelte strategiche della difesa dell'ente che potrebbero trovarsi in rotta di collisione con divergenti strategie della difesa del legale rappresentante indagato e il giudice investito dell'atto propulsivo della difesa così officiata non potrebbe esimersi dal sindacare tale condizione sotto il profilo della ammissibilità dell'atto. In altri termini, non si pone qui il problema dell'intervento (e delle sue modalità) del giudice su una scelta fiduciaria legittimamente effettuata dall'interessato, ma della ratifica, da parte del giudice, di una qualificazione di incompatibilità del rappresentante dell'ente che il legislatore stesso ha effettuato e quindi di rilevazione di un difetto di legittimazione alla nomina con la conseguenza che deve considerarsi inammissibile, per difetto di legittimazione rilevabile di ufficio ai sensi dell'art. 591, comma 1, lett. a), c.p.p., l'impugnazione presentata dal difensore dell'ente nominato dal rappresentante che è imputato o indagato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo.

È proprio questa la situazione verificatasi nella vicenda decisa dalla sentenza in commento. L'ente collettivo infatti non risultava essersi costituito in giudizio nella fase di primo grado e solo dopo la condanna del giudice di prime cure depositava nella cancelleria dell'autorità giudiziaria procedente atto con il quale dichiarava di costituirsi nel procedimento in argomento nominando altresì il proprio difensore. Tuttavia, l'atto di costituzione della società e di nomina del relativo difensore era avanzato dall'amministratore dell'ente indagato, il quale era tuttavia contestualmente indagato per il reato presupposto fondamento della contestazione dell'illecito alla società; in presenza di tale circostanza, la costituzione della società doveva ritenersi inammissibile e quindi era priva di ogni rilevanza la nomina del difensore, il quale perciò non poteva ritenersi legittimato ad esercitare alcuna potestà difensiva nell'interesse dell'ente ed in particolare non poteva impugnare la decisione di condanna.

Osservazioni

L'interpretazione che la giurisprudenza fornisce dell'art. 39 d.lgs. 231/2001 - e in particolare la scelta di precludere l'esercizio di qualsiasi facoltà difensionale al difensore di fiducia dell'ente non costituitosi quando all'ente medesimo sia stata notificata l'informazione di garanzia e ciò in quanto tale atto dell'Autorità Giudiziaria indica alla persona giuridica quali siano gli oneri che deve assolvere per poter partecipare al procedimento - è condivisibile. Se infatti la ragione principale per cui deve ammettersi rilevanza ed efficacia alla nomina del difensore di fiducia effettuata dall'ente non costituito risiede nella circostanza che la persona giuridica deve potersi prontamente ed efficacemente difendere in caso di atti investigativi a sorpresa - e quindi non deve vedere la propria strategia difensiva in qualche modo ostacolata dalla necessaria osservanza di particolari procedure, quali potrebbe essere per l'appunto l'obbligatoria costituzione in giudizio prima di poter nominare un difensore di fiducia -, è evidente che tale esigenza non sussiste quando alla società sia stato notificato l'avviso di garanzia; la notifica di tale atto infatti di regola si verifica quando l'Autorità Giudiziaria non ha da compiere alcun atto investigativo a sorpresa e non ha particolari esigenze di segretezza e celerità nella fase delle indagini e quindi in tali circostanza l'ente dispone di un congruo termine per porre in essere gli adempimenti di cui all'art. 39 citato e per l'espletamento dei relativi diritti difensivi.

In sostanza, in tutti i frangenti e di segmenti procedimentali che seguono un'informazione di garanzia contenente l'avvertimento della necessità della costituzione per partecipare al procedimento, il mancato esercizio di tale onere deve essere ritenuto come una precisa opzione processuale che vale ad incidere negativamente anche sulla legittimazione del difensore di fiducia, i cui poteri restano incapace di produrre effetti procedimentali, con il conseguente subentro di quelli del - a questo punto indispensabile - difensore di ufficio.

Parimenti condivisibile la seconda limitazione inerente l'efficacia della nomina del difensore di fiducia da parte dell'ente collettivo, rinvenibile nell'ipotesi in cui la nomina del difensore di fiducia provenga dalla rappresentante legale della società, il quale sia a sua volta indagato o imputato per il medesimo reato presupposto da cui discende l'eventuale responsabilità dell'ente collettivo. In tale circostanza, l'inefficacia della nomina del difensore di fiducia non dipende dal fatto che l'ente, non essendosi costituito, non ha fatto ancora comparsa nel proscenio processuale, quanto dalla presunzione di incompatibilità che in questo caso sussiste fra l'ente collettivo ed il suo rappresentante legale, il quale essendo indagato o imputato per un illecito da cui deriva la responsabilità della persona giuridica presso cui egli stesso operava, si ritiene versare - con presunzione assoluta ed insuscettibile di prova in senso contrario -in una situazione di conflitto di interessi, che lo rende inidoneo ad esercitare qualsiasi facoltà difensiva per conto dell'ente. Ciò comporta quindi che, laddove il rappresentante legale indagato o imputato del reato presupposto abbia provveduto alla nomina del difensore di fiducia dell'ente, tale nomina è da ritenersi priva di qualsiasi efficacia ed eventuali istanze vanno qualificate come inammissibili.