La rimessione in termini nel procedimento per ingiunzione

Giusi Ianni
16 Settembre 2019

Il tribunale di Asti si è occupato di stabilire se è ammessa l'applicazione dell'istituto della rimessione in termini al procedimento monitorio.
Massima

Va ammessa l'applicazione dell'istituto della rimessione in termini al procedimento monitorio in forza dell'argomento sistematico relativo alla sedes materiae del novellato art. 153 c.p.c. (non essendo più la rimessione in termini limitata alla fase istruttoria del processo ordinario di cognizione ma costituendo principio generale processualcivilistico) ed in ragione dell'esigenza di evitare la duplicazione di azioni giudiziarie in ossequio al canone costituzionale di ragionevole durata del processo.

Il caso

Tizio e Caia proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo ottenuto nei loro confronti dall'impresa Alfa, per il pagamento della somma di euro 21.152,45. Costituitasi in giudizio, l'impresa Alfa chiedeva concedersi la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto, ai sensi dell'art. 648 c.p.c.

La questione

L'opponente eccepiva l'inefficacia del decreto ingiuntivo opposto, per tardiva notificazione dello stesso rispetto al termine di cui all'art. 644 c.p.c.

Le soluzioni giuridiche

L'eccezione era rigettata dal giudice dell'opposizione, il quale riteneva valida la rimessione in termini accordata dal giudice del monitorio al creditore.

Osservava, in particolare, il giudice dell'opposizione che l'istituto della rimessione in termini doveva considerarsi di carattere generale e, quindi, applicabile anche al procedimento monitorio, «in forza dell'argomento sistematico relativo alla sedes materiae del novellato art. 153 c.p.c. (non essendo più la rimessione in termini limitata alla fase istruttoria del processo ordinario di cognizione ma costituendo principio generale processualcivilistico) ed in ragione dell'esigenza di evitare la duplicazione di azioni giudiziarie in ossequio al canone costituzionale di ragionevole durata del processo».

Poiché, quindi, dalla documentazione prodotta dall'opposto poteva evincersi:

  • il tempestivo avvio del procedimento notificatorio nei confronti dell'ingiunta Caia ed il mancato perfezionamento della notifica tentata presso l'indirizzo di residenza della medesima;
  • la non imputabilità al creditore della decadenza maturatasi, considerato che la notifica successivamente esperita si era perfezionata presso il medesimo indirizzo di residenza di Caia;
  • la immediata attivazione del creditore al fine di ottenere la rimessione in termini che, legittimamente, il Giudice del monitorio concedeva con decreto depositato il 9.07.2018;
  • la tempestiva rinnovazione della notifica da parte del creditore, a seguito della rimessione in termini accordata dal giudice del monitorio.

Il giudice dell'opposizione riteneva, almeno a livello di delibazione sommaria, infondata l'eccezione dell'opponente, ritenendo, in particolare, irrilevante il mancato decorso del termine perentorio ai fini della concessione della rimessione in termini, «sia tenuto conto del differente tenore letterale dell'art. 153 c.p.c. - che dispone che la parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini - rispetto all'art. 154 c.p.c. - che ammette la proroga del termine ordinatorio prima della scadenza dello stesso -, sia considerato che il maturare della decadenza presuppone di per sé la scadenza del termine perentorio».

Osservazioni

L'art. 153 c.p.c. è il frutto delle modifiche apportate dalla l. 18 giugno 2009, n. 69, che ha contestualmente abrogato l'art. 184 bis del codice di rito, che regolava la rimessione in termini con riferimento alla sola fase istruttoria del processo ordinario di cognizione, mentre l'art. 153 c.p.c. si limitava a prevedere, in assoluto, la non prorogabilità dei termini perentori. La collocazione del contenuto dell'abrogato art. 184-bis c.p.c. tra le disposizioni generali del I libro del codice di procedura civile ha attribuito all'istituto della rimessione in termini una connotazione di natura generale, tant'è che l'istituto è stato ritenuto applicabile non soltanto nel corso del giudizio di primo grado, ma anche nel processo di appello e nel giudizio di legittimità, nonché nel processo esecutivo, nei processi speciali di cui al IV libro del codice di procedura civile e nel processo del lavoro, oltre che nel processo tributario, che al codice di rito rinvia per quanto non diversamente disciplinato dal d.lgs. n. 546/1992.

Del tutto corretta, appare, quindi, la premessa dell'applicabilità dell'art. 153 c.p.c. anche al procedimento monitorio (affermata anche da altre pronunce della giurisprudenza di merito: cfr. ad esempio Trib. Torino 18 giugno 2012 e Trib. Varese 4 ottobre 2012). Simile applicabilità era stata, invece, esclusa dalla giurisprudenza di legittimità sotto il vigore del previgente testo della norma (cfr. Cass. civ.,sez. II, sent., n. 67/2002 che proprio con riferimento al termine di cui all'art. 644 c.p.c. aveva affermato l'insuscettibilità di rimessione in termini sulla base della disciplina normativa ratione temporis vigente).

Vanno, tuttavia, operate delle precisazioni.

Pacifico è, anzitutto, che l'istituto della rimessione in termini, previsto dall'art. 153, comma 2, c.p.c., come novellato dalla l. n. 69/2009, richieda la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perché cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà (Cfr. Cass. civ., Sez. Un.,sent., n. 32725/2018). Con riferimento alla materia delle impugnazioni, inoltre, la stessa Suprema Corte ha in diverse occasioni affermato che qualora la notificazione di un atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si perfezioni per circostanze non imputabili al richiedente, questi - anche in virtù del principio di economia processuale, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio – ha la facoltà e l'onere di riattivare autonomamente il procedimento notificatorio entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l'esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie (cfr. Cass. civ., Sez. Un., sent., n. 17352/2009 e successive conformi fino a Cass. civ., sez. VI-V, ord., n. 9286/2019).

Nel valutare, pertanto, la richiesta di rimessione in termini fondata sull'esito negativo di una prima notifica eseguita dal ricorrente, il giudice del monitorio, al fine di escludere ogni profilo di colpa del maturarsi della decadenza, deve attentamente valutare se nel termine a sua disposizione la parte aveva la possibilità di rinnovare autonomamente la notifica, secondo parametri di ordinaria diligenza.

Va, poi, osservato che l'art. 644 c.p.c. è norma comunemente interpretata nel senso che l'inefficacia del decreto ingiuntivo è dichiarabile nella sola ipotesi in cui manchi o sia inesistente la notifica nel termine stabilito dalla norma predetta, poiché la notificazione del decreto ingiuntivo comunque effettuata, anche se nulla, è pur sempre indice della volontà del creditore di avvalersi del decreto stesso; pertanto, potendo tale nullità od irregolarità essere fatta valere a mezzo dell'opposizione tardiva di cui al successivo art. 650 c.p.c., deve essere esclusa la presunzione di abbandono del titolo che costituisce il fondamento della previsione di inefficacia di cui all'art. 644 c.p.c. (cfr., tra le tante, Cass. civ., sez. lav., ord., n. 1509/2019). Anche, quindi, ove l'ingiunto proponga opposizione al fine di eccepire l'inefficacia del provvedimento monitorio per tardività della notifica ciò non esime il giudice dell'opposizione dall'esaminare nel merito la domanda sottesa all'originario ricorso per ingiunzione.

Se così è, può ipotizzarsi, a rigore, l'accoglibilità di una richiesta di rimessione in termini solo in caso di mancanza o giuridica inesistenza della notifica del decreto ingiuntivo da parte del ricorrente in monitorio, sempre dovuta a causa incolpevole, posto che in presenza di una notifica nulla (e non inesistente) non vi è propriamente una decadenza che matura a carico della parte, a cui porre rimedio attraverso l'istituto della rimessione in termini, potendo la parte ingiunta far valere il vizio attraverso opposizione tardiva (che, peraltro, come detto, non può esaurirsi nella mera denuncia dell'irregolarità dell'iter notificatorio, perché siffatta denuncia, ove non accompagnata da contestazioni sulla pretesa creditoria e, dunque, non indirizzata all'apertura del giudizio di merito, non è idonea a raggiungere alcun risultato utile per l'opponente, neppure con riferimento alle spese della fase monitoria: cfr. Cass. civ., sez. I, sent., n. 18791/2009).

Riferimenti
  • Trapuzzano, Codice dei procedimenti monitori, Roma, 2011, 185 e ss.