Omessa integrazione del contraddittorio nei confronti di soggetti intervenuti in primo grado: sentenza nulla

Sergio Matteini Chiari
05 Settembre 2019

Nella pronuncia in commento la Suprema Corte si è occupata di stabilire se i condomini intervenuti in primo grado fossero da qualificare come litisconsorti necessari e quali conseguenze dovessero prodursi nel caso, concretamente verificatosi, di mancata notificazione ad alcuni di essi dell'atto di appello e della mancata integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 331 c.p.c.
Massima

L'omessa notificazione dell'atto di appello al condomino intervenuto nel giudizio di primo grado, promosso dall'amministratore del condominio a tutela dei beni comuni, determina la nullità della sentenza, derivante dalla mancata integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 331 c.p.c., rilevabile d'ufficio nel giudizio di legittimità anche se la parte pretermessa si costituisca volontariamente, accettando senza riserve la decisione di secondo grado, trattandosi di una nullità determinata dal giudice, che non ha disposto l'integrazione del contraddittorio, in relazione alla quale non opera il temperamento stabilito dall'art. 157,comma 3, c.p.c., secondo cui la nullità non può essere fatta valere dalla parte che vi ha dato causa.

Il caso

Il Condominio AAA conveniva in giudizio le società BBB e CCC, rispettivamente quale conduttrice e quale precedente conduttrice dei locali di proprietà della società DDD, nonché quest'ultima, per sentirle condannare a rimuovere a proprie spese le canne fumarie apposte sulla facciata dell'edificio in violazione del regolamento condominiale di natura contrattuale, della normativa relativa alle distanze, di quella in materia di uso della cosa comune, di quella inerente al rispetto del decoro architettonico, nonché della normativa in materia di immissioni nocive di fumi e rumori.

L'attore chiedeva altresì di inibire l'attività di ristorazione, giacché vietata dal regolamento di condominio, e di condannare le convenute al risarcimento dei danni per uso illegittimo della cosa comune, oltre che per l'allestimento di specifiche protezioni alle canne fumarie apprestato nel corso dell'installazione dei ponteggi necessari per l'esecuzione dei lavori di ristrutturazione del fabbricato.

Le società BBB e CCC resistevano chiedendo la reiezione delle domande e proponevano domanda riconvenzionale, chiedendo condanna del Condominio AAA al risarcimento dei danni loro causati dall'esecuzione dei lavori di adeguamento dell'impianto elettrico dell'edificio condominiale.

Nel corso del giudizio di primo grado intervenivano, facendo proprie le conclusioni del Condominio attore, alcuni (cinque) singoli condomini.

Il Tribunale adito ordinava alle convenute di ricondurre le immissioni acustiche, di fumi e di odori nei limiti della tollerabilità, secondo le indicazioni date dal CTU, e rigettava ogni altra domanda.

L'originario attore ed alcuni (tre) dei condomini intervenuti proponevano appello principale sia nei confronti delle società BBB, CCC, le quali proponevano appello incidentale ai fini dell'accoglimento della domanda riconvenzionale respinta in primo grado, sia nei confronti della società DDD.

La Corte di merito, ritenute assorbite le restanti censure degli appellanti principali, accoglieva il gravame quanto alla domanda di inibizione dell'attività di ristorazione esercitata dalle appellate, giacché vietata dal vigente regolamento condominiale e condannava le stesse al ripristino dello stato dei luoghi; rigettava, inoltre, l'appello incidentale.

Le società BBB e CCC proponevano ricorso per cassazione.

La società DDD resisteva con autonomo ricorso e proponeva ricorso incidentale.

Rispetto ad entrambi i ricorsi resistevano con controricorso il Condominio nonché tutti i condomini intervenuti in primo grado, inclusi quelli che non avevano partecipato alla fase di appello.

La questione

La questione che interessa in questa sede, proposta dalla ricorrente incidentale, è consistita nello stabilire se i condomini intervenuti in primo grado fossero da qualificare come litisconsorti necessari e quali conseguenze dovessero prodursi nel caso, concretamente verificatosi, di mancata notificazione ad alcuni di essi dell'atto di appello e della mancata integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 331 c.p.c.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte ha, in primo luogo, dichiarato ammissibile, ai sensi dell'art. 366, comma 1 n. 6, c.p.c., la questione proposta dalla ricorrente incidentale sul rilievo che nel relativo ricorso risultavano indicati gli elementi ed i riferimenti sufficienti ad individuare il denunciato error in procedendo, in relazione al quale ad essa doveva ritenersi spettare il ruolo di giudice del fatto, con il potere di esaminare direttamente gli atti di causa.

La Suprema Corte ha, quindi, rilevato che, in effetti, l'appello principale non risultava essere stato notificato a due dei cinque condomini intervenuti nel corso del giudizio di primo grado e che il contraddittorio non era stato successivamente integrato.

La Suprema Corte ha, poi, precisato che nell'ambito dei giudizi promossi dall'amministratore a tutela delle parti comuni condominiali, ciascuno dei partecipanti al condominio può spiegare intervento a difesa della proprietà comune, connotantesi come «adesivo autonomo», «ovvero (sul presupposto che il condomino che intervenga personalmente nel processo, in cui sia presente l'amministratore, non si comporta come un terzo che si intromette in una vertenza fra estranei) quale costituzione di una delle parti originarie in senso sostanziale, determinatasi a far valere le proprie ragioni direttamente e non più tramite il rappresentante comune»; venendo, pertanto, a seguito dell'intervento, a configurarsi un unico giudizio con pluralità di parti e determinandosi tra queste ultime un litisconsorzio processuale necessario. Sì che, trattandosi di causa inscindibile, ove l'atto di impugnazione non venga notificato nei confronti dell'interveniente ed il giudice non abbia ordinato l'integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c., si determina la nullità, rilevabile di ufficio anche in sede di legittimità, dell'intero processo di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso, giacché inutiliter data, non essendo stata pronunciata nei confronti di tutti i comproprietari.

E ciò anche nel caso, verificatosi in concreto, in cui i condomini pretermessi nel giudizio di appello si siano costituiti nel giudizio di legittimità accettando senza riserve la decisione di secondo grado, trattandosi di una nullità determinata dal giudice, che non ha disposto l'integrazione del contraddittorio, in relazione alla quale non opera il temperamento stabilito dall'art. 157, comma 3, c.p.c., secondo cui la nullità non può essere fatta valere dalla parte che vi ha dato causa.

Osservazioni

i) In sede normativa non si rinviene definizione del concetto di «cause inscindibili»,la cui identificazione risulta, pertanto, demandata all'interprete.

Tra le cause da ritenere inscindibili agli effetti dell'art. 331 c.p.c. sono comprese, in primo luogo, quelle per le quali il litisconsorzio sia necessario sin dall'origine (litisconsorzio necessario cd. sostanziale), vale a dire quelle in cui la necessità del litisconsorzio sia espressamente prevista dalla legge o sia dovuta al fatto che la sentenza, influendo su una situazione giuridica unica, indivisibile e comune a più persone, sarebbe inutiliter data qualora non pronunciata nei confronti di tutti i soggetti interessati alla decisione.

Nella medesima categoria devono essere incluse le cause in cui il litisconsorzio si configuri successivamente alla loro introduzione.

E' incontroverso che tale ipotesi si verifichi allorché ad una delle parti originarie succedano, nella medesima posizione, più soggetti, oppure allorché, nella sede di prima istanza, il numero dei protagonisti della vicenda processuale si accresca in ragione di chiamata in causa ad istanza di parte o iussu iudicis oppure di intervento volontario [su tale ultimo tema si veda il successivo punto ii)].

Il concetto di causa inscindibile viene esteso alle ipotesi di litisconsorzio necessario c.d. processuale, che si configura allorché la presenza di più parti nel giudizio di primo grado debba necessariamente persistere in sede di impugnazione, al fine evitare giudicati contrastanti nella stessa materia e tra soggetti già parti del giudizio.

In tutte le ipotesi considerate, l'impugnazione deve essere proposta contro tutte le parti della precedente fase del giudizio.

É consolidato il principio secondo cui l'integrazione del contraddittorio, in fase di gravame, deve essere disposta non solo quando il giudizio di primo grado si sia svolto nei confronti di litisconsorti necessari di diritto sostanziale, e l'appello non sia stato proposto nei confronti di alcuni di essi, ma anche nel caso di litisconsorzio necessario processuale, quando l'impugnazione non sia stata proposta nei confronti di tutte le parti, non legate da litisconsorzio necessario sostanziale, purché si tratti di cause inscindibili o tra loro dipendenti, derivando la sua necessità dal solo fatto che le parti siano state presenti in primo grado (ex multis, da ultimo, Cass. civ., sez. I, 19 aprile 2016, n. 7732; Cass. civ., sez. V, ord., 8 novembre 2017, n. 26433; Cass. civ., sez. VI, ord., 29 marzo 2019, n. 8790).

ii) In ordine al ricorrere di ipotesi di litisconsorzio necessario processuale con riferimento ai casi di intervento volontario in causa di terzi (in questa sede non interessa trattare dei casi di intervento coatto ad istanza di parte o iussu iudicis), si registrano posizioni differenziate.

Con riguardo all'intervento adesivo dipendente è prevalente, in giurisprudenza l'opinione secondo cui, poiché l'interveniente adesivo si inserisce nel processo tra altre persone, pur restando invariato l'oggetto della controversia nonostante l'ampliamento del numero dei partecipanti, deve necessariamente ipotizzarsi un litisconsorzio processualenei successivi gradi del giudizio, non esaurendosi in un solo grado l'interesse dell'interveniente ad influire con la propria difesa sull'esito della lite e configurandosi, diversamente, la possibilità di un conflitto di giudicati per il passaggio in giudicato della sentenza nei confronti dell'interveniente rimasto estraneo ai successivi gradi di giudizio; con la conseguenza che, ove l'atto di impugnazione non sia notificato nei suoi confronti ed il giudice non abbia ordinato l'integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c., si determina la nullità, rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità, dell'intero processo di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso (Cass. civ., sez. I, 3 aprile 2007, n. 8350; Cass. civ., sez. III, 3 aprile 2013, n. 8102; Cass. civ., sez. II, 6 maggio 2015, n. 9150; Cass. civ., sez. II, ord., 9 maggio 2018, n. 11156).

Viceversa, con riguardo all'intervento principale, in giurisprudenza (si è rinvenuta una sola pronuncia, risalente, ma mai contraddetta), sul presupposto che il diritto fatto valere dall'interveniente viene a contrapporsi alle pretese fatte valere nello stesso giudizio dalle parti principali, è stato affermato che le domande, ancorché connesse in guisa da poter dare luogo ad un simultaneus processus, debbono ritenersi scindibili, neppure ricorrendo fra le stesse un vincolo di dipendenza (Cass. civ., sez. II, 25 agosto 1990, n. 8747).

Infine, con riguardo all'intervento adesivo autonomo o litisconsortile, all'originaria opinione (espressa da una pronuncia – Cass. civ., sez. II, 4 giugno 1979, n. 314 – assai risalente) di scindibilità fra la causa principale e quella fatta valere dall'interveniente, è succeduta quella espressa dalla sentenza in commento, ove è stata ritenuta sussistente inscindibilità fra causa principale e causa fatta valere dall'interveniente in un caso in cui la prima era stata proposta da un condominio (rappresentato dall'amministratore) e la seconda da singoli condomini per far valere le proprie ragioni direttamente e non più tramite il rappresentante comune.

iii) Resta a chi annota un dubbio. Stando alla descrizione del «fatto» contenuta nella sentenza, parrebbe, invero, che gli intervenienti, limitatisi, nell'intervenire, a fare proprie le conclusioni attoree, abbiano assunto posizione di intervenienti adesivi dipendenti e non già di intervenienti adesivi autonomi; non risultando, inoltre, che abbiano introdotto nel processo domande dipendenti dal proprio specifico titolo.

Il dubbio appena esposto deve, comunque, ritenersi irrilevante giacché, quale che sia, delle due dette, la titolazione da assegnarsi all'intervento in questione, si sarebbe configurata [si fa rinvio, in proposito, al precedente punto ii)] l'ipotesi di litisconsorzio necessario processuale, con la conseguente necessità di integrazione del contradditorio.

iv) Ove ricorra l'ipotesi di cause inscindibili o fra loro dipendenti, in fase di impugnazione il processo deve svolgersi nei confronti di tutti coloro che abbiano assunto la qualità di parte nel primo grado del giudizio.

Qualora venga rilevata, d'ufficio o su segnalazione od istanza di parte, la non integrità del contraddittorio, il giudice, in applicazione dell'art. 331 c.p.c., deve ordinarne l'integrazione, deve cioè ordinare che l'impugnazione venga proposta anche nei confronti delle parti nei confronti delle quali non sia già stata proposta, salva l'ipotesi di costituzione volontaria in giudizio delle stesse.

In caso di mancata integrazione, deriva nullità, rilevabile d'ufficio (Cass. civ., sez. V, ord., 8 novembre 2017, n. 26433; Cass. civ., sez. VI, ord., 29 marzo 2019, n. 8790).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.