Danni da infiltrazione: il condominio è responsabile se il danno deriva dalla colonna montante e non prova il caso fortuito
29 Agosto 2019
Massima
In tema di scarico, le proprietà dei singoli condomini si estendono fino alla colonna verticale, di tal ché - in caso di allagamento - qualora l'acqua sia fuoriuscita dalla colonna verticale, sarà il condominio a dovere risarcire il danneggiato, a meno che non sia in grado di dimostrare che il danno si sia verificato a causa della condotta di un condomino. Il caso
Due condomini agivano in giudizio avverso la vicina del piano superiore lamentando come il loro appartamento avesse subito dei danni da allagamento a causa di perdite provenienti dal piano superiore. Contestualmente, tuttavia, gli attori convenivano anche il condominio, ritenendolo responsabile in solido con la convenuta. Il condominio, costituendosi in giudizio, eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva, dato che una perizia antegiudiziale aveva accertato come la responsabilità del danno sarebbe stata unicamente ascrivibile alla condomina convenuta, dato che l'ostruzione del discendente condominiale era asseritamente derivata dagli scarichi del water di questa. La convenuta, di contro, faceva rilevare come - essendo l'infiltrazione derivata dal montante condominiale - allora la responsabilità del danno sarebbe stata ascrivibile unicamente al condominio. La questione
La vicenda in oggetto inerisce alla responsabilità per il danno da allagamento. Tale disciplina è ben descritta mediante il richiamo a due norme codicistiche, curiosamente non citate dal decidente nella sentenza. Per fare luce sulle questioni risarcitorie condominiali relative ad allagamenti, infatti, è preliminarmente necessario fare riferimento all'art. 2051 c.c. il quale afferma che “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”. Tale norma specifica, quindi, che il custode del bene dal quale è derivato il danno è il giusto legittimato passivo dell'azione risarcitoria. Detta figura non sempre, ma spesso, coincide con il proprietario del manufatto. La realtà condominiale, nel frangente, risulta particolarmente complicata. La natura del palazzo, infatti, pone a stretto contatto beni privati e beni condominiali e quindi l'operazione che il decidente è chiamato a compiere (con l'ausilio dei propri tecnici) è quella di ricostruire la vicenda e comprendere da quale bene sia derivata l'inondazione che ha cagionato il danno. A questo punto, quindi, subentra l'altra norma sopra accennata, ossia il noto art. 2697 c.c. che afferma, in materia di onere della prova, che “Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda”. Di centrale importanza, quindi, nel giudizio, è fornire la prova di quanto affermato; per l'attore sarà infatti necessario dare prova dell'allagamento, del danno e del nesso di causalità che lo lega, mentre per la parte convenuta sarà importante fornire prova del c.d. “caso fortuito, ossia qualsiasi elemento in grado di elidere il nesso causale tra il bene nella propria custodia e il danno subito dall'attore. In questo ambito si trova a giudicare il Tribunale di Tivoli, nella sentenza in commento. Le soluzioni giuridiche
La sentenza del Tribunale di Tivoli, 30 novembre 2018, n. 1657 accorda il risarcimento alla parte attrice e condanna il condominio a rifondere il danno subito dalla stessa. Il giudice, in buona sostanza, afferma come fosse palese il nesso di causalità tra l'inondazione e il danno affermato dagli attori, e come la fuoriuscita d'acqua pacificamente originasse dal montante verticale di proprietà (e dunque in custodia) del condominio. Quanto all'eccezione dello stabile, il giudice la rigettava. Occorre, al fine di comprendere la sentenza, analizzare nello specifico detta eccezione. Il condominio, infatti, non aveva negato che l'acqua fosse fuoriuscita dalla colonna montante, ma aveva invocato la propria assenza di responsabilità in ragione del caso fortuito. A detta del palazzo, infatti, la colonna montante si sarebbe ostruita a causa di una occlusione occorsa in corrispondenza della giuntura tra lo scarico del wc dell'altra convenuta (proprietà privata) e la colonna montante (proprietà condominiale). Tale eccezione, secondo il giudice, era priva di pregio. Il condominio, infatti, non aveva in alcun modo provato il caso fortuito, dato che l'occlusione, presente sì all'altezza della giunzione con la proprietà dell'altra convenuta, avrebbe ben potuto essere derivata dagli scarichi di altre abitazioni, ed essersi poi fermata a tale altezza. Trattandosi di manufatti condominiali, poi, spettava allo stabile un onere di controllo e manutenzione che, ove adempiuto, avrebbe consentito di evitare il danno. Ai sensi della giurisprudenza della Cassazione, difatti, “in tema di condominio negli edifici, ai sensi dell'art. 1117, comma 3, c.c., la proprietà dei tubi di scarico dei singoli condomini si estende fino al punto del loro raccordo con l'innesto nella colonna verticale, all'altezza di ciascun piano dell'edificio condominiale. Ne consegue che la parte della colonna di scarico che, all'altezza dei singoli piani dell'edificio condominiale, funge da raccordo tra tale colonna e lo scarico dei singoli appartamenti (braga) va qualificato come bene condominiale, proprio in relazione alla sua funzione e in quanto strutturalmente collegata al tratto verticale dello scarico, del quale costituisce parte essenziale” (così Cass. civ., sez. II, 19 gennaio 2012, n. 778). Il danno quindi non poteva che scriversi al condominio e in ragione di ciò il giudice condannava lo stabile a risarcire la proprietà attorea. Osservazioni
La sentenza in commento appare corretta dal punto di vista del dispositivo, ma non risulta eccessivamente completa dal punto di vista motivazionale. Scindendo le due parti, dal punto di vista della decisione finale nessun appunto può essere mosso al decidente. Sul versante della leggibilità e della chiarezza, invece, il Tribunale di Tivoli avrebbe, a parere dello scrivente, potuto esprimersi meglio. Punto focale della decisione, infatti, pare proprio l'assenza della prova liberatoria sul caso fortuito da parte del condominio e su questo il decidente avrebbe potuto quanto meno citare le norme di cui al paragrafo che precede e fornire una sintetica spiegazione della disciplina, prima di analizzare il caso concreto. Sebbene una sentenza debba essere sintetica e contenuta, essa deve essere chiara e leggibili e ciò anche in ragione di quanto recentemente affermato dal Consiglio di Stato, il quale ha riportato che “Le decisioni del giudice devono essere comprensibili a tutti, grazie a una motivazione chiara e a un linguaggio appropriato. Il giudice non deve persuadere, ma dare conto della propria decisione, per questo profili processuali e forme di linguaggio devono stare insieme nella redazione della sentenza, che è la ragion d'essere del giudice” (si veda l'accordo tra il Presidente del Consiglio di Stato, Filippo Patroni Griffi, e il Presidente dell'Accademia della Crusca, Claudio Marazzini, liberamente consultabile all'indirizzo https://www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/-/accordo-di-collaborazione-tra-la-giustizia-amministrativa-e-l-accademia-della-crusca). Nel merito, sarebbe parsa necessaria una maggiore spiegazione sul motivo della condanna del solo condominio e non anche dell'altra condomina convenuta. Il punto focale della vicenda è infatti il fatto che, ai sensi dell'art. 1117, comma 3, c.c., i tubi di scarico delle acque nere del palazzo sono condominiali fino alla porzione (chiamata braga) che si congiunge con il raccordo dei singoli appartamenti (si veda anche giurisprudenza citata nel paragrafo che precede). Qualora l'acqua fuoriesca dai tubi privati, il danno dovrà essere risarcito dai soli condomini responsabili, mentre se questa fosse uscita dalla colonna centrale o altre parti non private, responsabile del danno sarà il condominio. Nel caso in oggetto, appurato che l'acqua fuoriusciva dalla colonna montante, il condominio ha tentato di difendersi affermando la propria estraneità rispetto al danno in ragione di un caso fortuito. Secondo lo stabile, infatti, la trascuratezza degli abitanti dell'appartamento della convenuta, che avevano gettato materiale ostruente nelle condutture, aveva da solo cagionato il danno, rendendo impossibile prevederlo e prevenirlo per il condominio. Tale eccezione (che pure era l'unica astrattamente proponibile per tentare di evitare la soccombenza giudiziale) si era rivelata priva di pregio in quanto, ex se, non consentiva la predetta elisione del legame tra fatto e danno chiamato nesso di causalità. Se, infatti, l'ostruzione fosse stata indissolubilmente legata all'appartamento della convenuta allora il condominio sarebbe stato liberato da oneri risarcitori. L'ostruzione, però, avrebbe potuto essere stata cagionata da inquilini degli appartamenti soprastanti e solo in seguito consolidata all'altezza della braga della convenuta. Nessuna evidenza scientifico-probatoria era stata dimostrata sul punto. All'esito dell'assenza di prova certa sul caso fortuito il giudice aveva, correttamente, applicato il criterio dettato dall'art. 2051 c.c. e dichiarato la soccombenza del solo condominio, in quanto custode del manufatto. Una buona sentenza, che sarebbe diventata ottima con un discorso di portata più ampia. Pilot, Infiltrazioni dal lastrico solare, danni all'unità immobiliare sottostante e responsabilità del condominio, in Ridare.it, 2019 Trapuzzano, Delimitazione della responsabilità del condominio per i danni cagionati da cose in custodia, in Giustiziacivile.com, 2018 Valentino, Il condominio deve provare la sussistenza del caso fortuito per evitare di risarcire un soggetto caduto sulle scale dello stabile, in Condominioelocazione.it, 2018 |